sabato 13 luglio 2019

Movimento Agende Rosse: Commemorazione strage di via D'Amelio - il programma degli eventi

27° Anniversario della STRAGE DI VIA D'AMELIO – Il programma degli eventi


Come tutti gli anni, anche quest'anno ci troviamo a Palermo insieme alla famiglia Borsellino in occasione del 19 luglio, 27° anniversario della strage in cui persero la vita Paolo Borsellino e cinque dei suoi agenti di scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina e Vincenzo Li Muli.
La manifestazione si articolerà su 4 giorni con una serie di iniziative. Questo il programma.

MERCOLEDÌ 17 LUGLIO

Via della Vetriera, 57, Palermo
ore 16.30 – 4° compleanno della "Casa di Paolo"
ore 18.00 – 5° edizione del triangolare di calcetto "La legalità scende in campo"
Atrio "Paolo Borsellino" della Biblioteca Comunale in Casa Professa
ore 20.00 –  "Legami di memoria"  a cura dell'Arci Palermo
Facoltà di Giurispridenza – Via Maqueda 172
ore 20.30 – Convegno promosso da AntimafiaDuemila "Paolo Borsellino, strage di Stato – Sulle orme dei mandanti esterni"

GIOVEDÌ 18 LUGLIO

Albero della Pace di Via D'Amelio
  • Ore 17.30 "Storie di resistenza civile al femminile" dedicato a: Rita, Paolo, Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo e Walter a cura del "Centro studi Paolo e Rita Borsellino"
    Con: Chiara Corrao, Luciana Di Mauro, Osas Egbon, Piera Fallucca, Alfio Foti, Vittorio Teresi, Giò Vacirca e Mario Cefalo, Pamela Villoresi 
  • ore 19.00 – "Acchianata" (salita) in notturna al monte Pellegrino (partenza da via D'Amelio)
  • ore 21.00 – "La forza dietro ad un sorriso" – Veglia in stile rover
  • a seguire Santa Messa a cura dell'Agesci

VENERDÌ 19 LUGLIO

 

Albero della Pace di Via D'Amelio
  • ore 9.00 – 13.00 – "Coloriamo Via D'Amelio: il 19 luglio per i cittadini di domani" – Animazione, laboratori, letture per bambine e bambini a cura del "Centro studi Paolo e Rita Borsellino" .In collaborazione con gli studenti del Corso di laurea in Scienze della Formazione primaria UKE, Nati per leggere Sicilia, Laboratorio Zen insieme, Associazione "Il Quartiere" di Monreale, Centro di animazione territoriale "San Giovanni Apostolo", Centro "Santa Chiara", Associazione Lievito, Emmaus Palermo, campo estivo CONI "Sport: un diritto per tutti", "Casa di Paolo".
     

 "Io ci SARÒ, tu ci sei STATO ?"

  • ore 14.45 – "Orfani di Stato" – Interventi dal palco dei familiari delle vittime della strage di Via D'Amelio e dei familiari di vittime di mafia tra cui: Vincenzo Agostino, Angela Manca, Stefano Mormile, Brizio Montinaro, Rosaria Scarpulla e Francesco Vinci.
    Aprono l'evento gli "Our Voice"
  • ore 16.58 – Minuto di silenzio
  • ore 17.00 – Marilena Monti recita la poesia «Giudice Paolo»
  • ore 17.30 – "Testimoni di ingiustizia" con Piera Aiello, Ignazio Cutrò, Gianfranco Franciosi e Gaetano Saffioti. Introducono gli studenti dell'I.P.I.A. – Emanuela Loi di Sant'Antioco (CI)
  • ore 18.00 – "Verità di Stato, Verità di tutti?"  Incontro con i magistrati Sebastiano Ardita, Roberto Scarpinato, Giuseppe Lombardo e l'avvocato Fabio Repici, modera Giuseppe Lo Bianco
  • ore 21.45  I Sansoni
  • A seguire Presentazione del libro "Paolo Borsellino – Cosa nostra spiegata ai ragazzi" prefazione di Salvatore Borsellino

ACCREDITI STAMPA (retropalco via d'amelio)

 

 

SABATO 20 LUGLIO

Casa di Paolo Via della Vetriera, 57, Palermo
ore 18.00 Donne contro la mafia (Piera Aiello, Fiorenza Brioni)


Altre città:

Monfalcone (GO)

