sabato 30 giugno 2018

Circuito di morte nel «Mediterraneo allargato», di Manlio Dinucci

È uno strano traffico quello che solca il Mediterraneo: in una direzione, armi che vanno verso l’Africa e il Medio Oriente; nell’altra, rifugiati vittime di quelle armi. Stranamente, i responsabili politici europei fingono di ignorare la causa principale di queste migrazioni.
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I riflettori politico-mediatici, focalizzati sui flussi migratori Sud-Nord attraverso il Mediterraneo, lasciano in ombra altri flussi: quelli Nord-Sud di forze militari e armi attraverso il Mediterraneo. Anzi attraverso il «Mediterraneo allargato», area che, nel quadro della strategia Usa/Nato, si estende dall’Atlantico al Mar Nero e, a sud, fino al Golfo Persico e all’Oceano Indiano.
Nell’incontro col segretario della Nato Stoltenberg a Roma, il premier Conte ha sottolineato la «centralità del Mediterraneo allargato per la sicurezza europea», minacciata dall’«arco di instabilità dal Mediterraneo al Medio Oriente». Da qui l’importanza della Nato, alleanza sotto comando Usa che Conte definisce «pilastro della sicurezza interna e internazionale». Completo stravolgimento della realtà.
È stata fondamentalmente la strategia Usa/Nato a provocare «l’arco di instabilità» con le due guerre contro l’Iraq, le altre due guerre che hanno demolito gli Stati jugoslavo e libico, e quella per demolire lo Stato siriano. L’Italia, che ha partecipato a tutte queste guerre, secondo Conte svolge «un ruolo chiave per la sicurezza e stabilità del fianco sud della Alleanza».
In che modo, lo si capisce da ciò che i media nascondono. La nave Trenton della U.S. Navy, che ha raccolto 42 profughi (autorizzati a sbarcare in Italia a differenza di quelli dell’Aquarius), non è di stanza in Sicilia per svolgere azioni umanitarie nel Mediterraneo: è una unità veloce (fino a 80 km/h), capace di sbarcare in poche ore sulle coste nord-africane un corpo di spedizione di 400 uomini e relativi mezzi. Forze speciali Usa operano in Libia per addestrare e guidare formazioni armate alleate, mentre droni armati Usa, decollando da Sigonella, colpiscono obiettivi in Libia. Tra poco, ha annunciato Stoltenberg, opereranno da Sigonella anche droni Nato. Essi integreranno l’«Hub di direzione strategica Nato per il Sud», centro di intelligence per operazioni militari in Medioriente, Nordafrica, Sahel e Africa subsahariana.
L’Hub, che diverrà operativo in luglio, ha sede a Lago Patria, presso il Comando della forza congiunta Nato (Jfc Naples), agli ordini di un ammiraglio statunitense – attualmente James Foggo – che comanda anche le Forze navali Usa in Europa (con quartier generale a Napoli-Capodichino e la Sesta Flotta di stanza a Gaeta) e le Forze navali Usa per l’Africa. Tali forze sono state integrate dalla portaerei Harry S. Truman, entrata due mesi fa nel Mediterraneo con il suo gruppo d’attacco.
Il 10 giugno, mentre l’attenzione mediatica si concentrava sulla Aquarius, la flotta Usa con a bordo oltre 8000 uomini, armata di 90 caccia e oltre 1000 missili, veniva schierata nel Mediterraneo orientale, pronta a colpire in Siria e Iraq. Negli stessi giorni, il 12-13 giugno, faceva scalo a Livorno la Liberty Pride, una delle navi militarizzate Usa, imbarcando sui suoi 12 ponti un altro carico di armi che, dalla base Usa di Camp Darby, vengono inviate mensilmente in Giordania e Arabia Saudita per le guerre in Siria e nello Yemen.
Si alimentano così le guerre che, unite ai meccanismi neocoloniali di sfruttamento, provocano impoverimento e sradicamento di popolazioni. Aumentano di conseguenza i flussi migratori in condizioni drammatiche, che provocano vittime e nuove forme di schiavitù. «Sembra che essere duri sull’immigrazione ora paghi», commenta il presidente Trump riferendosi alle misure decise non solo da Salvini ma dall’intero governo italiano, il cui premier viene definito «fantastico».
Giusto riconoscimento da parte degli Stati uniti, che nel programma di governo sono definiti «alleato privilegiato» dell’Italia.

To see the article visit www.voltairenet.org

venerdì 29 giugno 2018

IN AFRICA A SPESE NOSTRE, MA PER GLI AFFARI LORO? – ControRassegna Blu #20



Abbiamo bisogno di difenderci dalle Fake News?

Valerio Malvezzi:
Io ricordo che il Ministero della Propaganda nazista diceva : “Se tu racconti una falsità talmente grande, ma per così tanto tempo a così tante persone, alla fine diventa una verità”.
Allora, Claudio Messora ha tanti meriti, oltre quello… forse l’unico demerito è quello di essere mio amico, ma ha tanti meriti e uno dei meriti è stato quello di avere dato la libertà di opinione a persone come me – ad esempio – che, aldilà di un proprio blog, permettetemi di citarlo: Win The Bank, non aveva la grand possibilità di andare sui principali organi d’informazione, sui giornalini a dire quello che pensava. Io oggi sono qui perché c’è un altro amico che si chiama Antonio Maria Rinaldi che ha fatto la presentazione di questo bellissimo libro che chiede con una domanda retorica: “La Sovranità appartiene al popolo o allo spread?”. Ecco, persone come me, come Antonio Rinaldi, come tanti altri venivano considerati sino a ieri – diciamo – delle persone che dicevano delle fake news.
A me preoccupa moltissimo il bagaglio che un certo tipo di élite sta pensando di fare. E lo raccontano nei modi più strani: parlano della difesa del cittadino, la difesa dal fatto che il povero cittadino, cioè un bambino cretino fondamentalmente possa andare a leggere delle notizie non vere. Allora, ciò che dico io, ciò che dice tutti i giorni Claudio Messora e tante altre persone sulla rete verrebbero classificate come delle cose non vere. Io penso che è dall’età delle caverne che gli uomini raccontano coi graffiti, e i nostri nonni lo facevano nelle stalle, le opinioni, in un modo o nell’altro, magari appunto davanti a una mucca o a un falò e ciascuno diceva le sue cose. Magari qualcuno dice anche delle cazzate, ma c’è sempre qualcuno che dice: «Tu hai detto una cazzata». Ecco, questa è la libertà della rete. Difendete la libertà della rete, impedite la censura, impedite la dittatura. Correte a firmare. Ve ne prego, perché la rete è il diritto di parola di tutti.
FIRMA ANCHE TU PER CHIEDERE AI PARLAMENTARI EUROPEI DI NON RATIFICARE LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT CHE DISTRUGGERÀ LA RETE: https://it.surveymonkey.com/r/SalvaInternet

Africa: aiuti alla cooperazione, o aiuti alla vaccinazione?

Quali sono i Paesi di provenienza dei migranti? La gran parte arriva dall’Africa Occidentale: Nigeria, Costa D’Avorio, Guinea, Gambia. Ed è proprio verso il poverissimo Gambia che è appena partita una delegazione della cooperazione italiana. Ma c’è poco da aspettarsi: la delegazione è composta da giornalisti di Repubblica, La Stampa, Mediaset, Vanity Fair, e scopo del viaggio è… promuovere le vaccinazioni. Insomma: propaganda per i vaccini, affidata ai consueti esperti del settore. Sono questi gli “aiuti internazionali” italiani, che dovrebbero sostenere i Paesi africani, e arginare così le migrazioni? Pare proprio di sì. Questa trasferta è organizzata dal GAVI, l’Alleanza Globale per i Vaccini, che riceve ogni anno ben 100 milioni delle nostre tasse ed è ad oggi addirittura il secondo recipiente degli “aiuti umanitari” italiani. Una montagna di soldi nostri destinati ad un’organizzazione gestita da entità quali la Banca Mondiale, la Fondazione Bill Gates, e persino le industrie che producono vaccini: non certo dame di carità, e neppure scevre da conflitti di interessi, mentre incentivano vaccinazioni in giro per l’Africa. Ecco a che punto è l’”aiutiamoli a casa loro” per Nigeria, Guinea, Gambia: soldi per le trasferte dei giornalisti, e per i vaccini. C’è parecchio da fare, allora, anche qui.

