Visualizzazione post con etichetta Res Noster Pubblica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Res Noster Pubblica. Mostra tutti i post

lunedì 1 ottobre 2018

Magaldi: Tria si dimetta, se “serve” massoni ostili all’Italia

E' assolutamente ridicolo e inaccettabile che il "fratello" Giovanni Tria affermi di «aver fatto il proprio giuramento da ministro nell'interesse della nazione», collegando questo giuramento alla sua ostinata pervicacia nel voler difendere un paradigma economico ispirato alla più occhiuta e malnata austerità e nel considerare i privati diktat dei mercati come coincidenti con il bene collettivo dei cittadini. Ostinarsi a voler difendere nel rapporto deficit-Pil il limite dell'1,6% o qualunque altra asticella astratta e priva di fondamento scientifico (meno del 2%, o anche il 3% previsto dai Trattati di Maastricht e cosi via) significa fare gli interessi di gruppi massonici neoaristocratici già ben rappresentati, nella loro distruzione dell'economia italiana, da personaggi come Mario Draghi, Ignazio Visco, Sergio Mattarella, Carlo Cottarelli, eccetera. Al contrario, il massone Giovanni Tria era stato designato alla guida del Mef in qualità di libero muratore sedicente progressista, che avrebbe dovuto contribuire ad inaugurare un "new deal" nella governance economica del Bel Paese.

Un nuovo corso significativamente postkeynesiano, e in grado di puntare più sulla crescita del Pil (e di altri fattori non meno rilevanti, per valutare lo stato di salute di un sistema economico complesso) che non sull'ottuso rigore dei conti pubblici: Gioele Magaldipolitica, quest'ultima, che negli ultimi anni si è dimostrata chiaramente fallimentare, peggiorando i rapporti relativi tra deficit, debito e Pil. Del resto, quale soluzione di continuità vi sarebbe tra l'azione di Tria e quella dei suoi predecessori (i massoni neoaristocratici Pier Carlo Padoan, Fabrizio Saccomanni, Vittorio Grilli e Mario Monti, che ebbe l'interim al Mef come presidente del Consiglio dal 16 novembre 2011 all'11 luglio 2012) alla guida del ministero economia e finanze, se tutta la gestione dei problemi economici italiani attuali fosse ridotta al problema di avvicinarsi il più possibile al principio neoliberista, dogmatico e funesto del pareggio di bilancio?

Insomma, il "fratello" Tria si decida: o sta dalla parte del popolo sovrano italiano oppure, infrangendo il suo giuramento "nell'interesse della nazione", sta facendo gli interessi di gruppi apolidi sovranazionali e privati di caratura contro-iniziatica. Ma se Tria sta dalla parte di Mario Draghi (presidente Bce), Ignazio Visco (governatore di Bankitalia), Sergio Mattarella e Carlo Cottarelli (su questi ultimi due si veda l'artico pubblicato da 'Affari Italiani' "Governo, Magaldi: e il paramassone Mattarella incaricò il massone Cottarelli") e in perfetta continuità e accordo con il paradigma dell'austerity imposto in modo feroce sin dal governo del controiniziato Mario Monti, allora si dimetta. E una volta che Tria si sia dimesso, Matteo Salvini, Luigi Di Maio e gli altri legittimi azionisti politici del governo Conte chiamino a dirigere il Mef Paolo Savona (come originariamente proposto), supportato da un gabinetto economico speciale che includa Nino Galloni, Antonio Maria Rinaldi, Alberto Bagnai, Claudio Borghi e altri economisti di chiara ispirazione postkeynesiana.

(Gioele Magaldi, "Attenzione alle trame dei massoni neoaristocratici Draghi, Visco e Cottarelli e secondo avvertimento al fratello Tria", dal blog del Movimento Roosevelt del 28 settembre 2018. Magaldi è presidente del Movimento Roosevelt e gran maestro del Grande Oriente Democratico, movimento massonico progressista).

To see the article visit www.libreidee.org

SCARANTINO / DI MATTEO DAVANTI AL CSM SCARICA LA COLLEGA ANNA MARIA PALMA


Una serie di excusatio non petite ma anche una serie di accuse ben precise (pur senza far nomi) nella verbalizzazione del pm Nino Di Matteo che finalmente parla davanti al Csm sul "più grande Depistaggio di Stato", quello relativo al taroccamento del pentito Vincenzo Scarantino in occasione dei processi Borsellino.
Esordisce con sicurezza l'icona antimafia Di Matteo: "io con il più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana non c'entro. Il depistaggio è cominciato un minuto dopo l'attentato di via D'Amelio con il furto dell'agenda rossa. Io invece sono entrato nelle indagini cinque mesi dopo".
Il fascicolo, infatti, era finito subito nella mani del pm Anna Maria Palma, cui poi si è affiancato Di Matteo.

L'ETERNO MISTERO DELL'AGENDA ROSSA

Giuseppe Ayala. In apertura i magistrati Anna Maria Palma e Nino Di Matteo

Quindi solo cinque mesi. E il mistero dell'agenda rossa sempre in piedi. Ma "ufficialmente" risolto, con un processo farsa ad un ufficiale dei carabinieri ripreso da alcune telecamere con l'agenda rossa sotto il braccio. L'avrebbe data – forse – al giudice Giuseppe Ayala, ma a questo punto calano altre nebbie e il processo a carico dell'ufficiale della Benemerita è stato – tanto per cambiare – archiviato. Quindi, su questo fronte bollente dell'agenda rossa, punto e a capo.
La Voce ha più volte ricordato che la scrittrice e giornalista Roberta Ruscica, autrice del libro "I Boss di Stato" fa riferimento ad una confidenza fattale dalla Palma: "l'ho avuta fra le mani, l'agenda rossa". Ma non ricorda, Ruscica se e cosa le abbia raccontato sul dopo, a chi l'abbia consegnata.
Ma è ovviamente sul pentito taroccato Scarantino che si concentra la verbalizzazione di Di Matteo davanti al Csm. Accusa Di Matteo: "C'è tutta una strumentalizzazione anche di quella sacrosanta ansia di verità attraverso un'abile campagna di disinformazione".
A cosa si riferisce mai l'eroe antimafia, il pm senza macchia e senza paura? A quelle rare inchieste giornalistiche – come quelle della Voce – che osano nutrire seri dubbi sull'attendibilità degli inquirenti che hanno gestito quel pentito che anche un bambino avrebbe capito taroccato, costruito a tavolino, ammaestrato o come volete voi?
In primo luogo, a quanto pare, si riferisce alle accorate dichiarazione rilasciate più volte, in questi ultimi mesi, da Fiammetta Borsellino, la figlia-coraggio del pm trucidato a via D'Amelio, la quale ha solo chiesta verità e giustizia. E che vengano idenficati tutti gli autori del Maxi Depistaggio. E cioè non solo i poliziotti, ossia i tre che verbalizzeranno a giorni davanti al Csm (il capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera è morto 12 anni fa), ma soprattutto gli inquirenti, i magistrati che hanno diretto le operazioni e hanno gestito il pentito Scarantino.
Ribadisce Di Matteo: "Io ho cominciato a occuparmi delle stragi nel novembre 1994 e Scarantino collaborava già da cinque mesi. Non ho mai discusso con i colleghi che l'avevano interrogato prima e che non ho visto convocati qui; non seppi dei dubbi espressi dalla dottoressa Boccassini e dal dottor Saieva nell'ottobre '94. Io ho partecipato al processo Borsellino bis solo in dibattimento, utilizzando le dichiarazioni di Scarantino in minima parte e nel Borsellino ter non l'ho nemmeno citato come testimone".
E passa al contrattacco, Di Matteo: "Evidentemente è stato imbeccato da qualcuno che ha mescolato bugie e verità".

S'INCRINA L'ASSE TRA I DUE PM, PALMA E DI MATTEO ?

