mercoledì 21 marzo 2018

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 15 marzo 2018


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
Generale Basbug: da quando Öcalan è in prigione gli Stati Uniti dirigono il PKK
 

 
Scoperti due laboratori di armi chimiche dei "ribelli moderati" siriani
 

 
Pompeo alla segreteria di Stato e Haspel alla CIA
 

 
Evoluzione del mercato delle armi
 

 
Le forze armate russe smentiscono le affermazioni del generale Mattis
 

 
Verso un rilancio del GUAM contro la Russia
 

 
Mosca pronta a lanciare propri sistemi Internet e Swift
 

 
In Germania rifugiati maggioritariamente islamisti (testimonianza)
 

 
Alleanza militare segreta tra Emirati e Corea del Sud
 

 
L'Egitto cede parte del proprio territorio al progetto Neom
 

 
L'esercito polacco sotto protettorato tedesco-statunitense
 
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martedì 20 marzo 2018

Nient'altro che la verità, Il caso Ilaria Alpi - Report

Pecorelli, storia del delitto. Chi era e perché è stato ucciso

Mino Pecorelli era un uomo senza paura. Un giornalista che cercava la verità, non quella apparente, messa in scena dai politici sul grande palco mediatico, ma quella che non si riesce a vedere, di cui pochi sanno, la verità nascosta nei camerini dei vari artisti, noti e meno noti, e che a scoprirla spesso costa la vita.
Sull'OP, l'Osservatorio Politico, settimanale degli anni settanta, fondato da Carmine Pecorelli, si faceva giornalismo di inchiesta e si scriveva di potenti e di potere, focalizzando il motivo del redigere proprio su quelle verità nascoste che aprivano il sipario su scandali destabilizzanti.
Un settimanale di certo scomodo a molti, su cui si sono poi dette svariate cose, dall'essere parte del centro operativo di oscure trame finanziarie e politiche all'avere collegamenti diretti con i servizi segreti.


Mino Pecorelli, giornalista scomodo

Tutte cose da dimostrare, ovviamente, partendo dall'unica cosa certa: Pecorelli era un giornalista d'assalto, direttore di un giornale diverso, che disturbava gli intoccabili, per quel modo sfrontato di lanciare notizie contenenti verità irrivelabili.

"Un personaggio difficile da definire, Pecorelli. Liquidato comunque troppo in fretta come un ricattatore, quasi si volessero nascondere, dietro l'indubbia spregiudicatezza che lo distingueva, altri suoi innegabili meriti: aver anticipato con le sue denunce e quel suo modo davvero speciale di fare giornalismo, i più grandi scandali della nostra storia" – M Corrias e R. Duiz, Il Delitto Pecorelli, Milano 1996.

Le inchieste sugli scandali italiani

Nel periodo in cui Mino Pecorelli fu ucciso, il 20 marzo 1979, nella redazione di OP erano in corso inchieste su Michele Sindona, sullo scandalo Italcasse, sul crac della Sir, sulle Brigate Rosse e, soprattutto, sui misteri aleggianti intorno al rapimento e al delitto di Aldo Moro, che suscitavano ipotesi di relazioni con la strategia politica italiana.
Il giornale e il giornalista erano pericolosi, aggressivi, spregiudicati, impertinenti, come sostennero poi i magistrati di Perugia che indagarono sulla morte di Pecorelli, "… Lanciava stilettate che colpivano un obiettivo preciso, ma non sempre chiaramente individuabile da tutti i lettori. Certamente però individuato da uno di essi. L'obiettivo stesso".

Le inchieste sul caso Moro e la morte misteriosa

Particolarmente, le inchieste di Pecorelli erano incentrate sul caso Moro e lo scandalo petroli e in entrambe erano coinvolti alti vertici della politica e della Guardia di Finanza. Successivamente all'omicidio, nella tipografia fu ritrovata l'ultima copertina di OP, senza pagine interne e titolata: Gli assegni del Presidente.
"Dopo questo numero o mi arricchisco o mi ammazzano", disse Mino Pecorelli a un amico poco prima del 20 marzo 1979 quando, in via Orazio, quattro colpi di pistola calibro 7,65, sparati da distanza ravvicinata, lo raggiunsero al volto e alla schiena. Era seduto in macchina, aveva appena lasciato la redazione di OP, in via Tacito, e stava tornando a casa. Chi lo ha ucciso, chi è il mandante, perché?