Madri surrogate: in India sono ridotte in schiavitù

L’autorevole quotidiano francese Le Figaro ha pubblicato, qualche giorno fa, una sconvolgente inchiesta ad opera della scienziata indiana femminista Sheela Saravanan. L’indagine riguarda la situazione della maternità surrogata in India, seconda destinazione al mondo per il cosiddetto “turismo medico”, e in particolare per l’utero in affitto. Quello che Sheila ha scoperto è agghiacciante: le madri surrogate sono tenute in stato di schiavitù. Non hanno alcun diritto sul bambino, ma neanche sul proprio corpo durante la loro gravidanza e tutti i loro movimenti sono strettamente controllati. Non hanno il diritto di uscire o di vedere parenti, e sono costrette anche ad abbandonare gli altri figli per tutto il tempo fino al parto. In clinica non ci sono tv, radio, libri, computer, e vengono alimentate a forza. La loro gravidanza si conclude con un cesareo, e con qualche giorno di allattamento di un bambino che non vedranno mai più. Lo fanno per generosità? Niente affatto. Sono spinte dalla disperazione economica, e in alcuni casi, denuncia la scienziata femminista, neppure questo: ragazze giovani dalle zone più povere sono state rapite, condotte nelle cliniche e costrette a diventare madri surrogate. Traffici simili accadono anche in Nepal e nella vicina Thailandia. La maternità surrogata sta diventando, insomma, l’ennesima piaga del Terzo Mondo.

Farmaci e ambiente: l’Europa se ne infischia

Ancora una volta, l’Europa fa spallucce al drammatico problema dell’inquinamento da smaltimento dei farmaci. In base a studi recenti, parte degli ecosistemi di acqua dolce è minacciata dall’elevata concentrazione di medicinali: il consumo è in aumento sia negli animali, le cui deiezioni finiscono nelle falde acquifere, che nell’uomo, senza che gli impianti di trattamento idrico riescano a fermarli con efficienza. Ad esempio, attualmente oltre 10.000 km di fiumi in tutto il mondo hanno concentrazioni di diclofenac, un antiinfiammatorio da banco, superiori al limite massimo previsto dalla UE. Per questo motivo gli ambientalisti hanno chiesto alla Commissione europea di contrastare l’inquinamento farmaceutico che non solo danneggia gli ecosistemi, ma porta anche alla pericolosa resistenza antimicrobica. La legge è attesa dal 2008, e la proposta originale, piuttosto annacquata rispetto a quello che servirebbe davvero, è bloccata nei cassetti della Commissione dal 2015. Neanche a dirlo, Bruxelles ha di nuovo rinviato tutto a data da destinarsi.

Bonus Extra News

“I dazi? Un altro tabù da infrangere”

All’assemblea di Confartigianato, il ministro dello Sviluppo Luigi di Maio ha dichiarato che il nostro Paese ha un sistema produttivo particolare e dei prodotti così unici, che l’idea di difenderli attraverso l’uso dei dazi non deve essere più un tabù. Di Maio come Donald?

Ritorna il Corpo Forestale dello Stato

Era un impegno che il MoVimento 5 Stelle aveva preso, e ora il Corpo Forestale potrebbe tornare ad essere autonomo. Occorrerà attendere la sentenza della Corte Costituzionale, ma l’Italia tornerà ad avere i suoi “protettori dell’ambiente”, che il decreto Madia aveva cancellato.

Militari italiani nel sud della Libia

Riporta il Messaggero che una forza italiana composta da Polizia, Difesa ed Esercito è già partita per il sud della Libia, per controllare e fermare i flussi migratori all’origine. La missione il risultato di accordi del Viminale, e ha già ricevuto minacce dalle tribù locali.

Iran: rivoluzione colorata in arrivo?

In Iran qualcosa bolle in pentola: proteste contro il governo, gli ayatollah, e in appoggio agli Stati Uniti. Sembra che ci sia anche una grande manifestazione in programma per il 30 giugno. Rivoluzione spontanea, oppure… colorata?
Fonte: IN AFRICA A SPESE NOSTRE, MA PER GLI AFFARI LORO? – ControRassegna Blu #20

Migranti: Tripoli esulta per la svolta italiana


La reazione più importante e la meno pubblicizzata dai media alla “svolta” del governo italiano sull’immigrazione illegale viene dalla Libia dive le autorità militari marittime assegnano a Matteo Salvini l’endorsement più importante.
“La decisione del Governo italiano di chiudere i porti, per noi che lavoriamo per ridurre i viaggi dei migranti via mare, è ottima in quanto le assicuro che ridurrà’ notevolmente le partenze”. Lo afferma il comandante delle motovedette della Guardia Costiera libica, colonnello Abu Ajila Abdelbari, intervistato da Specialelibia.it.
Libyan-coastguard
“Se le autorità italiane decidono di non accettare i migranti nei loro porti, questo scoraggerà i trafficanti, se i maltesi e gli italiani continueranno ad accettare migranti in arrivo dal mare, questo rappresenta per chi decide di intraprendere il viaggio un ingresso sicuro.
Il principale gate era quello italiano così la maggior parte della gente prendeva i gommoni e l’avventura via mare verso l’Italia. Le autorità maltesi non accetteranno mai i migranti secondo me. Se le forze di sicurezza italiane chiudono i porti, questo significa per i trafficanti e per i migranti ‘no way!’.
E’ un chiaro messaggio per coloro che intendono partire”, spiega Abdelbari che afferma di essere “sicuro al 100% che nessuna imbarcazione carica di migranti partirà più dalla Libia verso l’Italia”.
coastguard
Sull’aumento delle partenze nei giorni scorsi, “stiamo affrontando un problema di rifornimento di carburante, siamo senza! Stiamo affrontando un problema finanziario e non possiamo navigare. Se abbiamo i rifornimenti, possiamo tornare a navigare, a fermarli e rimandarli indietro. Penso che la soluzione verrà presto e torneremo a lavorare”.
Le difficoltà tecniche della Guardia Costiera libica verranno affrontate durante l’imminente visita a Tripoli del ministro degli Interni, Matteo Salvini, che ha detto: “conto di andare in Libia entro la fine di questo mese con una missione risolutiva”.
Tripoli chiede da anni che Rona chiuda i porti all’immigrazione illegale per stroncare il business dei trafficanti che, oltre a finanziare il terrorismo islamico, crea enormi problemi di sicurezza in Libia.
ANSA Pattugliatori italiani donati alla GC libica
“Dobbiamo far ripartire la guardia costiera libica dando navi in più e ci stiamo lavorando” ha detto il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.
“L’obiettivo è non farli partire più”. “Dobbiamo instaurare nuove relazioni con la Libia – prosegue il ministro – che ha in gestione una Guardia costiera con navi che sono state date a loro dall’Italia, con addestramenti e addestratori dati dall’Italia ma che non sono sufficienti per gestire il mare libico e fermare e non far partire i barconi”.
La svolta italiana, resa possibile da un governo che non ha al suo interno lobby legate al business dell’accoglienza come il precedente esecutivo, potrebbe davvero riuscire a chiudere la ritta libica togliendo convenienza ai migranti ad affrontare un viaggio lungo, costoso e pericoloso senza alcuna possibilità di venire accolti in Italia ed Europa.
CNN Libya cost Guard
Un tema non certo nuovo che abbiamo più volte messo in evidenza proponendo il progetto dei respingimenti assistiti che consenta di impedire l’accesso ai porti italiani alle navi delle Ong (come srta facebdo il governo) e assegni alle navi militari il compito di salvare chiunque si avventuri in mare per poi consegnarlo alle autorità libiche che affideranno i migranti illegali alle agenzie dell’Onu per il rimpatrio nel paese d’origine.
Il portavoce della Marina Libica, contrammiraglio Ayob Amr Ghasem, ha invitato l’Italia a tener duro sulla decisione di chiusura dei porti ai migranti e chiede venga tolto l’embargo sulle armi al suo Paese per poter meglio combattere i trafficanti:
La “terza” è “sostenere la Guardia costiera libica e levare l’embargo sulle armi affinchè la Marina e le sue navi da guerra possano contrastare la migrazione illegale”, ha concluso Ghasem.
migranti MARINA MILITARE
L’Italia “ha subito le malefatte dell’immigrazione clandestina, tutti i suoi misfatti, compreso evidentemente l’arrivo di terroristi” ha aggiunto Ghassem.
“Insistete su questa decisione, tenete testa alla Francia, alla Spagna e alle Ong” poichè “alcune organizzazioni non governative “sono la lunga mano di altri soggetti in Europa e in Africa che compiono riciclaggi e altre azioni illegali sotto la copertura della protezione dei migranti e dei diritti umani”, ha aggiunto il portavoce senza fornire altre indicazioni in proposito.
“L’Italia raccoglierà i frutti della propria decisione anche attraverso la riduzione del numero di migranti che vengono dal sud: questo avrà pure effetti positivi in Libia per quanto riguarda l’ingresso di migranti nel Paese”.
IFRONTEX
Secondo i dati del Viminale aggiornati alle ore 8:00 dell’ 11 giugno il numero di migranti e richiedenti asilo arrivati in Italia nel 2018 è diminuito del 76,81 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, anche se negli  ultimi giorni sono sbarcati oltre mille.
Si tratta in tutto di 14.330 persone, provenienti in larga parte dall”Africa subshariana, di cui 9.832 provenienti dalle coste della Libia (-83,41 per cento rispetto al 2017). I dati indicano un aumento degli arrivi nel periodo dal 25 al 29 maggio, con un picco di 1.211 migranti sbarcati il 28 maggio, oltre a circa 339 arrivi registrati dal primo al tre giugno.
Numeri ancora inferiori rispetto allo stesso periodo del 2017, quando si era verificata un”analoga tendenza al rialzo con un picco di ben 3.383 arrivi il 26 maggio 2017.
Secondo le nazionalità’ dichiarate al momento dello sbarco, citate in una tabella del Dipartimento di pubblica sicurezza aggiornata all”11 giugno, in Italia sono sbarcati soprattutto cittadini tunisini (2.940), eritrei (2.228), sudanesi (1.066), nigeriani (1.052), ivoriani (861), maliani (725), guineani (608), algerini (492), pachistani (500) e iracheni (413). Per parte dei rimanenti 3.445 migranti sono ancora in corso le attività di identificazione.
Foto: Frontex, Guardia Costiera Libica, CNN, Ansa e Marina Militare Italiana

