mercoledì 26 settembre 2018

SCARANTINO / ECCO LA VERA STORIA DEL DEPISTAGGIO PER LA STRAGE DI VIA D’AMELIO


Un grave errore deontologico, morale e storico organizzare la festicciola, suonare la fanfara e attribuirsi medagliette autoelogiative. Grave soprattutto nel campo dell'informazione, dove andrebbe rispettato il lavoro di colleghi (che non ci sono più) i quali per primi hanno annusato puzza di bruciato, lo hanno documentato, denunciato, messo nero su bianco assumendosi tutte le responsabilità del caso.
E invece succede che quel minuzioso, preziosissimo lavoro di vero giornalismo investigativo svolto da Sandro Provvisionato per anni sui buchi neri della strage di via D'Amelio venga dimenticato, sepolto sotto altre polveri, prendendo a calci la memoria storica.
Partiamo dalle new. Titola Repubbica di venerdì 14 settembre, gonfiando il petto, a firma di Francesco Patanè. Fiato alle trombe, ecco il titolone: "Ha svelato il grande depistaggio – indagato cronista di Repubblica". Si tratta di Salvo Palazzolo, la cui abitazione è stata perquisita per otto su ordine della procura di Catania che "contesta a Palazzolo – scrive Patanè – di aver scritto della chiusura dell'indagine su Repubblica.it tre ore e mezzo prima che i difensori dei poliziotti ricevessero la notifica ufficiale del procedimento".

REPUBBLICA SCOPRE L'AMERICA 

Salvo Palazzolo. Nel montaggio di apertura Sandro Provvisionato e, a destra, Vincenzo Scarantino

Spiega ancora: "Palazzolo è finito sotto inchiesta per l'articolo che l'8 marzo scorso (2018, ndr) raccontava la chiusura dell'indagine della procura di Calatanissetta sul depistaggio del caso Borsellino: il prossimo 20 settembre inizierà l'udienza preliminare per il funzionario Mario Bo, per l'ispettore Fabrizio Mattei e per Michele Ribaudo, accusati di aver costruito ad arte, insieme all'allora capo della Squadra Mobile Arnaldo La Babera, il falso pentito Scarantino".
Una storia stradettagliata e superdocumentata da Sandro Provvisionato in tempi non sospetti, almeno a partire dal 2010, il celebre promotore del sito "Misteri d'Italia: per anni ne aveva scritto sulla Voce e in altre inchieste.
Negli ultimi mesi denuncia con la forza più grande che le resta nel cuore Fiammetta Borsellino, la figlia del magistrato Paolo trucidato in via D'Amelio. Fino ad oggi, a quanto pare, le vibrate richieste di Fiammetta non hanno avuto neanche lo straccio di una risposta a livello istituzionale. A riprova, se ce ne fosse ancor bisogno, che di è trattato prima di un "Omicidio di Stato, e poi di un "Depistaggio di Stato". Ottimo e abbondante…
Ma come mai Repubblica insiste nel negare l'esistenza del lavoro di altri / alti magistrati, come invece ha documentato Sandro Provvisionato, un maestro del giornalismo investigativo e non solo? Come aveva strascritto la Voce e ora urla Fiammetta? Eppure Repubbica ora è sul banco degli imputati per aver anticipato di 3 ore e mezza una notiziola! E chi ne ha scritto anni prima cos'è, il mostro di Londra?
Ad ogni buon conto: non è il caso di ricordare lo sforzo di chi – come Sandro – aveva anticipato di anni e anni l'esistenza di un autentito Golpe istituzionale, capace di coinvolgere forze dell'ordine e magistrati? Quando il mondo è capovolto.

PERCHE I NOMI DELLE TOGHE ECCELLENTI MAI ?
Ecco l'altra grave 'mancanza'. In tutti i suoi reportage Repubblica (ma anche l'altro media di regime, il Corriere della Sera) sbatte in prima (anzi, diciannovesima pagina) sempre i nomi degli uomini di polizia al comando di Arnaldo La Barbera, il quale purtroppo non più rispondere né difendersi, visto che è morto da una dozzina d'anni.

