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martedì 28 marzo 2023
domenica 23 gennaio 2022
ROLANDO PELIZZA CI HA LASCIATO
Rolando Pelizza non ce l'ha fatta. La notte scorsa il suo
cuore ha cessato di battere mentre combatteva contro il male del secolo
nel suo letto all'ospedale "Mellino Mellini" di
Chiari (BS), dove era ricoverato da venerdì 7 gennaio. Ma
il Covid ha vinto e il vecchio leone ha dovuto arrendersi
al virus che gli aveva distrutto i polmoni. Inutili le cure e
l'assistenza che gli hanno prestato, al di là di ogni possibile
tentativo, i medici e i sanitari della struttura ospedaliera. Inutili
anche gli incredibili sforzi dei famigliari che lo hanno assistito con
infinito amore nel corso della sua degenza. Il destino ha fatto il suo
corso. Tra 34 giorni avrebbe compiuto 84 anni.
Più volte in questi mesi mi è capitato di scrivere un ultimo saluto ad
amici che se ne sono andati. Ma con Rolando è diverso. Chi non lo
conosceva, e ha combattuto le sue ricerche, lo considerava un
personaggio controverso. Chi, invece, ha avuto il privilegio di
conoscerlo e frequentarlo sapeva che, al di là di tutti i suoi segreti
che tanto gelosamente conservava, Rolando Pelizza era un uomo buono e
generoso, intimamente religioso e molto attaccato alle persone che gli
volevano bene. Come diceva un suo carissimo amico, Rolando non sapeva
mentire, anche se tendeva a confondere la realtà quando si rendeva conto
che poteva svelare parte delle sue conoscenze. E molte volte lo faceva
proprio per proteggere coloro che gli erano vicini.
Ho conosciuto Rolando Pelizza nel 2010, un anno dopo che avevo iniziato
le mie ricerche sul suo caso. Non è stato facile fargli capire che
volevo soltanto scoprire la verità sulle sue ricerche, alla luce di
quanto potessero fare per il bene dell'umanità. Era abituato al fatto
che tutti coloro che cercavano di contattarlo lo facessero per scoprire
i segreti della sua macchina. E solo in un secondo tempo, quando la
nostra conoscenza era diventata confidenza e amicizia, mi parlò del suo
presunto e misterioso contatto con lo scienziato
Ettore Majorana che sarebbe stato colui che aveva scoperto
una nuova fisica e avrebbe progettato la famosa macchina. Dico subito,
per chi ancora avesse dubbi, che quella macchina esisteva davvero. Che
non erano affatto bugie i contatti che ebbe con tre governi, a livello
ufficiale. Esistono molte prove documentali a questo riguardo. E non si
possono ignorare le perizie che hanno autenticato lettere e foto di
Majorana. Così come corrisponde al vero la presenza di
oscuri "sorveglianti" che intervenivano ogni qualvolta lui tentava di
realizzare quella benedetta macchina. Potrei ipotizzare l'identità di
questi "uomini in nero", ma l'unica vera certezza è che lui li conosceva
bene e sapeva di che cosa fossero capaci. Forse è anche per questo che
cercava di tenere famigliari e amici all'oscuro delle sue conoscenze.
Adesso si pone un interrogativo: con Rolando Pelizza scompare anche la
sua incredibile esperienza, oppure qualcuno riceverà una sua
(improbabile) eredità scientifica? A volte ho affrontato questo discorso
con lui. Gli ho fatto notare che sarebbe stato un peccato che una
conoscenza scientifica di quel livello scomparisse nel nulla con
l'esistenza di una persona. Ma lui non mi ha mai risposto. Mi guardava e
sorrideva, come chi fa capire che ha qualcosa in serbo. Ma di che cosa
si tratti e a chi sia eventualmente destinato tanto sapere non me l'ha
mai detto.
Comunque sia, il ricordo che Rolando Pelizza ha lasciato nella mia vita
è indelebile. Ed è il ricordo affettuoso e stimolante di una delle
persone più eccezionali che io abbia mai conosciuto. Che Dio lo abbia in
gloria e riposi in pace. Quella stessa pace che nel corso della sua
travagliatissima esistenza raramente ha provato.
Desidero dunque esprimere alla sua famiglia, anche a nome di mia moglie
Loriana e di nostro figlio Daniele, le mie più sincere e sentite
condoglianze, sentendomi realmente vicino a tutti loro in questo
straziante momento della loro vita. Per chi volesse rivolgere l'ultimo
saluto a Rolando, i funerali si svolgeranno martedì 25 alle ore 14,30
nella chiesa dei Santi Faustino e Giovita, in via Morcelli 7, a Chiari
(BS).
Data foto: 22 Luglio 2019
mercoledì 15 settembre 2021
domenica 29 novembre 2020
Documentario: La Verità sulla Scomparsa di Ettore Majorana
La Storia in breve del Caso Majorana Pelizza (agg. 22.10.2020)
giovedì 11 giugno 2020
Where did the Towers Go?: Capitolo 17 - L'Effetto Tesla-Hutchison
Non permetto mai alla scuola di interferire con la mia educazione. - Mark Twain
Se facessimo tutto ciò di cui siamo capaci di fare rimarremmo letteralmente sbalorditi. - Thomas Alva Edison
In realtà non è difficile - il segreto è saper come fare. - Edward Leedskalnin
A. Introduzione
Molte persone hanno criticato la ricerca di Dr. Wood sulla distruzione del complesso del WTC perché non ha identificato la tecnologia esatta che è stata utilizzata nella distruzione, incluso la marca, il modello e il numero di serie. Tuttavia, è errato scartare ciecamente le evidenze che non descrivono vantaggiosamente un'arma nota o scartare ciecamente le evidenze che contraddicono la nostra teoria preferita. Ricordiamoci che l'evidenza empirica è la verità che una teoria deve riprodurre, e non viceversa. Le pagine del libro includono una grande quantità di evidenze - evidenze che devono essere spiegate. Tali evidenze escludono in modo inequivocabile il fuoco alimentato dal cherosene, la demolizione controllata convenzionale, la termite (e le sue varianti) e le mini bombe nucleari come la causa della distruzione del WTC o addirittura che possano aver contribuito significativamente. Allo stesso tempo, le evidenze nel libro implicano fortemente anche un particolare genere di tecnologia. Questo genere di tecnologia produce effetti su vari materiali che sono del tutto simili agli effetti prodotti su vari materiali da qualunque fosse la tecnologia utilizzata nella distruzione del WTC.
Tabella 1 - Caratteristiche dell'Effetto Hutchison e dei resti del WTC. [EVO = Exotic Vaccum Objects: Oggetti esotici del vuoto, un fenomeno scoperto e battezzato da Ken Shoulders. Presentazione di Ken Shoulders alla MIT Cold Fusion Conference, 21 maggio 2005]. |
La tabella 1 mostra la correlazione tra i fenomeni osservati durante la distruzione del WTC e i fenomeni compatibili con quello che è diventato noto come "L'effetto Hutchison". Inventore e sperimentatore canadese, John Hutchison lavora con gli "effetti di campo" da oltre trent'anni. In particolare, quasi tutti questi effetti sono il risultato dell'interferometria, ovvero il risultato dell'interferenza di diversi fasci o campi di energia elettromagnetica di varie frequenze in una zona bersaglio. Un ex studente di Dr. Wood che ora progetta sistemi audio le ha recentemente riferito un'ottima analogia descrittiva. Egli notò che se piazzi gli altoparlanti in un certo modo, si potrebbero creare zone morte in cui il suono viene annullato oppure altre zone in cui vetro e porcellana potrebbero essere danneggiate. Questo è un esempio di interferenza distruttiva e costruttiva, rispettivamente, in cui le onde sonore che interferiscono annullano o intensificano gli effetti. Inoltre, chiunque sia familiare con la vecchia TV ad antenna può probabilmente ricordare l'interferenza dovuta agli aerei a reazione. Gli aerei jet interferivano con il segnale TV.
