giovedì 31 ottobre 2019

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 30 ott 2019


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
L'esecuzione di Abu Bakr al-Baghdadi
 

 
Lo Hezbollah destabilizzato
 

 
La Germania vuole impegnarsi militarmente nel Medio Oriente Allargato
 

 
La geografia del Levante completamente modificata
 

 
La NATO sul punto d'implodere
 

 
L'imperialismo tedesco può sostituirsi a quello statunitense?
 

 
La Siria recupera i propri giacimenti petroliferi
 

 
La Russia richiama la Turchia al rispetto degli impegni
 

 
La stampa australiana contro la censura del governo
 

 
François Hollande è il primo a riconoscere la sconfitta
 
Controversie

 
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mercoledì 30 ottobre 2019

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 30 ott 2019


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Les États-Unis se dissocient du négationnisme turc
 

 
Démission de Saad Hariri
 

 
L'exécution d'Abou Bakr al-Baghdadi,
 

 
Le Hezbollah déstabilisé
 

 
L'Allemagne cherche à s'investir militairement au Proche-Orient élargi
 

 
La géographie du Levant totalement modifiée
 

 
L'Otan sur le point d'imploser
 

 
L'impérialisme allemand peut-il remplacer celui des États-Unis ?
 

 
La Syrie récupère ses champs pétroliers
 

 
La Russie rappelle la Turquie au respect de ses engagements
 

 
La presse australienne contre la censure gouvernementale
 

 
Le premier, François Hollande reconnaît la défaite
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Donald Trump sur la mort d'Abou Bakr al-Baghdadi
 