Giuseppe Ayala

Quindi, sui grandi mezzi d'informazione nessuna parola su quei magistrtati hanno avviato l'inchiesta, aperto i fascicoli, iniziato le indagini e con ogni probabilità anche dato gli imput alle forze dell'ordine – in questo caso la polizia – che si è mossa per raccogliere le prime, strategiche prove dopo la strage di via D'Amelio.
A cominciare dall'ancora mai chiarito mistero della Agenda Rossa che Paolo Borsellino portava sempre con sé. Per quante mani è passata, oltre quelle del magistrato Giuseppe Ayala, il quale poi la smista a qualcun altro, per poi finire nelle mani di un colonnello, l'unico processato per la storia dell'agenda ma subito assolto?
Come mai non sono state effettuate ulteriori indagini? Come mai non è stata interrogata la giornalista Roberta Ruscica, autrice di un dettagliato volume "I Boss delle Stragi", la quale racconta di un'agenda rossa passata per la mani del pm Anna Maria Palma?
Quest'ultimo è il primo pm delle indagini, strada facendo è stata affiancata da Nino Di Matteo, l'eroe di tutte le mafie, secondo i media: il quale Di Matteo si è profondamente irritato per le dichiarazioni rese da Fiammetta Borsellino, colpevole solo di chiedere Verità e Giustizia e soprattutto di accertare le responsabilità istituzionali del Depistaggio che ha taroccato il pentito Vincenzo Scaramella. Il riferimento, evidentemente, era non solo a La Barbera, ma anche alle toghe eccellenti che hanno svolto le indagini. "Era alle prime armi, Di Matteo", lo giustificano alcuni colleghi.
E con piglio ribatte Fiammetta: "non era proprio il caso di affidare a uno di primo pelo quelle delicate indagini su mio padre".

ALL'OMBRA DELLA PALMA

Nino Di Matteo

Ma di primo pelo certo non era Anna Maria Palma, ex toga rossa (sic). Conduce a lungo i vari processi Borsellino. Poi, improvivsamente, lascia la magistratura e va ad occupare la poltrona in qualità di capo di gabinetto al Senato presieduto dal berlusconiano Renato Schifani. Le capriole del destino. Ora è rientrata fra i ranghi della magistratura. Boh.
Torniamo a via D'Amelio. Preso in mano il caso del collega morto, Palma abbraccia quasi subito la tesi Scarantino: è lui il mostro da sbattere in prima pagina, e quando poi arriverà Di Matteo avallerà l'operato della Palma, tra l'altro moglie di Adelfio Elio Cardinale, potente radiologo e preside di Medicina a Catania, per alcuni anni presidente del Cerisdi, prima centro studi dei gesuiti sulla collina di Palermo sovrastante piazza D'Amelio poi – a quanto pare – vicino ai Servizi Segreti.
Ilda Boccassini metterà subito in guardia i colleghi sull'attendibilità e la credibiità del pentito Scarantino. Ma Palma e poi Di Matteo vanno avanti come un rullo compressore: è lui la gola profonda che sprigiona solo verità. E quindi 7 persone – che non c'entrano un bel niente – vengono sbattute in galera, accusate, processate, condannate in tutti i tre gradi di giudizio e sconteranno la bellezza d 16 anni, da innocenti.
Stesso copione che è stato messo in scena per il caso di Ilaria Ali e Miran Hrovatin: istruito a tavolino e super taroccato il pentito "Gelle" che accuserà un giovane somalo, il quale sconterà anche lui 16 anni da innocente. Fino a che Chiara Cazzaniga, l'inviata di Chi l'ha visto, lo andrà ad intervistare a Londra e lui – Gelle – dirà che è stata tutta una sceneggiata: la polizia gli ha fatto imparare a memoria il copione, non ha dovuto neanche testimoniare in dibattimento ed è stato accompagnato in aereo fino a Londra. Senza pudore!
Torniamo alla tragedia di via D'Amelio. Sorge spontanea la domanda : come mai fino ad oggi nessun tribunale, nessuna procura del nostro territorio nazionale ha deciso una buona volta di accendere i riflettori non solo sui poliziotti che evidentemente hanno eseguito degli ordini, ma sui magistrati che hanno orchestrato l'inchiesta e su tutti quei livelli istituzionali che sono intervenuti – anche e soprattutto politici – per depistare?