Il risultato dell'interferenza creata usando l'Effetto Hutchison crea una sorta di "griglia" o modello all'interno di una zona bersaglio che fa sì che i materiali in quella zona subiscano modifiche estreme e, in alcuni casi, rotture dall'interno. Pensiamo all'emulsione fotografica come analogia. La luce non incide un'immagine su un pezzo di carta, ma provoca una reazione chimica nell'emulsione fotografica. La luce controlla dove avverrà la reazione. Quando viene sviluppata la pellicola si ottiene l'immagine. Controllare quanta luce arriva e dove sull'emulsione fotografica è ciò che produce l'immagine in una fotografia. Dunque pensiamo all'effetto di campo, o al campo generale, come all'emulsione fotografica. Poi un altro raggio dice dove si verificherà la reazione.
John Hutchison
Per usare le parole di John Hutchison:
Uso una diversa combinazione di onde radio, insieme all'alta tensione di soglia e operatori elettrostatici. E utilizzo solo campi magnetici deboli per guidare il campo elettrostatico in giro...e per adattarlo a determinati schemi. Ora badate, questa è una scoperta abbastanza accidentale che ho fatto. E ho avuto un vero problema cercando di replicarlo nei primi anni. E non pensavo che fosse importante, ma è trapelato nella comunità scientifica e hanno iniziato a venire con altri scienziati, e hanno iniziato a chiedere dimostrazioni, che ho fatto. [Fonte: Ralph Winterrowd Show, 4 aprile 2010.]
L'Effetto Hutchison non consiste in un unico effetto ma è una combinazione di molti. Può produrre i seguenti effetti, tra cui:
- Levitazione di oggetti pesanti
- Fusione di materiali dissimili come il metallo e il legno (come rappresentato nel film, The Filadelfa Experiment)
- "Scioglimento" anomalo di metalli senza bruciare il materiale adiacente
- Frattura spontanea di metalli (scorrimento laterale)
- Trasformazione temporanea e permanente della struttura cristallina e delle proprietà fisiche
Ciò che Hutchison testimonia non è una nuova tecnologia, bensì una vecchia che ha riscoperto e sviluppato. L'effetto Hutchison è in effetti una raccolta di fenomeni che John Hutchison ha scoperto nel 1979 quando stava tentando di studiare le onde longitudinali di Nikola Tesla e il lavoro di altri, come Thomas Townsend Brown, George Piggott, Francis E. Nipper e Martin L. Perl. Segue una breve introduzione su alcuni di questi scienziati. Ulteriori informazioni sono disponibili alla fine di questo capitolo.
B. Un po' di Storia sulla Tecnologia
venerdì 17 gennaio 2020
ETTORE MAJORANA, LA SUA SCOMPARSA E LA MACCHINA PRODIGIOSA
Ettore Majorana è stato un genio al pari se non superiore a Nikola Tesla, Galileo, Newton. La sua misteriosa scomparsa nel 1938 si è recentemente arricchita di nuovi, sorprendenti sviluppi con l’apparizione di un suo presunto “allievo” e di una straordinaria tecnologia basata sulle sue rivoluzionarie teorie.
“La fisica è su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata.”
Questa frase viene attribuita ad Ettore Majorana poco prima della sua scomparsa nel 1938 e ci viene riportata come testimonianza dal prof. Carrelli, allora direttore dell’Università Federico II di Napoli, ma non è l’unica frase “strana”: sappiamo infatti, sempre grazie alla testimonianza del prof. Carrelli, che Ettore Majorana aveva anche detto:
“Che può sapere la gente delle mie cose?”
“A chi posso parlare se il mio linguaggio è tale che nessuno lo comprende?”
A volte, quando mi trovo al bar mentre prendo un caffè o bevo una birra, chiedo se qualcuno ha sentito parlare di Ettore Majorana. Le risposte che ottengo sono quasi sempre molto vaghe, qualcuno ricorda che forse era uno scienziato importante sparito misteriosamente nell’epoca fascista. Ho potuto così constatare che quasi nessuno segue e approfondisce ciò che in questi ultimi anni, a distanza di quasi ottant’anni, sta uscendo allo scoperto in merito alla scomparsa di Ettore Majorana.
Intrighi internazionali, complotti, depistaggi, spionaggio, Vaticano, CIA, NSA, Governo Italiano, Massoneria, Fascismo, Nazismo, NazionalSocialismo... queste sono solo una piccola parte (come titoli) delle chiavi di lettura di questa incredibile e affascinante storia.
Pochi sanno che la probabile futura rivoluzione nel campo delle telecomunicazioni e nell’elaborazione e archiviazione dati sarà possibile grazie alle formule di fisica quantistica elaborate e scritte da Ettore Majorana circa ottanta anni fa. Le sconfinate ipotesi di applicazioni quantistiche derivanti dalle sue previsioni sono ancora oggi oggetto di studio, sperimentazione e applicazione.
Ettore Majorana è stato, nei pochi anni prima della sua scomparsa, un genio al pari se non superiore a Nikola Tesla, Galileo, Newton. Fin dalla tenera età ha dimostrato di possedere predisposizioni geniali per la matematica e la fisica. Figlio e nipote “d’arte”, da una famiglia composta di rettori universitari, ingegneri, fisici, matematici, deputati e senatori, giudici. Tutti questi familiari, come vedremo più avanti, hanno probabilmente segnato e in qualche modo forgiato il suo sviluppo scientifico, culturale e filosofico. Uno su tutti, lo zio Quirino Majorana, come diremo più avanti.
Per tornare alla scomparsa di Ettore Majorana, nel 2008 la trasmissione “Chi l'ha visto?” della Rai ha intervistato un italiano emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta del secolo scorso, Francesco Fasani. Costui aveva conosciuto un certo signor Bini che, a suo dire, era Ettore Majorana, e a sostegno della sua testimonianza portava una fotografia scattata nel 1955 che lo ritraeva a fianco del Bini (questo sarebbe l’alter ego che avrebbe scelto Ettore Majorana) e una cartolina rinvenuta sulla macchina del Bini che Quirino Majorana, lo zio di Ettore, spedì nel 1920 al fisico americano W. G. Conklin.
Pochi sanno che la probabile futura rivoluzione nel campo delle telecomunicazioni e nell’elaborazione e archiviazione dati sarà possibile grazie alle formule di fisica quantistica elaborate e scritte da Ettore Majorana circa ottanta anni fa. Le sconfinate ipotesi di applicazioni quantistiche derivanti dalle sue previsioni sono ancora oggi oggetto di studio, sperimentazione e applicazione.
Ettore Majorana è stato, nei pochi anni prima della sua scomparsa, un genio al pari se non superiore a Nikola Tesla, Galileo, Newton. Fin dalla tenera età ha dimostrato di possedere predisposizioni geniali per la matematica e la fisica. Figlio e nipote “d’arte”, da una famiglia composta di rettori universitari, ingegneri, fisici, matematici, deputati e senatori, giudici. Tutti questi familiari, come vedremo più avanti, hanno probabilmente segnato e in qualche modo forgiato il suo sviluppo scientifico, culturale e filosofico. Uno su tutti, lo zio Quirino Majorana, come diremo più avanti.
