giovedì 3 gennaio 2019

“EUROGENDFOR” / TUTTI I MISTERI DI UNA POLIZIA PARALLELA EUROPEA ANTI PROTESTE POPOLARI



Emmanuel Macron

Francia sempre in ebollizione. Oggi sono i gilet gialli a cavalcare una più che giusta protesta contro il dispotismo macroniano. Scendono in piazza per denunciare tasse e carovita, nonché una spregiudicata gestione del potere da parte di roi Macròn.
Il quale non è nemmeno in grado di arginare il terrorismo, come dimostrano gli ultimi fatti di sangue al mercatino di Natale a Strasburgo.
Ma non va dimenticato che ben 15 anni fa, per la precisione nel 2003, fu il ministro francese della Difesa, Alliot-Marie, durante un incontro dei ministri della Difesa dell'Unione europea a Roma, a lanciare l'idea di creare un corpo di Polizia europeo. La Voce, con un articolo di Antonella Beccaria del 2010 (qui sotto allegato), fu una delle prime testate a darne la notizia e a lanciare l'allarme per un'iniziativa del tutto spregiudicata e ai confini della legalità.

I PRIMI VAGITI DI EUROGENDFOR
L'anno seguente, nel 2004, in Olanda cinque rappresentanti di altrettanti Paesi europei (Francia, Italia, Olanda, Spagna e Portogallo) hanno firmato una prima bozza per quella che hanno chiamato "EuroGendFor", ovvero una Forza di Gendarmeria Europea. In tal modo quelle nazioni si impegnavano nel mettere a disposizione le proprie polizie militari per partecipare all'iniziativa.
Passiamo a gennaio 2006. Viene tenuto a battesimo il quartier generale, che viene ubicato a Vicenza. E' quindi il nostro Paese a farsi carico, in prima fila, di una simile operazione più che 'border line'.


Parata militare di EuroGendFor alla base di Vicenza. In alto gli scontri di Parigi e, nell'altra foto, il parlamentare del M5S Elio Lannutti

Infatti, il compito di quelle forze internazionali di polizia non era e non è quello di addestrarsi per contrastare i terrorismi, oppure la pericolosità di eventi criminosi, come le mafie internazionali, i traffici di armi e droga, la tratta delle schiave e la prostituzione, ma per un compito che riguarda "il controllo della folla". Della gente, dei cittadini che civilmente scendono in strada e osano protestare.
Nell'ottobre del 2008, poi, i cinque Paesi siglano il Trattato di Velsen, che dettaglia scopi, caratteristiche e finalità della stessa organizzazione militare. Di cui vengono precisati gli scopi: "costituire una forza di Gendarmeria Europea e operativa, preorganizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi, composta unicamente delle forze di polizia a statuto militare delle Parti, al fine di eseguire tutti i compiti di polizia previsti nell'ambito delle operazioni di gestione delle crisi".
Ecco quindi scendere in campo, e allertate per arginare le eventuali, giuste proteste dei cittadini, caso mai incazzati per quanto combinano i malgoverni di quei Paesi, la Gerdarmerie francese, i Carabinieri italiani, la Guardia civil spagnola, la Guardia nacional portoghese, la Marechausseè olandese.
Abbiamo mai saputo qualcosa circa tali attività che più 'coperte' non si può? I cittadini sono stati informati dai rispettivi governi di tali manovre assai poco trasparenti? Niente, una cortina di silenzio assoluta. Allineati e coperti i media, embedded i giornalisti.

I 5 STELLE VOGLIONO CHIAREZZA
Adesso i 5 Stelle vogliono vederci chiaro e presentano un'articolata interrogazione parlamentare ai ministeri degli Esteri, degli Interni e della Difesa, primo firmatario il senatore Elio Lannutti, più una dozzina di colleghi grillini.
In particolare i 5 Stelle vogliono sapere "se il Governo ritenga accettabile la costituzione di un esercito permanente di Polizia militare con l'obiettivo primario di occuparsi di ordine pubblico, il cui quartier generale è in Italia, con la finalità di pronto intervento per domare le rivolte popolari, addestrata al 'controllo della folla'".
Ancora: "se il Trattato di Velsen, ratificato nel 2010, nel più assoluto silenzio dei media, che contempla immunità e impunità per eventuali reati compiuti a danno dei cittadini e dei bene dello Stato, sia in sintonia con le norme internazionali e la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, tra i quali i concetti basilari di libertà e uguaglianza";
"se risulti al Governo che tale esercito di Polizia europea sia stato richiesto, ottenuto e prestato da qualche organizzazione internazionale, coalizione specifica, se sia stato utilizzato in Grecia per reprimere i moti di libertà del popolo greco, e più di recente in Francia, per tentare di domare le rivolte sociali del movimento dei 'Gilet Gialli' contro il governo Macron, e quali siano stati i protocolli di autorizzazione";
"se il Governo italiano ritenga necessaria l'immunità di cui gode 'EuroGendFor' sia nelle registrazioni in sede giudiziale, che negli eventuali abusi sul territorio italiano, qualora, nell'adempimento del servizio, uccidano, commettano illeciti, senza potere essere accusati, e se accusati, non potranno venire condannati, se condannati poi la sentenza non potrà essere eseguita";
"se non ritenga opportuno attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall'ordinamento, anche al fine di prendere in considerazione ogni eventuale sottovalutazione di significativi profili di accertamento che potrebbero profilare palesi violazioni di leggi, ordinamenti e norme di rango costituzionale".
Basta per avere, dopo tanti anni, un po' di trasparenza in un campo tanto delicato dove l'Italia si è impegnata in prima linea?