Arnaldo La Barbera

Dichiarazioni pesantissime e tutte da decodificare, soprattutto.
A questo punto sorgono spontanei svariati interrogativi che solo il seguito del procedimento davanti al Csm potrà chiarire. E chissà mai se basterà.
Sostiene Di Matteo:"non ho mai parlato con i colleghi che lo avevano interrogato prima e che non  ho visto convocati qui".
Una affermazione molto dura e di duplice valenza lanciata nei confronti della collega Anna Maria Palma. Primo, "non ho mai parlato con i colleghi", quindi non ho mai avuto in cinque mesi alcuna interlocuzione con chi aveva in mano il fascicolo; secondo, sono stupito del fatto che mentro io sono qui, davanti a voi, la collega Palma non è stata ancora interrogata e non so se verrà  interrogata.
Terzo: nulla ho mai saputo delle dichiarazioni di Boccassini e Sajeva: come è mai possibile? Possibile che in un tribunale, per un caso di eccezionale gravità, gli inquirenti (o almeno un inquirente) sia tenuto all'oscuro di quanto relazionato da altri colleghi su un pentito strategico? Inverosimile.
E il gran botto finale: evidentemente Scarantino è stato imbeccato…
Domandoni finale: s'è rotto l'inossidabile asse Palma-Di Matteo durato un quasi un quarto di secolo?
Si potrà a questo punto chiarire cosa successe nel corso della "ultima cena" a casa di Paolo Borsellino, alla presenza di toghe eccellenti e "amiche" di Borsellino?
Il senso stesso della frase pronunciata un paio di giorni prima di morire alla moglie Agnese Borsellino, "un amico mi tradirà"?
E la reale "scientifica" costruzione del pentito Scarantino, "imbeccato" sempre al punto giusto durante tutto il dibattimento?
E si potrà forse anche chiarire l'eterno mistero del Castel Utveggio, che domina la collina di Palermo e dal quale si controlla perfettamente via d'Amelio? Per molti anni sede del Cerisdi, una sigla prima riconducibile, come centro studi, ai cattolici di Padre Pintacuda; poi diventata un misterioso punto di appoggio dei Servizi Segreti. A presiederlo, per alcuni anni, Adelfio Elio Cardinale, rettore di Medicina a Catania, sottosegretario alla Sanità nel governo Monti: e marito di Anna Maria Palma.

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

domenica 30 settembre 2018

Ponte Morandi, da Teramo nuovo esposto: «il video è stato manomesso, ecco perchè»

Lo annuncia  il “Dipartimento Europeo Sicurezza Informazioni” (D.E.S.I.)






TERAMO. Anomalie ben visibili nel video mostrato del Ponte Morandi. Le illustra Luciano Consorti in qualità di Presidente e Direttore Editoriale della testata giornalistica  “Dipartimento Europeo Sicurezza Informazioni (D.E.S.I.)” che condensa le sue considerazioni anche in un esposto alla procura di Teramo depositato oggi 6 settembre.

Consorti spiega che, insieme al suo funzionario esperto in videosorveglianza,  osservando attentamente l’unico video pubblico della videocamera del ponte Morandi registrato della Polizia di Stato ha desunto «verosimilmente una palese Manomissione del Video ed evidenzia  con i cerchi in rosso le anomalie, nel video rallentato vedrete una autocisterna di colore bianco davanti al camion verde di Basko, se osservate attentamente l’autocisterna davanti a Basko sparisce nel nulla, mentre nella corsia opposta si vede un Tir bianco che trasporta un Container di colore rosso  che compare improvvisamente nella carreggiata nel lato sinistro del video, inoltre sul bordo del lato sinistro sotto il logo della polizia, si vede un’anomalia di una pianta che cambia aspetto, il che fa pensare ad una sovrapposizione di immagini».

Come riportato dalle varie agenzie di stampa il 1 settembre 2018,  dopo le indagini della squadra mobile di Genova, si è concluso che il presente video non è stato “manomesso” ma la registrazione si è interrotta  per un black out elettrico senza registrare nessun crollo del ponte.
«Come è possibile che la procura di Genova o perlopiu’ la squadra mobile di Genova che ha fatto le indagini proprio sul quel video, viene a raccontarci che non è stato manomesso alcunchè?», sostiene Consorti, «sembrerebbe un film di fantascienza, dove tutti credono a qualsiasi cosa, visto che il video è chiaro e trasparente per questa ragione abbiamo chiesto alla Procura di Teramo  che vengano fatte ulteriori indagini sul Video per portare alla luce la verità e per riscattare e non far morire in vano tutte quelle 43 vittime del ponte Morandi. Per noi è un puro depistaggio dell’indagine, per conto di chi? E per quale motivo?»

SVELATO L’ARCANO
Dopo alcuni giorni dall'esposto si è potuto appurare che la Squadra mobile di Genova ha fornito una versione ai media non integrale per cui il video trasmesso presenta tagli realizzati a posteriori dall’ufficio
della questura che ovviamente non sono presenti nella versione integrale del video.

Tutto chiarito?
Nient’affatto perchè lo stesso firmatario dell’esposto ha aggiunto: «con questa dichiarazione ipotizziamo che qualcuno voglia depistare le indagini per nascondere ulteriori dettagli su una eventuale o possibile esplosione come supportato dalla tesi del prof.Enzo Siviero docente Universitario»

sabato 29 settembre 2018

Gli eurocrati sono Ancien Régime. Ecco perché sono scemi.

Un breve recupero dei fatti della settimana per rilevare fino a che punto l’euro-oligarchia ha assunto i modi, costumi, le arroganze e soprattutto la stolidità dell’antica nobiltà di sangue – quella che per lo più sotto la ghigliottina perse la testa: testa della quale non aveva mai fatto uso, per secoli non avendone avuto bisogno per comandare.
Il primo caso plateale è ovviamente quello del ministro lussemburghese Asselborn a Vienna. Siccome lui ha detto che l’Europa ha bisogno di immigrati perché invecchia, per lui questa è le verità definitiva. Non si aspettava nessuna contraddizione. Sicchè la pacata osservazione di Salvini – “Ho una prospettiva completamente diversa. Io penso di essere al governo per aiutare i nostri giovani a tornare a fare quei figli che facevano qualche anno fa e non per espiantare il meglio dei giovani africani per rimpiazzare i giovani europei che per motivi economici oggi non fanno più figli” – lo ha fatto soffocare di rabbia. L’ha sentita come un insulto personalmente a lui, il barone Asselborn da Steinfort: dove andiamo a finire, se i subalterni cominciano a risponderti? Se un discendente di un servo italiano si permette di contraddirti? Soprattutto mostrandosi più ragionevole di te? E’ un affronto scandaloso.
Infatti l’antica aristocrazia reazionaria, i Polignac, i Courvoisier magistralmente descritti da Proust, hanno sempre ritenuto qualunque manifestazione, anche minima, di intelligenza, qualcosa di sconveniente; una cosa da contabili o da scrittori, da sensali o da scienziati – insomma da borghesi da non invitare nei salotti. Come disse la duchessa Madame de Guermantes del conte Breuté-Consalvi detto Babal: “Babal uno snob? Ma è tutto il contrario, caro amico! Detesta le persone brillanti!”
Infatti quando la duchessa Oriane (progresista) invitava musicisti, pittori, grandi medici, “Babal” si rifiutava di andare al ricevimento: questi borghesucci, con le loro chiacchiere e nozioni, disturbavano la conversazione fra i nobili, che verte incessantemente su un unico argomento: chi di noi è parente di chi. Una continua, estasiata rivisitazione degli alberi genealogici reciproci, e il loro intrecciarsi.
L’osservazione di Salvini non è che fosse brillante. Semplice buonsenso. Ma il ministro del Lussemburgo ha sentito l’urgenza di lavare l’offesa fatta al suo rango, in un modo rivelatore: “Io sono il ministro del Lussemburgo e controllo le mie finanze e voi in Italia dovete occuparvi dei vostri soldi per aiutare a dare da mangiare ai vostri figli” – frase sconnessa e idiota, che sottintende l’altra: non osate ribattere, voi straccioni pieni di debiti, a me che sono ricco di famiglia mentre voi siete poveri, “merde alors”. Si è intuito che è stato sul punto di chiamare i suoi servi in polpe e livrea per far buttare giù dalla scalea questo discendente di immigrati italiani che osava mancargli di rispetto, esibendo quella facoltà indecorosa che è il pensiero.
Prudono le mani a lorsignori, per la comparsa di questi bassi sediziosi nella scena elettorale. Guy Verhofstadt, a proposito di Orban, che “ha deviato troppo dai valori europei”, ha promesso: “faremo abbassare la testa a chiunque mira a distruggere il progetto europeo”.
L’espressione che usa, “face down”, è quella che adottano i poliziotti verso il delinquente: “Faccia a terra!”, “Non osare alzare gli occhi verso di noi, inferiore!”. Gli eurocrati vogliono fare “abbassare la cresta” a tutti i capi plebei che danno segni di non voler obbedire al loro ordine.
Pierre Moscovici: “L’Italia è un problema nella zona euro”, ci stanno nascendo dei piccoli Mussolini (cui faremo abbassare la cresta). La saggista francese Coralie Delaume gli ha twittato: “L’Italia è un problema per la zona euro. La Grecia è un problema per la zona euro, l’Ungheria è un problema per l’Unione Europea, la Polonia è un problema per l’Unione Europea… Guardi in faccia la realtà: gli europei sono un problema per l’Europa”.
Visto su: luogocomune.net

