sabato 5 dicembre 2020

Brogli, l’élite trema: crolla il sistema, se la spunta Trump

Nicola Zegrini Il canale YouTube “Investire da zero” ipotizza sviluppi potenzialmente sconvolgenti, per le presidenziali americane del 3 novembre. Al termine della notte elettorale, Trump era in vantaggio in tutti gli Stati-chiave, e quindi poteva contare su un numero sufficiente di grandi elettori per essere riconfermato alla Casa Bianca. Poi, il voto per posta e il prosieguo dei conteggi (che si erano interrotti) ha invece capovolto la situazione, a favore di Biden, proprio in quegli Stati. Tra il 5 e il 6 novembre, Trump ha presentato ricorso in 6 Stati (Pennsylvania, Nevada, Georgia, Michigan, Wisconsin e Arizona) denunciando brogli e irregolarità tali da invalidare i risultati. In realtà, secondo Trump, si sarebbe alterato il voto anche in diversi altri Stati, anche se in modo non determinante. Gli Stati-chiave hanno rigettato la revisione richiesta di Trump, con la sola eccezione della Georgia (dove il distacco tra i due candidati era risultato millimetrico). Sembrava quindi una pessima notizia, per Trump: come se si dovesse rassegnare a vedere Biden alla Casa Bianca. Invece, le cose potrebbero stare in maniera diametralmente opposta. E cioè: è possibile che Trump avesse tutto l’interesse a veder rifiutate le sue richieste di riconteggio nei singoli Stati, perché solo così è possibile accedere alla Corte Suprema.

Nelle elezioni americane, se una delle parti ritiene ci siano stati errori o irregolarità può rivolgersi alla Corte del singolo Stato, che valuterà se procedere o meno alla verifica. Se però il singolo Stato rigetta la richiesta, il ricorrente – a quel punto, e solo in quel caso – può rivolgersi alla Corte Suprema. Oggi, dopo i lunghissimi riconteggi, il presidente eletto sarebbe Biden, con 306 grandi elettori, contro i 252 attribuiti a Trump. Ma a questo punto, dato il rifiuto delle Corti statali di procedere all’ulteriore verifica per via giudiziaria, la palla passerà alla Corte Suprema. In questo periodo, intanto, Trump ha affermato con certezza granitica che ci siano stati brogli, ma non ha fornito prove concrete. Questo è stato interpretato come la dimostrazione del fatto che, in mano, avesse ben poco. In realtà, il fatto di non esibire prove in questa fase è persino ovvio: se si conta di appellarsi alla Corte Suprema, confidando dunque nell’apertura di un processo, è naturale non scoprire le proprie carte. Non devi dare alcun vantaggio alla controparte: che potrebbe inquinare prove o condizionare testimoni. Il silenzio sulle prove, da parte di Trump, ha quindi perfettamente senso: le loro prove le porterebbero solo alla Corte Suprema, nel momento in cui questa dovesse accettare il ricorso (o meglio: i ricorsi, perché sono 6). E la Corte Suprema si pronuncerebbe su ogni singolo Stato, spiegando se esistono gli elementi per aprire l’inchiesta.

venerdì 4 dicembre 2020

COVID 19 / LOCKDOWN & TAMPONI, IL PESANTISSIMO J’ACCUSE DI DUE RICERCATORI


Un j’accuse in piena regola alle nostre autorità incapaci perfino di capire numeri e statistiche sul fronte del coronavirus e – figuriamoci – di attuare decenti politiche di contrasto alla pandemia.

Arriva da Martina D’Orazio, laureata in medicina e chirurgia, specializzata in psichiatria, da 10 anni trasferitasi a Stoccolma, dove esercita la sua professione. Conosce molto bene i due sistemi sanitari (e anche politici). Di seguito traccia un impietoso bilancio.

L’ha intervistata Riccardo Palleschi, blogger e animatore del portale realizzato per gli italiani emigrati in Svezia.

Ecco alcune significative dichiarazioni della D’Orazio.

 

FAKE NEWS & IGNORANZA

“La Svezia ha adottato sin dall’inizio un atteggiamento in netta controtendenza rispetto agli altri Stati europei ed extraeuropei dicendo no al lockdown e a qualsiasi forma di restringimento delle libertà collettive”.

Ciò ha provocato una serie di fake news da parte dei media italiani, con l’intento di screditare questo tipo di politica”.

“La Svezia ha portato avanti sin dall’inizio questa politica proprio perché ha preso il coronavirus per quello che è. Un virus che nell’80 per cento dei casi è asintomatico, nel 15 per cento dà una sintomatologia di tipo influenzale e solo nel 5 per cento dei casi porta all’attenzione del medico”.


Gente in strada a Stoccolma senza mascherina. In apertura Maria Pia D’Orazio e Stefano Scoglio

Portare all’attenzione del medico “non vuol dire andare in terapia intensiva – spiega – vuol dire che si ha bisogno di andare in ospedale, dove appunto si ricevono cure, ossigeno. Nei casi più gravi è capitato che le persone siano state intubate, fermo restando che 8 su 10 escono in piedi”.

Sulla base di questi dati, e contando su una letalità pari allo 0,3 per cento, sono state orientate le politiche sanitarie ed economiche svedesi.

“Hanno subito inquadrato il target – aggiunge – ossia chi veniva più colpito e chi moriva. La media è di 82 anni e riguarda persone con molte patologie. Quasi il 54 per cento è deceduto nelle case di riposo”.

