venerdì 8 maggio 2020

La dittatura senza dittatore


“In epoca romana la dittatura era concepita come una funzione con limiti precisi nel tempo e nell’esercizio del potere: il termine dittatura significava in generale un potere eccezionale conferito a un individuo, a un gruppo sociale o a un partito al fine di affrontare una crisi di estrema gravità per lo Stato. A questo potere si chiedeva di restaurare l’ordine politico e civile o di instaurarne uno nuovo.”
Non ho problemi a restare in casa.
Sorprendentemente, continuo a lavorare; e gioisco a vedere l’erba che cresce nelle piazze e il cielo senza aerei.
Inoltre, immagino che tutto ciò riduca anche il numero di contagi, e presumo che prendere il Covid sia davvero una iattura.
Però, la dittatura c’è, basta guardarsi attorno.
La realtà della dittatura non sembra chiara a tutti, e cerco di capire i motivi.
Il primo è semantico: quello che sta succedendo è bene, perché ci salva dalla peste; la dittatura, ci hanno insegnato, è cattiva, quindi se è un bene, non può essere una dittatura.
Due. Quando pensiamo a una dittatura, la prima cosa che ci viene in mente è un matto che si diverte a fare il Dittatore.
Ci guardiamo attorno e  vediamo che i dittatori del momento sono Conte, che sembra una persona mite; Trump, Johnson e Putin, tra i personaggi più grintosi di questi tempi, hanno tutti esitato a lungo prima di imporre qualche misura appunto dittatoriale. Erdoğan si oppone ancora alle misure emergenziali e Bolsonaro è stato addirittura, a quanto pare, estromesso per aver resistito all’imposizione della dittatura.
Per ora, solo Orbán sembra immedesimarsi un po’ nel ruolo.
Terzo ostacolo: il fatto che non vediamo attentare alla libertà di parola. Questa è sempre stata l’obiezione fondamentale dei parolai alle dittature:
“non mi fanno pubblicare la mia poesia! Hanno paura delle mie Parole!”
Quarto ostacolo. Per noi, la Dittatura è una cosa che ha come supremo divertimento quello di prendere a manganellate il Popolo. Qui, a parte il libidinoso che viola la quarantena perché vuole andare a puttane e si becca una civilissima multa, non vediamo particolari manganellate al popolo.
Bene, analizziamo tutte e quattro le obiezioni che si sollevano contro chi parla di Dittatura.
UNO.
“se è a fin di bene non è dittatura”.
Le dittature si dichiarano sempre “a fin di bene“, e la loro bontà si può giudicare solo dai loro frutti: la bontà o la cattiveria sono irrilevanti ai fini della definizione di una dittatura.
DUE.
Ma dai, Conte ti sembra un dittatore?”
No, non credo sia un dittatore nell’animo, qualunque cosa ciò significhi. Semplicemnte, in questi giorni, sta facendo oggettivamente il dittatore, cioè firma i provvedimenti della dittatura.
Non sarebbe la prima volta – i dittatori sono stati di molti tipi, dall’esuberante Idi Amin dell’Uganda ad anonimi militari argentini dal carattere assai modesto, pronti a fare posto ad altri anonimi militari.
Mica che a fare la dittatura debbano essere dei mattacchioni come quello celebrato da Charlie Chaplin.
Oggi i politici ci mettono la faccia, ma contano poco, non hanno certo l’ambizione di contare davvero qualcosa; e prendono in tutta fretta decisioni suggerite da esperti, che sono quasi sempre esperti di qualcuno.
TRE.
Ma non è mica una dittatura, se puoi scrivere che è una dittatura!”
Qui, siamo frenati da un modo di pensare arcaico. Viene in mente Tommaso Becket, l’arcivescovo inglese che fece scomunicare il re d’Inghilterra, e fu ammazzato sull’altare della cattedrale di Canterbury.
Tommaso Becket fu ucciso per delle parole precise, espresse nella formula dell’anàtema:
“in nome di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, del Beato Pietro, Principe degli Apostoli, e di tutti i santi, in virtù del potere che c’è stato dato di legare e sciogliere in il cielo e sulla terra”
con cui escludeva il re
“dal seno della nostra Santa Madre Chiesa in cielo e sulla terra”.
Oggi le parole così non fanno più paura a nessuno. Compaiono per un istante su Facebook e il re manco se ne accorge.
Alcuni tabù dei nostri tempi (“vietato esprimere opinioni razziste, sessiste, fasciste” eccetera) hanno un valore antropologico identitario, ma non si fondano su alcuna paura reale: nell’immenso chiacchiericcio globale, tutti si possono sfogare all’infinito, anche in forme estreme, senza che cambi la realtà.
Una dittatura che controlla i movimenti delle persone, l’economia, i rapporti internazionali, le strutture militari e repressive, gli investimenti, l’urbanistica, fa benissimo a lasciare libero sfogo alle chiacchiere.
QUATTRO.
“Ma le dittature sbattono in galera gli oppositori, sparano sulle masse che protestano, qui al massimo ti fanno la multa…”
Ora, su chi dovrebbero sparare, visto che di oppositori significativi non ce ne sono?
Sparare è sempre un ultimo ricorso, se non ci sono oppositori, e si ottiene il risultato lo stesso, perché mai sprecare proiettili?
Quindi, riassumendo: siamo in una Dittatura.
Una dittatura probabilmente inevitabile: la “democrazia” e lo stato di diritto sono per quando si gioca e si scherza e c’è abbondanza per tutti e si può rivendicare il diritto di cambiare sesso sulla carta d’identità o chiedere i danni perché qualcuno ti ha guardato male.
Quando invece i piccoli ma duri coronaviri iniziano a giocare, si passa alla dittatura.
Che non è “cattiva”, non esprime le passioni di qualche individuo megalomane, non spara sulle folle. Fa semplicemente ciò che fanno le dittature: cioè sospende tutti i diritti individuali che possano farle da ostacolo, e detta due cose fondamentali:
1) Il nostro presente, e questo è in gran parte un falso problema. Se mi impediscono di andare in discoteca, fanno bene; se mi impediscono di coltivare l’orto, è un guaio, ma non è necessariamente fatto per cattiveria.
2) il nostro futuro, che è quello che si sta decidendo in questi giorni.
Perché da questa situazione usciremo con un mondo economicamente devastato, e tutto da ricostruire.
E’ qui che ci sono immensi capitali pronti a lanciarsi sul mercato, e che esigono decisioni rapide e senza opposizione, che costruiranno il mondo dei prossimi decenni. Decisioni dittatoriali.

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