venerdì 28 settembre 2018

Magaldi: i gialloverdi scelgano, Tria (e Draghi) o gli italiani

«Il massone Giovanni Tria scelga chi servire: il popolo italiano o l'élite neoliberista incarnata dal pessimo Mario Draghi, il demolitore dell'Italia, che ora si complimenta con lui». Non usa mezzi termini, Gioele Magaldi, nel sollecitare il governo gialloverde a diffidare dall'atteggiamento "frenante" del ministro dell'economia: «I gialloverdi avevano promesso agli elettori reddito di cittadinanza, meno tasse e pensioni dignitose. Se non manterranno la parola data saranno loro a pagare, non certo Tria e le altre figure tecniche dell'esecutivo». Dove trovare le coperture? Semplice: occorre sfondare il famoso tetto di spesa del 3%, stabilito da Maastricht in modo ideologico, senza alcun fondamento economico-scientifico: più deficit significa far volare il Pil e creare lavoro. «Si tratta di smascherare Bruxelles e ingaggiare una dura battaglia, in Europa: solo l'Italia può farlo. E se Tria "frena", preferendo ascoltare Draghi, Visco e Mattarella, allora è meglio che Salvini e Di Maio lo licenzino, perché a pagare il conto alla fine saranno loro, per la gioia del redivivo Renzi, che infatti già accusa il governo gialloverde di parlare molto e combinare poco». La ricetta di Magaldi? «Non temere il ricatto dello spread e sfoderare con l'Unione Europea, per il bilancio 2019, la stessa fierezza mostrata da Salvini nel denunciare l'ipocrisia dell'Ue che lascia ricadere solo sull'Italia il problema degli sbarchi di migranti».
Durerà 5 anni anni, l'esecutivo gialloverde? Gli italiani innanzitutto si augurano che faccia le cose che ha promesso, in nome delle quali è stato legittimato, e che abbia anche una coerenza tra teoria e pratica, tra ragionamento e immaginazione, con Gioele Magaldicapacità di concretizzare gli obiettivi. In tanti ricorderanno il recente exploit di Matteo Renzi, che fino a qualche anno fa sembrava l'enfant prodige della politica italiana, fino a ottenere un grande risultato alle europee portando il Pd al 40%. Io credo di esser stato tra i pochissimi, allora, a indicare la fumosità e il carattere del tutto aleatorio e inconsistente della traiettoria renziana. Molti, poi, a partire dal referendum del 2016 sono diventati antirenziani, quasi con la bava alla bocca: persone che avevano creduto in quella grande stagione annunciata da Renzi. Oggi quel consenso si è dissolto, e il Pd è ridotto al lumicino. Resto un sostenitore del governo gialloverde, perché ritengo che abbia iniziato un percorso di transizione verso la Terza Repubblica e perché credo che il centrodestra e il centrosinistra, così come li abbiamo conosciuti, sono definitivamente tramontati – ed è bene che siano tramontati, perché sono i responsabili di questi ultimi 25 anni di decadenza italiana. Ma, anziché porsi il problema della durata del governo Conte, sarebbe ora di chiedersi cosa farà davvero, perché finora si è limitato quasi solo alle chiacchiere.
Uno potrebbe dire: diamogli tempo, c'è una tempistica anche tecnica. Ma il problema è che da quello che viene configurato dal dicastero più importante (quello dell'economia) queste novità per le quali il popolo aveva premiato Lega e 5 Stelle ancora non si vedono, all'orizzonte. Si vede invece un traccheggiare, un tirare al ribasso. E si vede purtroppo una subalternità ai soliti diktat di Bruxelles, anziché la giusta fierezza che c'è stata nell'affrontare un aspetto del tema immigrazione (un aspetto, perché – a parte lo stop agli sbarchi indiscriminati – ancora il governo non ha spiegato che piano ha per il Mediterraneo e per il Medio Oriente). Al di là della fierezza con la quale Salvini ha comunque posto il problema all'Europa – gestire collegialmente il tema migranti: una questione tuttora aperta e controversa – sul versante economico ci sono solo timidi balbettii. E sembra che alla fine ci si inchini ai paradigmi imperanti a Bruxelles e a Francoforte. E lo spauracchio dello spread non viene affrontato e smascherato per quello che è: cioè un vile ricatto, una sorta di vessazione sovranazionale organizzata. Perché allo spread si può mettere fine semplicemente, puntando politicamente sulla confezione di Eurobond o con altre modalità. Insomma, rispetto a Draghi e Triaquesto, il governo mi sembra deficitario e balbettante, balbuziente. Di questo dovremo tenere conto, perché 5 anni di balbuzie non risolveranno i problemi italiani.
Giovanni Tria? E' un massone, certo: uno dei tanti massoni presenti nella compagine di governo. Questa è una maggioranza "strana": da un lato, nel..

To see the article visit www.libreidee.org

giovedì 27 settembre 2018

La fine dell’informazione mainstream

Secondo gli ultimi dati diffusi da Ads (accertamento diffusione stampa), nei quattro anni che intercorrono fra il novembre 2013 ed il novembre 2017 i quotidiani italiani hanno visto diminuire il numero di copie vendute di oltre il 30%, con dei cali in molti casi notevolmente superiori. Il quotidiano La Repubblica, ad esempio, ha perso il 44,5%, Il Sole 24 Ore il 45%, Il Corriere della Sera il 35,3%, Libero il 65,8%, Il Fatto Quotidiano il 33,2%, Il Giornale il 45%, Il Tempo il 55% e non è andata meglio neppure per i giornali sportivi con Tuttosport crollato del 52% e Il Corriere dello Sport del 35%.
Se un trend di questo genere dovesse proseguire anche nei prossimi anni, e non esistono motivi per supporre che non avverrà, diventa facile prevedere come fra un decennio i quotidiani nella forma che conosciamo non esisteranno più.
Secondo la relazione annuale 2018 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), fra il 2014 e il 2017 i telegiornali delle varie reti hanno perso oltre 8 milioni di spettatori, pari a circa un quinto dell’audience totale e anche in questo caso non esiste alcun motivo che induca a pensare a un’inversione di tendenza nel corso dei prossimi anni. Fra un decennio i TG sicuramente non saranno scomparsi, ma rivestiranno senza dubbio un ruolo molto più modesto nel condizionamento dell’opinione pubblica e nella formazione dell’immaginario collettivo.
Alla base di questo vero e proprio crollo dell’informazione mainstream all’interno dei propri canali tradizionali (giornali e TV) c’è sicuramente l’abitudine sempre più radicata in larghi strati della popolazione di attingere alle proprie informazioni attraverso i siti e i blog presenti in Rete o magari attraverso gli stessi quotidiani e TG nel loro formato digitale.
Ma il vero problema che affligge il mainstream non può certamente venire ricondotto esclusivamente alla forma attraverso cui viene veicolata l’informazione, perché questo sarebbe oltremodo riduttivo.
Il vero problema che accomuna l’intera informazione “ufficiale” è assai più profondo e prescinde dal mezzo attraverso il quale le notizie raggiungono il lettore o lo spettatore. Si tratta di un problema di credibilità e autorevolezza che il mainstream ha progressivamente perso nel corso degli anni a causa del suo altrettanto progressivo allontanamento dal Paese reale e dai problemi reali degli italiani, portandolo a raccontare una realtà artefatta che i lettori e gli spettatori non sentono più propria.
Se fino a qualche anno fa, il verbo esperito sui giornali o nei TG rappresentava la realtà per antonomasia, senza che nessuno osasse metterla in discussione, oggi non è più assolutamente così, grazie al maggiore senso critico sviluppato dalla popolazione, larga parte della quale riesce a informarsi a 360 gradi con l’ausilio della Rete e comprende come giornali e TV molto spesso (troppo spesso) dispensino vere e proprie fake news ad uso e consumo dei gruppi di potere che ne orientano i contenuti.
Sempre più in balia del conglomerato di potere che li gestisce, quotidiani e TG hanno smesso di produrre informazione, per dedicarsi quasi esclusivamente alla disinformazione, fatta di fake news e strategie mirate  all’orientamento del pensiero, un prodotto oltremodo scadente che sempre più lettori e spettatori dimostrano di non gradire affatto.
Nel decennio a venire, il potenziamento delle versioni online dei quotidiani e dei TG non risolverà  assolutamente il problema, che travalica di gran lunga il mezzo con cui vengono veicolate le notizie e riguarda invece la qualità delle stesse.
Paradossalmente, solo la verità potrebbe salvare l’informazione mainstream dal progressivo decadimento, ma la verità è anche l’unico elemento che i gruppi di potere che gestiscono i media sanno bene di non potersi permettere.


