sabato 11 febbraio 2012

Lemuria, Mu, Atlantide

Lemuria, Mu, Atlantide:
Lemuria, Mu, Atlantide
http://www.bibliotecapleyades.net/imagenes4/lemuria_mapaMu_anton.jpg
tratto da: http://www.unknown.it di Leonella Cardarelli

Premessa

Pur partendo dalla considerazione che non si debba mai smettere di cercare la verità occorre ammettere che è difficile scrivere qualcosa su Atlantide data la moltitudine di opere presenti ed anche perchè questo continente non esiste più. E visto che noi atlantologi siamo sempre “pizzicati” sul fattore prove archeologiche voglio concentrare questa ricerca proprio sulle prove dei continenti scomparsi: esistono prove archeologiche (o comunque prove valide) sull’esistenza di Atlantide? E quali sono le fonti? Se Atlantide è esistita vi dovranno pur essere i resti da qualche parte. Vediamo quindi cosa hanno studiato archeologi, geologi, antropologi, storici e tutti coloro che si sono occupati di Atlantide.


Anche altri continenti sono sprofondati negli abissi marini per cui prenderò in considerazione anche Lemuria, un continente poco studiato ma ciò che è stato scritto su di esso è davvero interessante, nonché Mu, continente di un’importanza essenziale.
http://www.giovannidelponte.com/sites/default/files/atlantide.jpgAtlantide: le prove storiche e archeologiche

La prima testimonianza storica su Atlantide è quella che ne dà Platone nel Crizia e nel Timeo, tramandata da suo zio Solone.

Innanzi a quella foce stretta che si chiama colonne d’Ercole, c’era un isola. E quest’isola era più grande della Libia e dell’Asia insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole e da queste alla terraferma di fronte. [...] In tempi posteriori [...], essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nel volgere di un giorno e di una brutta notte [...] tutto in massa si sprofondò sotto terra, e l’isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve. […] Essendoci dunque stati molti e terribili cataclismi in questi novemila anni.[2]

Avvennero terribili terremoti e diluvi, trascorsi un solo giorno e una sola notte tremendi […] l’isola di Atlantide scomparve sprofondando nel mare.[3]

Alcuni studiosi si sono chiesti quanto sia attendibile questa testimonianza.

E’ possibile che Platone abbia inventato tutto o abbia modificato alcuni particolari?

Vediamo cosa ne pensano gli studiosi. Peter James e Nick Thorpe, autori di Terre perdute (1999), sostengono che nell’Atlantico non ci sono prove archeologiche di questo continente. Lo stesso Aristotele, che ha gettato le basi del pensiero razionale, non ha mai creduto a questa leggenda.

A sua volta Tony Maniscalco, autore de I superstiti di Atlantide[4](2008), parte dalle testimonianze di Platone senza escludere che nel Crizia e nel Timeo vi possano essere degli errori geografici, per giungere alla tesi che Atlantide si trovi in Algeria, sotto le sabbie del deserto.

Platone scrive che gli Atlantidei erano più evoluti della nostra razza e già nelle antiche tradizioni elleniche troviamo testimonianze che citano antiche civiltà evolute, successivamente scomparse. Al di là della scienza ufficiale sono state fatte molte scoperte e non si sa dove collocarle.

Gli aztechi sostenevano di venire da un luogo chiamato Aztlan (cioè Atlantide). Il prefisso atl in lingua messicana significa acqua e lo ritroviamo in molti nomi: Quetzalcoatl, Chichèn Iztlan (che in lingua maya significa salvati dalle acque).

I toltechi del Messico sostengono a loro volta di venire da Aztlan.

Sono molti gli intellettuali che hanno accettato l’idea di un continente perduto, ad esempio Plutarco, che lo chiamava Saturnia. Diodoro Siculo affermava che i fenici scoprirono una grande isola nell’Oceano Atlantico al di là delle colonne d’Ercole alla quale arrivarono dopo qualche giorno partendo dalle coste africane. Sembra che Atlantide, prima di divenire un’isola in seguito alle catastrofi subite (di cui il diluvio fu l’ultima) fosse un vasto continente che comprendeva anche l’attuale America. Non a caso si dice che i fenici furono uno dei primi popoli a conoscere l’America prima di Colombo.

Tornando al continente perduto, a Proco fu narrata da altri studiosi l’esistenza di un continente chiamato proprio Atlantide. Lo storico romano Timogeno asserisce che i Galli hanno una tradizione su Atlantide.

Elliot Scott, rifacendosi al testo Ancien America di Baldwin, ci dice che alcuni documenti ritrovati nell’America centrale (quindi Messico, Guatemala, ove erano stanziate popolazioni quali maya ed aztechi) testimoniano che il continente americano si estendeva molto più a largo dell’Oceano Atlantico e che quest’area fu poi distrutta da varie catastrofi[5]; la più importante è ricordata come diluvio universale e risalirebbe a 12.000 anni fa.

