sabato 10 aprile 2010

Wikileaks: Il sito che fa arrabbiare il Pentagono?

tramite The Pollo Web di Pollo il 08/04/10

Dopo aver diffuso martedì scorso il video shock che documentava la strage di civili compiuta dalle truppe americane a Baghdad nel 2007, Wikileaks minaccia di tornare all’attacco e di rendere disponibile un analogo filmato che mostra, invece, un massacro avvenuto lo scorso anno, quando 97 civili afgani morirono sotto le bombe sganciate dagli aerei Usa.

Una sorta di offensiva mediatica, volta a denunciare errori e colpevoli segreti di governi, banche e multinazionali, nel solco della missione che il sito, fondato tre anni fa dall’australiano Julian Assange, ha eletto a propria bandiera, ribattezzandosi “la Cia del popolo”. E proponendosi, come ha dichiarato il portavoce Daniel Schmitt, come una sorta di difensore dei diritti umani e delle libertà civili.

In tre anni, secondo quanto riportato dal New York Times, il sito ha infatti dato impulso a un particolare modello di giornalismo investigativo, basato sulla pubblicazione di documenti, video e altro materiale che sveli ciò che governi e corporation vorrebbero insabbiare, perché illecito o comunque poco etico. Come nel caso del filmato della strage di Bagdad, che Wikileaks è riuscito a decriptare grazie a un super computer messo a disposizione da alcuni sostenitori.

Inserito dal Pentagono nella lista degli “attentatori alla sicurezza nazionale”, Wikileaks è riuscito a sopravvivere grazie alle donazioni dei lettori e alla collaborazione (rigorosamente anonima) delle sue centinaia di fonti, tra cui si annoverano giornalisti, informatici e scienziati, ma non solo.

Tra i suoi scoop più famosi, si ricordano la pubblicazione di dossier sui detenuti di Guantanamo e sulle torture subite in quella prigione, sull’occultamento di sostanze tossiche in Africa, sulle e-mail dell’ex candidata alla vice-presidenza Sarah Palin, sullo stato della banda larga in Italia, oltre a documenti top secret della chiesa di Scientology, intercettazioni sullo scandalo del petrolio in Perù e controverse e-mail degli scienziati Onu sul riscaldamento globale.

Per questo, il sito è diventato uno dei nemici giurati del governo americano e del Pentagono, che hanno più volte cercato di farlo chiudere, senza successo, in nome del segreto di Stato. Le ultime pressioni denunciate dai collaboratori di Wikileaks risalgono al mese scorso, guarda caso poco dopo che su Twitter era stata anticipata l’uscita del video di Bagdad. Alcuni uomini del Dipartimento di Stato e della Cia avrebbero, in particolare, pedinato, fotografato, filmato e arrestato l’editor Julian Assange e un altro impiegato della piattaforma (tenuto in custodia per 22 ore) e avrebbero anche sequestrato alcuni pc.

Il governo americano e il Pentagono hanno ripetutamente tentato di fare chiudere Wikileaks in nome della sicurezza nazionale e del segreto di stato ma non ci sono riusciti. Il sito ha una dozzina di server all’estero, a cominciare da “nazioni amiche europee”, dice, come la Svezia: «Non è possibile zittirci perché siamo ovunque» sostiene Schmitt. Manca però di un adeguato sostegno finanziario, vive solo di offerte. Il quotidiano inglese Guardian ha proposto che i media tradizionali lo aiutino. Il video sulla strage di Baghdad, in cui l’agenzia di stampa Reuters perdette due giornalisti, ma che era rimasto segreto, ha attirato a Wikileaks le critiche delle destre perché si parla di “assassinio”. Ma il New York Times ha ricordato che due anni fa un giudice elogiò implicitamente il sito, osservando che «nella nostra epoca si possono fare cose terribili senza risponderne in tribunale». Come a dire che Wikileaks vi rimedia.

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