giovedì 25 febbraio 2021

È LECITO PER UN OPERATORE SANITARIO AVER PAURA DEL VACCINO ANTI COVID? – Raffaele Varvara


Esiste davvero in questo momento un’emergenza sanitaria nel nostro Paese?
Raffaele Varvara, infermiere in un’azienda sanitaria della provincia di Milano e attivista politico, testimonia su Byoblu che, nell’ospedale in cui esercita la professione e in molti altri in cui lavorano colleghi con cui è in contatto, non c’è affatto una situazione di criticità.

A scongiurare una crisi nelle strutture ospedaliere paragonabile a quella dei mesi di febbraio e marzo 2020, hanno contribuito, secondo noi di Byoblu, i molti medici che hanno curato i pazienti con protocolli di cure domiciliari efficaci.
Questi ultimi, difatti, hanno portato a una riduzione del numero dei ricoveri nei reparti covid e in quelli di terapia intensiva. Tali protocolli di cura, recentemente raccomandati anche in uno studio pubblicato sull’American Journal of Medicine, non sono mai stati recepiti ufficialmente dal Ministero della Salute e dal Comitato tecnico scientifico.

In questo momento, secondo l’esperienza clinica del dottor Varvara, “l’emergenza non riguarda più i pazienti positivi al Sars Cov-2, ma tutti gli altri che vedono interrotto il loro percorso diagnostico e terapeutico relativo ad altre malattie, in particolar modo quelle cardiovascolari e oncologiche”.

Esiste quindi anche un problema di tipo psicologico: le persone ricoverate per altre malattie gravi e negative al virus non possono ricevere il conforto dei loro familiari. “Molto spesso, nell’esercizio della professione”, racconta Raffaele Varvara, “sono costretto ad accompagnare nel fine vita pazienti che muoiono senza poter rivedere i propri cari”. “Questo crea un cortocircuito nel nostro lavoro perché, per deontologia professionale, dobbiamo garantire il fine vita più sereno possibile e sappiamo che in questo momento non può essere così”. “È una situazione disumana che vorrei denunciare”.

Sui vaccini anti Covid, Raffaele Varvara testimonia che l’ordine provinciale ha richiesto una lista degli infermieri che non vogliono sottoporsi alla somministrazione, per convocarli ad uno ad uno e capire se sussistono motivazioni mediche (come, ad esempio, poli allergie) oppure se il rifiuto è solo di carattere ideologico o dovuto alla paura. In quest’ultimo caso gli infermieri possono rischiare provvedimenti disciplinari e addirittura la radiazione.
Con il dottor Varvara, allora, parliamo proprio di questo sentimento e ci chiediamo se non sia lecito provarlo dinanzi ad un vaccino creato con tempistiche accelerate rispetto a quelle ordinarie e che utilizza tecniche (l’mRna messaggero) mai utilizzate prima di oggi nei vaccini.
“Non è consentito per un operatore sanitario avere paura”, risponde Varvara, “eppure un infermiere, prima di essere tale, è un cittadino, libero di poter scegliere sulla propria pelle se sottoporsi oppure no a un trattamento sanitario senza per questo essere bollato come no-vax o come contrario ai progressi scientifici”. La verità, secondo Raffaele Varvara, è che “tanti operatori sanitari hanno paura, vedendo le reazioni avverse o gli effetti collaterali che si verificano sui colleghi vaccinati”. “Molti di loro sono infatti costretti a lunghi periodi di malattia; riscontriamo infatti, per lo più, febbre, diarrea, vomito e dolori articolari che insorgono dopo la prima o la seconda dose”. “Vedendo ciò, è lecito avere paura”, osserva Raffaele Varvara, “invece no, sull’infermiere aleggia un obbligo morale di sottoporsi al vaccino”.
L’articolo 32 della Costituzione tutela tutti i cittadini, stabilendo che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e aggiunge che “quest’ultima non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

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