Il neo nato presidio del Movimento delle Agende Rosse, presidio di Monfalcone (Go) intitolato a Rita Atria, in collaborazione con i fratelli di Belluno, di Pordenone, di Udine e sotto la supervisione dello stesso Movimento, ha organizzato per il prossimo 19 luglio,  in occasione della strage di via Mariano D'Amelio, un incontro tra la popolazione tutta e gli attivisti.
Saremo in piazza Falcone-Borsellino in Monfalcone per ricordare il 27° anniversario di Verità nascoste, di depistaggi che hanno funestato la nostra Repubblica.
Nello specifico intendiamo ascoltare chiunque voglia esprimere, nel pieno rispetto dell'art. 21 della Carta Costituzionale,  un pensiero, una ipotesi, un ricordo personale del Dott. Paolo Borsellino e degli uomini di scorta tragicamente uccisi in tale data. Di seguito il nostro programma:

  • Dalle ore 10.00 alle 13.00 sarà possibile incontrare i ragazzi dei presidi, iscriversi al movimento delle Agende Rosse e prenotare il proprio intervento.
  • Dalle ore 16.00 sarà possibile intervenire e o confrontarsi con i vari interlocutori. Inoltre verranno proiettati filmati vari sul depistaggio e sulla strage.
  • Alle ore 20.00 seguirà un corteo silenzioso per le strade cittadine. Arrivo in piazza Falcone-Borsellino, saluto e scioglimento della manifestazione.

Fin da ora precisiamo che per nessun motivo saranno accettati simboli che non appartengono ai movimenti anti mafia.

www.19luglio1992.com

venerdì 12 luglio 2019

Beppe Scienza: Inps o fondi pensione - Peggio della Grecia?

Il privato meglio dell'Inps? No

Inps e fondi pensione. Alcuni credono che gli converrebbe non versare i contributi previdenziali all'Inps e impiegarli invece nella previdenza integrativa. Un confronto parrebbe dargli ragione. Non è affatto così: vedere «Pensioni a perdere, la propaganda degli alti rendimenti del privato» sul Fatto Quotidiano del 27-5-2019.

Italia peggio della Grecia? No

Il Sole 24 Ore ha scritto che "l'Italia è più rischiosa della Grecia". Ma la realtà finanziaria è più complessa di come appare ai giornalisti confindustriali; e di come la presenta quella presa in giro che è l'educazione finanziaria in Italia. Vedere «Risparmio, rendimento e rischio non sempre vanno a braccetto» di Beppe Scienza sul Fatto Quotidiano del 10-6-2019.
Saluti

Beppe Scienza

Dipartimento di Matematica
Università di Torino
via Carlo Alberto 10
10123 Torino

www.beppescienza.it
www.ilrisparmiotradito.it

mercoledì 10 luglio 2019

Nikola Tesla Day: per celebrare lo scienziato inventore

Nikola Tesla è nato il 10 luglio del 1856, in una cittadina dell’Austria- Ungheria. Nel corso della sua vita ha registrato più di 300 brevetti, giustificando chi lo considera uno degli uomini più geniali di tutti i tempi. 
Le sue invenzioni spaziarono in diversi campi: elettricità, meccanica, fluidodinamica. Ma si ricorda soprattutto, l’invenzione delle correnti alternate, cioè un sistema che permette di trasmettere energia a lunghe distanze.
Infatti, Tesla, pur essendo vissuto tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, è lo scienziato che più di tutti ha contribuito alla diffusione dell’energia elettrica.
Inoltre, fu proprio Nikola Tesla a brevettare la radio. Questa invenzione gli fu riconosciuta soltanto dopo la sua morte, da una corte legale degli Stati Uniti. In realtà, nonostante le invenzioni, Tesla morì senza ricchezza.
Oltre alla radio, tra le sue invenzioni ci sono: il battello telecomandato, le lampadine a fluorescenza, il tachimetro, l’aereo a decollo verticale e la turbina senza lame. Ma il suo interesse non si fermò alla tecnologia; diede fondamentali contributi alla scienza. Studiò i raggi X, i fulmini, la fisica particellare, la geofisica e la sismologia.
Nikola Tesla ha ricevuto nel corso nella vita numerose lauree honoris causa, da diversi atenei. Columbia University, Università di Belgrado, Università di Zagabria, Università di Sofia, Università di Parigi, Yale University e altre ancora. Per la sua fama, la nazionalità di Nikola Tesla è contesa tra Serbia e Croazia. Tesla è nato in un paese appartenente al territorio croato, ma da famiglia di origine serba. Comunque, il 2006, il 150° anniversario della sua nascita, fu nominato “anno di Nikola Tesla”.
Sappiamo che era affascinato dagli animali, e alla fine della sua vita divenne integralmente vegetariano. Inoltre, sosteneva l’eugenetica e si disinteressava completamente della ricchezza materiale.
Tesla, infine, morì solo nel New Yorker Hotel, nel gennaio del 1943. Lo Stato di New York ha proclamato il 10 luglio, il Nikola Tesla Day, per omaggiare il grande scienziato che ha passato negli Usa la maggior parte della sua vita.