Fonte: www.analisidifesa.it

giovedì 28 giugno 2018

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La proposta UE sul copyright è una pessima notizia per tutti


L'articolo che segue è la traduzione dell'originale pubblicato sul blog della P2P Foundation.
Cory Doctorow: L'aggiornamento in attesa della direttiva UE sui diritti d'autore si avvicina per un voto in commissione il 20 o il 21 giugno, e un voto parlamentare all'inizio di luglio o alla fine di settembre. Mentre la direttiva fissa alcuni problemi di vecchia data con le norme dell'UE, ne crea di molto, molto più grandi: problemi così grandi da minacciare di distruggere la stessa Internet.

Ai sensi dell'articolo 13 della proposta, i siti che consentono agli utenti di inserire testo, suoni, codice, immagini fisse o in movimento o altre opere protette da copyright per fruizione pubblica dovranno filtrare tutti gli invii dei loro utenti da un database di opere protette da copyright. I siti dovranno pagare per concedere in licenza la tecnologia per abbinare gli invii al database e per identificare le corrispondenze parziali o totali. Ai siti sarà richiesto di dotarsi di un meccanismo per consentire ai titolari dei diritti di aggiornare questo elenco con più opere protette da copyright.

Anche nelle migliori circostanze, questo presenta enormi problemi. Gli algoritmi che scansionano i contenuti sono francamente pessimi. La versione Made-in-USA di questo è il sistema Content ID di YouTube, che tutte le volte contrassegna in modo errato opere legittime, ma al tempo stesso continua ad essere oggetto di critiche da parte dalle società di intrattenimento, secondo le qualinon sarebbe abbastanza efficace.

Ci sono molti motivi legittimi per gli utenti di Internet per caricare opere protette da copyright. Puoi caricare una clip da un locale notturno (o una protesta o una presentazione tecnica) che includa musica protetta da copyright in background. Oppure potresti indossare una maglietta con la copertina del tuo album preferito nel tuo profilo Tinder. Puoi caricare la copertina di un libro che stai vendendo su un sito di aste online, oppure potresti pubblicare una foto del tuo salotto nella scheda di noleggio per il tuo appartamento, inclusi i poster sul muro e l'immagine sulla TV .

I Wikipediani, in particolare, hanno ragioni ancora più specifiche per caricare materiale: immagini di celebrità, foto scattate in occasione di eventi degni di nota e così via.

Ma i robot che l'articolo 13 richiede non saranno perfetti. In effetti, by design, saranno fortemente imperfetti.

L'articolo 13 punisce qualsiasi sito che non blocca la violazione del copyright, ma non punirà chi abusa del sistema. Non ci sono sanzioni per chi rivendica in modo infondato il copyright sul lavoro di qualcun altro: il che significa che qualcuno potrebbe caricare tutta Wikipedia in un sistema di filtri (ad esempio, uno dei tanti siti che incorporano il contenuto di Wikpedia nei propri database) e quindi rivendicare la proprietà su di esso su Twitter, Facebook e WordPress, e a tutti gli altri sarebbe impedito di citare Wikipedia su uno qualsiasi di questi servizi fino a quando non siano risolte le false affermazioni. Sarà molto più facile fare queste false affermazioni che capire quali delle centinaia di milioni di diritti coperti da copyright sono reali e quali sono scherzi o tentativi di censura.

Inoltre l'articolo 13 ti lascia fuori al freddo quando il tuo lavoro viene censurato da un bot del copyright malfunzionante. La tua unica opzione, quando vieni censurato, è sollevare un'obiezione con la piattaforma e sperare che loro la vedano come te; ma se la tua petizione non viene presa in considerazione, non resta che rivolgersi al tribunale.

L'articolo 13 fa andare avanti e indietro Wikipedia: non solo offre la possibilità a persone senza scrupoli o incompetenti di bloccare la condivisione dei contenuti di Wikipedia oltre i limiti, ma potrebbe anche richiedere a Wikipedia di filtrare i contributi all'enciclopedia e ai suoi progetti circostanti, come Wikimedia Commons. I redattori dell'articolo 13 hanno cercato di creare un'eccezione per Wikipedia, ma grazie a una progettazione sciatta, hanno fallito: l'esenzione è limitata ad "attività non commerciali". Ogni file su Wikipedia è concesso in licenza per uso commerciale.

Poi ci sono i siti web su cui si basa Wikipedia per le fonti. La fragilità e l'impermanenza dei link è già un problema serio per le note cruciali di Wikipedia, ma se l'articolo 13 diventa legge, qualsiasi informazione ospitata nell'UE potrebbe scomparire e i collegamenti con i mirror degli Stati Uniti potrebbero risultare fuorilegge in qualsiasi momento, grazie a un robot troppo zelante . Per questi motivi e molti altri, la Wikimedia Foundation ha preso una posizione pubblica condannando l'articolo 13.

E a proposito di fonti: i problemi non finiscono qui. Ai sensi dell'articolo 11, ogni stato membro potrà creare un nuovo copyright sulle notizie. Se la legge passa, per collegarsi a un sito Web di notizie, lo si dovrà fare in un modo che soddisfi le limitazioni e le eccezioni di tutte le 28 leggi, o si dovrà ottenere una licenza. Questo è fondamentalmente incompatibile con qualsiasi tipo di wiki (ovviamente), men che meno con Wikipedia.

Significa anche che i siti web su cui si basa Wikipedia per i suoi link di riferimento potrebbero trovarsi di fronte a ostacoli di licenza che limiterebbero la loro capacità di citare le proprie fonti. In particolare, i siti di notizie potrebbero cercare di trattenere le licenze di link dai critici che vogliono citarle per analizzare, correggere e criticare i loro articoli, rendendo molto più difficile per chiunque altro capire dove sono le posizioni nei dibattiti, specialmente anni dopo il fatto. Questo potrebbe non essere importante per le persone che prestano attenzione alle notizie solo in questo momento, ma è un duro colpo per i progetti che cercano di presentare e conservare registrazioni a lungo termine di controversie degne di nota. E poiché ogni stato membro dovrà stabilire le proprie regole per le citazioni e i link, i post di Wikipedia dovranno soddisfare un mosaico di regole contraddittorie, alcune delle quali sono già così severe da mettere al bando tutti gli elementi in una lista di "Ulteriori letture", a meno che l'articolo non faccia direttamente riferimento o li critichi.

Le misure controverse nella nuova direttiva sono state provate prima. Ad esempio, le tasse sui link sono state sperimentate in Spagna e Germania e hanno fallito, e gli editori non le vogliono. In effetti, l'unico paese che accetta questa idea come praticabile è la Cina, dove i robot obbligatori per il controllo del copyright sono diventati parte del toolkit nazionale per il controllo del discorso pubblico.

Gli articoli 13 e 11 sono mal concepiti, mal redatti, infattibili e pericolosi. Il danno collaterale che imporranno in ogni ambito della vita pubblica non può essere sopravvalutato. Internet, dopo tutto, è inestricabilmente legato alla vita quotidiana di centinaia di milioni di europei e un'intera costellazione di siti e servizi sarà influenzata negativamente dall'articolo 13. L'Europa non può permettersi di sottoporre istruzione, occupazione, vita familiare, creatività, intrattenimento, affari, protesta, politica e mille altre attività alla mercé di filtri algoritmici inspiegabili.

Fonte: www.partito-pirata.it

mercoledì 27 giugno 2018

L’ITALIA SI RIBELLA: NON TOCCATE INTERNET! – Controrassegna Blu #19



Copyright: il Governo scende in campo. Avevamo ragione!