Paolo Borsellino

Possibile che oggi nessuno, dai banchi di quel governo gialloverde che si batte in nome di giustizia e trasparenza, non chiede una vera inchiesta a 360 gradi sull'eccidio e sul depistaggio?
Per il Depistaggi di Stato la situazione, paradossalmente, è meno complessa di quanto possa sembrare. Perchè per fortuna abbiamo nomi, cognomi, indirizzi e cellulari di coloro che sono stati protagonisti in prima linea di quegli episodi che finiscono per uccidere due volte quegli eroi di Stato come Paolo Borsellino o Ilaria Alpi.
Perchè nessuno si muove? Perchè il trasparente vicepremier Luigi Di Maio stavolta si opacizza? Come mai il guardasigilli Alfonso Bonafede sembra non aver in agenda questi giganteschi buchi neri che ammorbano la nostra vita da sempre?

LE GRANDI INTUIZIONI INVESTIGATIVE DI PROVVISIONATO
Per favore, fatelo anche in nome di Sandro Provvisionato, un eroe civile che ha dato la sua vita (è morto a soli 67 anni) per scoprire le verità indicibili, per onorare quella giustizia che dovrebbe essere uguale per tutti e non lo è mai.


Alfonso Bonafede

Ecco le parole della Voce – ricordiamolo, di 5 anni fa –  per commentare la ricostruzione di Provvisionato a proposito dal caso Scarantino: "Una vicenda emblematica del depistaggio compiuto da uomini dello Stato e magistrati, tutti rimasti impuniti, per lasciare nell'ombra quel grumo oscuro che ha segnato i destini dello Stato: la trattativa Stato-Mafia. Molti dei quali furono gli stessi. Come affiora da questa lucida, impietosa ricostruzione che con i medesimi scopi provocarono l'eccidio di Paolo Borsellino e della sua scorta in via D'Amelio".
Ecco le parole di Sandro: "La storia infinita del falso pentitismo di Vincenzo Scarantino, che racchiude in sé tutte le distorsioni della giustizia italiana e, nella migliore delle ipotesi, anche le incapacità, le impreparazioni e la poca professionalità di molti magistrati antimafia, sembra una scelta della primavera 2001, quando il pentito Scarantino è considerato un oracolo dalla procura di Caltanissetta".
Perchè? E soprattutto perchè è trascorsa da allora inutilmente la bellezza di 17 anni?
NB  Repetita iuvant. In basso il link delle inchieste realizzate nel 2013 da Sandro Provvisionato 
I BUCHI NERI DELLA NOSTRA MALASTORIA – IL FALSO PENTITO SCARANTINO
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martedì 25 settembre 2018

Vietato diffondere i post dei blog: il bavaglio al web dall’Ue

Il 12 settembre il Parlamento Europeo ad ampia maggioranza ha approvato la legge sul copyright. In Italia il Movimento 5 Stelle tuona il suo parere contrario per voce del leader Di Maio, mentre sui più blasonati giornali online si festeggia. Ufficialmente gli articoli 11 e 13, vero cuore della riforma, sembrano indirizzati a presevare il diritto d'autore, ma, come dice il poeta, "fatta la legge trovato l'inganno". Lascerei perdere l'idea che il pericolo stia dietro il divieto di pubblicare immagini o spezzoni di contenuti altrui sotto forma di link (chiamati "snippet"). Se fosse davvero tutto qua ci sarebbe solo da festeggiare: basterebbe infatti evitare di richiamare le puttanate che puntulamente scrivono le testate giornalistiche mainstream e saremmo a cavallo. Anzi, messa giù così, l'agonia del giornalismo prezzolato subirebbe una forte accelerazione perchè le piattaforme più importanti del web come Google e Facebook si troverebbero nella condizione di impedire la divulgazione tramite modalità ipertestuale dei vari "Espresso", "Repubblica", "Corriere, "Sole 24 Ore", "Huffington Post", ecc. Per i blog, i canali privati di YouTube e le testate giornalistiche medio-piccole sarebbe una manna caduta dal cielo di Strasburgo.