Autore: 

Fonte:

mercoledì 26 settembre 2018

SCARANTINO / ECCO LA VERA STORIA DEL DEPISTAGGIO PER LA STRAGE DI VIA D’AMELIO


Un grave errore deontologico, morale e storico organizzare la festicciola, suonare la fanfara e attribuirsi medagliette autoelogiative. Grave soprattutto nel campo dell'informazione, dove andrebbe rispettato il lavoro di colleghi (che non ci sono più) i quali per primi hanno annusato puzza di bruciato, lo hanno documentato, denunciato, messo nero su bianco assumendosi tutte le responsabilità del caso.
E invece succede che quel minuzioso, preziosissimo lavoro di vero giornalismo investigativo svolto da Sandro Provvisionato per anni sui buchi neri della strage di via D'Amelio venga dimenticato, sepolto sotto altre polveri, prendendo a calci la memoria storica.
Partiamo dalle new. Titola Repubbica di venerdì 14 settembre, gonfiando il petto, a firma di Francesco Patanè. Fiato alle trombe, ecco il titolone: "Ha svelato il grande depistaggio – indagato cronista di Repubblica". Si tratta di Salvo Palazzolo, la cui abitazione è stata perquisita per otto su ordine della procura di Catania che "contesta a Palazzolo – scrive Patanè – di aver scritto della chiusura dell'indagine su Repubblica.it tre ore e mezzo prima che i difensori dei poliziotti ricevessero la notifica ufficiale del procedimento".

REPUBBLICA SCOPRE L'AMERICA 

Salvo Palazzolo. Nel montaggio di apertura Sandro Provvisionato e, a destra, Vincenzo Scarantino

Spiega ancora: "Palazzolo è finito sotto inchiesta per l'articolo che l'8 marzo scorso (2018, ndr) raccontava la chiusura dell'indagine della procura di Calatanissetta sul depistaggio del caso Borsellino: il prossimo 20 settembre inizierà l'udienza preliminare per il funzionario Mario Bo, per l'ispettore Fabrizio Mattei e per Michele Ribaudo, accusati di aver costruito ad arte, insieme all'allora capo della Squadra Mobile Arnaldo La Babera, il falso pentito Scarantino".
Una storia stradettagliata e superdocumentata da Sandro Provvisionato in tempi non sospetti, almeno a partire dal 2010, il celebre promotore del sito "Misteri d'Italia: per anni ne aveva scritto sulla Voce e in altre inchieste.
Negli ultimi mesi denuncia con la forza più grande che le resta nel cuore Fiammetta Borsellino, la figlia del magistrato Paolo trucidato in via D'Amelio. Fino ad oggi, a quanto pare, le vibrate richieste di Fiammetta non hanno avuto neanche lo straccio di una risposta a livello istituzionale. A riprova, se ce ne fosse ancor bisogno, che di è trattato prima di un "Omicidio di Stato, e poi di un "Depistaggio di Stato". Ottimo e abbondante…
Ma come mai Repubblica insiste nel negare l'esistenza del lavoro di altri / alti magistrati, come invece ha documentato Sandro Provvisionato, un maestro del giornalismo investigativo e non solo? Come aveva strascritto la Voce e ora urla Fiammetta? Eppure Repubbica ora è sul banco degli imputati per aver anticipato di 3 ore e mezza una notiziola! E chi ne ha scritto anni prima cos'è, il mostro di Londra?
Ad ogni buon conto: non è il caso di ricordare lo sforzo di chi – come Sandro – aveva anticipato di anni e anni l'esistenza di un autentito Golpe istituzionale, capace di coinvolgere forze dell'ordine e magistrati? Quando il mondo è capovolto.

PERCHE I NOMI DELLE TOGHE ECCELLENTI MAI ?
Ecco l'altra grave 'mancanza'. In tutti i suoi reportage Repubblica (ma anche l'altro media di regime, il Corriere della Sera) sbatte in prima (anzi, diciannovesima pagina) sempre i nomi degli uomini di polizia al comando di Arnaldo La Barbera, il quale purtroppo non più rispondere né difendersi, visto che è morto da una dozzina d'anni.

Giuseppe Ayala

Quindi, sui grandi mezzi d'informazione nessuna parola su quei magistrtati hanno avviato l'inchiesta, aperto i fascicoli, iniziato le indagini e con ogni probabilità anche dato gli imput alle forze dell'ordine – in questo caso la polizia – che si è mossa per raccogliere le prime, strategiche prove dopo la strage di via D'Amelio.
A cominciare dall'ancora mai chiarito mistero della Agenda Rossa che Paolo Borsellino portava sempre con sé. Per quante mani è passata, oltre quelle del magistrato Giuseppe Ayala, il quale poi la smista a qualcun altro, per poi finire nelle mani di un colonnello, l'unico processato per la storia dell'agenda ma subito assolto?
Come mai non sono state effettuate ulteriori indagini? Come mai non è stata interrogata la giornalista Roberta Ruscica, autrice di un dettagliato volume "I Boss delle Stragi", la quale racconta di un'agenda rossa passata per la mani del pm Anna Maria Palma?
Quest'ultimo è il primo pm delle indagini, strada facendo è stata affiancata da Nino Di Matteo, l'eroe di tutte le mafie, secondo i media: il quale Di Matteo si è profondamente irritato per le dichiarazioni rese da Fiammetta Borsellino, colpevole solo di chiedere Verità e Giustizia e soprattutto di accertare le responsabilità istituzionali del Depistaggio che ha taroccato il pentito Vincenzo Scaramella. Il riferimento, evidentemente, era non solo a La Barbera, ma anche alle toghe eccellenti che hanno svolto le indagini. "Era alle prime armi, Di Matteo", lo giustificano alcuni colleghi.
E con piglio ribatte Fiammetta: "non era proprio il caso di affidare a uno di primo pelo quelle delicate indagini su mio padre".

ALL'OMBRA DELLA PALMA

Nino Di Matteo

Ma di primo pelo certo non era Anna Maria Palma, ex toga rossa (sic). Conduce a lungo i vari processi Borsellino. Poi, improvivsamente, lascia la magistratura e va ad occupare la poltrona in qualità di capo di gabinetto al Senato presieduto dal berlusconiano Renato Schifani. Le capriole del destino. Ora è rientrata fra i ranghi della magistratura. Boh.
Torniamo a via D'Amelio. Preso in mano il caso del collega morto, Palma abbraccia quasi subito la tesi Scarantino: è lui il mostro da sbattere in prima pagina, e quando poi arriverà Di Matteo avallerà l'operato della Palma, tra l'altro moglie di Adelfio Elio Cardinale, potente radiologo e preside di Medicina a Catania, per alcuni anni presidente del Cerisdi, prima centro studi dei gesuiti sulla collina di Palermo sovrastante piazza D'Amelio poi – a quanto pare – vicino ai Servizi Segreti.
Ilda Boccassini metterà subito in guardia i colleghi sull'attendibilità e la credibiità del pentito Scarantino. Ma Palma e poi Di Matteo vanno avanti come un rullo compressore: è lui la gola profonda che sprigiona solo verità. E quindi 7 persone – che non c'entrano un bel niente – vengono sbattute in galera, accusate, processate, condannate in tutti i tre gradi di giudizio e sconteranno la bellezza d 16 anni, da innocenti.
Stesso copione che è stato messo in scena per il caso di Ilaria Ali e Miran Hrovatin: istruito a tavolino e super taroccato il pentito "Gelle" che accuserà un giovane somalo, il quale sconterà anche lui 16 anni da innocente. Fino a che Chiara Cazzaniga, l'inviata di Chi l'ha visto, lo andrà ad intervistare a Londra e lui – Gelle – dirà che è stata tutta una sceneggiata: la polizia gli ha fatto imparare a memoria il copione, non ha dovuto neanche testimoniare in dibattimento ed è stato accompagnato in aereo fino a Londra. Senza pudore!
Torniamo alla tragedia di via D'Amelio. Sorge spontanea la domanda : come mai fino ad oggi nessun tribunale, nessuna procura del nostro territorio nazionale ha deciso una buona volta di accendere i riflettori non solo sui poliziotti che evidentemente hanno eseguito degli ordini, ma sui magistrati che hanno orchestrato l'inchiesta e su tutti quei livelli istituzionali che sono intervenuti – anche e soprattutto politici – per depistare?


Paolo Borsellino

Possibile che oggi nessuno, dai banchi di quel governo gialloverde che si batte in nome di giustizia e trasparenza, non chiede una vera inchiesta a 360 gradi sull'eccidio e sul depistaggio?
Per il Depistaggi di Stato la situazione, paradossalmente, è meno complessa di quanto possa sembrare. Perchè per fortuna abbiamo nomi, cognomi, indirizzi e cellulari di coloro che sono stati protagonisti in prima linea di quegli episodi che finiscono per uccidere due volte quegli eroi di Stato come Paolo Borsellino o Ilaria Alpi.
Perchè nessuno si muove? Perchè il trasparente vicepremier Luigi Di Maio stavolta si opacizza? Come mai il guardasigilli Alfonso Bonafede sembra non aver in agenda questi giganteschi buchi neri che ammorbano la nostra vita da sempre?