Possiamo confrontare questa teoria con una leggenda diffusa tra i Celti i quali sostengono che una parte della Gran Bretagna si estendeva a sua volta oltre l’Oceano Atlantico.

Non sono trascurabili, a mio parere, neanche i fenomeni che si verificano nel triangolo della Bermuda, che sembrano dipendere da una piramide sommersa che emana una forte energia.

Per quanto riguarda la geologia, Roberto Pinotti in Atlantide (2001) prende in considerazione una serie di elementi geologici interessanti[6]. Pinotti scrive:

Secondo le indicazioni di Platone l’Atlantide era un paese montagnoso. Di conseguenza nell’Oceano Atlantico dovrebbe esservi una vasta regione montagnosa immersa nell’acqua. Ed effettivamente le spedizioni oceanologiche del XIX e XX secolo hanno stabilito con certezza l’esistenza di un gigantesco sistema montagnoso che si estende da un circolo polare all’altro passando quasi al centro dell’Atlantico.[7]

Personalmente ritengo che ci siano testimonianze tali da poter credere che Atlantide fosse nell’Oceano o che comunque nell’Atlantico ci sia stato effettivamente un continente. Non si deve altresì escludere che sono stati ritrovati i resti di Atlantide nell’Algeria e nella Grecia ma si deve pur considerare che queste terre possono essere state colonizzate dagli atlantidei che come è stato tramandato avevano conquistato molti territori, tra cui l’Egitto. Quindi potrebbe anche essere che l’Algeria e la Grecia, così come l’Egitto, siano state delle colonie e non una parte reale del continente stesso.

In Tibet esiste un libro antichissimo appartenente alla casta sacerdotale e ritrovato solo ai primi del ‘900: Le stanze di Dzyan. Questo libro, di autore ignoto, descrive le ere dell’uomo in diverse umanità e tra le varie razze umane menziona anche la razza atlantidea. Esso è uno dei testi fondamentali della Società teosofica e vi derivò l’opera La dottrina segreta di H.P. Blavatsky. Fu la stessa Blavatsky a far conoscere al mondo il testo trovato in Tibet.

La civiltà atlantidea così come la nostra razza (chiamata razza aria), ha seguito un percorso di evoluzione-involuzione. Nella fase involutiva sono stati effettuati esperimenti su uomini e animali[8]. Prima della razza atlantidea vi è stata la razza lemure[9] che fu una razza sperimentale, cioè formata da una serie di animali-umani, degli esperimenti. Vorrei proporre una comparazione tra questa teoria riguardante la razza lemure e ciò che viene riportato nel Popol Vuh[10], libro sacro del popolo maya- quichè. Il Popol Vuh riporta, oltre alla storia del diluvio, la storia della creazione di manichini di legno, creati come esperimenti umani. Questi manichini sarebbero strati creati prima con l’argilla e poi, visto che con l’argilla si rovinavano, con il legno. Questi manichini però erano cattivi, senza cuore e iniziarono a cibarsi di animali e non onoravano mai gli dei, finché gli animali stessi li divorarono per vendicarsi[11] e fu mandato un diluvio per punirli. Si tratta di pure coincidenze o di scopiazzamenti? O si tratta di qualcosa realmente accaduto? Resta il fatto che la questione del cibarsi degli animali, considerata quasi come un peccato originale che condannò l’uomo alla sofferenza, è riportata anche nel testo di Elliot Scott Storia della Lemuria sommersa (1997), in cui l’autore scrive che l’antagonismo fra uomini ed animali fu il primo a svilupparsi[12].

Tornando alle testimonianze archeologiche, il geologo e archeologo Angelo Pitone ha rinvenuto in Sierra Leone un particolare tipo di pietra azzurra, chiamata Skystone. Questa pietra ha una conformazione particolare e si trova vicino a statuine di origine sconosciuta, degli gnomi deformi che la popolazione Kiui ritiene siano angerli caduti. La pietra è stata fatta analizzare in laboratorio ed è risultata di composizione strana, fatta di calcite, largite, portlandite, colorata artificialmente. Si ritiene che possa essere stata usata dagli atlantidei per la costruzione di edifici, non a caso gli atlantidei utilizzavano pietre particolari per la costruzione dei loro edifici, oltre all’argento e all’oro.[13]

Ad onta di chi sostiene che i resti archeologici di Atlantide non ci sono, si può affermare che i resti ci sono eccome, soprattutto nella zona di Cuba che sembra poter coincidere con il luogo della capitale:

A poche decina di miglia dalle coste della Florida, nella zona dei banchi corallini delle isole Bahamas, nel 1968 sono state scoperte al di sotto della superficie del mare lunghe muraglie o strade, formate da megaliti, assemblate con la stessa tecnica ad incastro presente in tutto il mondo. Oltre ciò, sono presenti cerchi di pietra megalitici uguali a quelli trovati in tutto il mondo, venendo ad essere così una parte di grande complesso sprofondato nell’oceano in seguito ad una catastrofe, complesso forse facente parte di Atlantide. Infatti, davanti alla penisola cubana di Guanahacabibes, sono state scoperte, in un’area di 20 chilometri quadrati del pavimento oceanico, delle immense strutture che formano un reticolato urbano che spicca sulla spianata di sabbia bianca, con i suoi muri ad angolo retto e le strade di collegamento tra gli edifici.

Tuttavia, rilevamenti radar e varie esplorazioni hanno evidenziato la presenza di resti sommersi di notevole interesse vicino le coste cubane, come se addirittura in quella zona ci fosse stata una capitale di un antico impero.[14]

La prova più importante, però, è data dal ritrovamento di piramidi sottomarine. In Archeologia misterica di Luc Bürgin, troviamo la testimonianza di molti ritrovamenti che non vengono divulgati dall’archeologia ufficiale per evitare di mettere in discussione tutto ciò a cui abbiamo creduto finora. C’è comunque da dire che oggi vanno aumentando sempre di più le persone colte che non si accontentano di un sapere prettamente accademico o convenzionale e che si stanno avvicinando altresì all’archeologia “proibita” e ad un nuovo modo di vedere la storia dell’umanità senza neanche “scandalizzarsi” più di tanto: l’umanità sta aprendo la propria mente a nuovi orizzonti.

Bürgin, oltre a divulgare le scoperte nei pressi di Okinawa (di cui parlerò nella sezione su Mu) ci parla anche del segreto di Rock Lake, un lago che si trova ad est di Madison (nel Wisconsin) e che ha sul fondale delle costruzioni piramidali e dei manufatti in pietra.[15]

Atlantide e il problema della sua localizzazione

Su dove sia Atlantide, sulla sua esatta ubicazione, è un mistero che ancora permane. C’è chi la pone in Sardegna, chi in Inghilterra, chi nell’Oceano Atlantico, chi in Algeria. Sembrerebbe Atlantide più un insieme di terre che una singola isola inabissatasi nel mare. Da quanto detto finora si evince che la localizzazione di Atlantide è un problema complesso che si evidenzia in quanto questo continente ha subìto diverse catastrofi, quindi può aver occupato territori più o meno ampi, nonché può aver conquistato altri territori.

In primis bisogna ricordare che Atlantide, secondo vari studiosi, possedeva sette isole che corrispondevano alle sette stelle delle Pleiadi, costellazione con cui gli atlantidei sembravano essere in contatto. Non è però possibile dare una precisa localizzazione temporale alla presenza di suddette isole, cioè non è chiaro se esse fossero presenti prima o dopo le varie catastrofi. Platone dice che Atlantide affondò in un sol giorno e in una sola notte ma l’isola a cui si riferisce il filosofo greco era già ciò che restava di un continente più vasto, precedentemente distrutto o sommerso.

Il paradigma dominante sostiene che Atlantide si trovasse nell’Atlantico ma sembra vi siano valide motivazioni per accettare ulteriori teorie. In realtà Atlantide non è l’unico luogo scomparso perciò quando avviene un ritrovamento bisogna cercare di capire a quale continente possa essere appartenuto, ad esempio le costruzioni dell’Isola di Pasqua molto probabilmente sono di Lemuria (e non di Atlantide), visto che l’area dell’Australia era occupata dai lemuri[16] che a quanto pare erano dei giganti.

La maggior parte dei testi su Atlantide tendono ad avallare la tesi secondo la quale nell’Atlantico ci sia stato questo continente. Elliot Scott cita il seguente passo dello studioso Starkie Gardner:

nel periodo eocenico le isole britanniche facevano parte di una grande isola o meglio di un continente che si estendeva nell’Atlantico; è certo che una grande regione continentale esisteva allora ove attualmente si trovano il mare e la Cornovaglia, le isole Scilly e quelle della Manica; l’Irlanda e la Gran Bretagna stessa sono vertici delle sommità più elevate.[17]

Effettivamente se consideriamo la cultura molto elevata dei Celti, che abitavano proprio nell’Irlanda e nel nord della Francia, possiamo pensare che forse la teoria di Gardner non sia proprio pura fantasia. Non a caso i Celti stessi sostenevano di venire da una terra sommersa nell’Oceano Atlantico, la mitica Avalon[18], su cui sono stati scritti tantissimi libri.