L'articolo per la Voce di Antonella Beccaria del novembre 2010
art Beccaria




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mercoledì 2 gennaio 2019

IL CASO MATTEI / FU UNA BOMBA, I LEGAMI CON GLI OMICIDI DI MAURO DE MAURO E PIER PAOLO PASOLINI


Fresco in libreria "Il caso Mattei", edito da Chiarelettere e scritto a quattro mani dalla giornalista Sabrina Pisu e dal magistrato Vincenzo Calia, che a metà degli anni '90 riaprì la bollente inchiesta, trovò nuove piste ma non riuscì a chiudere il cerchio.
Cerchio che invece era stato "chiuso" sia dal giornlaista siciliano Mauro De Mauro, che lavorava alla sceneggiatura del film di Francesco Rosi, sia da Pierpaolo Pasolini impegnato nella stesura del suo "Petrolio" al caloro bianco. Entrambi, De Mauro e Pasolini, erano arrivati alla meta, e per questo anche loro, dopo Enrico Mattei, "dovevano morire".

LE ULTIME SCOPERTE DEL MAGISTRATO CALIA
Ma procediano con ordine, partendo dal libro appena uscito. In primo luogo viene affermato e poi spiegato con estrema chiarezza che non si è trattato di "incidente", come hanno sempre sostenuto all'epoca i vertici Eni e i nostri servizi segreti di allora, il Sifar. Ma si sia trattato di un attentato in piena regola, attraverso il posizionamento di una bomba sul velivolo, un Morane Saulnier 760, che trasportava il capo dell'Eni Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzo e il corrispondente di Time Life William McHale. Era il 26 ottobre del 1962 e il velivolo, partito da Catania, doveva atterrare a Milano, ma cadde a Bescapè, in provincia di Pavia.
Calia, nel volume, descrive la dinamica dell'incidente, scrive della verbalizzazione "mutata" dell'agricoltore-testimone oculare che prima parlò di fiamme a bordo, poi ritrattò; e fa cenno soprattutto alla super perizia effettuata da una officina di riparazioni dell'aeronautica di Novara, condotta sui resti dell'aereo dopo il disastro, quindi volatilizzatasi.


La copertina. In alto da sinistra Mauro De Mauro, Enrico Mattei e Pier Paolo Pasolini

E documenta, Calia, tutta l'azione di depistaggio svolta dal Sifar (soprattutto a proposito della sparizione della perizia, ma anche della testimonianza poi taroccata), e il ruolo negativo svolto dai media. Vengono ad esempio ricordati i feroci articoli di una firma come quella di Indro Montanelli, tutti anti gestione Mattei, quasi ad aprire la strada – come poi avverrà – al suo successore, Eugenio Cefis.
Ed infatti sia Di Mauro che Pasolini, nelle loro indagini, puntarono dritti al bersaglio grosso, Eugenio Cefis, già allontanato dall'Eni nel '62, e poi, dopo la morte di Mattei, tornato in pompa magna. Tra i fondatori maximi della P2, Cefis diventerà il vero burattinaio degli affari italiani per oltre un decenno, impersonando quella "Razza padrona" che Eugenio Scalfari descrisse nel suo celebre libro.