 
Mike Pompeo sur la mort d'Abou Bakr Al-Baghdadi
 

 
Mémorandum d'accord entre la Turquie et la Fédération de Russie
 

 
abonnement    Réclamations


Il golpe anglo-americano che aveva messo fine all’indipendenza dell’Australia


Nel 1975, il Primo Ministro Gough Whitlam, che è mancato questa settimana [L’articolo è dell’ottobre 2014 ed era stato scritto subito dopo la morte dell’ex primo ministro, N.D.T.], aveva osato rivendicare l’autonomia del proprio paese. La CIA e il MI6 si erano assicurati che ne pagasse il prezzo.
Sui media e nell’establishment politico australiano è calato il silenzio sulla memoria del grande Primo Ministro riformatore Gough Whitlam. I suoi successi sono riconosciuti, seppur a malincuore, i suoi errori vengono sottolineati con falso rincrescimento. Ma la ragione principale del suo straordinario insuccesso politico, essi sperano, sarà seppellita con lui.
L’Australia, durante gli anni di Whitlam, 1972-75, era diventata per un breve periodo di tempo uno stato indipendente. Un commentatore americano aveva scritto che nessun paese aveva “invertito la sua posizione negli affari internazionali in modo così totale senza passare attraverso una rivoluzione interna.” Whitlam aveva posto fine alla servilità coloniale della sua nazione. Aveva abolito il patrocinio reale, indirizzato l’Australia verso il Movimento dei paesi non allineati, sostenuto le”zone di pace” e si era opposto ai test sulle armi nucleari.
Anche se non veniva considerato un laburista di sinistra, Whitlam era un socialdemocratico anticonformista per principio, orgoglio e correttezza. Credeva che una potenza straniera non dovesse controllare le risorse del suo paese e dettarne la politica economica ed estera. Aveva intenzione di “ricomprare la fattoria.” Nel redigere i primi atti legislativi sui diritti delle terre degli aborigeni, il suo governo aveva risvegliato il fantasma del più grande esproprio terriero nella storia dell’umanità, la colonizzazione britannica dell’Australia e la questione di chi fossero le enormi ricchezze naturali del continente insulare.
I Latino-Americani riconosceranno l’audacia e il pericolo di questa “voglia di libertà” in un paese il cui establishmente era indissolubilmente legato ad un grande potenza straniera. Gli Australiani avevano partecipato ad ogni avventura imperiale britannica, fin da quando in Cina era stata repressa la ribellione dei Boxer. Negli anni ’60, l’Australia aveva implorato per unirsi agli Stati Uniti nell’invasione del Vietnam, poi aveva messo a disposizione i suoi “black team” [gruppi di specialisti per operazioni clandestine], gestiti però dalla CIA. I cablogrammi diplomatici statunitensi pubblicati lo scorso anno da Wikileaks rivelano i nomi di figure di spicco in entrambi i principali partiti, tra cui un futuro primo ministro e un ministro degli esteri, nel ruolo di informatori di Washington durante gli anni di Whitlam.
Whitlam conosceva il rischio che stava correndo. Il giorno dopo la sua elezione, aveva ordinato che il suo staff non venisse “controllato o molestato” dal servizio di sicurezza australiana, Asio, allora come adesso legato all’intelligence anglo-americana. Quando i suoi ministri avevano pubblicamente condannato i bombardamenti americani sul Vietnam definendoli “corrotti e barbari,” un funzionario della stazione della CIA a Saigon aveva dichiarato: “Ci hanno detto che gli Australiani potrebbero benissimo essere considerati dei collaboratori dei Nord-Vietnamiti.
Whitlam aveva chiesto di sapere se e perché la CIA gestisse una base di spionaggio a Pine Gap, vicino ad Alice Springs, un gigantesco aspirapolvere che, come ha da poco rivelato Edward Snowden, consente agli Stati Uniti di spiare tutti. “Se cercherete di fregarci o di manipolarci,” aveva detto il primo ministro all’ambasciatore degli Stati Uniti, “[Pine Gap] diventerà una questione tutta da rivedere.