Dopo la denuncia di Byoblu giovedì scorso, a cui sono seguiti gli articoli di Marcello Foa domenica e di Paolo Becchi e Giuseppe Palma oggi, a prendere la parola contro la nuova direttiva del Copyright, che il Parlamento Europeo voterà il 4 di luglio, è stato finalmente anche il Governo. Quel Governo che aveva esordito parlando di Internet come diritto fondamentale e che dunque non poteva che appoggiare una battaglia fondamentale, come vi ho spiegato giovedì scorso. Ma sentiamo le parole di Luigi Di Maio, nel suo intervento di apertura per l’Internet Day, oggi alla Camera dei Deputati.
“Il pericolo arriva direttamente dall’Unione Europea, e si chiama Riforma del Copyright. Due articoli che potrebbero mettere il bavaglio alla Rete, così come noi oggi la conosciamo. In poche parole, quando noi condividiamo un articolo ed escono quelle tre o quattro righe al di sotto del link, ecco che quelle tre o quattro righe potrebbero essere tassate. Dicono pure che sia un modo per migliorare la qualità dell’informazione. Per me l’Europa dovrebbe puntare sulla cultura e sull’istruzione, per fare in modo che i suoi concittadini capiscano cos’è una fake news. Invece si preferisce inondare di nuove tasse perfino le tre righe che escono quando condividiamo un articolo o un’informazione in generale. Il secondo articolo è perfino più pericoloso del primo, perché impone alle società che danno accesso a grandi quantità di dati di adottare misure per controllare ex ante tutti i contenuti caricati dagli utenti. Praticamente, qulunque cosa venga caricata che abbia ancora una parvenza di ledere il diritto d’autore – e con questo mi riferisco a qualsiasi immagine per esempio – potrebbe essere bloccata da una piattaforma privata. Il potere di decidere cosa debba essere o meno pubblicato non può essere messo nelle loro mani. Cosa è giusto e cosa è sbagliato.. Cosa i cittadini debbano sapere e cosa non debbano sapere: se non è un bavaglio questo, ditemi cosa lo è. L’Unione Europea ha preparato un bavaglio per limitare la libertà di espressione dei cittadini. Questo per noi è inaccettabile e come Governo ci opporremo. Faremo tutto quello che è in nostro potere per contrastare la direttiva al Parlamento Europeo, con i nostri rappresentanti, e qualora dovesse passare così com’è dovremmo fare una seria riflessione a livello nazionale sulla possibilità o meno di recepire questa direttiva, perché Internet deve essere mantenuta libera e indipendente, al servizio dei cittadini, e nessuno può permettersi di fare azioni di censura preventiva, nemmeno se quel qualcuno si chiama Commissione Europea. Il Governo italiano non può accettare passivamente questo genere di atti europei. Non è bastato lo scandalo di Cambridge Analytica per far capire che il potere non deve essere accentrato nella mani di pochi, ma deve essere condiviso con i cittadini”.
Avete sentito, il Governo annuncia che se il 4 di luglio il Parlamento Europeo dovesse votare per questa direttiva liberticida, ebbene prenderà in considerazione l’idea di non recepirla. Recepire una direttiva europea è un atto dovuto per ogni Stato membro: significa darvi attuazione predisponendo le opportune leggi, dunque minacciare di non recepire una direttiva non può che aprire un ennesimo scontro, dopo quelli sull’immigrazione di questi giorni. Ma questo è un Governo che va giù a muso duro, in segno di forte discontinuità con quelli precedenti.
Tuttavia potrebbe non bastare. La direttiva è rivolta infatti alle piattaforme: sono loro che devono dotarsi di licenze e che devono porre in essere i filtri preventivi sui contenuti. Ebbene, quando la direttiva verrà votata, il 4 luglio, e verrà recepita da altri grandi Paesi dell’Unione Europea, questi colossi della rete modificheranno comunque il loro impianto per adeguarsi, ed è quindi plausibile ritenere che applicheranno queste nuove regole per tutti, trattandosi di servizi transnazionali, anche per i cittadini italiani.
E’ importante quindi partecipare alla raccolta firme, che al momento ha toccato le 18 mila sottoscrizioni, su Byoblu. Praticamente, stampate tutte in fila, l’equivalente di un palazzo una trentina di piani. Fatelo. Poi le manderemo a Bruxelles.
FIRMA ANCHE TU PER CHIEDERE AI PARLAMENTARI EUROPEI DI NON RATIFICARE LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT CHE DISTRUGGERÀ LA RETE: https://it.surveymonkey.com/r/SalvaInternet

Fonte: www.byoblu.com

Che cosa ci fa un alto prelato del Vaticano al gruppo Bilderberg?

Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, parteciperà alla conferenza di quest’anno del gruppo Bilderberg, che si terrà a Torino, in Italia, da oggi a domenica (si è conclusa domenica 10 giugno, ndt), secondo quanto riporta la lista degli ospiti ufficiali, 131 partecipanti.

La presenza di Parolin segna la prima volta che un funzionario Vaticano di alto rango prende parte alla conferenza e potrebbe avere qualcosa a che fare con la “cultura dell’incontro” incoraggiata da Papa Francesco.
Il Papa ha sottolineato il 6 maggio, quando ha ricevuto il Premio Carlo Magno, che “è urgente per noi oggi coinvolgere tutti gli attori sociali nel promuovere «una cultura che privilegi il dialogo come forma di incontro», portando avanti «la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoccupazione per una società giusta, capace di memoria e senza esclusioni»“.
Parolin ha preso parte al World Economic Forum di Davos l’anno scorso, dove ha tenuto un discorso sulla diplomazia pontificia. La sua partecipazione alla conferenza del gruppo Bilderberg segue le dimissioni a maggio di 34 vescovi cileni in relazione a uno scandalo riguardante alcuni sacerdoti pedofili.
Come abbiamo riferito mercoledì scorso, mentre l‘evento dello scorso anno a Chantilly si è concentrato sull’amministrazione Trump e su “Perché il populismo sta crescendo?”, i temi di quest’anno – molti dei quali possono essere archiviati alla voce “gestire la plebe” – includono:
1. Populismo in Europa
2. La sfida della diseguaglianza
3. Il futuro del lavoro
4. L’intelligenza artificiale
5. Gli Stati Uniti prima delle elezioni di metà mandato
6. Il libero commercio
7. La leadership mondiale degli Usa
8. Russia
9. Calcolo quantistico
10. Arabia saudita e Iran
11. Il mondo della “post-verità”
12. Eventi attuali
In altre parole – perché gli europei si preoccupano così tanto dei loro “confini, lingua e cultura”,come continuare a dare la colpa alla Russia del cosiddetto populismo, che cosa fare una volta che l’intelligenza artificiale e l’automazione avranno sostituito la maggior parte dei posti di lavoro e come creare nuove narrazioni in un mondo di “post- verità “, in cui nessuno crede più ai media mainstream.

