venerdì 7 gennaio 2022

LUIGI ILARDO / PERCHE’ “DOVEVA MORIRE – IL J’ACCUSE DELLA FIGLIA


“Mio padre rappresentava una bomba ad orologeria che doveva essere immediatamente disinnescata. Mio padre era quel personaggio che, se gli fosse stato consentito, avrebbe permesso di svelare tutte quelle zone d’ombra che da sempre hanno reso buia la nostra Repubblica, perché era a conoscenza di tutti quegli eventi e soggetti che collegavano gli ambienti mafiosi e criminali alle istituzioni deviate, alla politica, alla massoneria, alle eversioni di destra e ai servizi segreti”.

Parole che pesano come macigni quelle pronunciate da Luana Ilardo davanti alla Commissione parlamentare antimafia, che l’ha sentita per la prima volta. E’ la figlia di un boss, poi diventato collaboratore di giustizia, che aveva indicato la pista giusta per catturare la primula rossa Bernardo Provenzano. Ma le sue dritte non vennero ascoltate. Anzi, lui pagò con la vita, perché – come sottolinea la figlia – ormai “rappresentava una bomba ad orologeria che doveva essere immediatamente disinnescata”.

La Voce ha più volte raccontato uno degli snodi base nella guerra alle mafie, proprio la collaborazione di Ilardo, per mesi ‘gestito’ con grande coraggio e professionalità dal colonnello dei carabinieri Michele Riccio, il quale però si trovò letteralmente ‘solo’ in quell’operazione, ostacolato e poi apertamente osteggiato dai vertici del ROS: in primis dal generale Mario Obinu e dal colonnello Mario Mori, poi finiti sotto inchiesta per la mancata cattura di Provenzano (così come era successo, a Mori, per il giallo del covo di Totò Riina), quindi processati e usciti candidi come i gigli (a Mori, addirittura, viene concesso il bis).

Ma passiamo in rapida carrellata i principali passaggi dell’audizione di Luana Ilardo, raccolta in un fitto documento, 38 pagine, scritto in collaborazione con il suo legale, un vero e proprio memoriale in cui viene ripercorsa la tormentata storia del padre e vengono puntati i riflettori su depistaggi e collusioni eccellenti.

Così esordisce, ricordando le parole pronunciate dal padre all’inizio della collaborazione: “Ho deciso formalmente di collaborare con la giustizia dopo essermi reso conto di quanto effettivamente ho perduto in questi anni passati lontano dai miei familiari e dalle mie figlie, nella speranza che il mio esempio possa essere di monito e d’aiuto ai ragazzi che, come me, si sentono di raggiungere l’apice della loro vita entrando in determinate organizzazioni. L’unica cosa che mi ha spinto a fare questa scelta è stata la ricerca di normalità nella mia vita e in quella dei miei figli che amo tanto”...


...segue: www.lavocedellevoci.it

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