Per tornare alla scomparsa di Ettore Majorana, nel 2008 la trasmissione “Chi l'ha visto?” della Rai ha intervistato un italiano emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta del secolo scorso, Francesco Fasani. Costui aveva conosciuto un certo signor Bini che, a suo dire, era Ettore Majorana, e a sostegno della sua testimonianza portava una fotografia scattata nel 1955 che lo ritraeva a fianco del Bini (questo sarebbe l’alter ego che avrebbe scelto Ettore Majorana) e una cartolina rinvenuta sulla macchina del Bini che Quirino Majorana, lo zio di Ettore, spedì nel 1920 al fisico americano W. G. Conklin.
Nel 2011 la Procura di Roma, in seguito all’intervista, affidava ai carabinieri ulteriori verifiche e nel 2015 archiviava l’inchiesta dopo la comparazione tra la fotografia del Bini fornita dall’emigrante italiano e le immagini del padre di Ettore Majorana, concludendo che il Bini era Ettore Majorana e che lo stesso era vivo tra il 1955 e il 1959 e si trovava in Venezuela. Questa è stata la “verità” offerta dalla Procura di Roma. L’analisi degli incartamenti del caso permette però di affermare che si è su una pista sbagliata.
La foto periziata dai carabinieri su incarico della Procura di Roma, tramite un’arzigogolata trasformazione, diventa una prova del fatto che Ettore Majorana era fuggito in Sud America. La perizia è stata eseguita prendendo una foto del padre anziano di Ettore Majorana e confrontandola con la foto del Bini consegnata dal Fasani.
Tramite un particolare software che simula l’invecchiamento del volto, partendo dalla foto del padre di Ettore Majorana, la procura di Roma conclude sostenendo che molto probabilmente il sig. Bini era Ettore Majorana.
A questo punto molte domande sorgono spontanee: ad esempio, perché utilizzare una foto del padre di Majorana sostenendo che la somiglianza tra padre e figlio trova corresponsione evidente con il sig. Bini, quando potevano con lo stesso software simulare l’invecchiamento facciale direttamente con una foto di Ettore Majorana da giovane? Le analisi forensi sui volti di solito viene fatta in tutt’altro modo, come vedremo più avanti.
Come mai gli investigatori della procura di Roma non hanno banalmente verificato l’altezza del sig. Bini, tramite la foto in cui lui è con il Fasani, e confrontata con l’altezza nota di Ettore Majorana?
Francesco Fasani era alto quasi un metro e ottanta, come si può riscontrare dalla testimonianza della nipote Lidia Fasani (sentita personalmente al telefono) e dai dati forse riportati nella carta d’identità del Fasani. Ettore Majorana era alto un metro e sessantotto, quindi ci sono ben 12 cm di differenza tra lui e il Fasani.
La foto periziata dai carabinieri su incarico della Procura di Roma, tramite un’arzigogolata trasformazione, diventa una prova del fatto che Ettore Majorana era fuggito in Sud America. La perizia è stata eseguita prendendo una foto del padre anziano di Ettore Majorana e confrontandola con la foto del Bini consegnata dal Fasani.
Tramite un particolare software che simula l’invecchiamento del volto, partendo dalla foto del padre di Ettore Majorana, la procura di Roma conclude sostenendo che molto probabilmente il sig. Bini era Ettore Majorana.
A questo punto molte domande sorgono spontanee: ad esempio, perché utilizzare una foto del padre di Majorana sostenendo che la somiglianza tra padre e figlio trova corresponsione evidente con il sig. Bini, quando potevano con lo stesso software simulare l’invecchiamento facciale direttamente con una foto di Ettore Majorana da giovane? Le analisi forensi sui volti di solito viene fatta in tutt’altro modo, come vedremo più avanti.
Come mai gli investigatori della procura di Roma non hanno banalmente verificato l’altezza del sig. Bini, tramite la foto in cui lui è con il Fasani, e confrontata con l’altezza nota di Ettore Majorana?
Francesco Fasani era alto quasi un metro e ottanta, come si può riscontrare dalla testimonianza della nipote Lidia Fasani (sentita personalmente al telefono) e dai dati forse riportati nella carta d’identità del Fasani. Ettore Majorana era alto un metro e sessantotto, quindi ci sono ben 12 cm di differenza tra lui e il Fasani.
Dalla foto seguente [sopra, ndr], diffusa dalla Procura di Roma, che raffigura Francesco Fasani e il sig. Bini presunto Ettore Majorana, questa differenza di altezza non è evidente, anzi, al contrario apparentemente sembrano alti uguali.
Ultimamente poi si è avvallata la tesi, da parte di tre giornalisti che hanno ripercorso le tracce indicate dalla Procura di Roma, che il signor Bini, presunto Ettore Majorana, si spostasse in Venezuela su una vistosa macchina gialla. Ettore Majorana all’epoca della sua sparizione nel 1938, non aveva la patente, per spostarsi usava mezzi pubblici, treni, traghetti, filobus; certamente nessuno può avergli vietato di prendere la patente in seguito, ma uno che ha deciso di sparire, di non farsi notare, di non farsi riconoscere, acquista ed utilizza una fuoriserie sportiva gialla?
Ultimamente poi si è avvallata la tesi, da parte di tre giornalisti che hanno ripercorso le tracce indicate dalla Procura di Roma, che il signor Bini, presunto Ettore Majorana, si spostasse in Venezuela su una vistosa macchina gialla. Ettore Majorana all’epoca della sua sparizione nel 1938, non aveva la patente, per spostarsi usava mezzi pubblici, treni, traghetti, filobus; certamente nessuno può avergli vietato di prendere la patente in seguito, ma uno che ha deciso di sparire, di non farsi notare, di non farsi riconoscere, acquista ed utilizza una fuoriserie sportiva gialla?
Non quadra, come non quadra il fatto che da testimonianze autorevoli in merito al suo carattere e ai suoi modi di fare…
Continua…
in edicola
Questo brano è un estratto dall’omonimo articolo pubblicato su NEXUS New Times nr. 129, che potete trovare in edicola o acquistare presso il nostro shop:
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Alla progiosa Scienza di Ettore Majorana e al mistero della sua scomparsa abbiamo dedicato anche l'articolo di copertina di PUNTOZERO nr. 6 (disponibile in edicola o presso il nostro shop), di cui potete leggere un estratto qui.
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venerdì 1 novembre 2019
La verità su Ettore Majorana – Alfredo Ravelli
Alfredo Ravelli, cugino di Rolando Pelizza, strettissimo collaboratore del fisico Ettore Majorana e realizzatore della sua famosissima (e ricercatissima) macchina in grado di trasformare energia e materia, espone a Byoblu le prove che secondo lui documentano inequivocabilmente che Majorana, scomparso misteriosamente nel 1938, sarebbe stato ancora vivo fino a pochi anni fa, e la sua macchina avrebbe dimostrato di poter funzionare.
Chi era Ettore Majorana, perché sparì nel nulla tra il 26 e il 27 marzo del 1938 e soprattutto, che fine fece?
Alfredo Ravelli approfondisce il segreto di Majorana attraverso il suo ultimo libro, “2006: Majorana era vivo! – Le ultime lettere di Ettore Majorana a Rolando Pelizza”.
Quest’ultimo, che sarebbe rimasto in contatto con Majorana attraverso 15 lettere vergate a mano nel 1976 sulla piattaforma di un forte in alta montagna, con un esperimento videotrasmesso mostra ad alcuni conoscenti come sia capace di annichilire una roccia mediante una piccola macchina elaborata da Majorana e afferma di poter utilizzare l’antimateria.