E, come abbiamo visto, l’Italia ha appena fatto un passo importante nella direzione del populismo, dopo che il partito anti-migranti del Paese, la Lega, ha formato una coalizione populista con il Cinque Stelle, mentre il leader della Lega, Matteo Salvini, ha preso l’incarico di vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno venerdì scorso – impegnandosi a rimpatriare 500.000 immigrati clandestini, evitare la globalizzazione, monitorare le moschee e rinvigorire l’eredità cristiana del Paese.
L’intera discussione sulla “post-verità” ruoterà probabilmente intorno alle “fake news” – etichetta applicata a qualsiasi argomento di larga diffusione che non corrisponda alla narrazione desiderata – facilitate attraverso siti di notizie alternative e i social media.
Paul Joseph Watson  di Infowars, come al solito, offre una grande interpretazione del summit:
“Sebbene i media tradizionali liquidino abitualmente il Bilderberg come un semplice ‘salotto’ senza poteri reali, ci sono innumerevoli esempi di come il gruppo eserciti la sua influenza sugli affari mondiali.
Nel 2010, Willy Claes, ex segretario generale della NATO e membro del Bilderberg, ha  ammesso  che i partecipanti al Bilderberg hanno l’incarico di attuare le decisioni che vengono formulate durante la conferenza annuale dei gestori del potere. Se questo è vero, costituirebbe una violazione della legge di numerosi paesi, che vieta ai politici di essere segretamente influenzati da agenti stranieri.
Nel 2009, il presidente del Bilderberg, Étienne Davignon, si è persino fatto vanto di come la moneta unica dell’euro sia nata da un’idea del gruppo Bilderberg.” InfoWars
Fondato nel 1954, l’incontro segreto si è svolto ogni anno “per favorire il dialogo tra Europa e Nord America”, secondo i suoi organizzatori.
Circa due terzi dei partecipanti provengono dall’Europa, mentre il resto proviene dal Nord America. Circa il 25% proviene dalla politica e dal governo, mentre il resto proviene da altri settori. È tutto molto segreto, ovviamente.
“La conferenza è un forum per discussioni informali sui principali problemi che affliggono il mondo. Le riunioni si svolgono secondo la Chatham House Rule, che stabilisce che i partecipanti sono liberi di utilizzare le informazioni ricevute, ma non devono rivelare né l’identità né l’ente di appartenenza degli oratori né di alcun altro partecipante.”
“[I] partecipanti non sono vincolati dalle convenzioni del loro ruolo né da posizioni prestabilite”, affermano gli organizzatori. “In questo modo, possono prendersi il tempo per ascoltare, riflettere e raccogliere approfondimenti. Non c’è alcun obiettivo prestabilito, non viene redatto alcun verbale e non si pubblica alcun rapporto scritto. Inoltre, non vengono approvate risoluzioni, non ci sono votazioni e non sono rilasciate dichiarazioni politiche “.
In altre parole: un’orgia di accordi sottobanco e piani generali…
E se qualcuno ancora pensa che questi siano vaneggiamenti da complottista e che invece queste élite si incontrino per discutere su ciò che è nel nostro miglior interesse, basta che ascolti semplicemente che cosa ha detto uno che è stato per 39 anni membro del comitato direttivo su uno dei loro principali obiettivi.
“Sebbene i membri di regola non discutano di ciò che accade nella conferenza, il deputato laburista e vicesegretario del partito Denis Healey, membro del comitato direttivo per più di 30 anni, interrogato dal giornalista Jon Ronson per il suo libro Them (trad. italiana: Loro. I padroni segreti del mondo. Fazi Editore, 2005, ndt), ha offerto una chiara dichiarazione delle sue intenzioni.
“Dire che aspiravamo ad ottenere un governo mondiale è esagerato, ma non del tutto sbagliato”, ha dichiarato.
“Quelli di noi che partecipavano al Bilderberg pensavano che non potessimo continuare a combattere tra di noi per niente, uccidendo e privando milioni di persone della casa. Quindi avevamo la sensazione che una comunità unica sparsa in tutto il mondo sarebbe stata una buona cosa.”
– Fonte
E ora è coinvolto anche il Vaticano…



Per concessione di Voci Dall'Estero
Fonte: https://www.zerohedge.com/news/2018-06-07/why-top-vatican-official-hanging-out-bilderberg
Data dell'articolo originale: 07/06/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=23565 


martedì 26 giugno 2018

Così l’Ue prepara il bavaglio al web: fine dei social

Axel VossVietato postare contenuti altrui, vietato far circolare link e idee. In altre parole: sarà svuotato e sterilizzato il web, stando ai "muggiti" che salgono dall'Unione Europea, cioè dalla roccaforte burocratica dove i governi – ridotti a passacarte delle grandi lobby – assistono con terrore all'insorgenza democratica che, in tutta Europa, i media mainstream chiamano "populismo". «Addio meme, addio upload libero di foto e filmini sul web», scrive Emanuele Bonini sulla "Stampa". «Il Parlamento Europeo è pronto alla stretta su Internet in nome dei diritti d'autore». La commissione giuridica, infatti, ha appena approvato le proposte di modifica della legislazione comunitaria sui copyright, «dando il proprio benestare a norme che aprono la strada a possibili future tasse per la pubblicazione di link di articoli di giornale e a filtri che blocchino, sulle grandi piattaforme, contenuti audio-visivi in tutto o in parte protetti da diritti». Sarebbe, tecnicamente, la fine del web come lo consciamo oggi, fondato sulla circolazione illimitata di notizie, analisi e idee. La questione è controversa, scrive la "Stampa": per il legislatore europeo c'è «l'esigenza di tutelare i diritti intellettuali», mentre per l'internauta «una mossa di questo tipo rappresenta un restringimento delle maglie della rete». Un vero e proprio bavaglio.
Le nuove norme, di fatto, «impongono a tutti di pagare per ogni contenuto protetto», aggiunge Bonini. «Con la riscrittura delle regole così come proposta – spiega – tutti i grandi operatori dovranno sviluppare un sistema per controllare cosa si intende caricare». Attenzione dunque a YouTube, Instagram, eBay, Facebook. «Un video con immagini o brani tutelati da licenze non potrà essere condiviso, così come una foto, anche quella da usare eventualmente per i meme». Non ci saranno grandi alternative, avverte la "Stampa": o si impedirà la pubblicazione del contenuto, o si dovrà far pagare per consultarlo. E non è tutto: sempre in nome della tutela dei diritti intellettuali e del loro rispetto, «ci saranno limitazioni alle notizie e agli articoli che gli aggregatori di notizie possono mostrare». La Commissione Europea chiedeva una "link tax", cioè una vera e propria tassa sui collegamenti ipertestuali, in base al principio per cui "chi clicca, paga", se vuole tenersi informato. L'esecutivo comunitario «prevedeva nello specifico che chiunque usi "snippet" di contenuti giornalistici on-line debba prima ottenere una licenza dall'editore, diritto valido per vent'anni a partire dalla pubblicazione».
La commissione giuridica del Parlamento Europeo ha trovato una sorta di compromesso, secondo Bonini, nella limitazione degli elementi di un articolo che gli aggregatori possono mostrare e condividere senza far scattare il pagamento automatico del copyright. Cioè: se un indirizzo web incorpora un estratto breve (o solo il titolo di un articolo), non scatta la tassa. Secondo il tedesco Axel Voss, esponente del partito della Merkel, si tratta di innovazioni doverose. «Creatori e editori di notizie devono adattarsi al nuovo mondo di Internet come funziona oggi», dice Voss, relatore del provvedimento in commissione giuridica. L'europarlamentare ricorda che artisti ed editori di notizie, «specialmente quelli più piccoli», non vengono pagati «a causa delle pratiche di potenti piattaforme di condivisione dei contenuti online e aggregatori di notizie». Un modo di fare «sbagliato, che intendiamo correggere», dice, perché il principio di un'equa retribuzione il lavoro svolto «dovrebbe applicarsi a tutti, ovunque, sia nel mondo fisico che on-line». Agendo sul copyright, Strasburgo sostiene di proporre un equilibrio tra le esigenze dei proprietari dei diritti d'autore e quelle dei consumatori: se da una parte si introducono limiti all'uso di prodotti sotto licenza, dall'altra si abbassa da 20 a 5 anni il periodo di protezione sulla Rete. Se la riforma passa, addio web: il successo della Rete si basa infatti sulla circolazione, libera e istantanea, di contenuti gratuti.

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Ammazziamo Noi la Monsanto, prima che ammazzi i nostri figli