Victor Marchetti, l’ufficiale della CIA che aveva contribuito a creare Pine Gap, mi aveva confidato in seguito: “Quella minaccia di chiudere Pine Gap aveva fatto venire un colpo apoplettico alla Casa Bianca … si era iniziato a preparare una specie di [golpe come in] Cile.”
I messaggi top-secret di Pine Gap venivano decodificati da un’azienda dipendente dalla CIA, la TRW. Uno dei decodificatori era Christopher Boyce, un giovane turbato dall’inganno e dal tradimento da parte di un alleato. Boyce aveva riveato che la CIA si era infiltrata nella dirigenza politica e sindacale australiana e che si riferiva al Governatore Generale dell’Australia, Sir John Kerr, come “il nostro uomo, Kerr.”
Kerr non era solo l’uomo della Regina, aveva legami di vecchia data con l’intelligence anglo-americana. Era un appassionato sostenitore dell’Associazione Australiana per la Libertà Culturale, descritta da Jonathan Kwitny del Wall Street Journal nel suo libro, The Crimes of Patriots, come “un gruppo d’élite, esclusivamente su invito … smascherato di fronte al Congresso come fondato, finanziato e completamente gestito dalla CIA.” La CIA “aveva pagato i viaggi di Kerr, costruito il suo prestigio … Kerr aveva continuato ad assecondare la CIA per soldi.”
Quando Whitlam era stato rieletto per un secondo mandato, nel 1974, la Casa Bianca aveva inviato a Canberra come ambasciatore Marshall Green. Green era una figura imperiosa e sinistra, che operava all’ombra dello “stato profondo” americano. Conosciuto come il “maestro del golpe,” aveva avuto un ruolo centrale nel colpo di stato del 1965 contro il presidente Sukarno in Indonesia, che aveva provocato quasi un milione di morti. Uno dei suoi primi discorsi in Australia, presso l’Australian Institute of Directors, era stato descritto da un membro allarmato del pubblico come “un incitamento agli imprenditori del paese a ribellarsi contro il governo.
Gli Americani e gli Inglesi avevano lavorato insieme. Nel 1975, Whitlam aveva scoperto che il MI6 britannico stava operando contro il suo governo. “Gli Inglesi stavano effettivamente decodificando i messaggi segreti che arrivavano nel mio ufficio per gli affari esteri,” aveva detto in seguito. Uno dei suoi ministri, Clyde Cameron, mi aveva riferito: “Sapevamo che il MI6 stava spiando le riunioni di gabinetto per conto degli Americani.” Negli anni ’80, alcuni alti funzionari della CIA avevano rivelato che il “problema Whitlam” era stato discusso “con urgenza” dal direttore della CIA, William Colby e dal capo del MI6, Sir Maurice Oldfield. Un vicedirettore della CIA aveva detto: “Kerr ha fatto quello che gli era stato detto di fare.
Il 10 novembre 1975, a Whitlam era stato mostrato un messaggio telex top-secret proveniente da Theodore Shackley, il noto capo della divisione della CIA per l’Asia Orientale, che aveva contribuito al colpo di stato contro Salvador Allende in Cile, due anni prima.
Il messaggio di Shackley era stato letto a Whitlam. In esso si diceva che il primo ministro australiano rappresentava un rischio per la sicurezza del suo paese. Il giorno prima, Kerr aveva visitato il quartier generale del Defence Signals Directorate (DSD), la NSA australiana, dove era stato informato sulla “crisi della sicurezza.”
L’11 novembre, il giorno in cui Whitlam avrebbe dovuto informare il parlamento della presenza segreta della CIA in Australia, era stato convocato da Kerr. Invocando arcaici, vice-regali “poteri di riserva,” Kerr aveva licenziato il suo primo ministro democraticamente eletto. Il “problema Whitlam” era stato risolto e la politica australiana, e la nazione intera, non avrebbero mai più riconquistato la loro vera indipendenza.
John Pilger
Fonte: www.theguardian.com