Il dossier trafugato nella casa di Pecorelli

Le piste da battere partono dalle inchieste che Pecorelli stava svolgendo: scandalo petroli e caso Moro. Nella casa del giornalista è trovato un dossier trafugato dal SID, ex servizio segreto, in cui si troverebbero le prove che implicano nel traffico illecito di petrolio libico l'allora comandante della Guardia di Finanza, Raffaele Giudice, e il fondatore del Nuovo Partito Popolare, Mario Foligno.
Un'inchiesta, questa sul petrolio, molto pericolosa, che di certo può aver dato fastidio a qualcuno, ma non pericolosa quanto quella che Pecorelli stava portando velocemente avanti sul rapimento e l'omicidio dell'onorevole Aldo Moro. A detta di molti è proprio qui che bisogna ricercare la spiegazione dell'omicidio di via Orazio.

Il memoriale di Andreotti e l'idea di pubblicarlo

Nel libro I veleni di OP, Roma 2002, scritto da F. Pecorelli e R. Sommella, si legge che il direttore di OP avrebbe avuto tra le mani il memoriale del leader della Dc, con cui avrebbe potuto asserire che il rapimento, per opera delle Brigate Rosse, era stato "Una delle più grosse operazioni politiche compiute negli ultimi decenni in un Paese industriale" con l'obiettivo di "Allontanare il Partito comunista dall'area di potere".
Dai Carter Cables, 500.577 trasmissioni diplomatiche del Dipartimento di Stato Usa del 1978, pubblicate da Julian Assange, WikiLeaks, viene a galla che sia gli Stati Uniti sia l'Europa temevano Aldo Moro, sfavorevoli all'entrata del Pci nel governo e nelle istituzioni, perché ciò avrebbe potuto provocare un profondo effetto in tutta l'Europa.

Il ruolo del caso Moro

La Francia di Valéry Giscard d'Estaing, è scritto nei Carte Cables, riteneva pericolosa la convinzione di Moro che non ci fossero soluzioni governative senza il Partito Comunista di Berlinguer; anche la Germania del cancelliere Helmut Schmidt non parteggiava per Moro né per i suoi accordi con i comunisti. Aldo Moro, insomma, faceva paura, destabilizzava, le sue idee di apertura alla sinistra avrebbero potuto ridisegnare il puzzle della politica europea, creare nuovi incastri, per quasi tutti impossibili.

La figura di Andreotti nel memoriale di Moro

E arriviamo al dunque. Nei giorni del sequestro, Aldo Moro scrive:

"… E' naturale che un momento di attenzione sia dedicato all'austero regista di questa operazione di restaurazione della dignità e del potere costituzionale dello Stato e di assoluta indifferenza per quei valori umanitari i quali fanno tutt'uno con i valori umani.
Un regista freddo, impenetrabile, senza dubbi, senza palpiti, senza mai un momento di pietà umana. E questi è l'On. Andreotti, del quale gli altri sono stati tutti gli obbedienti esecutori di ordini. … (Mi sarei atteso che) … l'On. Andreotti, grato dell'investitura che gli avevo dato, desideroso di fruire di quel consiglio che con animo veramente aperto mi ripromettevo di non fargli mai mancare, si sarebbe agitato, si sarebbe preoccupato, avrebbe temuto un vuoto, avrebbe pensato si potesse sospettare che, visto com'erano andate le cose, preferisse non avere consiglieri e quelli suoi propri inviarli invece alle Brigate Rosse.
Nulla di quello che pensavo o temevo è invece accaduto. Andreotti sarebbe stato il padrone della D.C., anzi padrone della vita e della morte di democristiani e no… … (On. Andreotti) Le manca proprio il fervore umano. Le manca quell' insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve, i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo. Lei non è di questi. …
Non Le basterà la cortesia diplomatica del Presidente Carter, che Le dà (si vede che se ne intende poco) tutti i successi del trentennio democristiano, per passare alla storia. Passerà alla triste cronaca, soprattutto ora, che Le si addice.
Che cosa ricordare di Lei? La fondazione della corrente Primavera, per condizionare De Gasperi contro i partiti laici? L'abbraccio-riconciliazione con il Maresciallo Graziani? Il Governo con i liberali, sì da deviare, per sempre, le forze popolari nell'accesso alla vita dello Stato? Il flirt con i comunisti, quando si discuteva di regolamento della Camera? Il Governo coi comunisti e la doppia verità al Presidente Carter? Ricordare la Sua, del resto confessata, amicizia con Sindona e Barone? Il Suo viaggio americano con il banchetto offerto da Sindona malgrado il contrario parere dell'Ambasciatore d'Italia? La nomina di Barone al Banco di Napoli? La trattativa di Caltagirone per la successione di Arcaini? Perché Ella, On. Andreotti, ha un uomonon di secondo, ma di primo piano con Lei; non loquace, ma un uomo che capisce e sa fare".