UN FILM CHE FARA' "TREMARE L'ITALIA"
Sintomatica la frase pronunciata dal giornalista dell'Ora di Palermo trucidato dalla mafia, Mauro De Mauro, che stava completando le sue indagini. Parlando con un collega dell'Ansa, Lucio Galluzzo, gli disse: "sarà un film che farà tremare l'Italia".
Del resto sulla scrivania di De Mauro venne trovato il brogliaccio del "Petrolio" che Pasolini stava ultimando. Va poi ricordato, oltre al fondamentale capitolo "Lampi sull'Eni", dove campeggia la figura di Cefis, anche il furto di una settantina di pagine, che mancano all'appello di Petrolio. Cosa contenevano? La chiave del giallo? Con ogni probabilità pagine di fuoco & petrolio, costate la vita a Pier Paolo.
Una lunga scia di sangue, quindi, tutta griffata Eni: prima muore Mattei, la cui politica anti sette sorelle (le regine del petrolio) e in favore dello sfruttamento dei giacimenti africani in una prospettiva di ben diverso sviluppo mediterraneo, con una autentica collaborazione tra Italia e Nord-Africa; poi Mauro De Mauro, il quale stava terminando il suo lavoro per il film di Rosi (che uscirà evidentemente monco di quelle esplosive rivelazioni); quindi Pasolini, con il suo Petrolio bollente che tirava le fila su quella catena di sangue & potere.
Tutto basta e arci-avanza per una nuova apertura dell'inchiesta (anzi delle inchieste) basata sul filo rosso che unisce i tre omicidi.
Intanto, la procura di Roma dorme: due anni e mezzo fa il legale degli eredi Pasolini, Stefano Maccioni, ha chiesto la riapertura delle indagini, basandosi su una perizia del Dna, e scoprendo che vi sono almeno altre due presenze sulla scena del delitto, Ignoto 2 e Ignoto 3 (l'Ignoto 1 era evidentemente Pino Pelosi). Una prova schiacciante, presentata al pm Francesco Minisci, una strada spianata su cui procedere: ma fino ad oggi nessuna notizia.
Forse il pm Minisci è troppo occupato con il suo incarico di vertice all'Associazione Nazionale Magistrati, dove a marzo è stato nominato presidente?

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martedì 1 gennaio 2019

GIALLO ROSSI / DOPO 5 ANNI AI RAGGI X ULTIME E-MAIL E IL NOTES


Ci ha messo la bellezza di 5 anni e mezzo la dormiente procura di Siena per trovare l'hard disk del pc e la "copia forense" di uno dei due notebook appartenuti a David Rossi, il responsabile per le comunicazioni del Monte dei Paschi di Siena volato giù dal quinto piano di palazzo Salimbeni il 6 marzo 2013.
Il procuratore capo, Salvatore Vitiello, solo dopo le ripetute sollecitazioni arrivate dai legali della famiglia, e cioè il fratello Ranieri Rossi e la moglie Antonella Tognazzi, ha "scoperto" quei documenti!
Tutto il prezioso materiale ora è stato inviato dalla procura senese al Racis, il gruppo per le investigazioni scientifiche dei carabinieri, affinchè ne verifichi minuziosamente il contenuto.
Da rammentare, infatti, che sono corse svariate voci e uscite versioni differenti circa il contenuto delle e-mail inviate da Rossi negli ultimi 2-3 giorni della sua vita.


Antonella Tognazzi, moglie di David Rossi (nella foto in alto)

In particolare, sono importanti i messaggi partiti all'indirizzo dell'allora amministratore delegato Mps, Fabrizio Viola. "Stasera mi uccido", uno tra i presunti messaggi. "Domani vado a verbalizzare in procura e dico tutto", il contenuto di un secondo. E' forse anche nei messaggi la chiave per capire chi possa aver "voluto" la morte di David?
Tra l'altro, con una bella faccia di bronzo, lo stesso Viola ha avuto il coraggio di querelare la vedova Rossi e un giornalista de il Fatto, Davide Vecchi, per aver osato parlare e scrivere di quelle mail non poi tanto fantasma (ma solo ora acquisite agli atti) e "violato la privacy" (sic) del top manager Mps. Sia la Tognazzi che Vecchio sono poi stati assolti con formula piena.

Sono stati incredibilmente persi 5 anni, dal momento che le Fiamme gialle avevano chiesto alla procura già nel 2013 quei materiali oggi magicamente saltati fuori.
Del resto per ben due volte la dormiente procura di Siena ha chiesto l'archiviazione del caso, ritenendo certa l'ipotesi del suicidio. Quando invece tutte le evidenze scientifiche, una bella sfilza, dimostrano chiaramente che si è trattato di omicido: sia la perizia grafologica (i messaggi lasciati da David alla moglie), sia la perizia dinamica della caduta (che contrasta del tutto con la 'traiettoria' da suicidio), sia quella medica (il corpo di David presenta segni evidenti di colluttazione e di trascinamento) non lasciano dubbi. Solo i pm di Siena hanno chiuso gli occhi.
Tanto che da alcuni mesi è al lavoro anche la procura di Genova, per accertare tutte le anomalie di quelle inchieste farlocche condotte a Siena e accertarne errori & omissioni.

