venerdì 8 marzo 2019

SANGUE INFETTO / UN CALVARIO DI 40 ANNI PER GLI EMODERIVATI KILLER. E LA GIUSTIZIA STA A GUARDARE


Processo per il sangue infetto alle battute finali davanti alla sesta sezione penale del tribunale di Napoli presieduta dal giudice monocratico Antonio Palumbo. Un processo “storico” durato un quarto di secolo, partito a Trento, approdato a Napoli e del tutto ignorato dai media, sia locali che nazionali, e dalla politica, tanto per cambiare storicamente asservita ai voleri e poteri di Big Pharma.

DA TRENTO A NAPOLI, 20 ANNI DI FALDONI PROCESSUALI 

Andrea Marcucci
Alla sbarra l’ex re Mida della Sanità Duilio Poggiolini ed ex dipendenti del gruppo Marcucci, da sempre (almeno dalla metà degli anni ’70) oligopolista della lavorazione e distribuzione di emoderivati, fondato dal patriarca Guelfo deceduto a pochi mesi dall’inizio del processo partenopeo (partito ad aprile 2016), e oggi guidato dal figlio Paolo, fratello di Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato ma sbocciato sotto le protettive ali di Sua Sanità Francesco De Lorenzo.
Nella sua requisitoria del 21 gennaio il pm Lucio Giugliano ha chiesto l’assoluzione piena di tutti gli imputati perchè “il fatto non sussiste”. Secondo il pubblico ministero non è stato dimostrato il nesso causale che lega l’assunzione degli emoderivati killer alla morte dei pazienti infettati, otto rappresentati al processo partenopeo (uno è deceduto nel frattempo).
Ma il tragico numero della strage è di almeno 5 mila morti, che non potranno mai avere uno straccio di giustizia.
Altro colpo di scena all’udienza dell’11 febbraio, quando uno dei legali delle parti civili, Emanuele Tomassi, ha incredibilmente invocato la non punibilità di tutti gli imputati per via della prescrizione. Ai confini della realtà
Secondo formidabile assist per l’avvocato dei Marcucci, Alfonso Maria Stile, che ha ovviamente colto la palla al balzo e reclamato la piena assoluzione nel merito per gli imputati, perchè “il fatto non sussiste”, come chiesto dallo stesso pm. Altre parti civili non hanno battuto ciglio e si sono accodate.
Alle prossime udienze del 18 e 19 marzo parleranno le parti civili “superstiti”, i super cambattivi avvocati Stefano Bertone ed Ermanno Zancla, ai quali spetterà il compito, oltre che di contrastare la bufala-prescrizione, soprattutto di dimostrare il nesso causale tra la prima (o le prime) inoculazioni killer e l’insorgenza delle patologie, e quindi i decessi.
La sentenza è prevista per il 25 marzo.

UNA VOCE FIN DAL 1977

Paolo Marcucci
La Voce ha cominciato ad illustrare e denunciare i traffici di emoderivati fin dal 1977, quando in un’inchiesta sul gruppo Marcucci scrivemmo di provenienza del sangue anche da campi di raccolta e poliambulatori dell’ex Congo Belga.
Negli anni successivi si è poi scoperto che molte aziende del settore, nazionali ed estere, utilizzavano sangue proveniente perfino dalle galere degli Stati Uniti, in particolare quelle dell’Arkansas: senza che alcun serio controllo venisse mai effettuato.
Motivo per cui quelle stragi erano del tutto prevedibili e servivano a gonfiare i fatturati stramiliardari delle aziende produttrici e distributrici degli emoderivati killer.
Abbiamo seguito e documentato le udienze del processo partenopeo. E alla nostra redazione arrivano con frequenza lettere e mail di parenti che hanno sofferto sulla propria pelle il calvario spesso decennale subìto per via di quel sangue assassino.
Di seguito pubblichiamo quanto ci ha scritto un lettore, G.L, per documentare tutte le tappe di sofferenza della moglie: le prime infusioni di immunoglobuline nel triennio 1978-1979-1980, la diagnosi atroce nel 1991, la morte a luglio 2018. Quindi un calvario durato 40 anni, e negli ultimi sofferenze insopportabili.
“Ci siamo sposati nel 1973 e siamo andati a vivere a Firenze, io napoletano e lei veneta. Ad agosto 1991 la mia adorata moglie accusa sintomi di nausea e vomito. La diagnosi è severissima: crioglobulinemia mista essenziale di II tipo. Le viene riscontrata anche una grave insufficienza renale e una cardiopatia ipertensiva. Deve essere sottoposta a programmi di monitoraggio DH quattro volte l’anno sino al 2000, mentre deve seguire una terapia farmacologica ad alto dosaggio di cortisonici e citotossici”.

IMMUNOGLOBULINE KILLER DA VIENNA
“Durante i ricoveri per parto in strutture pubbliche le erano state somministrate 9 dosi di immunoglobuline anti D, una profilassi prevista dai protocolli per le partorienti con gruppo ORh, prodotti dalla Immuno di Vienna con plasma proveniente da un pool di donatori a pagamento importato dagli Usa e/o da paesi asiatici e africani. Le assunzioni di immunoglobuline avvennero negli anni ’78-79-80”.
“Tra il 2009 e il 2011 è stata visitata da un’epatologa e da un ematologo, ricercatori di eccellenza internazionale. La diagnosi di Epatite cronica HCV relata con complicanza di crioglobulinemia è conclamata da test di ultima generazione, non essendo disponibili test quali-quantitativi sino al 2000 circa presso la struttura pubblica”.