Giulio Andreotti e il caso Pecorelli

Andreotti non piace ad Aldo Moro: " … (Io) potevo scegliere e scegliere nel senso della mia innata, quarantennale irriducibilediffidenza verso quest'uomo (Giulio Andreotti), sentimento che è un dato psicologico che mi sono sempre rifiutato, ed ancor oggi mi rifiuto, di approfondire e di motivare".
Il senatore Giulio Andreotti entra nel caso Pecorelli proprio perché, secondo le ipotesi che rimbalzano da un quotidiano all'altro, il giornalista era in possesso di informazioni pregiudizievoli per l'ex presidente del consiglio. C'è da tenere in considerazione, però, che dette ipotesi, scatenate dalla deposizione del pentito di mafia Tommaso Buscetta, non sono supportate da fatti oggettivi. Ma i giudici ignorano la considerazione e il 14 aprile 1993 Giulio Andreotti è iscritto nel registro degli indagati.

La testimonianza del pentito di mafia Buscetta

Sempre seguendo le dichiarazioni di Buscetta, il pubblico ministero indaga anche i mafiosi Gaetano Badalamenti e Giuseppe Calò. Ad agosto, poi, alcuni pentiti della Banda della Magliana, Mancini e Moretti, parlano e fanno altri nomi, coinvolgendo nella vicenda il pm romano Claudio Vitalone, il mafioso Michelangelo La Barbera e un esponente del gruppo eversivo Nuclei Armati Rivoluzionari, affiliato alla Banda della Magliana, Massimo Carminati.
L'inchiesta, intanto, arriva a Perugia e, nel mese di luglio 1995, il procuratore capo e i sostituti del Tribunale del capoluogo umbro rinviano a giudizio, con l'accusa di omicidio, Andreotti, Vitalone, Badalamenti, Calò, La Barbera e Carminati; per tutti gli imputati è chiesto l'ergastolo.

Rinvii a giudizio ed assoluzioni

Dopo 162 udienze, il 24 settembre 1999, sono tutti assolti, ma non è finita. I pm Cannevale e Matteini Chiari reclamano, insieme alla concessione delle attenuanti, una condanna a ventiquattro anni di reclusione per tutti gli imputati. Nel 2002, il 15 novembre, la Corte d'Assise d'Appello giudica Andreotti e Badalamenti i mandanti dell'omicidio Pecorelli, confermando i 24 anni di reclusione. Vitalone, Calò, La Barbera e Carminati sono invece assolti.
Secondo quanto affermato da Mancini e Moretti, testimoni dell'accusa, Vitalone e Andreotti sarebbero stati i mandanti dell'omicidio, ordinato in quanto Pecorelli era in possesso di documenti relativi al sequestro dello statista Aldo Moro, che gli avrebbero permesso di ricattare l'ex Presidente del Consiglio.

Le testimonianze di Mancini e Moretti

Ancora Mancini, poi, indica La Barbera e Carminati come i due esecutori materiali; le dichiarazioni del pentito della Banda della Magliana trovano riscontro in quelle fatte da Buscetta, che accusa la Mafia dell'omicidio Pecorelli, indicando i cugini Nino e Ignazio Salvo, uomini legati politicamente ad Andreotti e al boss Gaetano Badalamenti, come gli organizzatori dell'omicidio.
Di tutt'altro avviso è Raffaele Cutolo, fondatore e capo della Nuova Camorra Organizzata. L'omicidio di Pecorelli non è 'omicidio di Mafia', sostiene Cutolo, ma un regolamento di conti tra il giornalista e quelli della Banda della Magliana. Pecorelli, sempre secondo Cutolo, era in combutta con la malavita organizzata, per sapere su fatti inconfessabili e fare degli scoop. In particolare, dice Raffaele Cutolo, Nicolino Selis, appartenente alla Banda della Magliana e suo uomo di fiducia, gli riferì:

"… Che (Pecorelli) stava in combutta con loro, però nello stesso tempo diceva tutto al Generale dalla Chiesa … Stava dispiaciuto perché questo giornalista diceva tutto a Dalla Chiesa e ha fatto delle cose contro di loro … (Durante una cena) Ci siamo appartati io, Giuseppucci (uno dei boss della Banda della Magliana) e Alfonso Rosanova (cassiere di Cutolo) … io volevo sapere se era vero, del perché della morte di questo povero giornalista Pecorelli … Giuseppucci mi confermò che l'avevano fatto per cose loro …", ma chi fosse stato a sparare al giornalista Cutolo non lo sa e neanche lo sapevano Selis e Giuseppucci.– Deposizione di R. Cutolo al processo del giornalista Mino Pecorelli, Perugia 9/10/1998.

Annullamento della condanna di Andreotti

Il 30 ottobre 2003, le Sezioni unite penali della Cassazione annullano, senza rinvio, la condanna a 24 anni di carcere inflitta ad Andreotti e Badalamenti per l'omicidio Pecorelli perché "L'indicazione di un possibile interesse del mandante all'uccisione della vittima, non costituisce di per sé sola un riscontro estrinseco, come ipotetico movente, della chiamata in reità de relato di un collaboratore di giustizia".
La tesi della Procura della Repubblica di Perugia, secondo cui l'omicidio sarebbe scaturito a seguito di un patto tra uomini politici, mafia e criminalità organizzata romana è, alla fine dei conti, drasticamente smentita. E in questa oscura vicenda, pur avendo individuato mandanti ed esecutori, paradossalmente, non fu possibile condannare alcuno.

Fonte:
Pecorelli, storia del delitto. Chi era e perché è stato ucciso  La Vera Cronaca 

lunedì 19 marzo 2018

Il nuovo arsenale nucleare russo ristabilisce la bipolarità nell'assetto mondiale, di Thierry Meyssan

Mentre gli esperti continuano a interrogarsi su una possibile evoluzione dell'ordine mondiale verso un sistema multipolare, o anche soltanto tripolare, gli inattesi progressi della tecnologia militare russa impongono il ritorno a un'organizzazione bipolare. Ritorniamo sulla lezione degli ultimi tre anni, sino alle rivelazioni del presidente Putin del 1° marzo 2018.




Ritorno alla casella di partenza: il mondo è di nuovo bipolare. Gli Stati Uniti, paghi della propria superiorità, non hanno visto arrivare la ripresa militare della Russia.