Nei molti esperimenti eseguiti seguendo le istruzioni di Majorana, Pelizza con questa macchina – il cui uso pacifico consiste nella distruzione dei rifiuti e delle scorie radioattive – otterrebbe non solo la possibilità di distruggere elementi, ma soprattutto di poter ricavare grandi quantità di energia praticamente a costo zero. Nei successivi esperimenti Pelizza cerca piena conferma della terza fase indicatagli dal suo maestro: la trasformazione della materia.
venerdì 13 settembre 2019
mercoledì 14 agosto 2019
lunedì 19 novembre 2018
Apocalisse maltempo: qualcuno sta bombardando l’Italia?
Siamo stati deliberatamente “bombardati” da nubifragi devastanti, scatenati da perturbazioni artificiali? «Il prossimo che riparla di scie chimiche andrà sottoposto a un Tso», disse a mo’ di battuta Matteo Renzi, scoraggiando ulteriori interrogazioni parlamentari, sul fenomeno, da parte di esponenti del Pd. Oggi però, con il Nord-Est raso al suolo da eventi mai visti a memoria d’uomo, c’è chi torna sul tema in modo più che esplicito: «Bombardamento climatico sull’Italia, un avvertimento al governo?», si domanda il blog “Disquisendo”, secondo cui «nei giorni precedenti al disastro, ci sono state fortissime operazioni di aviodispersione a bassa quota». Tutti hanno visto il cielo sereno “rannuvolarsi”, dopo l’emissione di una rete fittissima di migliaia di scie bianche rilasciate dagli aerei di linea. Follia? Complottismo da strapazzo? L’unica vera certezza è la storica carenza (in Italia, non all’estero) di spiegazioni ufficiali, definitive ed esaurienti, sulla manipolazione del clima. Si accumulano invece informazioni parziali, da fonti indipendenti, riguardo al presunto impiego clandestino della geoingegneria, inaugurata da Israele per far piovere sul deserto del Negev. La stessa Cia, oggi, ammette che sono in corso vaste sperimentazioni. Nel saggio “Owning the wheather” (possedere il clima), l’economista canadese Michael Chossudowsky svela che la “guerra climatica” è ormai una realtà.
Un silenzio tombale è calato sull’applicazione delle rivoluzionarie scoperte del fisico Nikola Tesla, all’epoca emarginato dalla comunità scientifica, mentre l’ingegnere bresciano Rolando Pelizza ha raccontato a due docenti universitari, Francesco Alessandrini e Roberta Rio, che il geniale Ettore Majorana (ufficialmente scomparso nel 1938 ma in reatà nascosto in Calabria fino al 2005) progettò una “macchina” capace di mutare il clima all’istante. «Dello sviluppo di questa “macchina”, costruita in 50 esemplari su istruzioni dello stesso Majorana – assicura Pelizza – fu incaricato direttamente il governo italiano tramite Giulio Andreotti, che poi passò il dossier alla Cia». Un altro italiano, l’imolese Pier Luigi Ighina – assai meno celebre di Majorana, ma notissimo agli appassionati – riprodusse anche per le telecamere di “Report”, su Rai Tre, il suo straordinario esperimento, condotto con mezzi artigianali: Ighina era in grado di far piovere, creando nuvole nel cielo sereno (o a scelta, di far spuntare il sole tra i nuvoloni) semplicemente azionado, da terra, le pale di una sorta di ventilatore gigante, cosparse di alluminio. Il trucco? Cambiare la consistenza elettromagnetica della bassa atmosfera, immettendo vortici di onde.
«La manipolazione climatica è realtà», sostiene il sito “Dionidream”, citando estati torride e mezze stagioni scosse da nubifragi e alluvioni di inaudita violenza, come quelli che hanno messo in ginocchio varie aree della Pensiola, a cominciare dal Veneto, dove le trombe d’aria hanno divelto decine di migliaia di alberi, devastando storiche foreste alpine. Fuori dall’Italia, il fenomeno della manipolazione climatica non è esattamente una novità: «Festa in cielo, vietata la pioggia», titolò il Tgcom24 di Mediaset il 23 marzo 2009, parlando di «aerei in cielo per disperdere le nubi» in occasione del settantesimo anniversario della “repubblica popolare” fondata da Mao. «Per impedire che la pioggia rovini i grandiosi festeggiamenti in programma, si ricorrerà a una tecnica senza precedenti», raccontò il telegiornale: «L’aviazione impiegherà 18 apparecchi che disperderanno nell’atmosfera prodotti chimici per impedire che dal cielo sopra Pechino cada la pioggia». Nello stesso anno, a novembre, sempre la Cina s’imbiancò fuori stagione, come raccontò “La Repubblica”: «Una nevicata precoce ha coperto con un’abbondante coltre bianca Pechino. Il tutto ha però ha avuto un aiutino dell’Ufficio Modificazione del Tempo della capitale cinese».
I tecnici, riferì tranquillamente l’agenzia “Xinhua”, «hanno riversato in cielo con degli aerei 186 dosi di ioduro d’argento, per approfittare delle nuvole e del brusco calo della temperatura». Questo, scrisse “Repubblica”, «ha generato la nevicata», il cui scopo era «alleviare la persistente siccità». Ammise Zhang Qiang, responsabile dell’ufficio meteorologico: «Non ci facciamo sfuggire occasione per provocare precipitazioni, da quando Pechino registra una persistente condizione di siccità». Due anni dopo, nel 2011, l’allora presidente iraniano Mahmud Ahmedinejad accusò l’Occidente di aver provocato una gravissima siccità per mettere in crisi l’economia agricola del paese. «Secondo rapporti sul clima, accuratamente verificati, le potenze occidentali forzano le nuvole fino a far piovere», dichiarò Ahmedinejad, come confermato dal “Giornale”. «I nostri nemici distruggono le nuvole prima che arrivino sul nostro paese». Ancora la Cina, già nel 2011, è tornata protagonista sul tema, annunciando un investimento da 120 milioni di euro per riuscire, entro il 2015, a far aumentare del 10% le precipitazioni nelle zone più aride.
«Un primo esperimento in tal senso era stato già condotto nel febbraio 2009, quando diverse regioni erano state irrorate da una pioggerellina leggera, generata da agenti chimici sparati nell’atmosfera con 2.392 razzi e 409 cannoni, in grado di creare nuvole cariche di pioggia», scrive il sito “Greenews”. «Le nuvole ‘adatte’ alle precipitazioni vengono ‘seminate’ con ioduro d’argento, un agente chimico che favorisce l’aggregazione delle molecole d’acqua per creare grandi gocce abbastanza pesanti da cadere al suolo». La tecnologia in realtà non è nuova, aggiunge “Greenews”: i primi esperimenti risalgono alla Guerra Fredda. «Durante la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti lanciarono l’Operazione Popeye per cercare di intensificare i monsoni sul Sentiero di Ho Chi Minh, la rete di strade che andavano dal Vietnam del Nord al Vietnam del Sud passando per Laos e Cambogia, usate dai Vietcong e dai loro sostenitori. Nel 1978, però, gli esperimenti per far piovere artificialmente negli Usa furono interrotti, in seguito a una grave inondazione causata dal bombardamento chimico delle nubi». Dal Sud-Est Asiatico al Medio Oriente: «Israele “stimola” le nuvole dal 1961 e riesce così a rendere fertili e rigogliose terre di per sé aride».