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lunedì 31 dicembre 2018

GRUPPO ROCCA / INCHIESTE BOMBA, DAL BRASILE ALL’ARGENTINA, VIA LUSSEMBURGO


Non bastava la maxi inchiesta "Lava Jato" in Brasile per corruzione internazionale. E nemmeno quella in Lussemburgo alla ricerca del tesoro di "San Faustin". Adesso scoppia in Argentina la più grossa "Mazzettopoli" del secolo.
Ad essere coinvolto il gruppo Rocca, con la sua corazzata Techint e la controllata Tenaris, che a fine novembre hanno fatto un autentico tonfo a piazza Affari, perdendo oltre il 7 per cento, mentre alla Borsa americana il crollo ha superato il 10 per cento.
A Paolo Rocca, amministratore delegato e presidente di Tenaris, le autorità argentine hanno confiscato 104 milioni di dollari, comunque una bazzecola rispetto ad un patrimonio personale valutato in circa 8 miliardi di dollari. Allo stesso Paolo Rocca è stato vietato di lasciare il Paese. L'accusa é da non poco: associazione illecita e pagamento di tangenti.

IL NOTEBOOK DI TUTTE LE TANGENTI MILIONARIE
Ma cosa è successo per scatenare un tale putiferio? Tutto parte dall'inchiesta soprannominata "Notebooks", ossia "taccuini", con riferimento ad una sorta di minuzioso diario tenuto da autista pentito che lavorava alle dipendenze del governo, in particolare al ministero per la Pianificazione. Quel memoriale bollente è stato consegnato, mesi fa, dalla moglie dell'autista "pentito", Oscar Centero, agli inquirenti argentini, che hanno così potuto ricostruire tutta la montagna di tangenti versate da imprenditori d'ogni settore – in prima fila Paolo Rocca – per un decennio, tra il 2005 e il 2015. A quanto pare un "sistema" ideato dall'ex capo dello Stato Cristina Fernandez Kirchner, e continuato con il successivo presidente, Mauricio Macri.


Cristina Fernandez Kirchner. In apertura Paolo Rocca

Obiettivo dei Rocca non era solo un occhio di riguardo nei confronti di Tenaris, da anni il colosso dell'acciaio in Argentina, ma anche risolvere la controversia insorta con il Venezuela di Hugo Chavez, che aveva prima confiscato e poi nazionalizzato la Sidor, una divisione di Ternium, controllata dal colosso Techint che fa capo al fratello di Paolo, ossia Gianfelice Rocca, ai vertici della hit tra i Paperoni d'Italia e per anni numero uno di Assolombarda.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti coordinati dal magistrato Claudio Bonadio (di evidenti origini italiane), le ricche mazzette di versate da Tenaris – prima una grossa fetta, poi una serie di versamenti mensili – servivano sia per sbloccare la situazione venezuelana sia per alimentare quell'associazione a delinquere, quel sistema che coinvolgeva una serie di imprese, argentine ed estere. Grazie ai buoni uffici presidenziali, infatti, il gruppo Rocca ha ricevuto un indennizzo da 2 miliardi di dollari versati dal governo Chavez a fronte della nazionalizzazione di Sidor. Una bella cifra.
L'ammontare totale delle tangenti affluite nelle casse presidenziali, secondo i calcoli degli investigatori argentini, ammonta a circa 200 milioni di dollari.

LO TSUNAMI BRASILIANO
Di gran lunga superiore, comunque, il totale delle tangenti versate in Brasile per l'affare Petrobras: fino ad oggi gli inquirenti carioca ne hanno accertate per 5 miliardi di dollari, ma la cifra può essere molto, molto superiore (secondo alcune stime potrebbe sfiorare il tetto dei 20 miliardi, il più grosso giro di tangenti di sempre).
Tra le imprese coinvolte il nostro colosso Eni, la consorella per l'impiantistica Saipem (nel cui azionariato c'è al 30 per cento la Cassa Depositi e Prestiti) e, of course, Techint capitanata da Gianfelice Rocca.
L'inchiesta "Lava Jato", pur essendo ancora in fase istruttoria (ma dura da quasi tre anni), ha già decapitato la classe politica verdeoro, portando all'impeachment del presidente Dilma Rousseff, alla condanna a 9 anni di galera per il suo amico e predecessore Ignacio Lula da Silva, e alle dimissioni di una sfilza di deputati di governo e opposizione. Un vero tsunami.


Ignacio Lula da Silva

Anche la procura di Milano indaga sull'affare Petrobras, e il capo d'imputazione è "corruzione internazionale". E sempre Milano un anno e mezzo fa ha aperto un fascicolo sul "Tesoro di San Faustin", la cassaforte di casa Rocca, a lungo acquartierata in Svizzera, poi trasferita in Lussemburgo. Ben protetta, quindi, da sguardi indiscreti: sia perché siamo in un classico paradiso fiscale, sia perché i veli delle fiduciarie sono stati ben allestiti. Nella cassaforte, comunque, non ci sono solo le ricchezze dei Rocca (ovviamene una parte), ma anche di parenti e amici eccellenti: una sorta di super salotto per vip.
Peccato che la procura meneghina abbia acceso i riflettori: c'è da sperare in qualche fortunata rogatoria internazionale?

