giovedì 3 dicembre 2020

Usa, brogli informatici: milioni di voti taroccati da Dominion

Sidney Powell «Le evidenze stanno arrivando così velocemente che non riesco neanche a processarle: non posso rivelarvi cosa so, ma non farei mai affermazioni che non posso provare». Lo afferma l’avvocato Sidney Powell il 15 novembre: la donna fa parte dello staff legale di Trump, che sta analizzando i volumi (impensabili: 3,8 milioni di voti) della frode elettorale che sarebbe stata commessa per via elettronica. «Trump ha vinto con milioni di voti in più rispetto a Biden», dice l’avvocatessa, in una dichiarazione ripresa da “Fox News” e rimbalzata su Facebook. Parla dei voti che «sono stato spostati a Biden grazie al software Dominion, che era stato concepito esattamente per quello scopo». Aggiunge Powell: «Abbiamo prove che risalgono anche al 2016, che ci stanno arrivando come fossero sparate con un idrante. Ho un sacco di prove per dimostrarvi questo, ma non posso dirle sulla Tv nazionale. Vi dico solo che potevano prendere tutti i voti di Trump e, con quel software buttarli, essenzialmente nel cestino». Precisa la donna: «Abbiamo identificato matematicamente l’algoritmo esatto per modificare i voti. Più “backdoor”, “patch usb”, monitoraggio di Internet e anche tangenti ai funzionari corrotti per l’adozione del software Dominion. Tutto comincia a sembrare un “Major Cyber Attack” contro gli Stati Uniti».

E’ buio pesto sui sistemi elettronici di voto, sui quali incombono pesantissimi sospetti di brogli “scientifici”: occorre che gli inquirenti e la giustizia americana facciano luce, riassume “La Voce delle Voci“, citando il “Business Journal”. «Nonostante i media mainstream e Big Tech continuino a segnalare e sopprimere le informazioni riguardanti il coinvolgimento di Dominion nella frode elettorale, enormi prove continuano a dilagare». Il rappresentante Louie Gohmert ha confermato su “Newsmax” che la società informatica spagnola Scytl, titolare del software sotto accusa (ha raccolto i dati delle elezioni in modo improprio attraverso la Spagna), è stata «perquisita da una forza dell’esercito americano». La notizia: «I server sono stati sequestrati a Francoforte, in Germania». Sulle sue sigle, Scytl e Dominion, «aleggia l’ombra di George Soros, il miliardario-filantropo a bordo della sua voracissima Open Society Foundation». Scytl Secure Electronic Voting nasce nel 2001, come gemmazione dell’Università Autonoma di Barcellona, impegnata in un progetto di ricerca crittografica. Nel 2006 dà lavoro a 600 addetti e l’anno dopo decolla in piena regola, dividendosi in tre segmenti.

Il primo fa riferimento alla società madre e si occupa di sviluppare il software, scrive sempre “La Voce delle Voci”. Il secondo si chiama Scytl Voting Harware Sc e fa capo – come proprietà – al primo, ma anche ad una misteriosa società anonima acquartierata a Dubai. «I misteri cominciano a infittirsi». Il terzo segmento si chiama Civiti, e si focalizza sui servizi. «Il tris d’assi fa incetta di incarichi in molti paesi, ma ha subìto non poche rogne per le elezioni in Australia, in Norvegia, in Svizzera e in Ecuador». Il suo capitale, col tempo, si è progressivamente irrobustito: vi hanno investito milioni di dollari «una sfilza di sigle impegnate nel “venture capital”, ma anche fondi e finanziarie: Baldaron Capital, Neuta Capital, Vulcan Capital, Saphire Ventures, Ug Capital, Adam Street Partners, Industries Venture». Ma la tappa fondamentale, aggiunge il newsmagazine online, «sta nell’incontro con Paul Allen, grande amico di Bill Gates e co-fondatore del colosso Microsoft». Sei anni fa Allen piazza, come “start”, 40 milioni nelle casse di Scytl. «Nello stesso periodo è da segnalare una strategica acquisizione, ossia la Bezosdivisione di Gov2V, una compagnia legata al National Democratic Institute. Una ciliegia tira l’altra, ed eccoci all’ennesima tappa strategica: un incrocio da novanta, stavolta con Jeff Bezos, il padrone dell’altro colosso Amazon: uno strumento strategico per veicolare i propri servizi, anche tenuto conto delle sinergie con Amazon Web Services».

Alle presidenziali del 2016 le tecnologie di Scytl sono state usate in 12 Stati e in quasi 1.000 giurisdizioni di altri 28 Stati. Poi compare la Germania: mel 2019 viene creato a Francoforte un centro per le emergenze informatiche, “for emergency back up”, altra tappa da non poco. «Ma ecco la doccia fredda, solo pochi mesi fa: a maggio 2020, infatti, per la improvvisa mole di debiti fino a quel momento mai emersi, la società è costretta alla procedura per bancarotta. Si tratta di 75 milioni di dollari, neanche una montagna, e l’unica prospettiva è, tramite un percorso giudiziario, finire tra le braccia dell’Us Investment Fund Sandton Capital». Improvvisamente, però, «spunta un salvatore, il classico Cavaliere Bianco che con un colpo di bacchetta magica risolve tutti i problemi: si tratta di “Paragon Banking Group”, della quale si sa poco o niente». Per la “Voce delle Voci”, «è la taumaturgica soluzione che permette alla agonizzante Scytl di risorgere come la classica araba fenice e librarsi subito nei cieli del voto presidenziale di novembre. Un vero miracolo a stelle e strisce!». Così, l’autunno 2020 «si George Soros e Bill Gatestrasforma in una catena di successi, scambi azionari e vorticosi giri di sigle». Entra in scena una certa Soe Software Corporation, che poi risulterà come una sussidiaria di Scytl acquartierata a Tempa.

Poi c’è la vicenda parallela della seconda società, la Dominion Voting Systems Corporation con sede a Toronto, in Canada: fondata nel 2002 da James Hoover e da John Poulos, ancora oggi sul ponte di comando. L’altra base operativa è ubicata a Denver, in Colorado. Si è sempre occupata di software e hardware per i sistemi elettronici di voto. «Il salto dieci anni fa, quando acquisisce Premier Election Solutions dalla Election System & Sotfware, la quale aveva ceduto il suo sistema Pes al Dipartimento di Giustizia degli Usa. Un anno fortunato, il 2010 per Dominion, perché compra anche il Sequoia Voting System, proprio quel sistema che adesso Donald Trump accusa di aver dirottato centinaia di migliaia di voti in direzione Biden». Non solo: «Trump accusa Dominion di avere coltivato nel tempo grossi legami con Bill e Hillary Clinton e, of course, e con il Partito Democratico. Ma nel 2018 c’è stato un cambio di proprietà, perché la società è passata nell’orbita Staple Street Capital, l’ennesima sigla dai contorni non poco opachi di questa story». Trapela solo che il management di Staple è per una certa parte di formazione Lehman Brothers, la famigerata società che ha dato il via al maxi-crac finanziario Usa nel 2008. Per l’altra parte proviene da Carlyle Group, «che si è sempre caratterizzata per i suoi più che stretti legami con George Bush senior ma anche con il suo presidenziale rampollo». Da rammentare che i Bush «sono stati i primi repubblicani a complimentarsi con Joe Biden per la “conquista” della Casa Bianca».

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