«Nel mondo ci sono diversi esperimenti in corso di questo tipo, ma siamo lontani dal poter dire di essere in grado di controllare la pioggia», disse nel 2012 a “Greenews” uno specialista come Sandro Fuzzi, climatologo del Cnr di Bologna, al quale allora sembrava remoto il rischio di gravi effetti collaterali, dato che gli interventi si svolgevano «su scala ridotta, al massimo di qualche decina di chilometri», mentre i fenomeni più distruttivi, come le alluvioni, «riguardano fronti di centinaia e anche migliaia di chilometri». L’ultima frontiera, aggiunge ancora “Greenews”, consiste nel bombardare le nuvole dal basso con dei laser: esperimento condotto nel 2010 in laboratorio e poi «replicato a Berlino da un gruppo di ricercatori dell’università di Ginevra e pubblicato sulla rivista “Nature Photonics”». Con un laser di grande potenza, una specie di “cannone energetico”, i ricercatori hanno colpito ed “eccitato” le molecole di gas presenti nell’aria. «Il risultato è stata la formazione di nuclei di condensazione attorno ai quali si sono create piccole gocce di acqua». Secondo il blog “Shivio news”, già nel 2012 erano oltre 20 i paesi impegnati nella sperimentazione di nuove tecniche per provocare precipitazioni.
In vetta alla classifica primeggiano i soliti cinesi: Pechino, letteralmente, «impiega nel “rainmaking” oltre 37.000 addetti, fra tecnici e ricercatori», mentre «una trentina di aerei, 4.000 rampe per razzi e 7.000 cannoni vengono usati per sparare in cielo nuclei di sostanze intorno alle quali stimolare processi di condensazione di gocce d’acqua o cristalli di ghiaccio». Negli Stati Uniti, gli aerei «gettano nelle nuvole ghiaccio secco e ioduro d’argento». In Sudafrica si usa invece il cloruro di potassio: «I sali vengono diffusi da aerei che volano sotto le nubi in formazione, e servono ad aumentare il numero e la misura delle gocce». Anche il Messico, aggiunge “Shivio”, sta sperimentando la tecnica sudafricana, che «sembra che sia in grado di aumentare di un terzo il volume delle precipitazioni». Qualcuno poi ricorderà la primissima performance, in assoluto, della geoingegneria più spettacolare: il 9 maggio del lontano 2007, in occasione della fastosa celebrazione dell’anniversario della vittoria dell’Urss nella Seconda GuerraMondiale, il Tg1 riprese lo spettacolo del sole riapparso “miracolosamente” tra le nubi nerissime del cielo di Mosca, grazie a una portentosa miscela a base di azoto, iodio e argento diffusa dagli aerei.
Dall’uso civile a quello militare, il passo è breve: «Almeno quattro paesi – Stati Uniti, Russia, Cina e Israele – dispongono delle tecnologie e dell’organizzazione necessaria a modificare regolarmente il meteo e gli eventi geologici per varie operazioni militari ufficiali e segrete, legate a obiettivi secondari, tra cui il controllo demografico, energetico e la gestione delle risorse agricole». Lo disse già nel 2012 l’esperto aerospaziale Matt Andersson, allora in forza alla compagnia hi-tech Booz Allen Hamilton di Chicago. In un’intervista al “Guardian”, Hamilton ha ammesso: il nuovo tipo di guerra non convenzionale «comprende la capacità tecnologica di indurre, spingere o dirigere eventi ciclonici, terremoti e inondazioni, includendo anche l’impiego di agenti virali per mezzo di aerosol polimerizzati e particelle radioattive, trasportate attraverso il sistema climatico globale». Lo stesso Hamilton ha citato una think-tank della galassia neocon, il Bpc (Bipartisan Policy Center, con sede a Washington) e il suo rapporto nel quale chiede agli Usa e agli alleati di accelerare la sperimentazione su larga scala del cambiamento climatico.
Secondo il “Guardian”, il gruppo è finanziato da «grandi compagnie petrolifere, farmaceutiche e biotecnologiche», e rappresenta «gli interessi corporativi del mondo militare e scientifico statunitense». Il newsmagazine “Sputnik News”, citando il canadese Chossudovsky, osserva: la geoingegneria ha omai prodotto «sofisticate armi elettromagnetiche». E anche se la cosa non è ammessa ufficialmente, neppure a livello scientifico, le capacità di manipolare il clima (anche per scopi militari) sono in stato avanzatissimo. La storia di questa disciplina risale addirittura al 1940, quando il matematico americano John Von Newman, al Pentagono, iniziò la sua ricerca per la modifica del clima. Obiettivo: alterare i modelli meteorologici. Una tecnologia sviluppata negli anni ‘90 secondo il programma di ricerca della cosiddetta “alta frequenza aurorale attiva” (Haarp, High Frequency Active Auroral Research Program), come appendice di una iniziativa strategica di difesa, le “Guerre stellari”. Il programma Haarp, installato in Alaska e poi bloccato, sarebbe stato parte di una strategia tuttora attiva: le brusche modifiche del clima possono «estendersi, avviando inondazioni, uragani, siccità e terremoti».
Ammissioni ufficiali? Impensabili. Meglio lasciare che certe voci circolino in modo incontrollato (bufale comprese), per poi liquidare il tutto sotto la voce “teoria del complotto”. «E’ naturale che su un tema come il cambiamento climatico la Cia collaborerebbe con gli scienziati per meglio comprendere il fenomeno e le sue implicazioni sulla sicurezza nazionale», ha detto un portavoce dell’intelligence Usa, dopo la diffusione della notizia, da parte del sito legato al periodico statunitense “Mother Jones”, secondo cui proprio la Cia starebbe aiutando con ingenti finanziamenti la Nas, National Academy of Sciences, impegnata in uno studio sull’applicazione della geoingegneria per manipolare il clima. Su “Meteoweb”, Filomena Fotia spiega che “Mother Jones” descrive lo studio come un’inchiesta riguardante «un numero limitato di tecniche di geoingegneria, inclusi esempi di tecniche di gestione delle radiazioni solari (Srm, Solar Radiation Management) e rimozione dell’anidride carbonica (Cdr, Carbon Dioxide Removal). Geoingegneria “buona”, per proteggerci dall’attività solare divenuta pericolosa per la Terra?
«La manipolazione meteorologica – aggiunge Fotia – è stata riportata in auge da molti commentatori statunitensi in occasione dei devastanti tornado in Oklahoma, o di altri eventi estremi come l’uragano Sandy, che sarebbero stati “generati dal governo” usando la base dell’Haarp in Alaska». Ma, appunto: il tema si presta a speculazioni incontrollate, vista la mancanza di riscontri esaurienti da parte delle autorità, sempre estremamente laconiche, come quelle interpellate nel 2014 da Alessandro Scarpa, allora consigliere comunale di Venezia. “Grandinata anomala e scie chimiche, il maltempo si tinge di mistero”, titolò il 24 settembre il “Gazzettino”, storico quotidiano veneziano, dopo «una grandinata fuori dal normale», sotto un cielo «carico di nubi come mai si era visto». E lassù, «quelle scie bianche nel cielo terso il giorno dopo». Sono bastati questi due fenomeni, scriveva il “Gazzettino” quattro anni fa, a ridestare un quesito: e se questo maltempo eccezionale non fosse il risultato delle bizze atmosferiche, ma di qualcosa di “chimico”?
In redazione arrivò una lettera allarmatissima: grondaie intasate da “noci” di ghiaccio persistenti ed enormi: «Come mai questo ghiaccio non si è sciolto? Sembrerebbe di formazione chimica, da laboratorio, e non naturale». Per Alessandro Scarpa, vale la pena di esaminarli, certi fenomeni, «se non altro per capire di cosa si tratta» Ad esempio, «le strane scie chimiche che si vedono nei nostri cieli». Molte le segnalazioni pervenute al Consiglio comunale, «da parte di cittadini veneziani, preoccupati, che chiedono spiegazioni». Scarpa si è rivolto inutilmente all’Enav, l’ente nazionale di assistenza al volo, che gestisce il controllo del traffico degli aerei civili. Nessun lume neppure dal ministero dell’ambiente di Roma: risposte evasive o bocche cucite. «È quindi opportuno – sottolinea Scarpa – preoccuparsi seriamente per noi e per i nostri figli». E aggiunge, rivolto ai giornalisti disattenti: «Questa mattina, quando il cielo era limpidissimo, si sono viste una quindicina di linee nel cielo veneziano». Quattro anni dopo, la situazione è gravemente peggiorata: non c’è più una giornata serena senza che il cielo non sia “sporcato” dalle scie, di ora in ora, mentre l’Italia sta diventando il bersaglio di violentissime tempeste di tipo tropicale, come quella che ora ha messo in ginocchio il Nord-Est.