Siccome le lobby degli editori, invece, hanno fatto pressione proprio nel senso opposto a quello sopra descritto, occorre allora chiedersi che diamine nasconda questa legge. Il trucco sta tutto negli algoritmi che Facebook e Google News dovranno Bavaglio al webimplementare per difendere il diritto d'autore. Con ogni probabilità, Zuckerberg e amici dovranno pagare costosissimi algoritmi allo scopo di individuare tutti quei siti e post che non pagano gli editori per avere il diritto di pubblicare un loro link nella forma evoluta dello "snippet". In altri termini, se possiedi un sito web che divulga informazioni, alla fine dell'iter attuativo della legge, potresti trovarti bloccato da Facebook o da qualsiasi piattaforma internet. Perché? Per il semplice fatto che queste piattaforme si saranno dotate di un algoritmo che individua i siti dotati di licenza, li lascia scaricare i contenuti, e al contempo blocca tutti quelli che non hanno la licenza, cioè quelli che non si fanno pagare, come i piccoli blog o le piccole testate giornalistiche. Sembra non aver nulla a che fare col diritto d'autore, e infatti non ce l'ha; quello è solo il pretesto per fermare la libera informazione col trucchetto sorosiano della burocrazia.

Lo scenario peggiore è quello per il quale le grandi case editoriali, tipo "L'Espresso", pagano una licenza ridicola e l'algoritmo facebookiano le intercetta e le accomoda sulla piattaforma con i loro link, le immagini e tutta la compagnia cantando. Gli altri che non pagano alcuna licenza, ma che lasciano accedere gratuitamente ai contenuti da essi prodotti, potrebbero però trovarsi bloccati perchè un algoritmo così elaborato da ricercare ogni singola foto, ogni musichetta da 5 secondi, ogni citazione ipertestuale, magari da Wikipedia, richiede un processso troppo complicato e, al più, esageratamente costoso. Insomma, per semplificare e abbattere i costi, Facebook e Google potrebbero bloccare tutta l'informazione non-mainstream, cioè, e guarda caso, tutta l'informazione che ha sconfitto il clan dei Clinton in America, che ha favorito la Brexit e ha consentito l'avanzata dei sovranisti nell'Europa Continentale (Italia in primis). Anche qualora un sito web di news riuscisse a rivedere la propria Massimo Bordinproduzione evitando le rassegne stampa, i link e le citazioni, basterà una foto di qualche politico o di qualche incontro pubblico, magari postato agli albori del sito, per vedersi il blocco perenne delle piattaforme internazionali.

Hai voglia, dopo, con l'avvocatucolo di Vergate sul Membro, a farsi ripristinare il diritto a postare su Facebook avendo a che fare con interlocutori che hanno sede legale a Menlo Park in California… Molti attivisti ripongono fiducia sull'abilità delle piattaforme di adeguare gli algoritmi in modo da rispettare solo gli "snippet", oppure sulla concretezza legislativa delle singole nazioni. Oppure, ancora, su un cambio di leadership al Parlamento Europeo, visto che verrà rinnovato nel 2019. Comunque vada a finire questa complicata vicenda, una cosa è già appurata: non c'è nessuno di più smaccatamente illiberale dei liberisti che hanno preso le redini di questo continente, oramai troppo vecchio e stupido per poter pensare a qualsivoglia unificazione, trincerato in battaglie di retroguardia e incapace di proporre un valido modello alternativo a quello dei satrapi orientali alla Xi Jinping o al bellafighismo hollywoodiano d'oltreoceano (ps: quello della foto sono io. Ho già cominciato a tutelarmi, e sono anche più bello di Juncker).

(Massimo Bordin, "Ecco cosa di nasconde dietro la legge sul copyright", dal blog "Micidial" del 13 settembre 2018).