Elliot Scott ci informa che, tramite un’indagine, fu scoperto che nel mezzo dell’Oceano Atlantico esiste una vera e propria catena montuosa[19]- le cui cime formano le Azzorre, San Paolo, Ascensione, la stessa Islanda, Sant’Elena, e Tristan d’Acunha- coperta di detriti vulcanici e questi detriti arriverebbero fino alle coste americane.

La catena in questione, a cui ho accennato anche prima citando Pinotti, è la dorsale medio atlantica ed è formata prevalentemente da rocce basaltiche. Secondo i geologi questa catena sottomarina risalirebbe a decine di milioni di anni fa. Il prof. di geologia Martinis, che si occupa proprio di Atlantide, la fa risalire addirittura a 135 milioni di anni fa. Egli però, nonostante la sua passione per il continente perduto, dichiara che nell’oceano Atlantico non c’é nessuna Atlantide e anche James e Thorpe dichiarano che non esistono affatto resti archeologici di essa. Su una linea opposta si pongono invece studiosi come Jirov e Heezen, che nonostante l’assenza (assenza forse solo apparente) di resti archeologici, non escludono l’esistenza del continente. Heezen affermò che:

vi sono molti elementi che dimostrano come in determinati momenti della loro esistenza queste catene uscirono alla superficie degli oceani formando vaste zone di terraferma, valutabili, per la loro vastità, alla stregua di veri e propri continenti. Evidentemente una parte di tali catene è esistita in superficie persino nel periodo post glaciale. Al di là di ogni tradizione, dunque, l’esistenza di queste catene e altopiani montani inabissati induce in effetti a pensare alla precedente esistenza di continenti perduti: Atlantide nell’Atlantico, Mu nell’Oceano Pacifico e Lemuria nel Pacifico.[20]

Molti studiosi sono ormai del parere che le masse d’acqua oceaniche si spostano per svariate cause, sommergendo alcune terre e facendone emergere di nuove. Tutto ciò porterebbe a non escludere che vi sia stato un continente in un remoto periodo dell’umanità e oggi sono tantissimi gli studiosi che sostengono questa teoria: Colin Wilson, Charles Hapgood, Graham Hancock sono solo alcuni nomi di studiosi che si sono dedicati all’argomento con molta serietà. Il problema dei resti sommersi difficili da trovare e da datare, nonché dell’eccessivo lasso di tempo trascorso tra la fine della civiltà atlantidea e la nostra razza, hanno portato la maggior parte degli studiosi a rinunciare allo studio di Atlantide. Effettivamente le difficoltà ci sono e non sono poche. Si cerca di addurre teorie più o meno valide, basandosi su studi o su ricerche sul campo.

Un altro punto su cui si sono soffermati a riflettere molti studiosi è il mistero del triangolo delle Bermuda. Si sostiene che in quest’area vi sia una potente energia che “risucchi” aerei e navi che passano di lì. Si ritiene che questa potente forza sia causata da una piramide atlantidea che continua a canalizzare la sua energia dal profondo dell’Oceano causando misteriose correnti.

Una delle teorie più diffuse sostiene che le piramidi egizie e la civiltà egizia in generale appartengano alla tradizione atlantidea e che quindi l’Egitto possa essere stato la vera Atlantide. Su questo non tutti sono d’accordo.

Quando si evidenziano analogie tra varie parti del mondo, prima di considerare che il continente Atlantide si estendesse per chissà quanti chilometri, bisogna ricordare che gli Atlantidei avevano altresì colonizzato molti paesi. L’Egitto sicuramente non faceva parte di Atlantide ma è probabile che gli Atlantidei l’abbiano visitato o colonizzato e costruito lì alcune opere come la Sfinge.

James e Thorpe dichiarano infatti che l’affinità ipotizzata da molti atlantologi secondo i quali le piramidi egizie e quelle americane (dei maya) siano opera dello stesso popolo è vacillante in quanto le datazioni sono diverse: quelle egizie sono del 2700 a.C., quelle americane arrivano fino al 1487 d.C e le più antiche piramidi americane furono create nei primi secoli prima di Cristo. Quindi se ci vogliamo basare sulle piramidi stesse si dovrebbe escludere un’origine comune però non si deve scartare l’ipotesi che questi due popoli possano avere avuto rapporti. Gli egizi potrebbero aver ereditato dagli atlantidei la conoscenza per costruire le piramidi.