L'AMICO DI UNA VITA, PAOLO SCARONI
Abbiamo più volte raccontato la Rocca story, lungo l'asse Italia-Argentina e anche Corno d'Africa. Trent'anni fa, infatti, la Somalia fu la vera palestra dove s'è fatta le ossa Techint, lavorando sia per progetti finanziati dal FAI, che per proprie iniziative, anche sul fronte dei rifiuti. Sul ponte di comando due pezzi da novanta del futuro: oltre a Gianfelice Rocca e ai suoi fratelli, anche Paolo Scaroni, allora rampante manager che negli anni successivi diventerà il re del parastato, occupando le poltrone di vertice all'Enel e all'Eni, oggi uomo strategico del colosso finanziario a stelle e strisce Elliot e presidente del Milan calcio.
Sui business somali di Techint, una quindicina d'anni fa realizzò un ottimo reportage Massimo Alberizzi del Corsera, centrata sulle rivelazioni di un ex dirigente Techint che fece causa alla sua azienda e in tribunale ne raccontò di cotte e di crude.
Sui traffici di rifiuti super tossici lungo l'asse Italia-Somalia e sui fondi della cooperazione stavano lavorando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Le ultime ricerche, a quanto pare, riguardavano i tantissimi fusti tossici seppelliti lungo la superstrada che porta da Bosaso a Mogadiscio.
E proprio entro dicembre si dovrà pronunciare il gip del tribunale di Roma, Andrea Fanelli, sulla richiesta di archiviazione tombale del caso Alpi-Hrovatin avanzata dal pm Elisabetta Ceniccola e controfirmata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone. Resta solo da augurarsi che giustizia non sia sfatta.

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venerdì 28 dicembre 2018

PANTANI / SILENZIO TOTALE SUL GIRO DEL ’99 TAROCCATO DALLA CAMORRA


Che fine ha fatto il fascicolo giudiziario su Marco Pantani e il Giro d'Italia del 1999 comprato dalla camorra? Due anni e mezzo fa il legale della famiglia, Antonio De Renzis, chiese alla Procura di Napoli la riapertura dell'inchiesta, allegando una ponderosa documentazione sul ruolo giocato dalla malavita organizzata nel taroccare – attraverso un vorticoso giro di scommesse – quel Giro in cui "Pantani non doveva arrivare a Milano".
Si è rivolto alla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, De Renzis, dopo l'archiviazione decisa dalla procura di Forlì, che pur avendo acquisito una gran mole di prove in grado di certificare il condizionamento dei clan, le pressioni sull'equipe medica a Madonna di Campiglio e aver raccolto le testimonianze di sportivi, addetti ai lavori e soprattutto di alcuni 'collaboratori di giustizia', sostenne che non però non si potevano provare quelle manovre intimidatrici, pur così evidenti. Alla procura di Forlì, infatti, non sanno quasi niente di camorra e dei suoi metodi, pur se da anni è penetrata nel tessuto economico e produttivo.

Tant'è. Archiviazione. Come è successo per il secondo filone d'inchiesta, quello della morte di Marco al residence Le Rose di Rimini. Un chiaro omicidio, con tutti i segni e le tracce ben evidenti che solo alla procura di Forlì non hanno visto. Rituale, è arrivata poi la pietra tombale della sentenza di Cassazione. Suicidio, pur se il suo corpo presentava (proprio come nel caso di David Rossi) molte ferite, segni di trascinamento… e altre cento anomalie, documentate in un ampio dossier dall'avvocato De Renzis.
Il quale, appunto, ad agosto 2016, ha inoltrato alla Dda di Napoli la richiesta di riaprire le indagini su quel maledetto Giro, del quale per primo parlò Renato Vallanzasca in carcere, raccogliendo le confidenze di un camorrista recluso. Da qui il via alle indagini che hanno portato alle verbalizzazioni bollenti di vari pentiti di camorra i quali hanno fornito ragguagli sulle mani della malavita organizzata per taroccare il Giro.
Riteneva, De Renzis, che la Dda di Napoli fosse il luogo più adatto dove poter effettuare ulteriori indagini e caso mai incrociarle con altre, tenuto conto della vasta esperienza accumulata dalla Dda in tanti anni di lavoro. Il fascicolo è stato assegnato al pm Antonella Serio.

E invece? Dopo due anni e mezzo il silenzio più totale. Nessuna notizia. Nel frattempo a quanto pare per la difesa della famiglia Pantani è subentrato un nuovo legale, Sabrina Rondinelli, che contattata per aver conferma circa la nomina e le novità sul caso, si chiude a riccio e sostiene di non voler parlare con i giornalisti.
Cosa ha fatto in questi mesi la Rondinella per smuovere le acque? E' mai venuta a Napoli, dalla sua Sicilia, per parlare con i magistrati? Perchè alimenta questo buio totale e questo silenzio che fa tanto rumore?