Nel nostro mondo ci sono molte industrie  che hanno causato delle enormi devastazioni. Pensiamo alle grandi compagnie globali, alle banche, al petrolio, pensiamo alla plastica. Ma c’è un altro campo che che sta molto peggio di tutti gli altri: l’agro-chimica. A un certo momento, non molto tempo fa, i grandi produttori della chimica, che fino ad allora si erano tenuti occupati a produrre solo l’Agent Orange, i gas nervini e le sostanze chimiche che servivano per le docce nei campi di concentramento, ebbero l’idea di usare i loro prodotti nella produzione alimentare.
Dopo aver cominciato con fertilizzanti ecc., hanno pensato che rendere i raccolti completamente dipendenti dalle sostanze chimiche sarebbe stato, per loro, molto più redditizio. Hanno cominciato a comprare semi e hanno cominciato a manipolarli. Poi hanno convinto sempre più contadini, o meglio sempre più consorzi alimentari, che i “parassiti” che minacciavano i raccolti, potevano essere semplicemente uccisi, senza dover ricorrere ai metodi della natura per controllarli.
Nelle monocolture questo, in realtà, avrebbe senso, ma è il concetto stesso di monocultura che non ha senso: in natura funziona la (bio) diversità.E, per colmo di cinismo, il cibo di cui abbiamo bisogno per vivere ormai sia prodotto da una cultura che porta la morte. Perché questo è quello che fanno la Monsanto e i suoi simili: la loro soluzione a qualunque problema degli agricoltori è ammazzare tutto con il veleno. Ma questo finirà per uccidere l’intero ecosistema in cui opera e da cui dipende un agricoltore.
E certo che tutti i vari Monsanto del pianeta producono molto più materiale di “ricerca” di chiunque altro, e queste loro ricerche servono per spiegarci che la scomparsa degli ecosistemi nei posti in cui vengono introdotti i loro prodotti non dipende assolutamente dai prodotti delle varie Monsanto. E anche se qualcuno potrà dimostrare che non è vero, sarà troppo tardi: il danno sarà già stato fatto con l’impollinazione incrociata. La Monsanto potrà quindi denunciare chiunque coltivi campi che mostrano tracce delle sue sementi geneticamente modificate, anche se l’ultima cosa che vorrebbe un agricoltore è proprio trovare nel suo campo delle tracce di quel genere.
Comunque, quando ieri ho letto un pezzo di John Vidal sul Guardian, sono rimasto colpito da certi numeri. La Bayer-Monsanto, che presto sarà solo Bayer, è proprietaria del 60% dei semi e del 70% dei prodotti chimici usati in agricoltura, in tutto il mondo. Possiamo paragonare queste percentuali più o meno al numero di vertebrati e di insetti che sono già scomparsi dalle campagne di Germania, Francia e Inghilterra. E’ la vita stessa che sta morendo. L’estinzione delle specie ora è diventata una minaccia più grave dei cambiamenti climatici.
“Per mezzo di parecchie società affiliate e di compagnie di ricerca che vengono usate come armi, la Bayer-Monsanto esercita un impatto indiretto, su ciascun consumatore, e diretto sulla maggior parte degli agricoltori di Gran Bretagna, UE e USA. Controlla inoltre efficacemente quasi il 60% della fornitura mondiale di semi protetti da brevetto, il 70% delle sostanze chimiche e dei pesticidi usati per coltivare il cibo che proviene dalla maggior parte delle colture GM (geneticamente modificate) nel mondo, così come molti dei dati su cosa coltivano gli agricoltori, dove lo coltivano e quanto ne ricavano.
La Bayer-Monsanto potrà influenzare cosa e come viene coltivato nella maggior parte dei campi che producono cibo per tutto il mondo e potrà condizionare il prezzo e il metodo con cui viene coltivato.
Ma l’acquisizione è solo l’ultimo passo di una serie di tre grandi fusioni avvenute tra compagnie che controllano semi e pesticidi. Con l’appoggio dei governi, delle regole sul commercio mondiale e delle leggi sulla proprietà intellettuale, Bayer-Monsanto, Dow-DuPont e ChemChina-Syngenta hanno ottenuto tutte le autorizzazioni che servono per controllare gran parte della fornitura mondiale di semi.
Si noti che, benché Dow-DuPont e ChemChina-Syngenta siano aziende di grandi dimensioni, la sola Bayer-Monsanto già possiede il 60% delle sementi protette da  brevetto e il 70% delle sostanze agrochimiche. Dal momento che possiede “solo” il 60% e il 70%, non potrà essere accusata di monopolio. Ma il suo prodotto principale, il glifosato (venduto con il marchio Roundup) è prodotto anche da Dow, DuPont e Syngenta. Quindi insieme gestiscono effettivamente un monopolio. Non lo è solo “tecnicamente”. Questi signori hanno dalla loro  il fior fiore degli studi legali, delle lobby e dei PR, perché …..mirano al controllo globale.
[..] dato che la maggior parte degli agricoltori dei paesi ricchi già compra i semi dalle multinazionali, la voce di chi si oppone a questo monopolio  si sente a malapena. Una voce però arriva da chi conosce l’operato di Debal Deb, un ricercatore indiano, che cerca di preservare le colture antiche ed è l’antitesi della Bayer-Monsanto, che si concentra solo sullo sviluppo di un piccolo numero di colture forti e protette dal suo brevetto, Deb invece fa crescere il maggior numero di possibile di colture e fa diffondere i suoi semi.
Quest’anno sta coltivando ben 1.340 varietà tradizionali del riso indiano “folk” su un terreno che gli è stato regalato nel Bengala Occidentale. Saranno più di 7.000 gli agricoltori – in sei diversi stati – che riceveranno i suoi semi, a condizione che li coltivino e che ne distribuiscano una parte ad altri agricoltori.
Questa condivisione dei semi di “varietà locali”, non è filantropia, ma l’ultimo anello di un sistema secolare di agricoltura di mutuo soccorso che ha permesso stabilità sociale e diversità alimentare a milioni di persone. Selezionando, incrociando e scambiando continuamente i loro semi, gli agricoltori hanno sviluppato un gran varietà di prodotti riconoscibili per aroma, gusto, colore, proprietà medicinali e resistenza a parassiti, siccità e inondazioni.
La battaglia è tra biodiversità e Monsanto, e quest’ultima sta vincendo alla grande. Monsanto-Bayer vuole che gli agricoltori coltivino solo quelle poche colture, di cui possiede il brevetto e vuole che tutto il resto sia sterminato con le sostanze chimiche senza le quali queste colture non possono crescere. Monocolture su steroidi, allevate in ambienti sterili e privi di vita. Il 75% degli insetti sono scomparsi dalle campagne europee, sono scomparsi anche il 60% dei vertebrati, mentre uccelli e farfalle stanno diventando una rarità.
È follia nella sua forma più assoluta. Follia di singole persone, follia dei sistemi legali, follia della governance. Nessuno, e nessun paese, dovrebbe essere obbligato a dimostrare che i prodotti della Monsanto stanno uccidendo la biodiversità. Abbiamo uno strumento – che si chiama principio di precauzione – e dobbiamo usarlo. Come diceva Ippocrate: Primo non Nuocere. Non è complicato.
Ma devo ammettere che qualche volta penso che sia già troppo tardi. Una volta che hai ammazzato il 70% di qualsiasi forma di vita, in un qualsiasi ecosistema, come farà questo eco-sistema a riprendersi? Perché con la fusione della Bayer-Monsanto approvata in tutti i paesi del mondo, le cose andranno sempre peggio e sempre più velocemente. L’industria agro-chimica è una cultura che cresce grazie alla morte, una cultura che trae i suoi profitti da una mortalità enorme, forse peggio ancora di quella che uccise i dinosauri 65 milioni di anni fa.
E le probabilità che l’umanità sopravviva a questa catastrofe sono poche o niente. La nostra sopravvivenza dipende dalla diversità che esiste in ciascuno degli ecosistemi in cui viviamo. Ma sì, vi sento: noi siamo la specie intelligente.
Ecco qualcosa che ho pubblicato per la prima volta nel dicembre 2016, ma le cose sono peggiorate molto più velocemente di quanto pensavo allora : Ammazziamo Noi la Monsanto prima che ammazzi i nostri figli.

Estinzione e Follia di Massa



Caters – Un raro elefante albino – Kruger National Park in South Africa

Tutto muore, piccola, questo è un dato di fatto
Ma forse tutto ciò che muore un giorno tornerà …
Springsteen, Atlantic City
Erwin Schrodinger (1945) ha descritto la vita come un sistema in disequilibrio termodinamico statico che mantiene una distanza costante dall’equilibrio (morte) nutrendosi della bassa entropia del suo ambiente – cioè scambiando output ad alta entropia per input a bassa entropia. La stessa affermazione, presa alla lettera,  potrebbe valere anche come descrizione fisica del nostro processo economico. Un corollario di questa affermazione è che un organismo non può vivere in un ambiente pieno dei suoi stessi rifiuti”.
Herman Daly and Kenneth Townsend
Quello che muove le nostre economie è lo spreco, non il bisogno e nemmeno la domanda :  I Rifiuti. La  2° legge della termodinamica. E’ questo che guida la nostra vita. Punto.
Per prima cosa non ditemi che qualcuno di voi sta cercando di frenare la progressiva estinzione della natura e della fauna del pianeta, o la la distruzione della vita in generale. Non ditemi nemmeno che ci state provando. Non ditemi che dovremmo concentraci – prima – sul cambiamento climatico (che è solo una piccola parte di tutta la faccenda), non ditemi che guidate un’auto elettrica e che state separando la tua spazzatura o cose del genere. Significherebbe solo che state tentando intenzionalmente di non prendervi la vostra parte di responsabilità in questa distruzione, perché se lo fate voi, è la stessa cosa fanno anche gli altri, e il pianeta non può più assumersi la responsabilità del vostro comportamento.
Questo è tutto, in grandi linee. E gli unici tra noi che non la pensano così sono solo quelli che non vogliono pensarci. C’è chi pensa che sia più facile parlare di certi problemi – troppo grossi – che affrontarli, che questo compito dovrebbe essere lasciato agli altri. Ma perché dovremmo lasciarli agli altri? Perché qualcuno deve preoccuparsi di piccolezze come elezioni o anche guerre, quando appare sempre più chiaro che ci stiamo avvicinando rapidamente a un periodo in cui certe cose contano sempre meno?
L’ultimo rapporto sul  Living Planet  del WWF ci mostra che il pianeta è molto meno vivo di prima e che siamo noi che abbiamo ucciso quella vita che non c’è più. Siamo noi che abbiamo sostituito la vita del pianeta con metallo, mattoni, plastica e cemento. E’ il consumo di massa che porta ad una estinzione di massa e questo è assolutamente prevedibile, lo è sempre stato; non c’è niente di nuovo.
Solo tra il 1970 e il 2012 abbiamo ucciso il 58% di tutti gli animali vertebrati selvatici, ad un tasso del 2% l’anno, e nel 2020, solo tra 4 anni,  ne avremo massacrato quasi il 70%.  E allora che ci importa chi è, o chi sarà, il presidente di uno solo dei tanti paesi che ci siamo inventati su questo pianeta? Perché non prendiamo di petto, invece, le cose che sono davvero cruciali per la nostra stessa sopravvivenza?
Elefante Madre e cucciolo