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domenica 23 settembre 2018

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 22 9 2018


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
L'émir Tamim offre un palace volant au sultan Erdoğan
 

 
Israël utilise un avion militaire russe comme bouclier
 

 
La bataille d'Idleb est repoussée
 

 
La Russie dément les conclusions de la Commission internationale sur le MH-17
 

 
La Turquie a enlevé Ayten Öztürk au Liban
 

 
L'Allemagne se positionne contre la directive Feltman
 

 
Démission de l'amiral McRaven, ex assassin-en-chef du Pentagone
 

 
La Turquie déclare avoir enlevé un des terroristes de Reyhanlı
 

 
Iran : Esfandiar Rahim Mashaei condamné à 6 ans et demi de prison
 

 
Riyad achète un Dôme de fer israélien
 

 
Londres vient de commencer une opération sous faux drapeau à Idleb
 

 
La Maison-Blanche entre en guerre contre la Cour pénale internationale
 

 
La Guerre mondiale, une option US en Syrie (WSJ)
 

 
L'Allemagne se prépare à attaquer la Syrie
 

 
YouTube censure les chaînes du gouvernement syrien
 

 
L'Iraq à la croisée des chemins
 

 
Le spectaculaire retournement de cheikh Hassan Rohani
 

 
La Syrie devrait attendre le 6 novembre pour libérer Idleb
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Déclaration de principes du Petit Groupe pour la Syrie
 

 
Mémorandum de stabilisation de la situation dans la zone de désescalade d'Idleb
 

 
Déclaration d'Emmanuel Macron sur la mort de Maurice Audin
 

 

« Horizons et débats », n°21, 17 septembre 2018
La Ceinture et la Route
Partenaires, 17 septembre 2018
 Discours de Jean-Claude Juncker sur l'état de l'Union européenne en 2018
par Jean-Claude Juncker, Réseau Voltaire, 12 septembre 2018
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GIALLO PANTANI / GIRO TAROCCATO & SCOMMESSE DI CAMORRA: E’ CALATO UN MURO DI GOMMA


"Voglio vederli in faccia questi bastardi che me lo hanno ucciso". Non si arrende, non arretra di un centimetro Tonina, la mamma di Marco Pantani, il nostro campione di ciclismo ammazzato ("suicidio" per la Cassazione) in un residence di Rimini il 14 febbraio 2004. Una sentenza da brividi.
Resta solo un filo di speranza a Napoli, dove da due anni esatti (fine agosto 2016) è depositata la richiesta di riapertura indigini presentata dall'ultimo avvocato della famiglia Pantani, Antonio De Rensis.


Tonina Pantani col figlio Marco

Ma ricostruiamo i fatti partendo dalle news. Una immensa folla di giovani, sportivi, turisti, concittadini e curiosi si raduna in queste ore (1 e 2 settembre) a Cesenatico per ricordare Marco, il Pirata, l'eroe della montagne, il campione che tutti gli italiani hanno nel cuore anche dopo tanti anni per il coraggio, l'eroismo, la sofferenza per la fatica che vedevi disegnata sul suo viso.
"La mia battaglia – sussurra tra le lacrime mamma Tonina – è iniziata 14 anni fa e non avrà mai fine. Ho cambiato sette avvocati e non è successo nulla. Muri di gomma, dai tribunali solo silenzi e archiviazioni. Sono andata in crisi tante volte, ma ogni volta mi rialzo e ricomincio, come faceva lui con le sue salite interminabili. Mi batto per uno sport pulito, soprattutto per i giovani, e la mia battaglia non avrà fine fino al momento in cui non avrò la verità. Voglio vederli in faccia quei bastardi".
Non sarà certo facile, un'impresa titanica, una di quelle che Marco era comunque abituato, con la sua tenacia senza confini, a compiere.
La Voce ha scritto varie inchieste sul giallo Pantani che potete trovare in archivio. Ma vogliamo riassumere gli ultimi sviluppi. O meglio, "non sviluppi".
Come abbiamo detto c'è in vita ancora un esile filo di speranza, si trova presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, visto che a fine agosto 2016 l'avvocato de Rensis depositò una articolata memoria per ottenere la riapertura delle indagini, negata dalla procura di Forlì, basandosi su una mole di elementi. E chiedendo il trasferimento del fascicolo, appunto, da Forlì a Napoli.