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lunedì 8 luglio 2019

Il vertice segreto a tre di Gerusalemme, di Thierry Meyssan


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Nikolai Patrushev e John Bolton s’incontreranno a Gerusalemme, alla presenza di Meir Ben-Shabbat.

È stato annunciato che a Gerusalemme si terrà un summit dei consiglieri nazionali per la sicurezza di Stati Uniti, Israele e Russia. Scopo della riunione: sbrogliare la matassa dell’Asse della Resistenza, garantire la sicurezza degli Stati del Medio Oriente, nonché pervenire a una condivisione da parte di Stati Uniti e Russia della sovranità sui protagonisti, Israele compreso.

In questo mese si terrà a Gerusalemme un vertice dei consiglieri nazionali per la Sicurezza di Stati Uniti, Israele e Russia. Già sono circolate “rivelazioni” e “smentite” sulle questioni che saranno trattate nell’inedito evento. Quasi tutti i commentatori si perdono in discussioni basate su idee false, che unanimemente riprendono in coro. Prima di valutare quale sia la posta in gioco dobbiamo rettificare questi luoghi comuni.

Il gioco delle grandi potenze nella regione

Durante la guerra fredda la strategia statunitense di contenimento (containement) è riuscita a respingere l’influenza sovietica in Medio Oriente. Dopo il crollo dell’URSS, la Russia ha lasciato la regione e vi è ritornata solo quando gli Occidentali hanno fatto guerra alla Siria.
La Russia è presente in Medio Oriente – eccezion fatta per gli anni dal 1991 al 2011 – dall’epoca della zarina Caterina II, che, su richiesta degli abitanti di Beirut, inviò la flotta russa a difendere la città. La politica dell’imperatrice mirò innanzitutto a proteggere la culla del cristianesimo (ossia Damasco, non Gerusalemme), fondamento della cultura russa, ottenendo anche l’estensione della propria influenza al Mediterraneo orientale, indi fino alle acque calde dell’Oceano Indiano.
Nel 2011 soltanto la Russia fece distinzione tra le rivoluzioni colorate del Maghreb – le “primavere arabe” – e le guerre contro Libia e Siria. Gli Occidentali, con il loro peculiare modo d’interpretare gli avvenimenti, non si sono mai sforzati di capire la lettura che ne ha fatto invece la Russia. Non si tratta qui di decidere chi ha ragione e/o chi ha torto, questa è tutt’altra questione [1], bensì di ammettere che esistono due narrazioni dei fatti completamente diverse. Va rimarcato che gli Occidentali ammettono che Mosca non ha digerito il modo in cui essi hanno violato la risoluzione per la protezione delle popolazioni civili della Libia. Riconoscono altresì che non sono stati i russi, bensì l’imperialismo occidentale, ad aver creato la situazione cui oggi si deve far fronte.
Conseguentemente alla propria analisi, nel Consiglio di Sicurezza la Russia iniziò a opporre il veto sulle risoluzioni occidentali riguardanti la Siria. Contemporaneamente, su richiesta di quest’ultima, avviò negoziati con Damasco per lo spiegamento nel Paese di forze di mantenimento della pace, appartenenti all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC). Infine Washington e Mosca si incontrarono a Ginevra – presenti le nazioni occidentali, assenti invece i protagonisti mediorientali – per prendere atto della volontà di giungere a una sovranità condivisa sul Medio Oriente. Era giugno 2012. Il matrimonio durò pochi giorni. Lo ruppe la Francia, agendo per conto del segretario di Stato USA, Hillary Clinton.
Ora, dopo sette anni, Mosca presenta il conto. È stata infatti la Russia, non già l’OTSC, a impegnarsi militarmente in Siria e a sconfiggere, a fianco dell’esercito siriano e dello Hezbollah, gli jihadisti. Non li hanno certo sconfitti Washington e i suoi alleati, che, al contrario, li hanno armati [2]. Il conto lo presenta a Gerusalemme, dato che un milione di russofoni sono cittadini israeliani e che uno di loro, Avigdor Lieberman, ha fatto cadere il governo Netanyahu per due volte di seguito [3].
Chi ancora è fermo all’alleanza Stati Uniti/Israele, che ha contraddistinto l’era Bush Jr., fatica ad ammettere tale evoluzione. Eppure, dopo la disfatta di Daesh, le autorità israeliane si sono recate assai più spesso a Mosca che non a Washington.