L’ultimo rapporto del WWF dovrebbe farci lasciar perdere tutto quello che stiamo facendo, e farci muovere per evitare che continui questo annientamento della vita in questo nostro mondo, il fattore chiave nella nostra vita quotidiana, in ogni ora di ogni giorno, per ciascuno di noi. Qualsiasi altra cosa non sarà abbastanza e qualsiasi altra cosa vedrà annientata- quella specie che si è definita intelligente –  da questo processo.
Certo, qualche esemplare mutante potrebbe sopravvivere, magari primordiale – forse a metà strada di quel che resterà della nostra specie – un essere che vivrà in condizioni che non potremmo nemmeno osare immaginare, con un brandello della nostra intelligenza, che gli basterà per chiedersi come abbiamo potuto permettere che tutto questo sia successo. Forse ci farebbe comodo che questo essere capisse il meno possibile, in modo che una forma di ignoranza, più o meno come la nostra, possa rendere più tollerabile, per lui, quella sofferenza.
È importante notare che il rapporto non parla di una situazione stagnante, non esiste uno stato dei fatti, ma solo un processo in corso d’opera e in fase di peggioramento. Cioè, ormai non possiamo scegliere di bloccare l’annientamento della fauna che prossimamente arriverà al 70%; stiamo assistendo, e in effetti ne siamo parte attiva, ad un crescendo al ritmo del 2% ogni anno che passiamo su questo mondo (Possiamo ancora parlare più di “vivere” , se per vivere stiamo uccidendo tutta la vita che esiste intorno a noi?).
Questa Terra è la nostra unica casa.
Senza il mondo naturale in cui siamo nati, o meglio dove è nata la nostra specie, i nostri antenati, non abbiamo nessuna possibilità di sopravvivenza. Perché è il mondo della Natura che ha permesso e creato le condizioni che hanno permesso all’umanità di emergere e di svilupparsi. E non siamo neanche lontanamente in grado di creare una Terra 2.0: nozione che è assurda in se stessa. Un periodo di poche migliaia di anni in cui l’Uomo ha  ‘comprenso’  il suo mondo non possono competere con i miliardi di anni di tutta l’evoluzione. Questo è il peggior insulto che possiamo fare alla nostra intelligenza, sempre che ne abbiamo una.
Molto è stato fatto durante gli anni in cui siamo stati capaci ad adattarci alle mutevoli circostanze, e gran parte di quello che abbiamo fatto è stato fatto con tanta arroganza, quanta ne mostriamo ancora oggi, ma la grande domanda che dovremmo farci è PERCHE’stiamo facendo volontariamente tutto il possibile per scoprire fino a che punto possiamo adattarci a un mondo che finora ha fatto fronte a tutte le ferite e le perdite che noi gli abbiamo fatto sopportare. Anche se a un certo punto riuscire ad adattarci a nuove condizioni di vita, perché dovremmo volerci adattare?
Due terzi del nostro mondo se ne sono già andati, e siamo noi che li abbiamo ammazzati, e quel che è peggio – a giudicare dal nostro stile di vita – sembra che non ce ne siamo nemmeno accorti. Se non fermiamo quello che stiamo facendo, potremo arrivare a un solo risultato: uccidere anche noi stessi. Forse il nostro problema maggiore (anche se ne abbiamo parecchi altri) è la nostra capacità e propensione a non volerlo vedere e a voler negare qualsiasi nostro-comportamento-sbagliato- con-consequenze-serie.
Orso polare madre e cucciolo

Ci saranno pure tante persone serie e intelligenti che lavorano, che sognano e che ricevono miliardi di sussidi per le loro fantasie di costruire colonie umane su Marte e vediamo questo loro lavoro come un segnale di progresso e di intelligenza. Ma questo può essere vero solo se riconosciamo che la nostra intelligenza e la nostra follia sono gemelle identiche. Perché è da folli distruggere il pianeta dal quale dipende ciascun essere umano e che ci permette di vivere, e allo stesso tempo sognare una vita umana su un altro pianeta.
Mentre non vedo nessun motivo per guardare con ammirazione a personaggi come il Re delle sovvenzioni  Elon Musk, per Stephen Hawking è diverso. Sfortunatamente, nel caso di Hawking, di fronte a tutta la sua intelligenza, la sua capacità filosofica scompare.
Il Prof. Stephen Hawking ha lanciato un monito, dicendo che l’umanità non sopravviverà per altri 1.000 anni sulla Terra a meno che la razza umana non trovi un altro pianeta su cui vivere. [..] Il Professor Hawking, ha riflettuto sulla comprensione dell’universo, partendo dalle scoperte degli ultimi cinquant’anni, descrivendo il 2016 come un“tempo glorioso per essere vivo e per fare ricerca sulla fisica teorica”. “La nostra immagine dell’universo è cambiata moltissimo negli ultimi 50 anni e sono felice se ho dato un piccolo contributo”.
“Il fatto che noi umani – che siamo fondamentalmente delle semplici particelle della natura – siamo stati in grado di avvicinarci così tanto alla comprensione delle leggi che governano noi e l’universo è sicuramente un trionfo.” Mettendo in evidenza “esperimenti ambiziosi” che daranno una immagine ancor più precisa dell’universo, ha continuato: “Mapperemo la posizione di milioni di galassie con l’aiuto di [super] computer come Cosmos e comprenderemo meglio il nostro posto nell’universo.”
” Ma dobbiamo anche continuare ad andare nello spazio per il futuro dell’umanità. Non penso che sopravvivremo per altri 1.000 anni senza scappare oltre il nostro fragile pianeta.
La tragedia è che abbiamo acquisito una certa conoscenza delle leggi della Natura e dell’Universo, ma siamo assolutamente ignoranti quando si tratta di comprendere come impedirci di distruggere questo nostro mondo. Marte è uno sbocco facile, ma Marte non risolve niente. Perché è ovvio, che non è il “fragile pianeta Terra” che costituisce una minaccia per l’umanità, ma la minaccia è l’umanità stessa. Quindi come si possono risolvere i problemi della terra? scappando su un altro pianeta?
Cosa c’è di sbagliato nel dire che dovremo fare prima qualcosa qui sul pianeta terra? È che abbiamo già fatto tanto male e ucciso troppa vita? E se questa è la ragione, che cosa ci dice che non andremo a fare la stessa cosa su un altro pianeta, sempre ammettendo che riusciremo ad arrivarci (ci arriveremo)?  Non ci dice che siamo NOI STESSI i nostri peggiori nemici? E l’idea stessa di andare a occupare un “altro pianeta” non ci fa pensare che sia meglio sistemare, prima, le nostre cose su questo pianeta? Diciamo che potrebbe essere una specie di pre-condizione prima di andare su Marte, se mai ci andremo.
Per sopravvivere, non abbiamo bisogno di scappare dal nostro pianeta, abbiamo bisogno di scappare da noi stessi. Non è così facile. Molto più difficile che scappare su Marte, che non è altro che una nostra fantasia per ricominciare daccapo.
Eppoi, se riusciremo ad accettare che sistemare le cose qui prima di andare su Marte sia un prerequisito per andare lassù, forse poi non avremo più bisogno di andare su Marte, giusto?
Tartaruga gigante