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giovedì 27 dicembre 2018

Tempeste a comando? chi c'è dietro al tempo che fa

Durante tutta la lunga storia dell'umanità i fenomeni atmosferici e le catastrofi naturali hanno sempre rappresentato un qualcosa d'ineluttabile, totalmente disancorato da qualsivoglia attività antropica venisse svolta sul pianeta. Alluvioni, siccità, ondate di gelo o di caldo, così come terremoti, eruzioni vulcaniche, maremoti, uragani o trombe d'aria potevano forse venire attribuiti all'ira degli dei o alla volontà divina, ma la responsabilità dell'uomo nell'ambito di tali catastrofi non è mai andata oltre alla recriminazione per non essere riuscito ad ingraziarsi adeguatamente il "Padreterno".
Solamente nel corso dell'ultimo secolo si è iniziato ad avere la percezione (o la presunzione) che l'attività degli esseri umani potesse in qualche misura condizionare il clima terrestre ed i grandi eventi naturali che tormentano il nostro pianeta.....
Intorno alla metà del secolo scorso vennero compiuti i primi esperimenti di "bombardamento" delle nubi temporalesche per evitare il rischio di grandine e di irrorazione delle nuvole con cristalli di sale per favorire la formazione della pioggia. Mentre negli anni 80 l'allarme causato dal tristemente noto buco nell'ozono mise per la prima volta l'attività antropica sul banco degli imputati di un potenziale disastro a livello globale.

Durante gli ultimi decenni il convincimento che l'attività umana, volontariamente o involontariamente, sia in grado di condizionare tanto il clima quanto gli eventi naturali si è fatto progressivamente sempre più strada.
Da un lato la comunità scientifica mondiale attraverso i rapporti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha ufficialmente attribuito all'attività antropica, in particolare alle emissioni di anidride carbonica, il presunto aumento della temperatura di alcuni gradi che dovrebbe progressivamente avvenire nel corso del XXI secolo, meglio conosciuto come "riscaldamento globale". Ufficializzando scientificamente come l'attività dell'uomo sia in grado di mutare radicalmente il clima dell'intero pianeta e dando vita a tutta una serie di contromisure (la cui utilità resta assai dubbia) a partire dalla ratifica del protocollo di Kyoto e dalla creazione del progetto Agenda 21. Dichiarando esplicitamente come l'attività dell'uomo sia in grado di modificare in profondità il clima dell'intero pianeta, fino al punto da stravolgerne pesantemente gli equilibri.

Da un altro lato è ormai assodato come grandi opere infrastrutturali e attività estrattive o industriali siano in grado d'interagire anche pesantemente con l'ambiente a livello locale. Basti pensare alla mastodontica diga delle tre gole in Cina che ha cambiato significativamente il clima di un'intera regione, così come altre grandi dighe hanno reso prosperi o aridi territori di vastissime dimensioni. O considerare l'attività di fracking finalizzata all'estrazione petrolifera che è in grado di provocare eventi sismici anche di notevoli proporzioni. O ancora andare con la mente a disastri nucleari come quello di Cernobyl o di Fukushima che hanno stravolto profondamente l'equilibrio ambientale di enormi zone del nostro pianeta.

Ma se è vero che il clima e l'ambiente possono essere influenzati dall'attività umana in maniera accidentale (inquinamento, grandi opere, disboscamento intensivo, estrazione di combustibili fossili, attività industriali) è altrettanto vero che l'uomo sta dimostrando di essere potenzialmente in grado di stravolgere il clima e l'ambiente anche in virtù di scelte consapevoli. A Dubai per esempio, così come in molte zone della Cina e non solo, ormai da tempo le nubi vengono sistematicamente irrorate con cristalli di sale per aumentare le precipitazioni. E sempre a Dubai è allo studio perfino un progetto per la "costruzione" di una catena montuosa artificiale, finalizzata a cambiare il corso delle correnti e favorire la pioggia nel deserto.

