mercoledì 25 dicembre 2019

EMANUELA ORLANDI / APPELLO AL PAPA, BASTA SEGRETI


Ennesimo appello della famiglia di Emanuela Orlandi al Vaticano. Lo rivolge direttamente a papa Francesco il legale della famiglia, Laura Sgrò.
Ecco alcune sue frasi.
“Santità, Lei certamente segue con sguardo misericordioso la tragedia di Emanuela Orlandi, scomparsa il 22 giugno 1983, e di cui nulla è dato sapere alla madre e ai suoi fratelli, caricandoli di un dolore che non trova pace”.
“La famiglia mi ha incaricata di sostenere legalmente la loro ricerca della verità e per questo Le chiedo un atto di carità e di giustizia sovrana, non avendo trovato nei livelli ordinari la necessaria e aperta collaborazione che si auspicava”.

Laura Sgrò
“Testimonianze recenti e investigazioni difensive hanno fornito la certezza dell’esistenza di un fascicolo segreto sul sequestro di Emanuela, e riferiscono di attività precise e strutturate volte a ricostruire quanto è accaduto. Vi è documentazione su Emanuela, custodita nell’archivio segreto della Segreteria di Stato e mai condivisa”.
“L’accesso della famiglia a questi documenti mi viene ripetutamente negato da anni. Il silenzio ha prima avvolto la mia richiesta e poi l’ha inghiottita”.
“Santità, Lei di recente, non temendo la storia, con animo sereno e fiducioso, ha autorizzato l’apertura degli Archivi Vaticani per il Pontificato di Pio XII che, come Lei stesso ha detto, ‘si trovò a condurre la Barca di Pietro in un momento tra i più tristi e bui del secolo ventesimo’”.
“Anche la scomparsa di Emanuela rappresenta un momento triste e buio del secolo scorso. Adesso, però, sono le sue mani ferme e misericordiose a condurre la Barca di Pietro. La conduca verso quella Verità che, come ci ha insegnato Nostro Signore, rende liberi”.
Un anno e mezzo fa proprio la Voce (e poi l’Espresso) raccontarono la storia di documenti segreti custoditi nell’archivio altrettanto super segreto della Segreteria di Stato vaticana. In quelle carte, tra l’altro, erano contenuti prove relative ad un soggiorno di Emanuela per svariati mesi in un appartamento gestito da alcune suore a Londra. A quanto pare tra la documentazione c’erano messaggi, rendiconti e altri elementi importanti.
Come mai – ci siamo più volte domandati e abbiamo domandato – la Segreteria di Stato vaticana non fornisce spiegazioni in merito (o lo fa in modo del tutto rabberciato negando tout court l’esistenza di qualsivoglia documento)? Perché è calato, su quella vicenda fondamentale, un silenzio complice e omertoso?
Sarebbe il caso, una buona volta, di rompere il muro di gomma e tirar fuori le verità come implora la famiglia da anni e ora con particolare veemenza.
Ma sorge spontaneo un altro interrogativo. Un paio di mesi fa, alla notizia dell’insediamento dell’ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone al vertice del tribunale vaticano, lo stesso avvocato Laura Sgrò ha manifestato la sua soddisfazione.
Forse non sono giunti segnali positivi dal tribunale vaticano? O può essere questo un cortese modo per mettere qualche pressione allo stesso ex procuratore numero uno della capitale?

lunedì 23 dicembre 2019

In Siria io ci sono stato: ecco cosa ho visto – Sebastiano Caputo


Che la situazione in Medio Oriente sia complessa si sa.
Ma siamo davvero certi che la narrazione mainstream ci stia restituendo la verità dei fatti?
Cosa sta succedendo realmente in Siria?
Ce lo racconta Sebastiano Caputo, giornalista, fotoreporter e fondatore del blog “L’intellettuale dissidente” presentando al pubblico di Byoblu il suo ultimo libro “MEZZALUNA SCIITA – dalla lotta al terrorismo alla difesa dei cristiani d’Oriente“.
A soli 23 anni Caputo inizia i suoi viaggi nei territori arabi, si informa, osserva quel mondo attraverso la lente della sua macchina fotografica, ascolta con le proprie orecchie e scrive una sorta di appunti di viaggio. Gradualmente le idee di partenza e i pre-giudizi costruiti dai media tradizionali si sgretolano nella sua mente lasciando spazio a una nuova visione della realtà, quella che ha vissuto sul campo, sulla propria pelle.
Questa è la sua testimonianza.
Photo Sebastiano Caputo – Libano: Beirut / Iraq: Najaj e Karbala
Photo courtesy Giorgio Bianchi – Siria

domenica 22 dicembre 2019

Caso Estermann, «Si riaprano le indagini»