QUEL GIRO D'ITALIA 1999 ERA TAROCCATO 

Renato Vallanzasca

Come forse ricorderete, tutto parte da Renato Vallazzasca, che rinchiuso nel carcere di Bollate riceve alcune confidenze, molto particolareggiate, da un pentito di camorra, il quale gli consiglia, al Giro 'd'Italia del 1999, di scommettere sulla sconfitta di Marco: "'O Pelato non arriva a Milano".
E gli racconta di maxi scommesse effettuate dalla camorra, come ritualmente accade per grossi eventi sportivi, a cominciare dalla 'vendita' dello scudetto al Milan del 1989.
Vallanzasca scrive alla madre di Pantani descrivendole la storia. La signora Tonina in un baleno si precipita alla procura di Forlì, sporge denuncia e allega la lettera: il fascicolo è affidato al pm Sergio Sottani, il quale effettua una serie di riscontri. Per prima cosa individua il pentito che nel carcere aveva parlato con Vallanzasca: collabora, dà nomi e cognomi di altri camorristi con cui parlare e ulteriori elementi. Gli altri camorristi vengono sentiti dal pm, forniscono conferme, e soprattutto ribadiscono che quel Giro era taroccato: la camorra ci aveva puntato palate di soldi e 'O Pelato non doveva concluderlo.


Il pm Sergio Sottani

E' così che era successo, nel 1999, il dramma dalla tappa a Madonna di Campiglio: i valori del sangue di Marco risultano leggermente alterati, ma tali da farlo escludere dalla gara. I sanitari che hanno effettuato il prelievo sono reticenti, il capo dell'equipe, un medico svedese, Wim Jeremiasse, guarda caso un mese dopo finisce dentro un lago ghiacciato austriaco con la sua auto: e dopo quel prelievo aveva dichiarato, "oggi il ciclismo è morto". Poi è successo a lui.
Uno dei massaggiatori del campione, Roberto Bregnolato, parla espressamente di alterazione delle provette da parte dei sanitari, "convinti" con i metodi che la camorra solitamente usa. E afferma: "Marco Pantani fu ucciso quella mattina a Madonna di Campiglio".
Insomma, una montagna di elementi probatori che avrebbero dovuto condurre in dirittura d'arrivo verso il traguardo dei rinvii a giudizi e quindi l'inizio del processo. Invece niente: Forlì nicchia, sostiene che molte testimonianze sono solo "de relato", cioè di camorrristi che le riferiscono da altri camorristi. Insomma, non ci sarebbe la prova regina, la pistola fumante o, in questo caso, l'ago nella vena del campione e il sangue alterato davanti agli stessi pm.
Ma fateci il piacere… avrebbe detto Totò. La Procura di Forlì, del resto, non capisce un tubo di camorra e quindi avrebbe dovuto spedire il fascicolo a Napoli, anche perchè proprio nel capoluogo partenopeo in precedenza, e anche per altri fatti delittuosi, avevano testimoniato diversi camorristi che erano a conoscenza della combine creata intorno a quel maledetto Giro del 1999.


Il penalista Antonio De Rensis

Niente. Forlì è ben decisa a tenersi stretto il fascicolo, a far tutto da sola, ed ad archiviare il tutto. E così fa.
E' a questo punto, due anni fa, che l'avvocato De Rensis, proprio in forza di quelle carte, quei documenti, quelle verbalizzazioni, quei fatti successi, si presenta alla Dda di Napoli e deposita la richiesta di riapertura del caso.
Sono passati due anni esatti. Ma di quel fascicolo, oggi, non si ha un sola notizia. E' stato mai aperto? E' stata fatta un'indagine? E' stato sentito qualche pentito? E' stato effettuato qualche riscontro? A quanto pare no, perchè dopo un anno circa (settembre 2017) la Voce intervistò il pm incaricato Antonella Serio, che disse poche e vaghe parole: "il fascicolo è in evidenza. Quando ci sarà qualche sviluppo lo comunicheremo".
Invece, fino ad ogni lo zero più assoluto. Un muro di gomma. Ci fosse stato un minimo di sviluppo il procuratore capo avrebbe convocato una mini conferenza stampa – come di rito – e aggiornato sulle eventuali novità. Invece niente.
Abbiamo contattato anche lo studio dell'avvocato De Rensis, via telefono e via mail. Nessuna novità.
Passiamo al secondo atto, non meno sconcertante del primo. Perchè esiste un'altra inchiesta, sempre condotta dalla procura di Forlì, riguardante l'omicidio (etichettato ovviamente come "suicidio") di Marco, avvenuto appunto nella pensione Le Rose di Rimini.