“In Italia e all’estero si è spesso detto che la Svezia avesse adottato una politica diversa perché poco popolata. In realtà a Stoccolma ci sono 960.000 abitanti, più di Torino che ne ha 867.000. E la densità della capitale svedese è di 5.129 abitante per chilometro quadrato, maggiore di quella di Roma (2.195)”.

Continua D’Orazio: “Eppure qui non c’è stata una ecatombe. E questo nonostante non sia stato fatto alcun lockdown e non vengano utilizzate le mascherine”.

Ma eccoci al motivo del successo della politica svedese: “Qui hanno potenziato la sanità del 300 per cento perché, se non hai un posto letto, tutto può diventare un’emergenza. Prima dell’emergenza avevamo 500 posti letto di terapia intensiva in tutta la nazione, gli stessi della Lombardia. Sono stati raddoppiati nell’immediato, portandoli a 1.000”.

giovedì 3 dicembre 2020

Usa, brogli informatici: milioni di voti taroccati da Dominion

Sidney Powell «Le evidenze stanno arrivando così velocemente che non riesco neanche a processarle: non posso rivelarvi cosa so, ma non farei mai affermazioni che non posso provare». Lo afferma l’avvocato Sidney Powell il 15 novembre: la donna fa parte dello staff legale di Trump, che sta analizzando i volumi (impensabili: 3,8 milioni di voti) della frode elettorale che sarebbe stata commessa per via elettronica. «Trump ha vinto con milioni di voti in più rispetto a Biden», dice l’avvocatessa, in una dichiarazione ripresa da “Fox News” e rimbalzata su Facebook. Parla dei voti che «sono stato spostati a Biden grazie al software Dominion, che era stato concepito esattamente per quello scopo». Aggiunge Powell: «Abbiamo prove che risalgono anche al 2016, che ci stanno arrivando come fossero sparate con un idrante. Ho un sacco di prove per dimostrarvi questo, ma non posso dirle sulla Tv nazionale. Vi dico solo che potevano prendere tutti i voti di Trump e, con quel software buttarli, essenzialmente nel cestino». Precisa la donna: «Abbiamo identificato matematicamente l’algoritmo esatto per modificare i voti. Più “backdoor”, “patch usb”, monitoraggio di Internet e anche tangenti ai funzionari corrotti per l’adozione del software Dominion. Tutto comincia a sembrare un “Major Cyber Attack” contro gli Stati Uniti».

E’ buio pesto sui sistemi elettronici di voto, sui quali incombono pesantissimi sospetti di brogli “scientifici”: occorre che gli inquirenti e la giustizia americana facciano luce, riassume “La Voce delle Voci“, citando il “Business Journal”. «Nonostante i media mainstream e Big Tech continuino a segnalare e sopprimere le informazioni riguardanti il coinvolgimento di Dominion nella frode elettorale, enormi prove continuano a dilagare». Il rappresentante Louie Gohmert ha confermato su “Newsmax” che la società informatica spagnola Scytl, titolare del software sotto accusa (ha raccolto i dati delle elezioni in modo improprio attraverso la Spagna), è stata «perquisita da una forza dell’esercito americano». La notizia: «I server sono stati sequestrati a Francoforte, in Germania». Sulle sue sigle, Scytl e Dominion, «aleggia l’ombra di George Soros, il miliardario-filantropo a bordo della sua voracissima Open Society Foundation». Scytl Secure Electronic Voting nasce nel 2001, come gemmazione dell’Università Autonoma di Barcellona, impegnata in un progetto di ricerca crittografica. Nel 2006 dà lavoro a 600 addetti e l’anno dopo decolla in piena regola, dividendosi in tre segmenti.

mercoledì 2 dicembre 2020

Linux Professional Institute: Npo Sistemi nuovo Partner | Tutto su Xen | Appuntamenti | Dal Blog | LPI




Npo Sistemi nuovo Partner

Npo Sistemi è nuovo Silver Training Partner LPI

Npo Sistemi, società del Gruppo Ricoh, è ora Silver Training Partner del Linux Professional Institute.

Leggi il comunicato

Scopri Xen

Mohsen Mostafa Jokar, SysAdmin, Virtualization Engineer e "Xen Soldier" analizza le caratteristiche di Xen Project.
  1. Introduzione
  2. Come funziona Xen
  3. Caratteristiche principali di Xen
  4. Container, OpenStack e altre piattaforme
  5. Xen Project, Unikernel e il futuro

Ask Me Anything (AMA): LPI Membership Edition 9 dicembre

Il 9 dicembre 2020 dalle 10:00 EST alle 11:00 EST (16:00 - 17:00 in Italia) la Community di LPI si riunisce per una sessione Ask Me Anything (AMA) con il Direttore Esecutivo G. Matthew Rice dedicata al Membership Program.

Dal Blog di LPI

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UNA CLASS ACTION CONTRO IL GOVERNO PER LA GESTIONE DELL’EMERGENZA

Decine di avvocati di tutte le regioni d’Italia promuovono una class action per richiedere il risarcimento del danno materiale, morale, biologico e di relazione subito dai cittadini italiani, dalle famiglie, dai liberi professionisti, imprenditori e imprese, in conseguenza delle normative emergenziali, illogiche ed illegittime, emanate dal governo italiano in questi mesi.

Se ne è parlato in una conferenza nella sala stampa della Camera dei deputati, a Roma il 12 novembre scorso, in cui sono intervenuti l’onorevole del gruppo misto, Sara Cunial, gli avvocati Edoardo Polacco e Mauro Sandri, per il settore alberghiero Rosa LotitoFrancesco Orlando rappresentate dei ristoratori e albergatori e Tano Simonato, ristoratore.