Un virus
“La viremia è stata latente per oltre dieci anni e il virus C ubiquitario, autoreplicandosi, ha causato le patologie gravi e irreversibili a tutti gli organi vitali: reni, cuore, polmoni, sistema immunitario e neuropatie periferiche. Dal 2014 soffriva di ridottissima capacità di deambulazione ed articolazione degli arti superiori”.
“Nel 2000 era stata posta in terapia dialitica sostitutiva trisettimanale, associata a patologie cardiovascolari, encefalopatia ischemica, depressione maggiore e sindromi correlate”.
“Ha subito 80 ricoveri in trent’anni, sino al 18 luglio 2018, quando è volata via”.
“La vicenda amministrativa (legge 210/92) è una autentica vergogna burocratica. Due CMO (Consulenze Mediche Ospedaliere), la prima del 2006 e la seconda del 2014, formulano all’unanimità un giudizio di sussistenza del nesso causale. Ma il Ministero rovescia tutto! Singolare, dato che le CMO sono organi ministeriali! Hanno cercato la data più utile al Ministero per autoassolversi dal reato di omicidio colposo o con colpa grave, a dire poco, se non doloso! Quanti altri se ne aggiungeranno? Non faranno notizia! Ma un Marcucci che siede ancora sui banchi del Parlamento è la figura che più smuove la immensa rabbia ed indignazione da cittadino!”.

“CAUSA-EFFETTO”, LE COINCIDENZE TEMPORALI
Le prime inchieste trentine hanno parlato di strage. Poi il processo è comincato nel 1999 con l’accusa di epidemia colposa. Quindi a Napoli il capo d’imputazione è ulteriormente scalato a omicidio colposo plurimo.
Spontanea la domanda: se tutti sapevano che quel sangue era infetto, veniva immesso sul mercato senza alcun test, ma solo per motivi economici, per far soldi a palati, non è giusto parlare di “strage scientifica”? I misteri della “giustizia” di casa nostra…
Al processo di Napoli, il pm “assolutorio” ha fatto un breve excursus temporale ed ha comunque individuato tra la metà degli anni ’70 e quella degli ’80 il periodo clou per le infezioni. Restringendo di più, tra il ’76 e l’83.
La moglie di G.L. ha ricevuto la prima somministrazione di immunoglobuline killer nel 1978, quando venne ricoverata per il parto. Le altre sono state effettuate tra il ’78 e l’80: quindi gli anni focali per quelle tremende infezioni.
La Voce, come abbiamo descritto giorni fa, ha pubblicato il primo articolo sulle importazioni di sangue non adeguatamente testato, quindi infetto, da parte del gruppo Marcucci, a luglio 1977.
Siamo proprio nel periodo bollente.

Elio Veltri
Nel caso della consorte di G.L., il prodotto era della casa farmaceutica Immuno, austriaca. Da tener conto che al processo di Napoli è presente solo il gruppo Marcucci, con i dirigenti delle sue aziende dell’epoca (Aima, Biagini etc). I big esteri – che pure si sono comportati in modo altrettanto “disinvolto”, senza effettuare alcun test su quei lotti infetti – forse solo in futuro potranno subire un processo analogo. O, più probabilmente, la passeranno liscia. Da rammentare che in Inghilterra solo a fine 2018 è stata costituita una commissione d’inchiesta alla Camera dei Lord sui traffici del sangue infetto e i 3 mila morti ufficialmente registrati in quel Paese.
G.L. scrive di plasma proveniente da donatori a pagamento degli Usa, dei paesi africani ed asiatici. Il regista americano Kelly Duda, nel suo choccante docufilm “Fattore VIII” ha dettagliato i percorsi di quel sangue killer proveniente dalle galere dell’Arkansas.
L’ematologo Elio Veltri, testimone (come Duda) al processo di Napoli, ha parlato senza mezzi termini di quelle importazioni di sangue infetto dagli Usa e dall’Africa. E lo ha documentato in un libro da lui firmato, “Non è un Paese per onesti”, con un intero capitolo dedicato proprio alla strage di innocenti.
Solo chi non vuol vedere (come nel processo partenopeo addirittura il pm e i legali di molte parti civili) non vede il “nesso causale” storico tra quelle importazioni di sangue infetto, l’insorgenza delle patologie virali e la morte dei pazienti.
Un numero di morti ormai incalcolabile, se non per difetto. E con la tragica constatazione – suffragata dalla tragedia vissuta nel corso di 40 anni da G.L. – che quelle morti continuano. E che continueranno ancora per anni, vista la tremenda “finestra temporale” ancora aperta (come per le sempre crescenti patologie nella Terra dei Fuochi a causa dei roghi super tossici).
E senza che la giustizia di casa nostra alzi un dito. Uno solo.
Almeno fino ad oggi.

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