Noi stiamo trattiamo tutta questa storia dell’estinzione come se fosse qualcosa che stiamo guardando dall’esterno, come se fosse qualcosa che non ci riguarda, di cui noi non siamo parte. Ho visto tanti “popoli di ambientalisti” indubbiamente ben intenzionati e “persone ragionevoli” reagire al rapporto del WWF, dicendo che c’è ancora speranza e hanno fatto riferimento a segnali che mostrano progetti che possono invertire in parte il declino del pianeta, come il salmone chinook sulla Costa Nord Americana del Pacifico, come gli agricoltori del Malawi che non usano più fertilizzanti chimici, come un santuario gigante nell’Antartico, ecc.
Anche questa è una forma di follia. Perché serve a cullare le persone in uno stato di compiacimento che è del tutto ingiustificato e  serve solo a peggiorare le cose. Non c’è stato un cambio di direzione, non c’è stata una inversione di tendenza. È come dire che se un corpo non cade a corpo morto per terra, non è caduto affatto.
Il ruolo che svolgono i gruppi ambientalisti, chi si batte per la sostenibilità e i conservazionisti nelle nostre società è cambiato drasticamente, e non siamo riusciti a vedere chiaramente come è avvenuto questo cambiamento (che invece loro hanno già fatto). Questi gruppi sono diventati parte integrante del sistema, invece di rimanere una forza esterna alla società e capace di dare l’allarme su ciò che accade all’interno della stessa società.
I gruppi conservazionisti oggi servono come apologeti di una umanità devastante che si scatena in tutto il mondo: tutti fanno una donazione a Natale e con questo gesto si fa finta di credere che la conservazione della natura sarà tutelata. Tutti riciclano qualche bottiglia e qualche involucro di plastica e sono sereni, per aver fatto la propria parte per salvare il pianeta. Questo è completamente folle. È folle quanto la distruzione stessa. È una negazione scritta a caratteri cubitali e incisa sulla carne.
Forse è un modo troppo diretto per dirlo, ma questo non significa che non sia la verità, è così che funziona. Dire che “non è troppo tardi” non è un invito a muoversi per tutte le persone che continuano a credere che ci sia ancora tanto tempo. È solo piccola e ignobile mossa di psicologia. Con queste parole si dà l’impressione alla gente che ci sia ancora tempo e questa impressione diventa subito una scusa (per rimandare). E dato che quasi il 70% di tutti i vertebrati, cioè gli animali che ci sono più vicini, sono scomparsi, quando dovrebbero dirci che il tempo è ormai scaduto?  Quando saremo all’80% ?  al 90%?
 Una Cavalletta

Non comprendiamo perché, e nemmeno se, siamo una specie così tragicamente devastatrice. E forse non riusciamo a comprenderlo. Forse è qui che la nostra intelligenza si ferma, nel punto in cui dobbiamo cercare di comprendere come siamo fatti dentro. Anche l’essere più “consapevole” tra noi tenderà a sminuire il proprio ruolo per quello che succede nel mondo e continuerà a fare  sempre le stesse cose che già fa, anche se si rende conto quanto sia dannoso, questo comportamento, per l’ecosistema, ma si sente troppo piccolo, molto più piccolo di quello che realmente è.
Anche lui cercherà scuse per il suo stesso comportamento, si dirà che deve fare certe cose per poter vivere il ruolo che svolge nella società in cui è nato, per portare i bambini a scuola e bla, bla, bla. Lo facciamo tutti. Ci mettiamo in pace la  coscienza dicendoci che abbiamo capito bene, e poi saliamo in macchina, compriamo un cartone di latte o facciamo qualche altra cosa in modo altrettanto cieco…. potremmo continuare.
Qualsiasi specie, che scopre di avere a disposizione tanta abbondanza, tanta energia, reagisce allo stesso modo: la sfrutta. E’ una pulsione inconscia che consiste nell’utilizzare l’energia il più rapidamente possibile. Se solo potessimo capire questo concetto! Ma capirlo potrebbe intralciare il concetto stesso e l’unica cosa che possiamo fare per fermare l’estinzione è usare – tutti – molto meno energia. Ma dato che il consumo (di energia) crea ricchezza e, soprattutto, potere politico, noi non risparmieremo mai. Anzi noi ci diciamo che il massimo che possiamo fare è usare delle forme di energia diverse.
Abbiamo un talento innato per negare e per mentire (a noi stessi e agli altri), che ci rende impossibile, per prima cosa, renderci conto che abbiamo un talento innato per negare e per mentire. O, per dirla in un altro modo, visto che non siamo stati capaci di impedirci di far scadere il pianeta fino a questo triste stato di oggi, perché dovremmo continuare a credere che, in futuro, noi riusciremo a fermarci?
La cosa è che questa scusa per il nostro comportamento è la stesa scusa che usano anche tutti gli altri. Fino quando continueremo a comprare roba avvolta nella plastica, non avremo il diritto, anzi perderemo anche il diritto, di incolpare l’industria che produce la plastica.
Una nuotata con i lamantini

Noi ci crediamo tanto intelligenti e – di conseguenza – ci riteniamo una specie guidata dalla ragione. Ma non lo siamo: Cosa che può essere facilmente dimostrata con una “contro-domanda”: perché, se siamo così intelligenti, ci troviamo ad aver distrutto due terzi del nostro pianeta?
Abbiamo avuto un motivo razionale che ci ha spinto verso questa distruzione del pianeta? Certo che no, diremo. Ma allora perché abbiamo distrutto due terzi del mondo, se non è stato per la razionalità? Questa è una domanda che dovrebbe farci guarire per sempre dal credere all’idea che l’Uomo sia guidato dalla ragione. Ma noi non stiamo nemmeno ascoltando la risposta che abbiamo dato a questa domanda. Noi neghiamo, noi neghiamo persino questa stessa domanda.
Ma comunque è questa stessa domanda, e questa stessa risposta, che per l’appunto NON ci farà “piantare in asso qualsiasi cosa stiamo facendo” se oggi leggiamo che il 70% di tutta la fauna selvatica scomparirà entro il 2020, che il 58% era già scomparso nel 2012 e che stiamo continuando questa distruzione ad un tasso del 2% all’anno. Per noi è più normale preoccuparci di quelle tabelle che dicono che i rendimenti dei nostri piani pensionistici saranno molto più bassi di quanto credessimo. O ci preoccupiamo che la crescita economica è troppo bassa (come se con il 70% della fauna selvatica scomparsa, si può pensare ad una crescita!).
Dopo tutto, se la distruzione del 70% della fauna selvatica non basta per farci alzare il culo dalla sedia, a che percentuale dovremo arrivare per farci muovere? All’80%? Al 90? Al 99%? Mi sa tanto che sarebbe troppo tardi.
E nemmeno possiamo contare sugli ambientalisti che se ne preoccupano per noi, abbiamo visto che non ci conviene. Perché lo stesso 70% dice forte e chiaro quanto si siano rivelati un misero fallimento.
“Prendiamo per buono” che siamo una Umanità intelligenti, perché questo ci fa sentire bene. Questo però non fa star bene il pianeta. Quello che ci spinge non è la ragione, ma quella parte del nostro cervello che condividiamo con le amebe, con i batteri e con tutte le altre forme più primitive di vita, che si ingozzano di tutto quello che trovano il più presto possibile. Il cervello “razionale” degli umani, serve ad una cosa e ad una sola: pertrovare scuse “razionali” per quello che il nostro cervello primitivo ci ha appena fatto fare.
Siamo abbastanza intelligenti per capire che guidare un’auto ibrida o un’auto elettrica non basta per fermare lo scempio che stiamo facendo al nostro mondo, ma si stanno vendendo queste auto a milioni. Quindi forse potremmo dire che siamo allo stesso tempo abbastanza intelligenti, e che non lo siamo affatto. Possiamo vedere che stiamo distruggendo il nostro mondo, ma non sappiamo fare niente che ci impedisca di continuare questa distruzione.
Ecco qualcosa che scrissi 5 anni fa:
Abbiamo fatto esattamente la stessa cosa che avrebbe fatto una forma di vita primitiva di fronte a un surplus, di cibo, di energia e, nel nostro caso, di credito e di denaro a basso costo. Abbiamo speso tutto il più velocemente possibile, per paura che arrivassero tempi di minor abbondanza. È un istinto che proviene dai segmenti più primitivi del cervello, non dalla “più razionale” corteccia frontale. Non possiamo dire che – in linea di principio  – siamo dotati di un talento, più subdolo o malvagio delle forme di vita più primitive.  Il fatto è che usiamo il nostro evoluto cervello per aiutarci a provocare quella stessa devastazione  a cui ci spinge il nostro cervello più primitivo,  ma – grazie alla nostra intelligenza evoluta – siamo capaci  di devastare molto meglio.
E’ questo che ci rende la specie animale più tragica che si possa immaginare. Ci combatteremo l’un l’altro, e lo faranno anche i nostri figli, per litigarci fino all’ultima mollica che cade sul tavolo e uccideremo tutto quello che attraverserà la nostra strada, pur di arrivare in fondo. E quando avremo finito, troveremo un modo per darci una spiegazione razionale – a noi stessi – sul perché avevamo ragione ad agire in quel modo. Possiamo essere consapevoli e renderci conto di quello che facciamo, ma non sappiamo come evitare di farlo. La Specie, in assoluto, più Tragica mai esistita.
Il più grande miracolo che vedrete mai o che potreste mai sperare di vedere, sarà così miracoloso che non potrete nemmeno riconoscerlo per quel che è. Non sappiamo più cosa significhi la parola bellezza o il valore della parola. Abbiamo perso tutto questo, e siamo sulla buona strada per perdere il resto anche. Abbiamo superato il 70%.

Raúl Ilargi Meijer

7.06.2018
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org  e l’autore della traduzione Bosque Primario