Resta in dubbio, comunque, l’origine della Sfinge. La Sfinge di Giza è scolpita direttamente nella roccia. La datazione ufficiale la fa risalire al periodo del faraone Chefren (2500 a.C., epoca delle due piramidi) ma si è scoperto che quest’opera è più antica almeno di diecimila anni, periodo in cui nel Nord Africa vi era un clima molto più piovoso dell’attuale. La Sfinge è stata fatta risalire al periodo di Chefren perché vi è una lapide dedicata a lui ma il monumento è troppo eroso e, considerato il manto sabbioso dell’Egitto e considerato altresì che il clima in Egitto negli ultimi cinque-seimila anni è stato molto secco, è troppo strano che l’erosione sia così accentuata, se non retrodatandone l’origine. Così il geologo Robert Schoch, il geofisico Thomas L. Dobecky e un’équipe composta da un oceanologo, un architetto e altri due geologi hanno scoperto che l’erosione era dovuta all’acqua, quindi alla pioggia del Nord Africa di diecimila anni fa. Chi ha costruito la Sfinge più di diecimila ani fa?

Elliot Scott ci dice che 80.000 anni fa esistevano già le prime due grandi piramidi (Chefren e Micerino, quindi per Elliot Scott le due piramidi sono di gran lunga antecedenti l’epoca in cui le colloca la scienza ufficiale) ed esse sarebbero sopravvissute ad una catastrofe, verificatasi appunto in quel periodo e dopo la quale fu costruito il tempio di Karnak. Ad ogni modo Elliot Scott ritiene che un gruppo di atlantidei (precisamente una Loggia bianca di iniziati) migrò in Egitto 400.000 anni fa, quando questo territorio era ancora poco popolato nonché isolato[21]. Non bisogna dimenticare, poi, che egizi e americani avevano abitudini simili quindi l’idea di una colonizzazione o comunque di una migrazione è piuttosto verosimile. Resta però da capire perché la civiltà egizia sia iniziata solo intorno al 3000 a. C. se la Sfinge fu eretta già nell’ 8000 a.C. Forse il popolo egizio era già esistente, o forse si trattava di un altro popolo, diverso da quello che noi conosciamo come egizio.

I misteri della Spagna e la mappa di Ecateo

Una lingua inspiegabile per i linguisti è la lingua dei baschi. I baschi, pur trovandosi a metà tra la Spagna e la Francia parlano una lingua particolare che è molto simile alla lingua maya.[22] Nessuno è mai riuscito a capire che tipo di origine abbia questa lingua.

Un altro sito interessante che troviamo in Spagna è Tartesso[23], un’antica città di cui troviamo menzione nell’antica Bibbia, precisamente nel Primo libro dei Re (10,22). Nella Bibbia leggiamo che il re Salomone commerciava a Tartesso e che questa città si trovava nei pressi del fiume Guadalquivir. Si sarebbe trattato di una città molto ricca, acculturata e con una lingua non appartenente a nessun tipo di ceppo linguistico iberico:

Dalle ricerche linguistiche sembra probabile che vi si parlasse una particolare lingua, il cosiddetto tartessico di cui esiste traccia letteraria. Il tartessico, sorprendentemente, non risulta imparentato con il basco, con l’iberico e con il lusitano (quest’ultimo sicuramente indoeuropeo), che sono le altre famiglie linguistiche della Iberia precedenti all’arrivo dei Celti. C’è incertezza se farne una famiglia linguistica separata o tentare di inserirlo nelle esistenti famiglie linguistiche. Il tartessico in effetti mostra qualche somiglianza con le lingue indoeuropee anatoliche (quali l’ittita e il luvio) come anche l’etrusco e questo rafforzerebbe la tesi, a suo tempo proposta, che i fondatori della città fossero i cosiddetti Teres dei Popoli del mare.[24]

A pag. 58 di Atlantide e il mistero dei continenti scomparsi (2006) viene riportata l’immagine della mappa di Ecateo[25] (V secolo a.C.), in cui compare la città di Tartesso a sud della penisola iberica.[26] Ecateo, di origine greca, era uno scrittore di testi storici e geografici. Gli storici ritengono che Tartesso sia stata distrutta dai cartaginesi nel 500. a.C. ma c’è anche chi ritiene che questa città sia sprofondata sotto il livello del mare[27]. In realtà ciò che più mi colpisce della mappa di Ecateo è la segnalazione, all’estremo nord dell’Europa (l’Europa nella mappa comprende anche parte dell’Asia) della popolazione iperborea. Nel V secolo a.C. si conosceva la popolazione iperborea, di cui si ha traccia ne Le Stanze di Dzyan[28]. Questo antico testo, summenzionato, ritiene che la razza iperborea occupasse proprio l’Asia del Nord (quindi la sua localizzazione nella mappa è esatta perché si ritiene che la popolazione iperborea venisse appunto dal nord) e si tratterebbe della seconda razza umana apparsa sulla Terra. Gli antichi greci chiamavo iperboreo il dio Apollo e sostenevano che lui si recasse ogni anno nell’Asia del Nord.[29] Iperborea significa al di là della Borea. La razza iperborea, secondo la scuola teosofica, era una razza non fisica, formata di sola energia. Anche gli atlantidei, almeno nella prima fase della loro vita, erano formati prevalentemente da energia. Non è possibile però sostenere quanto tempo passi tra una razza e l’altra (ad esempio tra la lemure e l’atlantidea) anche perché quando si parla di tutto ciò che è accaduto prima del diluvio universale bisogna tener conto di un fattore molto importante: il tempo era inserito in un paradigma diverso, cioè non era necessariamente lineare come il nostro. La stessa scienza riconosce che il tempo è un prodotto della nostra coscienza, basti pensare a quando sogniamo: un sogno lunghissimo riusciamo a farlo anche in pochi minuti di sonno. Anche la coscienza dell’uomo era diversa. E se la razza iperborea è stata la seconda razza -Le stanze di Dzyan parlano di cinque razze umane, di cui la razza iperborea è la seconda, la lemure è la terza, quella atlantidea la quarta e la nostra la quinta; la prima razza sarebbe una razza di esseri divini che abitano nella Terra sacra imperitura sorvegliata dalla Stella polare, quella che gli indù chiamano Svita Dvipa- dobbiamo pensare che questi iperborei erano sicuramente molto diversi da noi.