Spostandoci dal locale al globale sono più di una le operazioni di geoingegneria che da tempo vengono portate avanti sottotraccia, dal progetto Haarp del Dipartimento della Difesa statunitense alla controversa questione delle scie chimiche, consistenti nell'irrorazione in atmosfera per mezzo di aerei civili e/o militari di tutta una serie di sostanze della più svariata natura, con lo scopo di condurre esperimenti concernenti la risposta degli ecosistemi agli stimoli indotti o con l'intenzione di cambiare le condizioni climatiche di alcune aree specifiche del pianeta, o ancora di veicolare vaccini ed agenti chimici presso le popolazioni. Naturalmente l'intera comunità internazionale nega la presenza di qualsiasi progetto indirizzato a stravolgere globalmente il clima e l'ambiente, ma non occorre essere complottisti per comprendere come nell'ambito della geoingegneria siano molte le operazioni riguardo alle quali l'opinione pubblica deve rimanere all'oscuro.
Se l'uomo potenzialmente è in grado di controllare il clima, dovrebbe essere chiaro a tutti come chi abbia fra le mani le chiavi di questo controllo possieda di fatto la più letale fra tutte le armi in circolazione. Il controllo climatico a livello globale può infatti permettere a chiunque sia in grado di gestirlo, di ridurre in ginocchio qualsiasi nazione "scomoda" mettendone in crisi l'economia e provocando catastrofi "naturali" in grado di creare molti più danni di quanto possa fare un bombardamento tradizionale.
Anche nell'ambito della "guerra ambientale" i progetti e le sperimentazioni non mancano affatto, ma come è logico aspettarsi tutto avviene nella segretezza più assoluta, mentre qualsiasi informazione trapeli a questo riguardo viene immediatamente bollata come delirio complottista di qualche esaltato.
La sensazione preponderante è quella che si vivesse più tranquilli quando a controllare il clima e l'ambiente erano gli dei, il Padreterno o il fato (a seconda di quali fossero le credenze religiose di ciascuno) ed almeno esisteva la speranza che bastasse qualche rito propiziatorio o qualche preghiera per sistemare tutto. 
Oggi che l'uomo in qualche misura sta coltivando l'ambizione di sostituirsi a "Dio" la speranza sembra essere ormai in via di estinzione e le conseguenze potrebbero produrre problemi che travalicano di gran lunga quelle che sono le nostre possibilità di piccoli esseri umani, di passaggio su un grande pianeta.

Marco Cedolin
Fonte Dolcevita online

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martedì 25 dicembre 2018

Auguri da LPI - Scopri il Consiglio Consultivo Accademico



Buon Natale, Felice Anno Nuovo (e persino Buon solstizio) da LPI!

wishes='\U0001F381 \U0000020 \U0001F385 \U0000020 Merry Christmas & Happy new year from \U0001F427 LPI Italia \U0001F384' ; echo -e $wishes

Da quando Unicode ha sostituito ASCII siamo diventati tutti un po' più liberi di esprimerci nei modi e nelle forme che le nostre culture ci hanno tramandato. Noi che ci sentiamo Free as in Freedom e che crediamo nei valori dell'Open Source vi facciamo i nostri migliori auguri con l'aiuto della nostra amata BASH.

Il Consiglio Consultivo Accademico di LPI: finalità, interazione

... Sviluppi condivisi che serviranno a creare una nuova serie di corsi formali progettati per il curriculum accademico e universitario.

Le finalità e le opportunità di interazione con il Consiglio Consultivo Accademico - Academic Advisory Council - AAC - del Linux Professional Institute. Leggi il post.

IBM, Microsoft, RedHat e la perdita dell'innocenza

 ... Le notizie sull'acquisto di RedHat da parte di IBM sono scoppiate come una bomba un paio di settimane fa, notizie che anche ora lasciano una sensazione spiacevole nella pancia, notizie che non riesco a mandare giù. Ma vuoi sentire una storia strana? Se fosse successo dieci anni fa, probabilmente non avrei battuto ciglio. Ma allora perché la prendo così male, adesso?

Marcel Gagné sull'acquisto di RedHat da parte di IBM. Leggi il post.

Linux e Open Source: segnala eventi e storie di successo

La mission di LPI è sostenere la formazione e il movimento Linux e Open Source: se sei coinvolto in eventi del settore, non esitare a contattarci per segnalarceli.

