Un grave errore deontologico, morale e storico organizzare la festicciola, suonare la fanfara e attribuirsi medagliette autoelogiative. Grave soprattutto nel campo dell'informazione, dove andrebbe rispettato il lavoro di colleghi (che non ci sono più) i quali per primi hanno annusato puzza di bruciato, lo hanno documentato, denunciato, messo nero su bianco assumendosi tutte le responsabilità del caso.
E invece succede che quel minuzioso, preziosissimo lavoro di vero giornalismo investigativo svolto da
Sandro Provvisionato per anni sui buchi neri della strage di via D'Amelio venga dimenticato, sepolto sotto altre polveri, prendendo a calci la memoria storica.
Partiamo dalle new. Titola
Repubbica di venerdì 14 settembre, gonfiando il petto, a firma di
Francesco Patanè. Fiato alle trombe, ecco il titolone: "Ha svelato il grande depistaggio – indagato cronista di
Repubblica". Si tratta di
Salvo Palazzolo, la cui abitazione è stata perquisita per otto su ordine della procura di Catania che "contesta a Palazzolo – scrive Patanè – di aver scritto della chiusura dell'indagine su
Repubblica.it tre ore e mezzo prima che i difensori dei poliziotti ricevessero la notifica ufficiale del procedimento".
REPUBBLICA SCOPRE L'AMERICA
Salvo Palazzolo. Nel montaggio di apertura Sandro Provvisionato e, a destra, Vincenzo Scarantino
Spiega ancora: "Palazzolo è finito sotto inchiesta per l'articolo che l'8 marzo scorso (2018, ndr) raccontava la chiusura dell'indagine della procura di Calatanissetta sul depistaggio del caso Borsellino: il prossimo 20 settembre inizierà l'udienza preliminare per il funzionario
Mario Bo, per l'ispettore
Fabrizio Mattei e per
Michele Ribaudo, accusati di aver costruito ad arte, insieme all'allora capo della Squadra Mobile
Arnaldo La Babera, il falso pentito Scarantino".
Una storia stradettagliata e superdocumentata da Sandro Provvisionato in tempi non sospetti, almeno a partire dal 2010, il celebre promotore del sito "
Misteri d'Italia: per anni ne aveva scritto sulla
Voce e in altre inchieste.
Negli ultimi mesi denuncia con la forza più grande che le resta nel cuore
Fiammetta Borsellino, la figlia del magistrato
Paolo trucidato in via D'Amelio. Fino ad oggi, a quanto pare, le vibrate richieste di Fiammetta non hanno avuto neanche lo straccio di una risposta a livello istituzionale. A riprova, se ce ne fosse ancor bisogno, che di è trattato prima di un "Omicidio di Stato, e poi di un "Depistaggio di Stato". Ottimo e abbondante…
Ma come mai
Repubblica insiste nel negare l'esistenza del lavoro di altri / alti magistrati, come invece ha documentato Sandro Provvisionato, un maestro del giornalismo investigativo e non solo? Come aveva strascritto la
Voce e ora urla Fiammetta?
Eppure
Repubbica ora è sul banco degli imputati per aver anticipato di 3 ore e mezza una notiziola! E chi ne ha scritto anni prima cos'è, il mostro di Londra?
Ad ogni buon conto: non è il caso di ricordare lo sforzo di chi – come Sandro – aveva anticipato di anni e anni l'esistenza di un autentito
Golpe istituzionale, capace di coinvolgere forze dell'ordine e magistrati? Quando il mondo è capovolto.
PERCHE I NOMI DELLE TOGHE ECCELLENTI MAI ?
Ecco l'altra grave 'mancanza'. In tutti i suoi reportage
Repubblica (ma anche l'altro media di regime, il
Corriere della Sera) sbatte in prima (anzi, diciannovesima pagina) sempre i nomi degli uomini di polizia al comando di Arnaldo La Barbera, il quale purtroppo non più rispondere né difendersi, visto che è morto da una dozzina d'anni.
Giuseppe Ayala
Quindi, sui grandi mezzi d'informazione nessuna parola su quei magistrtati hanno avviato l'inchiesta, aperto i fascicoli, iniziato le indagini e con ogni probabilità anche dato gli imput alle forze dell'ordine – in questo caso la polizia – che si è mossa per raccogliere le prime, strategiche prove dopo la strage di via D'Amelio.
A cominciare dall'ancora mai chiarito mistero della
Agenda Rossa che Paolo Borsellino portava sempre con sé. Per quante mani è passata, oltre quelle del magistrato
Giuseppe Ayala, il quale poi la smista a qualcun altro, per poi finire nelle mani di un colonnello, l'unico processato per la storia dell'agenda ma subito assolto?
Come mai non sono state effettuate ulteriori indagini? Come mai non è stata interrogata la giornalista
Roberta Ruscica, autrice di un dettagliato volume "
I Boss delle Stragi", la quale racconta di un'agenda rossa passata per la mani del pm
Anna Maria Palma?
Quest'ultimo è il primo pm delle indagini, strada facendo è stata affiancata da
Nino Di Matteo, l'eroe di tutte le mafie, secondo i media: il quale Di Matteo si è profondamente irritato per le dichiarazioni rese da Fiammetta Borsellino, colpevole solo di chiedere Verità e Giustizia e soprattutto di accertare le responsabilità istituzionali del Depistaggio che ha taroccato il pentito
Vincenzo Scaramella. Il riferimento, evidentemente, era non solo a La Barbera, ma anche alle toghe eccellenti che hanno svolto le indagini. "Era alle prime armi, Di Matteo", lo giustificano alcuni colleghi.