http://www.croponline.org/images/lemuriadiscendenti.jpgLemuria: un laboratorio di umanità o una civiltà avanzata?

I Commentari a Le stanze di Dzyan narrano che Lemuria era il terzo continente. Questo nome fu coniato da M.P.L. Sclater sulla base di ricerche zoologiche: trovando esemplari di scimmie chiamate lemuri in Madagascar decise di denominare Lemuria questo continente ma c’è anche chi sostiene che il termine Lemuria possa essere associato al termine lemuri che in antico romano significava fantasmi.

Generalmente si ritiene che Lemuria sia antecedente ad Atlantide e che sia stata una civiltà avanzata. Questo continente partiva dal Madagascar per giungere fino all’Australia. Il Madagascar è infatti noto per la diversità della flora e della fauna rispetto al resto dell’Africa. Stando alle teorie di Elliot Scott la popolazione lemure era tutt’altro che avanzata, anzi, non era neanche molto umana, tuttavia i lemuri erano dotati di una certa cultura.

La Lemuria poteva quindi essere un’isola su cui si sperimentavano gli uomini, non a caso alcuni studiosi ritengono che gli uomini primitivi siano “esperimenti mal riusciti” allo scopo di creare una razza umana e che noi non siamo scimmie evolute, bensì le scimmie sarebbero umani mal riusciti o involuti.

Elliot Scott ci dice che i lemuri erano giganti e anche gli atlantidei lo erano.

Molto probabilmente, quindi, furono i lemuri a costruire le statue dell’isola di Pasqua e se così è stato significa che malgrado le sembianze animali una certa intelligenza e capacità era posseduta da questi individui[1]. Lemuria sarebbe poi sprofondata ma una parte di essa si salvò e questa parte contribuì alla formazione di Mu. L’esistenza di Lemuria è stata generalmente accettata:

Poiché la teoria di Lemuria guadagnò una certa importanza, cominciò ad apparire nel lavoro di altri scienziati quali Ernst Haeckel, un tassonomista tedesco che propose Lemuria come la spiegazione all’’’anello mancante”. I fossili di questo non si sarebbero potuti trovare perché sepolti in fondo al mare.

La teoria di Lemuria scomparve con l’apparire della teoria della tettonica a placche.[2]

L’ipotesi dell’esistenza di Mu non ebbe la stessa risonanza. Infatti nei Commentari a Le stanze di Dzyan, a Lemuria succede Atlantide, non Mu. Ciò può essere dovuto al fatto che i due continenti sono stati contemporanei. Infatti quando Atlantide si trovava nell’Atlantico, Mu era nel Pacifico ma stranamente nessuno la menziona.

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/6/64/Book_map1.jpg/300px-Book_map1.jpgIl continente madre: Mu

Il “mito” di Mu nasce a fine ‘800 con il colonnello Churchward (1852-1936), di origine britannica. Il colonnello, lasciata la sua carriera lavorativa, si recò in India nel 1870 e strinse amicizia con un sacerdote indiano. Entrambi erano appassionati di archeologia, così il sacerdote mostrò a Churchward delle tavolette antiche che parlavano dell’origine dell’umanità. Secondo il sacerdote queste tavolette erano sacre poiché erano state scritte dai Naacal, ovvero dai “Sacri fratelli”che venivano da un continente madre in Asia sudorientale.