Nel secondo trimestre 2012 la Russia e i suoi alleati s'erano impegnati a mettere in campo una forza di pace in Siria, una volta raggiunto l'accordo a Ginevra.
Le cose però andarono diversamente quando la Francia, a luglio 2012, rilanciò la guerra. Benché la Russia avesse ottenuto dall'ONU il riconoscimento dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettivo [1] per poter utilizzare soldati mussulmani, soprattutto del Kazakhistan, nulla accadde. A dispetto delle richieste di aiuto di Damasco, Mosca tacque a lungo. L'aeronautica militare russa arrivò solo dopo tre anni e cominciò a bombardare le installazioni jihadiste sotterranee.
Nei tre anni che seguirono, numerosi incidenti contrapposero Russia e Stati Uniti. Il Pentagono si lamentò, per esempio, dell'anomala aggressività dei bombardieri russi che si avvicinavano alle coste statunitensi. A Damasco ci si chiedeva la ragione del silenzio di Mosca, domandandosi se avesse dimenticato gli impegni presi. Così non era. La Russia stava allestendo segretamente un nuovo arsenale e approdò in Siria solo quando ritenne di essere pronta.
Subito, sin dall'inizio dell'intervento in Siria, l'esercito russo installò, in un raggio di 300 chilometri intorno a Laodicea, un sistema non di disturbo, bensì di sconnessione dei comandi NATO. Lo stesso sistema venne poi installato nel Mar Nero e a Kaliningrad. Oltre a nuovi aeromobili, la Russia utilizzò missili da crociera più precisi di quelli degli USA, lanciati dalla sua marina dal Mar Caspio. Il mese scorso Mosca ha testato sul campo aerei multifunzione dalle performance sinora sconosciute.
Secondo i generali USA sul campo, è evidente che l'esercito russo dispone di forze convenzionali ormai più efficaci di quelle degli Stati Uniti. Ciononostante, i generali che stanno al Pentagono continuano a dubitare dei progressi tecnologici russi, talmente sono sicuri che la superiorità militare statunitense sia eterna. Secondo loro, è semplicemente ridicolo fare un confronto tra le due forze armate, visto che gli Stati Uniti dispongono di un budget otto volte superiore a quello della Russia. Tuttavia, mai nella scienza militare si sono raffrontate le performance di due eserciti rivali basandosi unicamente sull'ammontare del budget, come Vladimir Putin non ha mancato di sottolineare facendo menzione della qualità eccezionale dei soldati russi paragonati a quelli americani.
Comunque sia, benché siano messi un po' meglio per quanto riguarda le armi convenzionali, i russi non possono simultaneamente impegnarsi in più scenari operativi e Washington ha sempre mantenuto sinora la superiorità nelle armi nucleari.
L'entrata in guerra della fanteria russa, il 24 febbraio 2018, nella Ghuta di Damasco è certamente frutto di un accordo con gli Stati Uniti, che si sono impegnati a non interessarsi più della Siria e, dunque, a non replicare il logoramento che organizzarono contro l'Armata Rossa in Afghanistan. Ed è anche il segno che ora il Pentagono teme che l'esercito russo gli renda la pariglia altrove nel mondo.
Ed è precisamente in questo momento che il presidente Putin ha deciso di contestare la superiorità nucleare USA, annunciando, nel discorso al parlamento del 1° marzo scorso, che la Russia possiede un formidabile arsenale nucleare.
I programmi russi sono suppergiù noti da un pezzo, ma gli esperti immaginavano che non sarebbero stati operativi prima di molto tempo. Invece, per la maggior parte lo sono già. C'è da chiedersi come i russi abbiano potuto metterli a punto all'insaputa dell'intelligence USA. Tuttavia l'hanno fatto con il Su-57: la CIA supponeva non potesse essere pronto prima del 2025, mentre è stato testato in combattimento tre settimane fa.
Vladimir Putin ha rivelato il suo nuovo arsenale. Il missile balistico intercontinentale (ICBM) Sarmata (dal nome di un antico popolo russo che praticava l'uguaglianza fra uomini e donne) riprende la tecnica della "testata orbitale", che negli anni Settanta ha reso possibile la superiorità dei russi, abbandonata dall'Unione Sovietica in seguito alla firma e alla ratifica degli accordi SALT II. Ebbene, il senato USA non ha mai ratificato tale Trattato, così facendolo decadere. Questo tipo di missile, la cui testata, messa in orbita e poi entrata nell'atmosfera, si avventa sul bersaglio, con un raggio d'azione illimitato. I Trattati che proibiscono la nuclearizzazione dello spazio vietano di mettere una carica nucleare in orbita permanente, ma non ne vietano l'ingresso nello spazio per una parte del tragitto. Allo stato attuale della scienza militare, questo missile non può essere intercettato mentre si trova nello spazio. Il Sarmata può comparire nell'atmosfera e attaccare qualunque cosa, ovunque.
Il missile Daga (Kinzhal in russo), che deve essere tirato da un bombardiere per raggiungere nell'atmosfera una velocità ipersonica, ossia superiore cinque volte a quella che occorre per raggiungere il muro del suono. Questa velocità vertiginosa rende impossibile intercettarlo. Il Daga è stato testato con successo tre mesi fa.