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

lunedì 28 ottobre 2019

Unione nazionale in Siria e Venezuela, di Thierry Meyssan


All’inizio di settembre siamo stati i soli ad annunciare il passo decisivo contemporaneamente compiuto in Siria e Venezuela. Paesi che ora non cercano più di negoziare con i terroristi, bensì di costruire un nuovo regime in collaborazione con l’opposizione patriottica.

Siria e Venezuela si giocano contemporaneamente e parallelamente il proprio futuro. Ed è normale sia così, perché trattasi di conflitti che non hanno origine locale, ma sono frutto della strategia del Pentagono di distruzione delle strutture statali, avviata dapprima nel Medio Oriente Allargato, in seguito nel Bacino dei Caraibi (dottrina Rumsfeld/Cebrowski [1]).
La situazione e le capacità dei due Stati sono molto diverse, ma la resistenza al capitalismo globale è la medesima. Hugo Chávez (presidente dal 1999 al 2013) è stato portavoce delle popolazioni delle periferie del mondo, di fronte alle ambizioni delle società transnazionali. Deluso dalla defezione di alcune nazioni del Movimento dei Paesi Non-allineati, diventate vassalle degli Stati Uniti, Chávez e il presidente siriano Bashar al-Assad immaginarono di rifondare il Movimento su basi rinnovate e di chiamarlo Movimento dei Liberi Alleati [2]. A chi si poneva domande sui tempi di realizzazione di quest’ambizioso progetto, il presidente venezuelano rispondeva con la previsione che l’omologo siriano avrebbe occupato il suo posto sulla scena internazionale. Nel piano quinquennale 2007-2013, che redasse in prima persona, Chávez inserì anche istruzioni per le amministrazioni del Paese affinché sostenessero un alleato politico tanto lontano, la Siria [3].
Da 18 anni la guerra imperversa nel Medio Oriente Allargato e da otto in Siria. Afghanistan, Iraq e Libia sono già stati distrutti. Lo Yemen è ridotto alla fame. In Siria un governo in esilio è stato riconosciuto dagli Stati Uniti e da un pugno di loro alleati. Il patrimonio del Paese in Occidente è stato confiscato. Nella Lega Araba un governo alternativo ha rimpiazzato quello costituzionale. I vassalli regionali del Pentagono si sono messi agli ordini della NATO.
Nel Bacino dei Caraibi il preludio alla guerra è già in fase avanzata, soprattutto in Nicaragua e a Cuba. In Venezuela un autoproclamato presidente è stato riconosciuto dagli Stati Uniti e da un pugno di loro alleati. Il patrimonio del Paese in Occidente è stato confiscato. Nell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) un governo alternativo ha rimpiazzato quello costituzionale. I vassalli regionali del Pentagono stanno riattivando il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR).
La guerra in Siria è al termine perché la presenza militare russa rende impossibile l’invio di nuove truppe per combattere il governo [legittimo] del Paese, siano esse formate da soldati regolari statunitensi, da mercenari ufficialmente ingaggiati dal Pentagono o da mercenari ufficiosamente ingaggiati dagli alleati della NATO. Ma la vittoria contro decine di migliaia di mercenari dell’Esercito Arabo Siriano non significa pace.
In Siria e Venezuela la pace sarà possibile solo a condizione che la società fratturata – dalla guerra nel primo caso e dalla sua preparazione nel secondo – venga riparata. In Siria la riparazione potrà avvenire attraverso la redazione e l’adozione d’una nuova Costituzione, come previde quattro anni fa la risoluzione ONU 2254. Anche in Venezuela la pace dovrà passare dalla creazione di un regime di unione nazionale, ove si associno gli chavisti e l’opposizione patriottica, ancora viva nel Paese, cui sta a cuore la preservazione della nazione.
Con l’assenso del presidente Trump, nonostante l’opposizione dei generali del Pentagono e dei diplomatici del dipartimento di Stato, il 16 settembre Siria e Venezuela hanno fatto passi avanti in questa direzione. Lo stesso giorno Iran, Russia e Turchia hanno annunciato la formazione della Commissione Costituzionale Siriana [4] e il Venezuela l’apertura di un Tavolo di dialogo che riunisce rappresentanti del governo e dell’opposizione patriottica [5]. Un’iniziativa che si sostituisce ai negoziati che il governo costituzionale aveva intavolato alle Barbados – alla presenza di mediatori norvegesi – con i rappresentanti dell’autoproclamato presidente Guaidó; negoziati che quest’ultimo dichiarò esauriti e abbandonò. Analogamente, la Commissione Costituzionale Siriana mette fine ai negoziati che il governo conduceva da anni con gli jihadisti “moderati”, sotto gli auspici dell’ONU.
Dopo l’inizio della guerra in Siria il principio di Unione Nazionale si è gradualmente affermato. Il presidente Assad riuscì a organizzare nel 2014 un’elezione presidenziale conforme agli standard internazionali dei regimi democratici. In Venezuela invece questo principio rappresenta una novità, di cui ancora non tutti sono convinti. Un precedente tentativo avviato da papa Francesco è fallito. Questa volta, in poche ore, i negoziatori sono riusciti ad accordarsi su tutto quel che Guaidó asserisce di rivendicare, ma che in realtà rifiuta di formalizzare. Gli chavisti hanno smesso di disertare le sedute dell’Assemblea Nazionale; la riforma della Commissione elettorale è in gestazione; il vice-presidente dell’Assemblea Nazionale, prima agli arresti, è stato rilasciato; e via di questo passo.
La diffusione della notizia di questi considerevoli progressi ha coinciso con la vacanza del posto di Consigliere per la Sicurezza Nazionale USA. La sostituzione di John Bolton con Robert O’Brien favorisce l’avvio di un nuovo indirizzo a Washington. I due uomini hanno le medesime referenze ideologiche, l’“eccezionalismo statunitense”, ma stili opposti: il primo minaccia di guerra l’intero pianeta, il secondo è consumato negoziatore.
Giacché i partigiani del terrorismo – gli jihadisti “moderati” e i guarimberos di Juan Guaidó – ne sono esclusi, Unione Europea e Gruppo di Lima, privi del pragmatismo del presidente Trump, condannano questi progressi.