Lo scorso anno, a gennaio, il colonnello Mario Giuliacci – affabile volto televisivo – sul suo sito ha tentato di sgombrare il campo da ogni illazione, presentando testualmente un comunicato ufficiale dell’aeronautica militare. La spiegazione dei militari è ineccepibile, riguardo alla vistosa presenza di molte delle scie: «Le nuove generazioni di motori che equipaggiano i moderni aeroplani a reazione, per avere un miglior rendimento termodinamico dato dalla differenza di temperatura tra la camera di combustione e l’ambiente esterno, impiegano miscele di acqua e carburante la cui combustione genera le enormi quantità di vapore acqueo che sono all’origine delle scie». Secondo i militari, dunque, sono aumentate in modo esponenziale le scie di condensazione, in gergo “contrails”, destinate poi a scomparire nell’atmosfera. «Per le caratteristiche termodinamiche dei motori, per le quote di volo e per la localizzazione – aggiunge l’aeronautica – la quasi totalità delle scie che si osservano in cielo sono prodotte dai jet di linea degli operatori commerciali. La loro durata è variabile da pochi istanti a minuti e talvolta a ore, in dipendenza dell’umidità, delle temperature e in genere delle condizioni termodinamiche dell’aria circostante».
Poi la chiosa: «Per quanto ci compete, l’Aeronautica Militare non possiede aeromobili che generano o emettono scie differenti da quelle prodotte a causa della condensazione di vapore acqueo». Il che – alla lettera – non significa escludere la presenza di altre scie, di ben diversa natura, emesse da velivoli estranei all’aeronautica militare italiana: le famigerate “chemtrails”, appunto. Tra le pagine del blog “Su la testa”, il giornalista investigativo Gianni Lannes (vittima di minacce e attentati per le sue indagini scomode, specie quelle sulla mafia dei rifiuti) sostiene che si è ormai clamorosamente violata la “Convenzione sul divieto dell’uso di tecniche di modifica dell’ambiente”, a fini militari o ad ogni altro scopo ostile, nota anche come Convenzione Enmod: «E’ il trattato internazionale che proibisce l’uso delle tecniche di modifica dell’ambiente». Firmata il 18 maggio 1977 a Ginevra, è entrata in vigore il 5 ottobre 1978, approvata anche dall’Onu. Gli Stati firmatari sono 48, inclusi gli Usa, di cui 16 non hanno ancora ratificato il trattato. In totale, i paesi che vi hanno aderito sono 76. «L’Italia ha firmato la Convenzione a Ginevra il 18 maggio 1977 e l’ha ratificata con la legge numero 962 del 29 novembre 1980, grazie al presidente della Repubblica Sandro Pertini e all’approvazione quasi all’unanimità del Parlamento».
Secondo Lannes, questa verità viene regolarmente “oscurata” perché illegale, oltre che aberrante. Ma l’Italia, sostiene Lannes, ha concesso i propri cieli durante l’infelice G8 di Genova del 2001, quando Berlusconi firmò un trattato segreto, con Bush, che trasformava il nostro paese in un’area-test per l’irrorazione dell’atmosfera. Dal 2003, l’operazione è scattata. E nessuno ne parla: è top secret. Si chiama “Clear Skies Initiative”. Lannes attinge direttamente a fonti della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato: le pagine istituzionali americane ammettono apertamente che il 19 luglio 2011, a Genova, Bush e Berlusconi impegnarono i loro paesi in un programma di ricerca sul cambiamento climatico e sullo sviluppo di “tecnologie a bassa emissione”. Operazione poi approvata il 22 gennaio 2002 dal ministero italiano dell’ambiente e dal Dipartimento di Stato Usa. Dunque, scrive Lannes nel blog “Su la testa”, cambiamenti climatici indotti e “collaborazione” (si fa per dire) tra Stati Uniti e Italia, con quest’ultima a fare da cavia. «Dalla documentazione delle autorità nordamericane emerge che in questa vasta operazione gestita in prima battuta dal Pentagono, dalla Nasa e dalla Nato, sono coinvolte addirittura le industrie e le multinazionali più inquinanti al mondo: Exxon Mobil, Bp Amoco, Shell, Eni, Solvay, Fiat, Enel».
Tutti insieme appassionatamente, secondo il giornalista, compreso il settore scientifico: università italo-americane, Enea, Cnr, Ingv, Arpa e così via. «Insomma, controllori e controllati. L’Enac addirittura ha partecipato ad un test “chemtrails” in Italia insieme a Ibm, ministero della difesa, stato maggiore dell’aeronautica e ovviamente Nato». Mancano, sempre, le conferme ufficiali. In compenso si scatenato i “debunker” come Paolo Attivissimo: “Scie chimiche, aria fritta con contorno di bufala e grana”. Dopo il disastro aereo del volo Germanwings del 2015, schiantatosi sulle Alpi francesi, anche il “Giornale” si sbizzarrisce: “Airbus, dalle scie chimiche alle ’strane scritte’: complottisti scatenati”. Nel frattempo Enrico Gianini, ex addetto aeroportuale di Malpensa, racconta a “Border Nights”: una volta a terra, gli aerei delle compagnie low-cost perdono liquido inquinato da metalli pesanti, e non lasciano più caricare i bagagli nelle stive di coda, come se fossero ingombre di serbatoi clandestini. «Se mi denunciano, chiederò al tribunale di “smontare” uno di quegli aerei: così scopriranno finalmente cosa trasporta». Ma la notizia resta negli scantinati del web, mentre il finimondo rade al suolo il Veneto e la Cina stipendia regolarmente (e apertamente) i suoi bravi “rainmaker”.
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venerdì 16 novembre 2018
Lo strano incendio delle auto di Savona
Più di 1000 auto, custodite in un parcheggio a cielo aperto di Savona, sono andate a fuoco durante il temporale che ha investito la Liguria nei giorni scorsi. Il video che le ritrae è allucinante, surreale. Sembra di vedere un parcheggio di auto in miniatura che è stato incenerito con un lanciafiamme.
La cosa curiosa è che tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo le spiegazioni più accreditate, per una serie di cortocircuiti causati dalle batterie delle Maserati, che a quanto pare hanno delle batterie particolari, capaci di produrre scariche elettriche molto più potenti di quelle normali. Ma davvero questo è sufficiente a spiegare quello che è accaduto?
luogocomune.net
La cosa curiosa è che tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo le spiegazioni più accreditate, per una serie di cortocircuiti causati dalle batterie delle Maserati, che a quanto pare hanno delle batterie particolari, capaci di produrre scariche elettriche molto più potenti di quelle normali. Ma davvero questo è sufficiente a spiegare quello che è accaduto?
luogocomune.net
martedì 27 febbraio 2018
Chi boicotta 'la ragazza dei passi perduti'?