Il sacerdote e l’ex colonnello tradussero tutte le tavolette e scoprirono che esse parlavano della creazione del mondo e dell’origine dell’uomo, il quale sarebbe comparso per la prima volta sul continente Mu. Dopo alcuni anni il professore e ricercatore William Niven scoprì in Messico, durante gli scavi, 2.600 tavolette che facevano riferimento a Mu.

Così Churchward, dopo aver tradotto le tavolette e aver viaggiato per trovare altri elementi validi ad avallare la sua ipotesi dell’esistenza di questo continente, tracciò la seguente storia di Mu.

Mu si trovava nell’Oceano Pacifico ed era abitata da diverse tribù governate da un re detto Ra-Mu. In Terre perdute (1999) si legge che il nome Mu deriva da regina Moo[3] che era la regina di Atlantide ma questo nome potrebbe avere anche altre origini. Il regno di Mu veniva chiamato Impero del Sole infatti i suoi abitanti (i “muani”) adoravano una divinità che venne denominata Ra il Sole, in quanto non ci si poteva riferire ad essa con il suo vero nome. Mu era popolata prevalentemente dalla razza bianca (e ciò spiegherebbe perché in America vi sono molte raffigurazioni di gente bianca, già da prima della scoperta dell’America). I muani portarono scienza, religione e commercio in tutto il mondo. Anche Mu aveva delle colonie tra cui l’impero di Mayax in America, l’impero Uighur in Asia centrale e Est europeo e regno dei Naga in Asia meridionale[4]. Mu ebbe una prima catastrofe causata da vulcani e maremoti, durante il periodo di massimo splendore. Questa catastrofe interessò la parte meridionale del continente. In seguito il continente si inabissò definitivamente 13.000 anni fa. Sopravvissero solo poche persone.

Sprofondò prima Mu e poi Atlantide (quest’ultima si inabissò 12.000 anni fa)[5].

Il continente Mu sembra essere il più importante di tutti poiché è “il continente madre” e fu coevo di Atlantide: nello stesso periodo Atlantide regnava nell’Atlantico e Mu nel Pacifico ed erano entrambe due civiltà avanzatissime che comunicavano. Tuttavia Mu non è nota come lo è Atlantide, forse perché non vi sono stati filosofi (come per Atlantide di cui ci parlò Platone) a tramandarne l’esistenza e, stranamente, non ve ne è menzione neanche ne Le stanze di Dzyan.

Tuttavia per Mu abbiamo resti archeologici validi e credo che questo sia di fondamentale importanza. Nel 1997 nei pressi dell’isola di Yonaguni (area di Okinawa) nel mar della Cina, tra Formosa e il Giappone, sono stati scoperti resti archeologici molto importanti tra cui monumenti a terrazze, appartenente ad una civiltà sprofondata nel Pacifico di cui non si ha traccia nei libri di storia ufficiali. Il resoconto di questa scoperta lo troviamo in Civiltà sommerse (2002) di Graham Hancock

I resti appartenevano ad un periodo che oscilla tra 4000 a 8000 anni fa ma alcuni studiosi ritengono che risalgano addirittura a 15.000 anni fa.

L’esistenza di una civiltà così evoluta spiegherebbe anche perché la Cina, fin dai tempi antichissimi, era così avanzata dal punto di vista tecnologico. I primi cinesi, nei tempi arcaici, possedevano addirittura un sismografo, costruito con un vaso e un sistema di leve. I cinesi inventarono la carta, avevano grandi conoscenze mediche, inventarono la bussola… tutto ciò in tempi molto antichi, non a caso i cinesi ci hanno sempre stupito per le loro ingegnose invenzioni e oggi possiamo ipotizzare che queste conoscenze possano derivare dalla cultura di Mu.

Il resoconto dettagliato di questa scoperta si trova in Civiltà sommerse (2002) di G. Hancock, il quale ha corredato la ricerca con fotografie di questi resti. I geologi che si sono immersi a Yonaguni sono tre: Masaaki Kimura, Robert Schoch (già summenzionato per le ricerche sulla Sfinge) e Wolf Wichmann e per quanto ne sa l’autore si tratta degli unici geologi che sono scesi a quelle profondità. Questi tre geologi non hanno un’opinione condivisa. Kimura con i suoi allievi ha effettuato centinaia di immersioni e sostiene che si tratta senza dubbio di opere di origine umana e sostiene altresì che in alcuni punti sono stati ritrovati fori prodotti da strumenti simili a punteruoli. La descrizione di ciò che ha visto Kimura (una specie di sentiero pavimentato con pietre che collega le principali zone della struttura; tracce di scavi che fanno pensare a riparazioni [6]ecc.) lasciano intendere palesemente che si tratta dei resti di una civiltà. Lo stesso Kimura ritiene che questi resti appartenevano ad una civiltà avanzata.