Riaprire le indagini sul caso Estermann. È quanto chiedono ai magistrati della Città del Vaticano i familiari di Cedric Tornay, il vicecaporale delle Guardie svizzere accusato del duplice omicidio commesso il 4 maggio 1998 che causò la morte del comandante Alois Estermann e della moglie Gladys Meza Romero.
Tornay si sarebbe suicidato subito dopo. L’istanza per l’accesso al fascicolo integrale è stata depositata dall’avvocato Laura Sgrò al Tribunale vaticano, rilevando numerose «criticità» nella ricostruzione dei fatti.
La magistratura vaticana, nella persona del giudice Gianluigi Marrone, nel 1999 archiviò l’inchiesta sul duplice omicidio e suicidio dopo aver concluso che Tornay aveva ucciso con dei colpi d’arma da fuoco il neo-comandante Estermann e la moglie in preda a un raptus causato dal rifiuto di una promozione, per poi togliersi la vita. La ricostruzione fornita dalle autorità vaticane è stata però sempre contestata dalla madre di Tornay, Muguette Baudat, tanto da far sviluppare nel tempo varie teorie alternative, anche con presunti legami col caso Orlandi.
L’avvocato Sgrò, incaricata dai familiari di richiedere la riapertura delle indagini, rileva varie «criticità», come il fatto che la signora Baudat, nonostante le numerose richieste, non abbia mai potuto leggere gli atti d’inchiesta, né i suoi avvocati ne hanno mai potuto estrarre copia. Le sole informazioni in suo possesso derivano dai pochi decreti che le sono stati notificati e dai comunicati della Sala stampa vaticana, che ha diffuso stralci dell’istruttoria.
Mai viste foto, il luogo del delitto, videoriprese, risultati di esami o verbali di deposizioni. Nulla. Come si ricorderà, poi, qualche ora dopo il fatto di sangue il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls aveva già ricostruito i fatti, così come verranno riconfermati alla chiusura delle indagini.
La sera che è arrivata a Roma, un sacerdote inviato dalla Segreteria di Stato avrebbe cercato di convincere la signora Baudat a cremare il corpo di Cedric: in prima battuta lei aveva acconsentito, la mattina dopo ha cambiato idea, nonostante le pressioni ancora ricevute. Ciò ha determinato che la donna ha ottenuto la restituzione del corpo del figlio. L’autopsia è stata effettuata in Vaticano. La famiglia non comprende perché non sia avvenuta presso una struttura ospedaliera come il Gemelli, in cui si vociferava sarebbero state portate le salme. Mme Baudat non ha mai avuto modo di nominare un consulente di parte che partecipasse all’autopsia né ha mai letto la perizia data alla magistratura.
Il corpo è stato restituito alla madre in pessime condizioni. Mme Baudat ha disposto un’autopsia privata, effettuata all’Università di Losanna. Le informazioni diramate dalla Sala stampa vaticana non coincidono con le conclusioni redatte dai periti di parte. Non avendo mai letto la perizia d’ufficio, resta comunque difficile fare un’attenta comparazione delle autopsie.
Sono gli stessi medici legali a fornire informazioni balistiche. Non risulta infatti che sia stato incaricato nessun perito balistico per analizzare adeguatamente traiettorie e proiettili. Ciò che rileva la famiglia è che il proiettile restituito alla madre con il quale Cedric si sarebbe ucciso non può avergli attraversato il cranio, essendo intatto e senza alcuna striatura. Il foro sulla testa di Cedric peraltro è più piccolo rispetto alla pallottola. Seri i dubbi che si tratti di una pallottola di un calibro diverso.
Tornay avrebbe lasciato una lettera in cui annunciava il gesto, ma sull’autenticità della lettera sono molteplici i dubbi, soprattutto perché la missiva è indirizzata a Muguette Chamorel. Chamorel è il cognome dell’ex marito di Mme Muguette, che non usava quel cognome da moltissimi anni. Strano che un figlio faccia un errore del genere.
Le indagini furono condotte dal capo della Gendarmeria Camillo Cibin e da Raoul Bonarelli, che finì indagato per la scomparsa di Emanuela Orlandi.
Mme Baudat ha chiesto la restituzione degli effetti personali del figlio, gli sono stati restituiti mancanti. I vestiti che Cedric indossava quel giorno sarebbero stati bruciati. Almeno questo è quanto riferito alla madre quando non se li è visti recapitare.
«Abbiamo fatto richiesta di accedere al fascicolo integrale, è nel pieno diritto di Mme Baudat - spiega all’agenzia italiana ANSA l’avvocato Sgrò -. È evidente che la richiesta di riapertura delle indagini, che si basa sulla presentazione di nuove prove, non può prescindere da un attento studio degli atti e della comparazione di essi con il nuovo materiale raccolto e con lo studio degli atti anche da parte dei nostri consulenti. Non appena avremo contezza del fascicolo integrale completeremo la nomina dei nostri consulenti».

sabato 21 dicembre 2019

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine ven 20 dic 2019

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La CIA et les jihadistes ouïghours
 

 
Les visées coloniales de l'Union européenne sur l'Arctique
 
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Déclaration conjointe de la Russie et du Nicaragua
 

 
Jean-Yves Le Drian au Sénat sur le rôle de l'Otan
 

 
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Déclaration finale du Groupe international de soutien au Liban
 

 
Déclaration conjointe de l'Allemagne, de la France, de la Russie et de l'Ukraine
 

 
Huawei : Mythes et réalité
 

 
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