LE GRANDI INTUIZIONI INVESTIGATIVE DI PROVVISIONATO
Per favore, fatelo anche in nome di Sandro Provvisionato, un eroe civile che ha dato la sua vita (è morto a soli 67 anni) per scoprire le verità indicibili, per onorare quella giustizia che dovrebbe essere uguale per tutti e non lo è mai.


Alfonso Bonafede

Ecco le parole della Voce – ricordiamolo, di 5 anni fa –  per commentare la ricostruzione di Provvisionato a proposito dal caso Scarantino: "Una vicenda emblematica del depistaggio compiuto da uomini dello Stato e magistrati, tutti rimasti impuniti, per lasciare nell'ombra quel grumo oscuro che ha segnato i destini dello Stato: la trattativa Stato-Mafia. Molti dei quali furono gli stessi. Come affiora da questa lucida, impietosa ricostruzione che con i medesimi scopi provocarono l'eccidio di Paolo Borsellino e della sua scorta in via D'Amelio".
Ecco le parole di Sandro: "La storia infinita del falso pentitismo di Vincenzo Scarantino, che racchiude in sé tutte le distorsioni della giustizia italiana e, nella migliore delle ipotesi, anche le incapacità, le impreparazioni e la poca professionalità di molti magistrati antimafia, sembra una scelta della primavera 2001, quando il pentito Scarantino è considerato un oracolo dalla procura di Caltanissetta".
Perchè? E soprattutto perchè è trascorsa da allora inutilmente la bellezza di 17 anni?
NB  Repetita iuvant. In basso il link delle inchieste realizzate nel 2013 da Sandro Provvisionato 
I BUCHI NERI DELLA NOSTRA MALASTORIA – IL FALSO PENTITO SCARANTINO
To see the article visit www.lavocedellevoci.it

martedì 25 settembre 2018

Vietato diffondere i post dei blog: il bavaglio al web dall’Ue

Il 12 settembre il Parlamento Europeo ad ampia maggioranza ha approvato la legge sul copyright. In Italia il Movimento 5 Stelle tuona il suo parere contrario per voce del leader Di Maio, mentre sui più blasonati giornali online si festeggia. Ufficialmente gli articoli 11 e 13, vero cuore della riforma, sembrano indirizzati a presevare il diritto d'autore, ma, come dice il poeta, "fatta la legge trovato l'inganno". Lascerei perdere l'idea che il pericolo stia dietro il divieto di pubblicare immagini o spezzoni di contenuti altrui sotto forma di link (chiamati "snippet"). Se fosse davvero tutto qua ci sarebbe solo da festeggiare: basterebbe infatti evitare di richiamare le puttanate che puntulamente scrivono le testate giornalistiche mainstream e saremmo a cavallo. Anzi, messa giù così, l'agonia del giornalismo prezzolato subirebbe una forte accelerazione perchè le piattaforme più importanti del web come Google e Facebook si troverebbero nella condizione di impedire la divulgazione tramite modalità ipertestuale dei vari "Espresso", "Repubblica", "Corriere, "Sole 24 Ore", "Huffington Post", ecc. Per i blog, i canali privati di YouTube e le testate giornalistiche medio-piccole sarebbe una manna caduta dal cielo di Strasburgo.

Siccome le lobby degli editori, invece, hanno fatto pressione proprio nel senso opposto a quello sopra descritto, occorre allora chiedersi che diamine nasconda questa legge. Il trucco sta tutto negli algoritmi che Facebook e Google News dovranno Bavaglio al webimplementare per difendere il diritto d'autore. Con ogni probabilità, Zuckerberg e amici dovranno pagare costosissimi algoritmi allo scopo di individuare tutti quei siti e post che non pagano gli editori per avere il diritto di pubblicare un loro link nella forma evoluta dello "snippet". In altri termini, se possiedi un sito web che divulga informazioni, alla fine dell'iter attuativo della legge, potresti trovarti bloccato da Facebook o da qualsiasi piattaforma internet. Perché? Per il semplice fatto che queste piattaforme si saranno dotate di un algoritmo che individua i siti dotati di licenza, li lascia scaricare i contenuti, e al contempo blocca tutti quelli che non hanno la licenza, cioè quelli che non si fanno pagare, come i piccoli blog o le piccole testate giornalistiche. Sembra non aver nulla a che fare col diritto d'autore, e infatti non ce l'ha; quello è solo il pretesto per fermare la libera informazione col trucchetto sorosiano della burocrazia.

Lo scenario peggiore è quello per il quale le grandi case editoriali, tipo "L'Espresso", pagano una licenza ridicola e l'algoritmo facebookiano le intercetta e le accomoda sulla piattaforma con i loro link, le immagini e tutta la compagnia cantando. Gli altri che non pagano alcuna licenza, ma che lasciano accedere gratuitamente ai contenuti da essi prodotti, potrebbero però trovarsi bloccati perchè un algoritmo così elaborato da ricercare ogni singola foto, ogni musichetta da 5 secondi, ogni citazione ipertestuale, magari da Wikipedia, richiede un processso troppo complicato e, al più, esageratamente costoso. Insomma, per semplificare e abbattere i costi, Facebook e Google potrebbero bloccare tutta l'informazione non-mainstream, cioè, e guarda caso, tutta l'informazione che ha sconfitto il clan dei Clinton in America, che ha favorito la Brexit e ha consentito l'avanzata dei sovranisti nell'Europa Continentale (Italia in primis). Anche qualora un sito web di news riuscisse a rivedere la propria Massimo Bordinproduzione evitando le rassegne stampa, i link e le citazioni, basterà una foto di qualche politico o di qualche incontro pubblico, magari postato agli albori del sito, per vedersi il blocco perenne delle piattaforme internazionali.

Hai voglia, dopo, con l'avvocatucolo di Vergate sul Membro, a farsi ripristinare il diritto a postare su Facebook avendo a che fare con interlocutori che hanno sede legale a Menlo Park in California… Molti attivisti ripongono fiducia sull'abilità delle piattaforme di adeguare gli algoritmi in modo da rispettare solo gli "snippet", oppure sulla concretezza legislativa delle singole nazioni. Oppure, ancora, su un cambio di leadership al Parlamento Europeo, visto che verrà rinnovato nel 2019. Comunque vada a finire questa complicata vicenda, una cosa è già appurata: non c'è nessuno di più smaccatamente illiberale dei liberisti che hanno preso le redini di questo continente, oramai troppo vecchio e stupido per poter pensare a qualsivoglia unificazione, trincerato in battaglie di retroguardia e incapace di proporre un valido modello alternativo a quello dei satrapi orientali alla Xi Jinping o al bellafighismo hollywoodiano d'oltreoceano (ps: quello della foto sono io. Ho già cominciato a tutelarmi, e sono anche più bello di Juncker).

(Massimo Bordin, "Ecco cosa di nasconde dietro la legge sul copyright", dal blog "Micidial" del 13 settembre 2018).

To see the article visit www.libreidee.org

domenica 23 settembre 2018

GIALLO PANTANI / GIRO TAROCCATO & SCOMMESSE DI CAMORRA: E’ CALATO UN MURO DI GOMMA


"Voglio vederli in faccia questi bastardi che me lo hanno ucciso". Non si arrende, non arretra di un centimetro Tonina, la mamma di Marco Pantani, il nostro campione di ciclismo ammazzato ("suicidio" per la Cassazione) in un residence di Rimini il 14 febbraio 2004. Una sentenza da brividi.
Resta solo un filo di speranza a Napoli, dove da due anni esatti (fine agosto 2016) è depositata la richiesta di riapertura indigini presentata dall'ultimo avvocato della famiglia Pantani, Antonio De Rensis.


Tonina Pantani col figlio Marco

Ma ricostruiamo i fatti partendo dalle news. Una immensa folla di giovani, sportivi, turisti, concittadini e curiosi si raduna in queste ore (1 e 2 settembre) a Cesenatico per ricordare Marco, il Pirata, l'eroe della montagne, il campione che tutti gli italiani hanno nel cuore anche dopo tanti anni per il coraggio, l'eroismo, la sofferenza per la fatica che vedevi disegnata sul suo viso.
"La mia battaglia – sussurra tra le lacrime mamma Tonina – è iniziata 14 anni fa e non avrà mai fine. Ho cambiato sette avvocati e non è successo nulla. Muri di gomma, dai tribunali solo silenzi e archiviazioni. Sono andata in crisi tante volte, ma ogni volta mi rialzo e ricomincio, come faceva lui con le sue salite interminabili. Mi batto per uno sport pulito, soprattutto per i giovani, e la mia battaglia non avrà fine fino al momento in cui non avrò la verità. Voglio vederli in faccia quei bastardi".
Non sarà certo facile, un'impresa titanica, una di quelle che Marco era comunque abituato, con la sua tenacia senza confini, a compiere.
La Voce ha scritto varie inchieste sul giallo Pantani che potete trovare in archivio. Ma vogliamo riassumere gli ultimi sviluppi. O meglio, "non sviluppi".
Come abbiamo detto c'è in vita ancora un esile filo di speranza, si trova presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, visto che a fine agosto 2016 l'avvocato de Rensis depositò una articolata memoria per ottenere la riapertura delle indagini, negata dalla procura di Forlì, basandosi su una mole di elementi. E chiedendo il trasferimento del fascicolo, appunto, da Forlì a Napoli.