Il gioco delle potenze regionali nei confronti di Israele

Esiste un luogo comune secondo cui le forze dell’Asse della Resistenza (Palestina-Libano-Siria-Iraq-Iran) sarebbero votate all’annientamento degli israeliani, come furono i nazisti verso gli ebrei. È una trasposizione grottesca.
In realtà Hezbollah è nato come rete di resistenza sciita all’occupazione israeliana del Libano. È stato prima armato dalla Siria e poi, dopo il ritiro nel 2005 della forza siriana di mantenimento della pace in Libano, dall’Iran. Non ha mai avuto per obiettivo “buttare a mare gli ebrei”; al contrario afferma da sempre di volere venga sancita l’uguaglianza di tutti davanti al Diritto. L’occupazione israeliana del Libano fu un fatto che andò oltre la volontà del governo israeliano, trasceso dall’iniziativa del generale Ariel Sharon di prendere Beirut. Fu anche esito della Collaborazione delle milizie cristiane e druse libanesi, fra cui quelle di Samir Geagea e di Walid Jumblatt.
Anche la Siria ha reagito all’espansionismo israeliano, prima difendendosi, poi in soccorso delle popolazioni palestinesi. Scelta perfettamente legittima, dato che la Palestina e la Siria attuali formavano prima della prima guerra mondiale un’unica entità politica [4]. Nessuno mette in dubbio – nemmeno negli Stati Uniti – che da settant’anni Israele non fa che erodere territorio ai propri vicini e che non ha intenzione di smettere.
Sin dall’inizio della guerra fredda gli Stati Uniti, assorbiti nella politica di contenimento dei sovietici, furono perfettamente consapevoli dell’espansionismo israeliano, che sconvolgeva la stabilità della regione. Armarono la Siria perché potesse resistere a Israele – non per attaccarlo – nonché altri Paesi, tra cui l’Iraq [5]. Il segretario di Stato statunitense, John Dulles – proprio lui, non altri – creò l’Asse della Resistenza per assicurarsi che Siria e Iraq non si rivolgessero all’Unione Sovietica per ottenere aiuto militare e difendersi.
L’amministrazione di Dwight Eisenhower sapeva che Israele era frutto della volontà di Woodrow Wilson e David Lloyd George [6], tuttavia lo considerava un cavallo pazzo da proteggere e, al tempo stesso, domare.
Washington aderì alle idee britanniche: il trattato di assistenza militare tra Damasco e Teheran prima e poi, nel 1958, il Patto di Bagdad permisero la creazione del CenTO (equivalente regionale della NATO). Il contesto è diverso, gli attori sono cambiati, ma non il movente.
L’Iran rappresenta oggi il principale problema perché la maggior parte dei suoi dirigenti affronta la questione non in modo politico, ma religioso. Una profezia sciita assicura che gli ebrei formeranno di nuovo uno Stato in Palestina, che però sarà rapidamente distrutto. La Guida della Rivoluzione islamica, ayatollah Ali Khamenei, ritiene questo testo canonico: sta tenendo il conto alla rovescia e afferma che Israele sparirà entro sei anni (nel 2025).
L’esasperazione delle posizioni – l’insistenza dell’Iran su questa profezia e di Israele sulla legge «Israele, Stato nazione del popolo ebreo» (2018) – è all’origine della perpetuazione di un conflitto che, usando l’intelligenza, si potrebbe sbloccare. Questo è quanto hanno tentato di fare Donald Trump e Jared Kushner, fallendo: se lo sviluppo economico può disinnescare il problema delle riparazioni, nessun progresso sarà possibile senza che si evolvano le rappresentazioni del mondo di ebrei, arabi e persiani.

Cos’è l’Asse della Resistenza?