www.voltairenet.org

domenica 27 ottobre 2019

‘Non riesco a pensare’: Assange cerca di non piangere e quasi non ricorda il suo nome durante l’udienza preliminare per l’estradizione negli USA


Era sembrato che Julian Assange stesse per piangere mentre diceva “non riesco a pensare correttamente,” di fronte alla corte che dovrebbe decidere sulla sua estradizione negli Stati Uniti.
Il fondatore di WikiLeaks aveva avuto anche difficoltà a parlare, aveva fatto lunghe pause e aveva balbettato, mentre confermava il suo nome e la data di nascita all’inizio dell’udienza preliminare per la gestione del processo, a Londra, lunedì scorso.
Il governo americano sta cercando di estradare il 48enne per incriminarlo della diffusione di centinaia di migliaia di documenti top secret.
Dovrà affrontare 18 accuse, tra cui quella di cospirazione per hackerare i computer del governo e di violazione della legge sullo spionaggio e potrebbe passare decenni in prigione, se ritenuto colpevole.
Assange, che quando era stato arrestato ad aprile aveva una barba lunga ed incolta, si è presentato alll’udienza della corte dei magistrati di Westminster rasato e vestito con un abito blu scuro sopra un maglione blu chiaro.
John Pilger, il giornalista e documentarista e l’ex sindaco di Londra Ken Livingstone, erano tra i sostenitori seduti in una galleria destinata al pubblico completamente piena, mentre altri protestavano fuori dal tribunale.
L’avvocato difensore di Assange, Mark Summers, ha definito la richiesta di estradizione “un tentativo politico” da parte dell’amministrazione Trump di “far capire ai giornalisti le conseguenze della pubblicazione di informazioni [riservate].”
Legalmente è una cosa senza precedenti,” ha detto alla corte.
Summers ha affermato che esiste un “legame diretto” tra l’elezione di Trump e il “rinvigorimento” dell’indagine, che si era conclusa sotto la presidenza di Barack Obama senza accuse nei confronti di Assange.
L’avvocato ha anche affermato che gli Stati Uniti “avevano fatto notevoli sforzi per intromettersi nelle discussioni coperte da segreto professionale tra Assange e i suoi avvocati” nell’ambasciata ecuadoriana [di Londra], dove il fondatore di WikiLeaks era stato rinchiuso per quasi sette anni dopo l’ottenimento dell’asilo politico [da parte di quel paese].
Le intrusioni comprendevano il “controllo illegale dei telefoni e dei computer” e “uomini incappucciati che irrompevano negli uffici,” ha affermato Summers.
Queste preoccupazioni sono solo alcune della “pluralità” dei problemi, infatti il team legale di Assange avrebbe voluto avere più tempo per la preparazione del caso, ha affermato l’avvocato, che aveva richiesto una proroga di tre mesi sulla data dell’udienza vera e propria di estradizione.
Ma il giudice distrettuale, Vanessa Baraitser, ha rifiutato di concedere agli avvocati della difesa più tempo per la raccolta delle prove. Ha detto ad Assange che la prossima udienza preliminare sulla gestione processuale si terrà il 19 dicembre e che l’udienza vera e propria seguirà, come previsto, a febbraio.
Mentre la corte rinviava i lavori, Assange ha affermato di non aver compreso la procedura e si è lamentato che “questo non è giusto.
Ha aggiunto: “Non posso fare ricerche su nulla, non posso accedere a nessuno dei miei scritti. È molto difficile dove mi trovo.
Assange, che è detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, ha detto al giudice di trovarsi contro una “superpotenza” con “risorse illimitate” e, mentre sembrava ricacciare indietro le lacrime, ha aggiunto: “non riesco a pensare correttamente.”
Era stato incarcerato a maggio e condannato a 50 settimane di detenzione per aver violato le norme del rilascio su cauzione rifugiandosi nell’ambasciata ecuadoriana di Londra per evitare l’estradizione in Svezia, dove era accusato di violenza sessuale [accusa dimostratasi poi infondata, N.D.T.].
Assange era stato arrestato quando la polizia aveva fatto irruzione nell’ambasciata, dopo che la nazione sudamericana aveva ritirato la sua offerta di asilo.
Avrebbe dovuto essere rilasciato dal carcere di Belmarsh il mese scorso [1], ma il giudice lo aveva trattenuto in custodia perché c’erano “motivi sostanziali” per credere che si sarebbe reso irreperibile.
L’ex Ministro dell’Interno, Sajid Javid, aveva firmato nel mese di giugno una delibera che autorizzava il dibattito processuale sulla richiesta di estradizione [di Assange] da parte degli Stati Uniti.
A maggio, Wikileaks aveva affermato che c’erano “gravi preoccupazioni” per la salute di Assange, dopo il suo trasferimento nell’infermeria della prigione. Quando non era apparso per un’udienza in tribunale, il magistrato capo, Emma Arbuthnot, aveva dichiarato che l’Australiano “non si sentiva molto bene.”
All’epoca, WikiLeaks aveva dichiarato: “Durante le sette settimane a Belmarsh la sua salute ha continuato a peggiorare ed è dimagrito in modo drammatico. La decisione delle autorità carcerarie di trasferirlo nel reparto sanitario parla da sola.”
In una dichiarazione subito prima dell’udienza di lunedì scorso, Amnesty International ha esortato il Regno Unito a respingere la richiesta di estradizione.
Massimo Moratti, vicedirettore del gruppo per i diritti umani per l’Europa, ha dichiarato: “Le autorità britanniche devono riconoscere i rischi reali di gravi violazioni dei diritti umani che Julian Assange dovrebbe affrontare se fosse inviato negli Stati Uniti. Il Regno Unito deve rispettare l’impegno, già assunto, che [Assange] non venga inviato dove potrebbe subire torture o altri maltrattamenti.
Chris Baynes
[1] Il giudice che lo aveva condannato a 50 settimane di detenzione, Deborah Taylor, aveva stabilito che Assange avrebbe potuto essere rilasciato dopo aver scontato almeno metà della sentenza, ma che il rilascio condizionale sarebbe stato “soggetto alle condizioni e all’esito di qualsiasi altro procedimento nei suoi confronti.” N.D.T.
Fonte:
www.independent.co.uk