UN SUICIDIO ALLA PINELLI O ALLA DAVID ROSSI 
Anche qui due inchieste parallele. Una condotta dalla polizia e dalla procura, l'altra dall'avvocato de Renzis.
La scena del crimine, per sintetizzare, è da tsunami: mobili distrutti, letto squarciato, suppellettili di ogni tipo fatte a pezzi. E il cadavere di Marco che presenta evidenti segni di ferite e di trascinamento. La scena somiglia molto a quella di un altro omicidio spacciato per suicidio, quello di David Rossi, il responsabile comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, che di segreti su Mps ne conosceva una caterva e avrebbe potuto rivelarli ai pm che l'avevano convocato per il giorno seguente al "volo" dal quarto piano di palazzo Salimbeni.

E anche Marco era una "mina vagante". Avrebbe potuto rivelare un mare di cose non solo su quel Giro taroccato, ma sul mondo della droga nello sport, sul colossale giro d'affari del doping, sui controlli taroccati, sugli organismi che sulla carta dovrebbero controllare e invece fanno esattamente il contrario, sulla maxi corruzione imperante. E poi sul mega giro di scommesse illegali e di camorra nella cui trappola era caduto.
Per gli inquirenti bazzecole, pinzellachere: si era drogato, aveva perso il controllo di sè, aveva distrutto tutto. Si era inferto quelle ferite, in palese stato di masochismo acuto, si era autotrascinato per metri.
In più, ciliegina sulla torta, due elementi che fanno a cazzotti con questa ricostruzione: un giubbotto che non apparteneva a Marco trovato nella stanza del residence e un cornetto gelato Algida nel contenitore dei rifiuti (marca che Marco non consumava). Commentano i pm: "lo aveva mangiato un poliziotto per distrarsi". E tu inquini la scena del crimine in quel modo?
Ai confini della realtà.
La controperizia redatta dall'avvocato De Renzis, soprannominata delle "100 anomalie", per la immensa mole di elementi contraddittori e mai chiariti, contiene una sequela di fatti che fanno a pugni con la ricostruzione ufficiale. La Voce li ha descritti nelle passate inchieste che potete rileggere.

ARCHIVIAZIONI KILLER
Ma alla fine di tutta questa battaglia giudiziaria cosa è partorito? L'ennesima richiesta di archiviazione della procura di Forlì. Per la quale non bastano tutti gli elementi e moventi: occorreva filmare il killer col pugnale nello stomaco di Pantani.
E pensare che anche una perizia scientifica aveva dimostrato come Pantani fosse stato costretto ad ingurgitare una pallina di coca, allo scopo di ammazzarlo con una maxi over dose. E microtracce di quella pallina si trovavano ancora sulla scena del crimine. Il filmato delle operazioni dei primi investigatori è stato poi tagliato. Perchè durava troppo, secondo alcune spiegazioni.
Come del resto è stato tagliato il filmato delle telecamere del Monte dei Paschi che documentano la caduta di David Rossi. Troppo lungo e noioso.
Dopo l'archiviazione richiesta dal pm e accettata dal gip di Forlì, tutto morto. Non è restato, a De Renzis, che fare l'estremo tentativo in Cassazione, dove quasi tre anni fa, il 19 settembre 2015, giorno di San Gennaro, le toghe non ha fatto certo un miracolo: ma semplicemente apposto una fredda pietra tombale sulla tragedia: archiviazione.  

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