ROMA - Giorgio Rossi e Antonio Caprarica hanno seri dubbi sul fatto che il loro libro "La ragazza dei passi perduti", diventi realmente un film. I due giornalisti-scrittori l' hanno detto ieri ad un' agenzia, spiegando che "Fin dalla primavera scorsa l' editore Mondadori ricevette da tre produttori cinematografici l' offerta per l' acquisto dei diritti. La prassi in questi casi è che si versi il 10 per cento della somma pattuita in cambio di un' opzione della durata di un anno, un anno e mezzo, per decidere se concludere o no l' operazione. "Improvvisamente" dicono ancora gli autori "si fa avanti Manzotti il quale non solo offre quasi il doppio dei concorrenti, ma paga tutto e subito. Noi accettiamo, ma poniamo al produttore alcune condizioni: di essere noi a scrivere la sceneggiatura affiancati da un professionista e di ricevere una certa somma. Manzotti non batte ciglio e ci comunica che la scriveremmo con Giacomo Battiato che firmerà anche la regia". Dopo aver saldato anche i loro compensi, Manzotti chiese che il lavoro venisse realizzato rapidamente, per poter iniziare la lavorazione in inverno e, portare il film finito alla prossima Mostra di Venezia. Alla prima stesura Manzotti, a detta degli autori "avanza alcune obiezioni vaghe e sfuggenti, chiedendo alcune correzioni". La versione definitiva della sceneggiatura viene approvata il 15 dicembre scorso, ma il produttore obietta che nel frattempo è uscito "Il caso Moro" e che i suoi numerosi impegni lo inducono a spostare l' inizio della lavorazione. Nel frattempo un deputato missino, Tomaso Staiti di Cudda, ha dichiarato di aver saputo che i diritti per trasferire questo libro in film sono stati acquisiti per non farlo". Il motivo starebbe nell' argomento trattato: una catena di omicidi a sfondo politico, ispirati alla maxitangente per la vendita alla Marina irachena di undici navi da guerra, su cui è in corso il dibattito parlamentare.
lunedì 1 gennaio 2018
Un nuovo libro afferma: “Nel 2006 Majorana era vivo”
Dato alle stampe l'ultimo lavoro editoriale
di Alfredo Ravelli sulla vita di Rolando Pelizza
di Alfredo Ravelli sulla vita di Rolando Pelizza
(RinoDiStefano.com, Venerdì 22 Dicembre 2017)
La prima volta che ci siamo incontrati, Alfredo Ravelli mi ha portato a vedere un piccolo locale nel quale spiccava una parete interamente ricoperta da una scaffalatura a giorno. Sui ripiani, in modo molto ordinato, si trovavano numerosi grossi faldoni straboccanti di documenti. Li ho contati: erano 26 raccoglitori. Ravelli, con fare compiaciuto, mi disse che quello era il lavoro ottenuto in almeno quarant'anni di attenta archiviazione. Decine di migliaia di documenti che raccontavano, passo passo, tutto ciò che il suo amico e parente Rolando Pelizza aveva fatto dalla fine degli anni Cinquanta a oggi. In altre parole, quei faldoni spiegavano l'incredibile e avventurosa vita di Pelizza, alle prese con vicissitudini di ogni tipo. Governi, Capi di Stato, servizi segreti, imprenditori, politici di primissimo livello: c'è di tutto nell'esistenza di quell'uomo. Ravelli, con cura e pazienza certosina, aveva raccolto ogni singolo documento, lo aveva catalogato ed era in grado, fornendo indicazioni su luoghi, tempi, nomi e cognomi, di dire tutto ciò che era accaduto all'uomo che afferma di essere il costruttore di una macchina fantastica e avveniristica, ideata e progettata dal genio di Ettore Majorana. Una macchina, tanto per essere precisi, che sarebbe in grado di annichilire la materia fornendo grandi quantità di energia pulita a costo zero. E diverse altre cose ancora. Quel grande scienziato, sostiene Pelizza con prove periziate ben difficili da contestare, gli avrebbe insegnato le basi di una nuova fisica in grado di cambiare il mondo, come oggi lo conosciamo. Da qui, da questo assunto, l'inizio ed il progredire di tutti i suoi guai.
Sintetizzare quei 26 faldoni in un solo libro, non è dunque un'impresa da poco. Ravelli, però, lo ha fatto pubblicando il volume "2006: Majorana era vivo! – Le ultime lettere di Ettore Majorana a Rolando Pelizza", per le Edizioni Print Service Srl di Pavia. In effetti, è il terzo libro che Ravelli manda in stampa in questi ultimi anni. Il primo, pubblicato nel 2013, si intitolava "Il Dito di Dio – Parte prima – Il fatto", sempre con la stessa tipografia. Il secondo, invece, era "Il segreto di Majorana – Due uomini, una macchina", nel 2015. Tuttavia, se si vanno ad osservare gli indici, ci si rende conto che non di tre libri diversi si tratta, bensì di una sola opera che viene di volta in volta aggiornata e rivista, con ulteriori aggiunte e aggiustamenti. Del resto, anche lo stesso autore nel suo sito web ammette di riferirsi sempre allo stesso racconto, cioè alla vita di Rolando Pelizza. In pratica, dunque, i tre volumi sono tre edizioni diverse dello stesso lavoro. Quest'ultimo libro, per esempio, è molto ricco di documentazione, con nuove foto e lettere autenticate del presunto Ettore Majorana. Nel testo è stato inserito un accorgimento davvero geniale. Affinché il lettore possa prendere visione dei documenti che, per ragioni di spazio non potevano essere incorporati nel volume stesso (309 pagine), si fa un largo uso dei cosiddetti QR Code, cioè dei codici a barre bidimensionali che, usando la fotocamera di un qualunque telefono cellulare, permettono di collegarsi via Internet al sito dove i documenti sono ospitati. In questo modo, i segreti contenuti nei faldoni di Ravelli entrano nelle case di tutti i lettori interessati.
L'autore, dunque, ripercorre per la terza volta la vita di Pelizza giungendo, con il suo racconto, fino agli anni Novanta. Per la precisione, il libro copre il periodo che va dal 1958 al 1992. Nell'arco di questi 34 anni è successo letteralmente di tutto. Si va dal supposto incontro di Pelizza con Majorana in un convento del Sud (il cui nome non viene mai citato), ai primi esperimenti con la macchina, alla frequentazione con Massimo Pugliese (tenente colonnello del Servizio Informazioni Difesa, diventato suo socio), ai rapporti con il governo Andreotti, alla conoscenza di Loris Fortuna (Presidente della Commissione Industria della Camera) e Flaminio Piccoli (Segretario politico della Democrazia Cristiana), all'intervento di Ezio Clementel (ordinario di Fisica all'Università di Bologna e presidente del CNEN), ai primi esperimenti di annichilazione, ai rapporti con Gerald Ford (presidente degli USA) e Leo Tindemans (Presidente del Belgio). E via via fino alla presunta trasmutazione di 130 cubi di gommapiuma in oro (oltre otto tonnellate), nel 1992, in un garage di Barcellona. Il problema è che ci sarebbero altri 25 anni da raccontare. "Questi ulteriori anni – scrive Ravelli a pagina 276 – sono stati ricchi di avvenimenti in un intreccio quasi surreale: faccendieri, uomini d'affari e alti prelati della Chiesa, noti e importanti politici e oltre agli ormai immancabili servizi segreti perfino Capi di Stato hanno partecipato a questo contorto ed intricato susseguirsi di eventi". Ma Rolando Pelizza non ha voluto che tutte queste cose, tanto delicate quanto potenzialmente pericolose per lui, i suoi cari e i suoi amici, fossero in qualche modo narrate al pubblico. E Ravelli, che ha raccontato tutto ciò che l'amico ha voluto raccontasse, ha rispettato questo suo volere. Così, si è limitato a pubblicare (pagina 295) anche le ultime lettere inedite del presunto Majorana all'allievo Rolando, risalenti al 2006. Dunque, come tutto lascerebbe credere, fino a quell'anno lo scienziato sarebbe stato in vita.