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

sabato 26 ottobre 2019

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 24 ott 2019

Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
La Syrie récupère ses champs pétroliers
 

 
La Russie rappelle la Turquie au respect de ses engagements
 

 
La presse australienne contre la censure gouvernementale
 

 
Le premier, François Hollande reconnaît la défaite
 

 
La France incendie l'usine Lafarge de Syrie
 

 
L'armée russe occupe des bases militaires US
 

 
Douces sanctions US contre la Turquie
 

 
Le PKK-YPG, terroriste selon le côté de la frontière
 

 
Les armées syrienne et turque tentent d'occuper le terrain
 

 
Les 15 camps de prisonniers de Daesh au « Rojava »
 

 
L'accord d'Hmeimim
 

 
Les militaires français pris au piège en Syrie
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Mémorandum d'accord entre la Turquie et la Fédération de Russie
 

 
Déclaration franco-allemande de Toulouse
 

 
Rencontre d'une délégation interministérielle russe avec Bachar al-Assad
 

 
Communiqué de presse conjoint des ministres des Affaires étrangères de la France et de l'Irak
 

 
Déclaration conjointe des États-Unis et de la Turquie sur le nord-est de la Syrie
 

 
Communiqué conjoint du Conseil franco-allemand de défense et de sécurité
 

 

« Horizons et débats », n°22, 14 octobre 2019
La « nation indispensable » est-elle « indispensable » ?
Partenaires, 15 octobre 2019

« Horizons et débats », n°21, 30 septembre 2019
« Opération Libero »
Partenaires, 15 octobre 2019
abonnement    Réclamations