QUEL GIRO D'ITALIA 1999 ERA TAROCCATO 

Renato Vallanzasca

Come forse ricorderete, tutto parte da Renato Vallazzasca, che rinchiuso nel carcere di Bollate riceve alcune confidenze, molto particolareggiate, da un pentito di camorra, il quale gli consiglia, al Giro 'd'Italia del 1999, di scommettere sulla sconfitta di Marco: "'O Pelato non arriva a Milano".
E gli racconta di maxi scommesse effettuate dalla camorra, come ritualmente accade per grossi eventi sportivi, a cominciare dalla 'vendita' dello scudetto al Milan del 1989.
Vallanzasca scrive alla madre di Pantani descrivendole la storia. La signora Tonina in un baleno si precipita alla procura di Forlì, sporge denuncia e allega la lettera: il fascicolo è affidato al pm Sergio Sottani, il quale effettua una serie di riscontri. Per prima cosa individua il pentito che nel carcere aveva parlato con Vallanzasca: collabora, dà nomi e cognomi di altri camorristi con cui parlare e ulteriori elementi. Gli altri camorristi vengono sentiti dal pm, forniscono conferme, e soprattutto ribadiscono che quel Giro era taroccato: la camorra ci aveva puntato palate di soldi e 'O Pelato non doveva concluderlo.


Il pm Sergio Sottani

E' così che era successo, nel 1999, il dramma dalla tappa a Madonna di Campiglio: i valori del sangue di Marco risultano leggermente alterati, ma tali da farlo escludere dalla gara. I sanitari che hanno effettuato il prelievo sono reticenti, il capo dell'equipe, un medico svedese, Wim Jeremiasse, guarda caso un mese dopo finisce dentro un lago ghiacciato austriaco con la sua auto: e dopo quel prelievo aveva dichiarato, "oggi il ciclismo è morto". Poi è successo a lui.
Uno dei massaggiatori del campione, Roberto Bregnolato, parla espressamente di alterazione delle provette da parte dei sanitari, "convinti" con i metodi che la camorra solitamente usa. E afferma: "Marco Pantani fu ucciso quella mattina a Madonna di Campiglio".
Insomma, una montagna di elementi probatori che avrebbero dovuto condurre in dirittura d'arrivo verso il traguardo dei rinvii a giudizi e quindi l'inizio del processo. Invece niente: Forlì nicchia, sostiene che molte testimonianze sono solo "de relato", cioè di camorrristi che le riferiscono da altri camorristi. Insomma, non ci sarebbe la prova regina, la pistola fumante o, in questo caso, l'ago nella vena del campione e il sangue alterato davanti agli stessi pm.
Ma fateci il piacere… avrebbe detto Totò. La Procura di Forlì, del resto, non capisce un tubo di camorra e quindi avrebbe dovuto spedire il fascicolo a Napoli, anche perchè proprio nel capoluogo partenopeo in precedenza, e anche per altri fatti delittuosi, avevano testimoniato diversi camorristi che erano a conoscenza della combine creata intorno a quel maledetto Giro del 1999.


Il penalista Antonio De Rensis

Niente. Forlì è ben decisa a tenersi stretto il fascicolo, a far tutto da sola, ed ad archiviare il tutto. E così fa.
E' a questo punto, due anni fa, che l'avvocato De Rensis, proprio in forza di quelle carte, quei documenti, quelle verbalizzazioni, quei fatti successi, si presenta alla Dda di Napoli e deposita la richiesta di riapertura del caso.
Sono passati due anni esatti. Ma di quel fascicolo, oggi, non si ha un sola notizia. E' stato mai aperto? E' stata fatta un'indagine? E' stato sentito qualche pentito? E' stato effettuato qualche riscontro? A quanto pare no, perchè dopo un anno circa (settembre 2017) la Voce intervistò il pm incaricato Antonella Serio, che disse poche e vaghe parole: "il fascicolo è in evidenza. Quando ci sarà qualche sviluppo lo comunicheremo".
Invece, fino ad ogni lo zero più assoluto. Un muro di gomma. Ci fosse stato un minimo di sviluppo il procuratore capo avrebbe convocato una mini conferenza stampa – come di rito – e aggiornato sulle eventuali novità. Invece niente.
Abbiamo contattato anche lo studio dell'avvocato De Rensis, via telefono e via mail. Nessuna novità.
Passiamo al secondo atto, non meno sconcertante del primo. Perchè esiste un'altra inchiesta, sempre condotta dalla procura di Forlì, riguardante l'omicidio (etichettato ovviamente come "suicidio") di Marco, avvenuto appunto nella pensione Le Rose di Rimini.

UN SUICIDIO ALLA PINELLI O ALLA DAVID ROSSI 
Anche qui due inchieste parallele. Una condotta dalla polizia e dalla procura, l'altra dall'avvocato de Renzis.
La scena del crimine, per sintetizzare, è da tsunami: mobili distrutti, letto squarciato, suppellettili di ogni tipo fatte a pezzi. E il cadavere di Marco che presenta evidenti segni di ferite e di trascinamento. La scena somiglia molto a quella di un altro omicidio spacciato per suicidio, quello di David Rossi, il responsabile comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, che di segreti su Mps ne conosceva una caterva e avrebbe potuto rivelarli ai pm che l'avevano convocato per il giorno seguente al "volo" dal quarto piano di palazzo Salimbeni.

E anche Marco era una "mina vagante". Avrebbe potuto rivelare un mare di cose non solo su quel Giro taroccato, ma sul mondo della droga nello sport, sul colossale giro d'affari del doping, sui controlli taroccati, sugli organismi che sulla carta dovrebbero controllare e invece fanno esattamente il contrario, sulla maxi corruzione imperante. E poi sul mega giro di scommesse illegali e di camorra nella cui trappola era caduto.
Per gli inquirenti bazzecole, pinzellachere: si era drogato, aveva perso il controllo di sè, aveva distrutto tutto. Si era inferto quelle ferite, in palese stato di masochismo acuto, si era autotrascinato per metri.
In più, ciliegina sulla torta, due elementi che fanno a cazzotti con questa ricostruzione: un giubbotto che non apparteneva a Marco trovato nella stanza del residence e un cornetto gelato Algida nel contenitore dei rifiuti (marca che Marco non consumava). Commentano i pm: "lo aveva mangiato un poliziotto per distrarsi". E tu inquini la scena del crimine in quel modo?
Ai confini della realtà.
La controperizia redatta dall'avvocato De Renzis, soprannominata delle "100 anomalie", per la immensa mole di elementi contraddittori e mai chiariti, contiene una sequela di fatti che fanno a pugni con la ricostruzione ufficiale. La Voce li ha descritti nelle passate inchieste che potete rileggere.

ARCHIVIAZIONI KILLER
Ma alla fine di tutta questa battaglia giudiziaria cosa è partorito? L'ennesima richiesta di archiviazione della procura di Forlì. Per la quale non bastano tutti gli elementi e moventi: occorreva filmare il killer col pugnale nello stomaco di Pantani.
E pensare che anche una perizia scientifica aveva dimostrato come Pantani fosse stato costretto ad ingurgitare una pallina di coca, allo scopo di ammazzarlo con una maxi over dose. E microtracce di quella pallina si trovavano ancora sulla scena del crimine. Il filmato delle operazioni dei primi investigatori è stato poi tagliato. Perchè durava troppo, secondo alcune spiegazioni.
Come del resto è stato tagliato il filmato delle telecamere del Monte dei Paschi che documentano la caduta di David Rossi. Troppo lungo e noioso.
Dopo l'archiviazione richiesta dal pm e accettata dal gip di Forlì, tutto morto. Non è restato, a De Renzis, che fare l'estremo tentativo in Cassazione, dove quasi tre anni fa, il 19 settembre 2015, giorno di San Gennaro, le toghe non ha fatto certo un miracolo: ma semplicemente apposto una fredda pietra tombale sulla tragedia: archiviazione.  