Schoch (che si è immerso insieme allo stesso autore) invece non ha preso una posizione chiara in merito alla natura di questo monumento sommerso, ha sostenuto sia che potesse trattarsi di un monumento naturale sia che potesse essere di origine umana con fini astronomici in quanto si trova sul tropico del Cancro.

Il geologo Wichmann ha effettuato tre spedizioni e sostiene che si tratti di un’opera naturale. Kimura però ritiene che anche se dovesse essere di origine naturale, questo tipo di topografia sarebbe troppo difficile da spiegare.

L’unico archeologo che si è immerso a Yonaguni è Sundaresh che considera il monumento di origine umana.[7]

Molto probabilmente questi studiosi hanno trovato gli antichi resti di Mu. Non a caso anche in Cina esistono molte piramidi a terrazze[8].

Per quanto riguarda la storia di questo continente scomparso nel Pacifico e altre prove che dimostrano la sua esistenza, Domenico Pasquariello, autore di Grande inchiesta su Atlantide scrive:

La civiltà di Mu, oltre che dominare l’Asia, estese il suo dominio anche nell’America. Infatti non si contano le raffigurazioni, le leggende e le tradizioni degli antichi popoli mesoamericani che parlano di uomini bianchi dalle lunghe barbe e dalle ampie vesti, dotati inoltre di una avanzata tecnologia, i quali vennero in America dalla zona dell’Asia/Oceania (dove un tempo si trovava Mu) per insegnare ai nativi le arti e le scienze.

Anche steli Maya riportano una migrazione da una terra nel Pacifico al Sud America e quasi sicuramente ci si riferisce alla terra di Mu che era situata ad ovest del Sud America.

Studiosi come il geologo William Niven hanno individuato nei siti messicani di Texcoco e di Haluepantla i resti di città vecchie di 50 mila anni. Si tratta di tre città edificate l’una sull’altra che hanno tra loro resti evidenti di un diluvio e di eruzioni vulcaniche. In questi siti sono state trovate innumerevoli statuette che raffigurano uomini con i lineamenti dell’Asia meridionale e con atteggiamenti tipicamente orientali. Questi luoghi dovrebbero essere i principali siti dove si stabilirono gli uomini provenienti da Mu, siti che si trovano sepolti ad una media di nove metri sotto il terreno messicano.

Nel 1997 sono stati scoperti nelle acque dell’isola Yonaguni i resti di una antica civiltà scomparsa, quasi sicuramente l’antica civiltà di Mu. Sono i resti di una civiltà vissuta tra il 15 mila e il 10 mila a.C. e sono posti a 25 metri sotto il livello del mare al largo del Mar della Cina, nello stretto che collega il Giappone a Formosa. Si tratta di costruzioni di enormi dimensioni: quella principale è grande quanto la piramide di Cheope ed è simile alle grandiose piramidi a gradoni del medio oriente (Ziggurat). Nel complesso, le rovine si legano a quelle precolombiane e a quelle egiziane.

Ad Aguni (a nord di Yonaguni) c’è un muro gigantesco, mentre a Kerama c’è un edificio circolare, il tutto collegato da una strada.

I megaliti e le costruzioni di blocchi monolitici e giganteschi con la tecnica ad incastro sono diffuse in Sud-America, in Egitto, in Libano, in Israele, in Giappone, nel Centro-America, in Inghilterra, in Francia, ecc., come se fossero stati ereditati da una civiltà antidiluviana.[9]

Conclusione

Concludo questa ricerca con una citazione di Bürgin:

Tanto per fare un esempio, come è andata a finire una “candela d’accensione” in una pietra vecchia di 500.000 anni? Come si spiegano le impronte di perforazioni perfette in blocchi di pietra che risalgono all’Egitto dei faraoni? Laddove la scienza convenzionale non riesce a trovare spiegazioni bisogna prendere in considerazione ipotesi alternative.[10]

I resti delle antiche civiltà, progredite tanto quanto noi, o forse molto più di noi, ci sono. Basta volerle vedere.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono più che convinto che i continenti di Atlandide, Mu ecc. ecc. in realtà sono la conseguenza di un errore di traduzione e che in realtà non siano mai esistiti, probabilmente il riferimento era in realtà il riferimento a civiltà, analogamente a come noi oggi ci riferiamo alle civiltà occidentali e orientali e via discorrendo; comunque conferma di civiltà pre diluviane si celano sui fondali oceanici, forse se ne possono osservare le antiche vestigia, il livello di civiltà raggiunto e l'estensione delle loro città; mi permetto di segnalare questi link:
http://phoo34.wordpress.com/2012/07/04/resti-di-una-civilta-antidiluviana/
http://phoo34.wordpress.com/2011/02/03/cosa-si-cela-sui-fondali-oceanici-iv%c2%b0/
Alessio :-)