Forse, allora, assumono un valore più concreto le due frasi che Ravelli ha posto all'inizio del suo libro. La prima è "Alle verità nascoste"; la seconda "Viviamo in un periodo strano in cui la menzogna viene creduta sulla parola, mentre per la verità non bastano i fatti". Quante sono, infatti, le verità che ancora oggi nasconde Rolando Pelizza? Ed è vero che, nonostante le numerose prove che durante la sua vita ha mostrato a governi e politici, non gli si vuole credere ufficialmente per evitare che la sua verità provochi un terremoto nella nostra società? Probabilmente, non avremo mai queste risposte. Anche perché, come recita una massima di Dostoevskij, citata dallo stesso Ravelli, "La verità autentica è sempre inverosimile". E chi si prenderebbe la briga di difendere a spada tratta una realtà inverosimile? Forse ha dunque una sua precisa logica l'amarezza che lo stesso Pelizza esprime in fondo al libro, ammettendo di aver lottato fino all'ultimo contro i mulini a vento. Stanco e sconfitto, alla fine si arrende: "Ora sono logorato da tanti anni di ricatti e battaglie con i maggiori gruppi di potere, i quali hanno già avuto e vorrebbero continuare a pretendere di avere gli esclusivi benefici dell'uso di questa macchina".
Non è facile credere a tutto ciò che è scritto in questo libro. Anche se Ravelli fornisce un'ampia documentazione probante. Non c'è dubbio, però, che valga la pena di leggerlo per riflettere sulla vita di uno degli uomini più misteriosi e discussi a cavallo dei due secoli.
Sintetizzare quei 26 faldoni in un solo libro, non è dunque un'impresa da poco. Ravelli, però, lo ha fatto pubblicando il volume "2006: Majorana era vivo! – Le ultime lettere di Ettore Majorana a Rolando Pelizza", per le Edizioni Print Service Srl di Pavia. In effetti, è il terzo libro che Ravelli manda in stampa in questi ultimi anni. Il primo, pubblicato nel 2013, si intitolava "Il Dito di Dio – Parte prima – Il fatto", sempre con la stessa tipografia. Il secondo, invece, era "Il segreto di Majorana – Due uomini, una macchina", nel 2015. Tuttavia, se si vanno ad osservare gli indici, ci si rende conto che non di tre libri diversi si tratta, bensì di una sola opera che viene di volta in volta aggiornata e rivista, con ulteriori aggiunte e aggiustamenti. Del resto, anche lo stesso autore nel suo sito web ammette di riferirsi sempre allo stesso racconto, cioè alla vita di Rolando Pelizza. In pratica, dunque, i tre volumi sono tre edizioni diverse dello stesso lavoro. Quest'ultimo libro, per esempio, è molto ricco di documentazione, con nuove foto e lettere autenticate del presunto Ettore Majorana. Nel testo è stato inserito un accorgimento davvero geniale. Affinché il lettore possa prendere visione dei documenti che, per ragioni di spazio non potevano essere incorporati nel volume stesso (309 pagine), si fa un largo uso dei cosiddetti QR Code, cioè dei codici a barre bidimensionali che, usando la fotocamera di un qualunque telefono cellulare, permettono di collegarsi via Internet al sito dove i documenti sono ospitati. In questo modo, i segreti contenuti nei faldoni di Ravelli entrano nelle case di tutti i lettori interessati.
L'autore, dunque, ripercorre per la terza volta la vita di Pelizza giungendo, con il suo racconto, fino agli anni Novanta. Per la precisione, il libro copre il periodo che va dal 1958 al 1992. Nell'arco di questi 34 anni è successo letteralmente di tutto. Si va dal supposto incontro di Pelizza con Majorana in un convento del Sud (il cui nome non viene mai citato), ai primi esperimenti con la macchina, alla frequentazione con Massimo Pugliese (tenente colonnello del Servizio Informazioni Difesa, diventato suo socio), ai rapporti con il governo Andreotti, alla conoscenza di Loris Fortuna (Presidente della Commissione Industria della Camera) e Flaminio Piccoli (Segretario politico della Democrazia Cristiana), all'intervento di Ezio Clementel (ordinario di Fisica all'Università di Bologna e presidente del CNEN), ai primi esperimenti di annichilazione, ai rapporti con Gerald Ford (presidente degli USA) e Leo Tindemans (Presidente del Belgio). E via via fino alla presunta trasmutazione di 130 cubi di gommapiuma in oro (oltre otto tonnellate), nel 1992, in un garage di Barcellona. Il problema è che ci sarebbero altri 25 anni da raccontare. "Questi ulteriori anni – scrive Ravelli a pagina 276 – sono stati ricchi di avvenimenti in un intreccio quasi surreale: faccendieri, uomini d'affari e alti prelati della Chiesa, noti e importanti politici e oltre agli ormai immancabili servizi segreti perfino Capi di Stato hanno partecipato a questo contorto ed intricato susseguirsi di eventi". Ma Rolando Pelizza non ha voluto che tutte queste cose, tanto delicate quanto potenzialmente pericolose per lui, i suoi cari e i suoi amici, fossero in qualche modo narrate al pubblico. E Ravelli, che ha raccontato tutto ciò che l'amico ha voluto raccontasse, ha rispettato questo suo volere. Così, si è limitato a pubblicare (pagina 295) anche le ultime lettere inedite del presunto Majorana all'allievo Rolando, risalenti al 2006. Dunque, come tutto lascerebbe credere, fino a quell'anno lo scienziato sarebbe stato in vita.
Forse, allora, assumono un valore più concreto le due frasi che Ravelli ha posto all'inizio del suo libro. La prima è "Alle verità nascoste"; la seconda "Viviamo in un periodo strano in cui la menzogna viene creduta sulla parola, mentre per la verità non bastano i fatti". Quante sono, infatti, le verità che ancora oggi nasconde Rolando Pelizza? Ed è vero che, nonostante le numerose prove che durante la sua vita ha mostrato a governi e politici, non gli si vuole credere ufficialmente per evitare che la sua verità provochi un terremoto nella nostra società? Probabilmente, non avremo mai queste risposte. Anche perché, come recita una massima di Dostoevskij, citata dallo stesso Ravelli, "La verità autentica è sempre inverosimile". E chi si prenderebbe la briga di difendere a spada tratta una realtà inverosimile? Forse ha dunque una sua precisa logica l'amarezza che lo stesso Pelizza esprime in fondo al libro, ammettendo di aver lottato fino all'ultimo contro i mulini a vento. Stanco e sconfitto, alla fine si arrende: "Ora sono logorato da tanti anni di ricatti e battaglie con i maggiori gruppi di potere, i quali hanno già avuto e vorrebbero continuare a pretendere di avere gli esclusivi benefici dell'uso di questa macchina".
Non è facile credere a tutto ciò che è scritto in questo libro. Anche se Ravelli fornisce un'ampia documentazione probante. Non c'è dubbio, però, che valga la pena di leggerlo per riflettere sulla vita di uno degli uomini più misteriosi e discussi a cavallo dei due secoli.
"2006: Majorana era vivo! – Le ultime lettere di Ettore Majorana a Rolando Pelizza" di Alfredo Ravelli, Edizioni Print Service Srl Pavia, 2017, ISBN 9788898765508, 309 pagine, 16,90 euro.
Il sito web del libro "Il Segreto di Majorana" di Alfredo Ravelli è www.ilsegretodimajorana.it
Il sito web ufficiale di Rolando Pelizza è https://www.majorana-pelizza.it
Il sito web ufficiale di Rolando Pelizza è https://www.majorana-pelizza.it
FONTE: www.rinodistefano.com
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