Correlati









To see the article visit www.lavocedellevoci.it

venerdì 21 settembre 2018

VACCINI / PRECAUZIONE E PERSUASIONE, LA RICETTA DI GIULIO TARRO


Preferisce glissare sulle roventi polemiche sui vaccini, il professor Giulio Tarro, allievo di Albert Sabin, che scoprì l'antipolio.
E' sconcertato della retromarcia grillina, perchè giudicava quel provvedimneto adottato "equo e giusto". "Mi sembrava un buon passo avanti – commenta – tenuto conto della consapevolezza dei genitori dei bimbi che devono ricevere la vaccinazione e soprattutto in linea con quel che avviene negli altri Paesi del mondo".
Non intende parlare del Mago dei Vaccini, Roberto Burioni, e della sua mega intervista da 6 pagine per la 7 del Corsera, quel Burioni che non vuol confrontarsi con i "Somari", come discetta nel suo ultimo capolavoro editoriale
Ma di "IGNORANTI", di una profonda ignoranza che permea questo settore scientifico e soprattutto dell'ignoranza alla quale sono costretti i cittadini ci tiene a porre l'accento Tarro.
Ecco le sue parole.
"Da noi esiste una profonda ignoranza, cioè una non conoscenza dei problemi di cui parliamo e dei delicatissimi temi che ci troviamo ad affrontare. Non siamo in grado di fare scelte consapevoli perchè viviamo dentro un 'Grande Fratello' e detta legge la parola di chi grida più forte o riempie le pagine dei giornali, o usa i social media per diffondere le più grosse corbellerie".
"Dobbiamo metterci in testa che il vaccino è un farmaco, non una tisana o una camomilla. Va quindi utilizzato con tutte le cautele più rigorose, attuando in pieno il principio di precauzione. Le vaccinazioni multiple non possono essere rese obbligatorie, non si può inoculare qualcosa in un bimbo se i genitori non sono pienamente consapevoli dei rischi ai quali può andare incontro, perchè a volte il rimedio può essere più pericoloso del rischio che si può lontanamente correre".
"Ricordiamo che negli Stati Uniti, come in tutti i paesi anglosassoni, la scelta è libera, una scelta basata sulla persuasione, che non è coercizione, ma libero convincimento su una serie di dati che vengono forniti ai genitori dal medico e dagli operatori sanitari. Pensate che in questo modo, la già alta percentuale dei vaccinati negli Usa, è incrementata del 3 per cento. Per quale motivo, allora, scatenare battaglie terroristiche con la minaccia che i bimbi non possano nemmeno entrare negli asili o nelle aule scolastiche? Una follia".



"E ricordiamo alcuni fatti storici. Il tragico episodio dei militari mandati dagli Usa per la Guerra del Golfo. Quanti ne sono morti per le massicce dosi di vaccini inoculate? Una valanga. E nessuno ne vuole parlare (lo stesso, anche se in misura minore, è successo con la guerra in Kossovo, ndr)".
"E ricordiamo ancora che dal 1992 esiste una legge che prevede un risarcimento per chi riceve danni permanenti, se non addirittura la morte, a causa di un vaccino inoculato. C'è da dimostrare causa ed effetto, lo sappiamo: ma la legge esiste, gli specialisti e gli avvocati devono studiare i singoli casi e quando viene dimostrata l'associazione tra assunzione di vaccini e insorgenza della malattia bisogna andare avanti nella battaglia per il risarcimento. E' da paese civile, altro che".
"E infine. Vorrei ricordare che quello dei vaccini è e resta un colossale business per Big Pharma. Nel '92 le case farmaceutiche hanno avuto paura della cause civili per risarcimento danni, moltissime hanno chiuso, ne sono rimaste sostanzialmente tre. Ora il business è tornato, più forte che mai. E le case farmaceutiche sono estremamente agguerrite ".
"Quelle case che con i giganteschi mezzi finanziari a disposizione sono capaci di inventare campagne di terrorismo mediatico, creare dal nulla, con la complicità dei media, pandemie inesistenti. E la gente, ovviamente, ci casca. C'è addirittura chi ogni tanto arriva a parlare del ritorno del vaiolo. Ma nessuno sa che ne esistono solo due ceppi in tutto il mondo perfettamente isolati: uno ad Atlanta, negli Usa, e uno in Russia. Ma vedrete che prima o poi si riprenderà a suonare allarmi per una nuova suina oppure bovina".
O una caprina?
Nella foto di apertura il professor Giulio Tarro

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

mercoledì 19 settembre 2018

VACCINI / LE GIRAVOLTE LAST MINUTE DEL MINISTRO GRILLO E LE “VERITA’ ” DI MAGO BURIONI


Abbiamo scritto questo articolo alle 17 circa del 6 settembre quando alle 19 i Tg danno notizia dell'ennesima giravolta gialloverde sui vaccini. Siamo al caos più totale: e ci chiediamo se il ministro Giulia Grillo esista sul serio o sia un clone del suo capo. Se sappia, soprattutto, che stiamo parlando della salute dei bambini e non di bambolotti.
Un articolo appunto che comunque pubblichiamo, il quale prende spunto da una maxi intervista rilasciata dal mago dei Vaccini, lo scienziato più "social" d'Italia, il Maestro del popolo bue: ma chi può essere se non Mago Roberto Burioni?
Impettito, mascella volitiva alla Mussolini, gli manca solo il Cappuccio e il Grembiulino per completare l'arredo massonico che gli è tanto familiare. Fin da quando si iscrisse al Grande Oriente d'Italia, la maggior loggia italiana con oltre 18 mila affiliati, seguita a lunga distanza dalla Gran Loggia d'Italia di palazzo Vitelleschi.

6 PAGINE PER IL MAGO DEI VACCINI SU 7
Sembra un servizio di Vogue o Mani di Fata, invece siamo tra le patinate pagine di 7, il supplemento del Corriere della Sera diventato utile per avvolgere nobili ortaggi, dai cavolfiori alle melanzane, da quando ne ha assunto la direzione Beppe Severgini, ospite permanente ad Otto e Mezzo di Lilli Gruber, che ha una rubrica fissa su La7, appunto 7 e mezzo. Tutto ok.
Le sei paginate a colori con foto kolossal andrebbero bene per le confessioni di Donald Trump sul Russiagate o di una Hillary Clinton che vuota il sacco sui misteri delle sue Fondazioni miliardarie gestite con il maritino Bill. Invece no.


Roberto Burioni. Sopra, il ministro Giulia Grillo

Parla un esperto di pubblicità & giornalismo: "Questo è un classico redazionale pubblicitario, dove in realtà non ci sono vere notizie perchè da mesi tutti parlano, anche le pietre, di vaccini. Ma si dà così il modo a Burioni di comparire come l'Uomo che conosce la Verità, l'Unico a possedere la Ricetta magica. La cosa grave è che il tutto avviene senza contraddittorio, senza che uno scienziato di diverso parere possa esprimersi, dire la sua, contrastare le opinioni di Burioni. E tra gli addetti ai lavori circola comunque la domanda: ma Burioni ha pagato a prezzo di tariffe redazionali o Servignini gli voluto fare un favore molto particolare? ". Boh.
Ma ecco, fior tra fiore. L'intervista, teniamo conto, è stata rilasciata in un momento di particolare commozione, quando il Maestro aveva appena ricevuto l'ennesima minaccia di morte. Anche stavolta sono le Brigate Rosse ad annunciare la sua uccisione.
"Non vale più la pena di stare in ansia per me", esordisce l'Eroe.
"Non penso di dover discutere sullo stesso piano con qualcuno che ha letto una decina di aritcoli su internet".
"Lasciar circolare tutte le fandonie che si dicono sui vaccini vuol dire permettere che vengano minate le basi del benessere di tutti, e in particolare delle generazioni dei nostri figli".
"Se in un teatro grido che c'è una bomba scappano tutti ed è difficile calmarli. La stessa cosa fanno gli antivaccinisti: diffondono timori che è complicato arginare".
Elementare, Watson.
Un Burioni che, petto in fuori stile Benito, dà del "Somaro" (dal titolo del suo ultimo capolavoro "La congiura dei Somari") ad ognuno che osi contraddire le sue Teorie: un Galileo sceso in Terra a miracol mostrare.
Quando ci fu lo "scazzo televisivo" in cui Burioni alzò i tacchi e se ne andò, o giù di lì, il confronto era con un disk-jokey (a quanto pare Red Ronnie) e con una povera famiglia che aveva perso il figlio dopo una vaccinazione. Non ti vuoi confrontare col dolore di quella famiglia perchè tu sei il Vate e loro le Capre? Bene. Almeno abbi compassione per la loro enorme sofferenza, scendi dalla cattedra che ti sei creato e confrontati. Macchè.