E con piglio ribatte Fiammetta: "non era proprio il caso di affidare a uno di primo pelo quelle delicate indagini su mio padre".
ALL'OMBRA DELLA PALMA
Nino Di Matteo
Ma di primo pelo certo non era Anna Maria Palma, ex toga rossa (sic). Conduce a lungo i vari processi Borsellino. Poi, improvivsamente, lascia la magistratura e va ad occupare la poltrona in qualità di capo di gabinetto al Senato presieduto dal berlusconiano
Renato Schifani. Le capriole del destino. Ora è rientrata fra i ranghi della magistratura. Boh.
Torniamo a via D'Amelio. Preso in mano il caso del collega morto, Palma abbraccia quasi subito la tesi Scarantino: è lui il mostro da sbattere in prima pagina, e quando poi arriverà Di Matteo avallerà l'operato della Palma, tra l'altro moglie di
Adelfio Elio Cardinale, potente radiologo e preside di Medicina a Catania, per alcuni anni presidente del
Cerisdi, prima centro studi dei gesuiti sulla collina di Palermo sovrastante piazza D'Amelio poi – a quanto pare – vicino ai Servizi Segreti.
Ilda Boccassini metterà subito in guardia i colleghi sull'attendibilità e la credibiità del pentito Scarantino. Ma Palma e poi Di Matteo vanno avanti come un rullo compressore: è lui la gola profonda che sprigiona solo verità. E quindi 7 persone – che non c'entrano un bel niente – vengono sbattute in galera, accusate, processate, condannate in tutti i tre gradi di giudizio e sconteranno la bellezza d 16 anni, da innocenti.
Stesso copione che è stato messo in scena per il caso di
Ilaria Ali e
Miran Hrovatin: istruito a tavolino e super taroccato il pentito "Gelle" che accuserà un giovane somalo, il quale sconterà anche lui 16 anni da innocente. Fino a che
Chiara Cazzaniga, l'inviata di
Chi l'ha visto, lo andrà ad intervistare a Londra e lui – Gelle – dirà che è stata tutta una sceneggiata: la polizia gli ha fatto imparare a memoria il copione, non ha dovuto neanche testimoniare in dibattimento ed è stato accompagnato in aereo fino a Londra. Senza pudore!
Torniamo alla tragedia di via D'Amelio. Sorge spontanea la domanda : come mai fino ad oggi nessun tribunale, nessuna procura del nostro territorio nazionale ha deciso una buona volta di accendere i riflettori non solo sui poliziotti che evidentemente hanno eseguito degli ordini, ma sui magistrati che hanno orchestrato l'inchiesta e su tutti quei livelli istituzionali che sono intervenuti – anche e soprattutto politici – per depistare?
Paolo Borsellino
Possibile che oggi nessuno, dai banchi di quel governo gialloverde che si batte in nome di giustizia e trasparenza, non chiede una vera inchiesta a 360 gradi sull'eccidio e sul depistaggio?
Per il Depistaggi di Stato la situazione, paradossalmente, è meno complessa di quanto possa sembrare. Perchè per fortuna abbiamo nomi, cognomi, indirizzi e cellulari di coloro che sono stati protagonisti in prima linea di quegli episodi che finiscono per uccidere due volte quegli eroi di Stato come
Paolo Borsellino o
Ilaria Alpi.
Perchè nessuno si muove? Perchè il trasparente vicepremier
Luigi Di Maio stavolta si opacizza? Come mai il guardasigilli
Alfonso Bonafede sembra non aver in agenda questi giganteschi buchi neri che ammorbano la nostra vita da sempre?
LE GRANDI INTUIZIONI INVESTIGATIVE DI PROVVISIONATO
Per favore, fatelo anche in nome di Sandro Provvisionato, un eroe civile che ha dato la sua vita (è morto a soli 67 anni) per scoprire le verità indicibili, per onorare quella giustizia che dovrebbe essere uguale per tutti e non lo è mai.
Alfonso Bonafede
Ecco le parole della
Voce – ricordiamolo, di 5 anni fa
– per commentare la ricostruzione di Provvisionato a proposito dal caso Scarantino: "Una vicenda emblematica del depistaggio compiuto da uomini dello Stato e magistrati, tutti rimasti impuniti, per lasciare nell'ombra quel grumo oscuro che ha segnato i destini dello Stato: la trattativa Stato-Mafia. Molti dei quali furono gli stessi. Come affiora da questa lucida, impietosa ricostruzione che con i medesimi scopi provocarono l'eccidio di Paolo Borsellino e della sua scorta in via D'Amelio".
Ecco le parole di Sandro: "La storia infinita del falso pentitismo di Vincenzo Scarantino, che racchiude in sé tutte le distorsioni della giustizia italiana e, nella migliore delle ipotesi, anche le incapacità, le impreparazioni e la poca professionalità di molti magistrati antimafia, sembra una scelta della primavera 2001, quando il pentito Scarantino è considerato un oracolo dalla procura di Caltanissetta".
Perchè? E soprattutto perchè è trascorsa da allora inutilmente la bellezza di 17 anni?
NB Repetita iuvant. In basso il link delle inchieste realizzate nel 2013 da Sandro Provvisionato
I BUCHI NERI DELLA NOSTRA MALASTORIA – IL FALSO PENTITO SCARANTINO
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