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lunedì 24 dicembre 2018

La Puglia: 4 reazioni avverse gravi ogni 100 vaccini iniettati

VaccinoL'industria farmaceutica non ha mai provato un forte desiderio di verificare statisticamente gli eventuali danni da vaccino. Di solito preferiscono affidarsi al sistema di segnalazione da parte dei genitori (si chiama "farmacosorveglianza passiva"). Questo sistema ovviamente è il preferito, da parte delle case farmaceutiche, perché sanno già che la stragrande maggioranza dei genitori si dimentica di segnalare le reazioni avverse, mentre molti di loro non sanno nemmeno che esiste un sistema per farlo. Il genitore che vede una reazione avversa nel proprio figlio si preoccupa prima di tutto di correre dal pediatra e di porre rimedio alla condizione di sofferenza del suo bambino. Una scarsissima percentuale si ricorda poi in seguito di segnalare i fatti avvenuti alle autorità sanitarie. Le cose però cambiano radicalmente se qualcuno – più coscienzioso degli altri – prova invece a perseguire una strategia di farmacovigilanza attiva (per farmacovigilanza attiva si intende il monitoraggio sistematico dei bambini vaccinati, con telefonate di controllo fatte ai genitori nell'arco di un lungo periodo di tempo).
E' quello che ha provato a fare l'Osservatorio Epidemiologico Regionale della Puglia, con una campagna di farmacovigilanza attiva sui bambini vaccinati durata dal 2013 al 2017 (qui il rapporto completo). I risultati sono eclatanti. Il numero di "eventi avversi gravi" registrati durante le indagini diventa improvvisamente di 300 volte superiore al numero di casi riportati con la sorveglianza passiva. Di fatto, come riportato dalla tabella a pagina 26, risulta che gli eventi avversi gravi sono stati oltre il 40 per mille dei casi monitorati. Come viene spiegato a pagina 17 del rapporto, «un evento avverso a vaccino o farmaco viene classificato come grave ove abbia determinato: decesso; pericolo di vita; invalidità grave o permanente; anomalie congenite/deficit del neonato; ospedalizzazione o prolungamento dell'ospedalizzazione; altra condizione clinicamente rilevante».
Un'altra tabella, a pagina 33, mostra come il "causality assessment" (rapporto di causalità, o correlazione fra vaccino ed evento avverso) sia del 75% dei casi riportati. In altre parole, in seguito alla somministrazione del vaccino negli anni 2013-2017 sono stati registrati 4 eventi avversi gravi ogni 100, con tre quarti di questi casi correlabili direttamente alla somministrazione del vaccino stesso. A questo punto ci si domanda che cosa succederebbe nel mondo se una ricerca di farmacovigilanza attiva, come quella eseguita dalla Regione Puglia, venisse fatta in ogni regione e in ogni nazione del nostro pianeta.
(Massimo Mazzucco, "Regione Puglia: 4 casi di reazioni avverse 'gravi' ogni 100 in seguito ai vaccini", dal blog "Luogo Comune" del 23 novembre 2018).
L'industria farmaceutica non ha mai provato un forte desiderio di verificare statisticamente gli eventuali danni da vaccino. Di solito preferiscono affidarsi al sistema di segnalazione da parte dei genitori (si chiama "farmacosorveglianza passiva"). Questo sistema ovviamente è il preferito, da parte delle case farmaceutiche, perché sanno già che la stragrande maggioranza dei genitori si dimentica di segnalare le reazioni avverse, mentre molti di loro non sanno nemmeno che esiste un sistema per farlo. Il genitore che vede una reazione avversa nel proprio figlio si preoccupa prima di tutto di correre dal pediatra e di porre rimedio alla condizione di sofferenza del suo bambino. Una scarsissima percentuale si ricorda poi in seguito di segnalare i fatti avvenuti alle autorità sanitarie. Le cose però cambiano radicalmente se qualcuno – più coscienzioso degli altri – prova invece a perseguire una strategia di farmacovigilanza attiva (per farmacovigilanza attiva si intende il monitoraggio sistematico dei bambini vaccinati, con telefonate di controllo fatte ai genitori nell'arco di un lungo periodo di tempo).

E' quello che ha provato a fare l'Osservatorio Epidemiologico Regionale della Puglia, con una campagna di farmacovigilanza attiva sui bambini vaccinati durata dal 2013 al 2017 (qui il rapporto completo). I risultati sono eclatanti. Il numero di "eventi avversi gravi" registrati durante le indagini diventa improvvisamente di 300 volte superiore al numero di casi riportati con la sorveglianza passiva. Di fatto, come riportato dalla tabella a pagina 26, risulta che gli eventi avversi gravi sono stati oltre il 40 per mille dei casi monitorati. Come viene spiegato a pagina 17 del rapporto, «un evento avverso a vaccino o farmaco viene classificato come grave ove abbia determinato: decesso; pericolo di vita; invalidità grave o permanente; anomalie congenite/deficit del neonato; ospedalizzazione o prolungamento dell'ospedalizzazione; altra condizione clinicamente rilevante».

Un'altra tabella, a pagina 33, mostra come il "causality assessment" (rapporto di causalità, o correlazione fra vaccino ed evento avverso) sia del 75% dei casi riportati. In altre parole, in seguito alla somministrazione del vaccino negli anni 2013-2017 sono stati registrati 4 eventi avversi gravi ogni 100, con tre quarti di questi casi correlabili direttamente alla somministrazione del vaccino stesso. A questo punto ci si domanda che cosa succederebbe nel mondo se una ricerca di farmacovigilanza attiva, come quella eseguita dalla Regione Puglia, venisse fatta in ogni regione e in ogni nazione del nostro pianeta.

(Massimo Mazzucco, "Regione Puglia: 4 casi di reazioni avverse 'gravi' ogni 100 in seguito ai vaccini", dal blog "Luogo Comune" del 23 novembre 2018).

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