SOMARI ANCHE LORO, MONTAGNIER E TARRO ?

Luc Montaigner

Lo abbiamo più volte scritto su queste colonne. Ci sono due scienziati, entrambi noti a livello internazionale, il premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier, che ha inventato il vaccino anti Aids, e il noto virologo partenopeo Giulio Tarro, due volte candidato al Nobel per la Medicina e allievo di Albert Sabin, che ha inventato, dal canto suo, il vaccino antipolio.
Non si tratta di due "signor nessun" o due presi a caso per la strada. Come mai – ci siamo più volte chiesti – un Genio del calibro di Burioni non vuole confrontarsi con Montagnier o Tarro? Di cosa ha paura? Cosa teme dalle inarrivabili Vette della sua Scienza?
Nel corso di un convegno indetto dall'Ordine Nazionale dei Biologi tenutosi mesi fa a Roma, la relazione di Montagneir non lasciava scampo ai dubbi: i vaccini vanno utilizzati non estrema cautela, occorre valutare caso per caso, occorre usare il Principio di Precauzione sancito prima dalle Nazioni Unite nel 1992 e poi ribadito dall'Unione Europea nel 2000. Il presidente nazionale dell'ordine ricevè una comunicazione piena di insulti, tendenti a delegittimare il convegno e paragonando i relatori a dei vecchi tromboni, somari, rincoglioniti o giù di lì. Da qui è scattata, ovvia, la querela da parte del presidente dell'ordine.
Ma come mai la stampa di Regime – Repubblica e Corsera in testa – per non parlare di Rai, Mediaset e strada facendo non hanno il coraggio di intervistare uno scienziato di fama mondiale che la pensa in modo diverso da Burioni? Tutti asserviti e incapucciati? Tutti genuflessi e in grembiulino?


Ortensio Zecchino

Sale in cattedra ad Avellino a magnificare le sorti di Tigen del suo amico ex Dc Ortensio Zecchino perfino Sergio Matterella, per sottolineare l'importanza della scienza. Le solite ovvietà presidenziali del capo dello Stato robot. Ma chi ha mai messo in dubbio la necessità sempre maggiore di progressi nella scienza? Ma veri, al servizio della salute dei cittadini, per il progresso dell'ambiente in cui viviamo.
Non per genuflettersi di fronte agli interessi di Big Pharma, delle mega industrie famaceutiche che lucrano miliardi di euro e di dollari sulla salute dei cittadini: e la cosa è ancora più spregevole se ciò riguarda i bambini. Ricordate le acrobazie di Novartis per stipulare un folle contratto con il governo italiano (allora Berlusconi premier) per far comprare dosi e quantità di vaccini antinfluenzali risultati del tutto inutili? Usato solo il 10 per cento, il resto buttato nelle discariche attrezzate per i rifiuti speciali: e però il conto venne saldato fino all'ultimo milione di euro! E nessuna penale, o comunque norma minimamente favorevole allo Stato era stata prevista.

I FASTI DI SUA SANITA' & LE CARNEVALATE DI MARCUCCI 
Proprio come succedeva nell'era di Sua Sanità Francesco De Lorenzo e del re Mida Duilio Poggiolini. A proposito, il processo sulla strage per il sangue infetto in corso a Napoli da due anni e mezzo, e che vede come imputati lo stesso Poggiolini e una dozzina di funzionari del gruppo Marcucci (allora un arcipelago di società, oggi radunate sotto l'ombrello miliardario di Kedrion), ricomincia il 27 settembre e si avvia – dopo un autentico Calvario – alle battute finali.
Tra le variegate foto che immortalano le feste inscenate da Pd e fauna varia per la retromarcia (inspiegabile comunuqe) dei pentastellati sul caso vaccini, ovviamente in prima fila il capoguppo Pd al Senato Andrea Marcucci.


Duilio Poggiolini

L'ex enfant prodige del De Lorenzo team ai tempi sfolgoranti del Pli presieduto da Renato (l'Altissimo): e lui, Andrea, fu il più giovane parlamentare italiano, sotto le insegne di Sua Sanità e l'ala protettiva del ras del sangue Guelfo Marcucci. Una dinasty ingigantitasi su commerci e lavorazioni degli emoderivati e per anni – almeno fino al '92 – anche con la produzione dei vaccini attraverso la Sclavo (poi passata alla Novartis), miliardi realizzati sulle salute e sulle pelle degli italiani.
Per non doverci ripetere, vi invitiamo a leggere le inchieste realizzate alcuni mesi fa (dopo febbraio dalla Voce proprio in seguito al convegno nazionale dei Biologi). Troverete riportati i passaggi essenziali dell'intervento di Montagnier e troverete anche due articoli sulle pubblicazioni di Tarro: una recentissima, appena diffusa, "100 cose da sapere sui vaccini" – attualissima soprattutto nell'odierna bagarre – e uno studio scientifico, pubblicato anche in Cina, sui giganteschi pericoli, da qui a breve-medio termine, derivante dall'utilizzo di metalli pesanti (e tossici) nell'ambiente, cosa che produrrà un aumento esponenziale nelle percentuali di bambini autistici fra la popolazione.
Studi la cui adozione andrebbe resa obbligatoria nelle scuole: altro che obblighi vaccinali di stampo fascista!

In basso i 4 link base
ROBERTO BURIONI / IL MAGO DEI VACCINI CONTRO IL NOBEL – SOMARO LUC MONTAGNIER 
10 marzo 2018

VACCINI / CONTINUA LA CAMPAGNA DI BUFALE DEI PRO VAX. MA IL NOBEL LUC MONTAGNIER LI SPUTTANA
23 giugno 2018

VACCINI / IL MANUALE ANTI FAKE NEWS FIRMATO DAL VIROLOGO GIULIO TARRO
19 marzo 2018

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

martedì 18 settembre 2018

Migliaia di bambini violentati per decenni da preti cattolici: rapporto-shock in Pennsylvania

Il "reale numero" dei bambini abusati potrebbe ammontare a diverse migliaia - sostiene il Grand jury - perche' alcuni documenti segreti della chiesa sono andati perduti e le vittime hanno avuto paura a farsi avanti. "I preti hanno violentato ragazzini e ragazzine e i loro superiori non solo non fecero niente, ma hanno nascosto tutto", ha aggiunto Shapiro


Centinaia di preti cattolici in Pennsylvania avrebbero molestato migliaia di bambini dagli anni '40 ad oggi, e alti prelati, incluso l'attuale arcivescovo di Washington Donald William Wuerl, avrebbero sistematicamente coperto gli abusi: lo afferma il rapporto del Grand jury  diffuso al termine di 18 mesi di indagini guidate dall'Attorney general statale Josh Shapiro su sei delle otto diocesi dello stato e segue quella di un altro Grand jury che ha rivelato abusi e insabbiamenti nelle altre due.

Il "reale numero" dei bambini abusati potrebbe ammontare a diverse migliaia - sostiene il Grand jury - perche' alcuni documenti segreti della chiesa sono andati perduti e le vittime hanno avuto paura a farsi avanti. "I preti hanno violentato ragazzini e ragazzine e i loro superiori non solo non fecero niente, ma hanno nascosto tutto", ha aggiunto Shapiro parlando ai giornalisti ad Harrisburg e precisando che l'indagine sta andando avanti.

"Crediamo che il numero reale delle vittime - considerando le denunce perse o quelle mai fatte per paura di farsi avanti - sia di migliaia", si legge nel rapporto di circa 1.400 pagine sugli abusi sessuali su minori segnalati in quasi tutte le diocesi dello Stato.

Il rapporto finale della giuria indica che "quasi tutti i casi", riferiti a diversi decenni fa, sono caduti in prescrizione e non possono essere perseguiti penalmente. Tuttavia due sacerdoti sono stati incriminati per abusi ripetuti su diversi bambini in alcuni casi che risalgono al 2010.

"Alcuni preti abusarono di bambini e bambine e gli uomini di Chiesa che erano i loro responsabili non fecero nulla, per decenni", hanno scritto i membri della giuria nella relazione. I giurati scrivono di "riconoscere che molte cose sono cambiate in seno alla Chiesa cattolica in questi quindici ultimi anni" ma sottolineano che le due imputazioni mostrano che "gli abusi di bambini in seno alla chiesa non sono svaniti".

Malgrado le riforme istituzionali, "gli alti responsabili della Chiesa hanno evitato le loro responsabilita'", si legge ancora nel rapporto. Vescovi e cardinali "sono stati protetti". "Molti di quelli citati nel rapporti sono stati promossi", affermano i giurati secondo cui "finche' cio' non cambia, pensiamo che sara' prematuro chiudere il capitolo degli abusi all'interno della Chiesa cattolica".

See more at: www.rainews.it