I responsabili religiosi iraniani utilizzano spesso l’espressione «Asse della Resistenza» riferendosi all’alleanza per far fronte a Israele. Non è intervenuto però alcun trattato a formalizzare la coalizione e mai ci sono stati vertici di concertazione fra i dirigenti politici dei Paesi coinvolti.
Nel 2003, dopo l’invasione dell’Iraq, le forze di quest’Asse si sono a poco a poco divise, sicché oggi i conflitti interni hanno più rilevanza della lotta da combattere all’esterno.
Nel 2003 il capo religioso iracheno sciita Mohammad Sadeq al-Sadr era stato assassinato [nel 1999]. A torto o a ragione i suoi sostenitori ne addossarono la responsabilità al Grande Ayatollah Ali al-Sistani, iraniano che vive in Iraq, dove dirige seminari sciiti. Poco per volta la comunità sciita irachena si divise tra filo-iraniani, seguaci di al-Sistani, e filo-arabi, seguaci del figlio del defunto Sadeq al-Sadr, Moqtada al-Sadr. Quest’ultimo troncò dapprima con Damasco, poi, nel 2017, con Teheran e si trasferì a Riad, presso il principe Mohammad bin Salman.
Nel 2006, approfittando della vittoria elettorale locale nelle elezioni legislative dei Territori palestinesi, Hamas fece un colpo di Stato contro Fatah e proclamò l’autonomia della Striscia di Gaza [7]. Nel 2012 la direzione politica di Hamas, in esilio a Damasco, si trasferì improvvisamente a Doha, in un Paese, il Qatar, che finanziava i jihadisti contro la Siria. Hamas si dichiarò «Branca palestinese dei Fratelli Mussulmani», partito politico vietato in Siria. Uomini di Hamas e agenti del Mossad israeliano entrarono nella città siriana di Yarmuk per assassinare i rivali marxisti del Comando generale dell’FPLP [Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina]. L’esercito siriano accerchiò la città con il sostegno del presidente palestinese Mahmud Abbas.
È assurdo che gli Occidentali vogliano distruggere l’Asse della Resistenza, che essi stessi vollero e contribuirono a creare, solo perché ne hanno perso il controllo. Basta aspettare, l’Asse della Resistenza si sta disgregando da sola.
Gli iraniani sono amici fedeli, tuttavia hanno culturalmente tendenza a coinvolgere gli amici nei propri affari. I siriani non espelleranno mai gli iraniani, che li proteggono dall’espansionismo israeliano e grazie ai quali non hanno ceduto all’inizio della guerra (2011-2014). Ma se gli iraniani fossero davvero amici dei siriani si ritirerebbero dalla Siria e lascerebbero il posto alla Russia, così da permettere agli Stati Uniti di riconoscere la legittimità di Bashar al-Assad. Gli iraniani invece approfittano delle truppe stanziate in Siria per provocare Israele e tirare razzi contro il suo territorio.

I tre consiglieri nazionali per la Sicurezza

John Bolton (USA), Meir Ben-Shabbat (Israele) e Nikolai Patrushev (Russia), consiglieri per la Sicurezza dei rispettivi Paesi, svolgono le medesime funzioni ma non provengono dalle stesse esperienze.
Bolton crede nella superiorità ontologica del proprio Paese sul resto del mondo. Ha esperienza in relazioni internazionali, acquisita prima con i negoziati per il disarmo, poi, e soprattutto, quando era ambasciatore al Consiglio di Sicurezza (2005-2006). Benché prenda iniziative eclatanti, è comunque capace di tirarsi indietro se si accorge di aver sbagliato. Del resto è proprio per la sua capacità di farsi carico degli errori del proprio campo che il presidente Trump continua ad avvalersi della sua collaborazione.
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Meir Ben-Shabbat
Meir Ben-Shabbat è uomo di fede, convinto di appartenere a un popolo eletto, però maledetto. Non viene dalla carriera diplomatica, ma dal controspionaggio. Tuttavia, quando era a capo dello Shin Bet ha dimostrato reale acutezza sia nel combattere Hamas sia nel manipolarlo e, nel caso, negoziare con esso. L’eccellente conoscenza delle molteplici forze in campo in Medio Oriente gli permette di distinguere immediatamente quel che potrebbe durare da ciò che è invece effimero.
Infine Nikolai Patrushev: è altolocato personaggio della funzione pubblica russa. Dei tre è sicuramente quello che ha una più alta visione dello scacchiere mondiale. Quando ha preso il posto di Vladimir Putin a capo dell’FSB ha dovuto affrontare tentativi di siluramento dei suoi direttori da parte di Stati Uniti e Israele. Alla fine, dopo anni di turbolenza è riuscito a riprendere in mano la macchina. Ha poi dovuto affrontare la destabilizzazione dell’Ucraina a opera di Stati Uniti e Unione Europea, conclusasi alla fine con l’adesione della Crimea alla Federazione di Russia. Non negozierà un dossier in cambio di un altro, ma baderà alla coerenza dell’insieme delle decisioni.
Questi tre strateghi stanno per definire l’ambito di distribuzione delle carte, dove poi i diplomatici dovranno negoziare. Il loro ruolo è concepire un accordo durevole a lungo termine; quello dei diplomatici sarà invece compensare le perdite dei soccombenti al fine di rendergli l’accordo accettabile.