La Russia dispone anche di un motore a energia nucleare (ossia di una centrale nucleare), miniaturizzato al punto da poter equipaggiare un missile da crociera a carica nucleare. Poiché i missili da crociera hanno una traiettoria imprevedibile e poiché questo motore ha un'autonomia pressoché infinita, i missili così allestiti sono per il momento invincibili.
Questo motore permette a un drone sottomarino di trasportare una carica nucleare considerevole a una velocità parecchie volte superiore a quella di un sottomarino classico. Oltre agli effetti radioattivi, la carica trasportata può scatenare uno tsunami di 500 metri di altezza al largo di qualsiasi costa atlantica.
Ancora, la Russia sta cercando di mettere a punto un proiettile supersonico, l'Avanguardia, che sommerebbe non soltanto le peculiarità del passaggio nello spazio del Sarmata e della velocità del Daga, ma avrebbe anche una traiettoria che potrebbe essere corretta lungo il tragitto.
Le nuove armi nucleari russe sono pensate per rendere inoperante lo "scudo" antimissile, che da una quarantina d'anni il Pentagono sta allestendo, base dopo base, nel mondo intero. Non è un problema di superiorità di forza, ma di concezione tecnica. Di fronte a queste armi, il principio dello scudo non offre alcuna possibilità di difesa.
Ma non è finita: il presidente Putin ha annunciato la realizzazione di un'arma laser di cui non ha svelato le caratteristiche. Pare sia in grado di intercettare una parte dei vettori USA.
Per il momento, gli stati-maggiori dei Paesi membri della NATO non credono una parola di queste affermazioni, tanto queste armi sono ai loro occhi fantascienza.
Tuttavia, la storia ci ha insegnato che la Russia, Paese degli scacchi e non del poker menzognero, non bluffa mai sul proprio arsenale. Spesso ha dato a intendere che armi ancora in fase di studio fossero operative, ma non ha mai ufficialmente spacciato per armi "pronte al combattimento" quelle che invece ancora non lo erano. Le oltre 200 nuove armi utilizzate in Siria ci hanno convinto del progresso tecnologico raggiunto dagli scienziati russi.
I notevolissimi progressi della Russia hanno fatto perdere agli Stati Uniti il privilegio della prima offensiva. Ora, in caso di guerra nucleare, i due Grandi potranno colpirsi vicendevolmente. È vero che gli USA avranno a disposizione un numero considerevolmente maggiore di missili a testata nucleare, ma la Russia sarà in grado di intercettarne un gran numero. Avendo ciascuno la potenzialità di devastare più volte il pianeta, in questo tipo di scontro i due Paesi si troverebbero teoricamente di nuovo in situazione di parità.
Il complesso militar-industriale degli Stati Uniti è in panne da oltre una ventina d'anni. Il più importante progetto avionico della storia, l'F-35, doveva sostituire gli F-16, gli F-18 e gli F-22, ma Lockheed-Martin non è in grado di ideare i software annunciati. Allo stato attuale l'F-35 è in realtà totalmente inadempiente rispetto al capitolato e l'US Air Force sta considerando la possibilità di riprendere la produzione dei vecchi aeromobili.
Certo, il presidente Donald Trump e la sua squadra hanno deciso di attirare nuovi cervelli negli Stati Uniti per rilanciare la produzione di armamenti e costringere la lobby militar-industriale a corrispondere ai bisogni del Pentagono, invece di vendergli sempre le stesse vecchie carcasse. Però occorreranno almeno vent'anni per recuperare il ritardo accumulato.
I progressi della Russia, non solo sconvolgono l'ordine mondiale ristabilendo un sistema bipolare che smentisce le attese, ma costringono anche gli strateghi a ripensare la guerra.
La storia ci ha insegnato che pochi uomini sanno mettere immediatamente in atto i cambiamenti del paradigma militare. Nel XV secolo, quando gli eserciti francese e inglese si diedero battaglia ad Azincourt, i cavalieri francesi con l'armatura furono annientati dagli arcieri e dai balestrieri inglesi a piedi, sebbene questi fossero inferiori di numero. Tuttavia, i generali persistettero a privilegiare il corpo a corpo rispetto al combattimento a distanza con frecce e palle. Per un altro secolo i cavalieri in armatura continuarono a farsi massacrare sui campi di battaglia.
Per esempio, dopo la disfatta, nel 1991, del presidente Hussein nell'operazione Tempesta del deserto, non c'è stata più alcuna battaglia di carri. Eppure, quasi tutti gli eserciti non hanno saputo cogliere il monito di quanto accaduto. La vittoria nel 2006 di piccoli gruppi di Resistenti dello Hezbollah contro i carri Merkava israeliani ha dimostrato in modo inequivocabile la vulnerabilità di questi mezzi armati. Rari sono gli Stati che ne hanno tratto le conseguenze, come per esempio l'Australia e la Siria. La Russia stessa persiste a produrre enormi fortezze su cingoli che non resisterebbero ai loro stessi RPG [missili portatili anticarro, ndt] correttamente maneggiati.
L'arsenale russo è sicuramente invincibile se si cerca di combatterlo con metodi antiquati. Per esempio, è impensabile intercettare proiettili supersonici, ma si potrà forse prenderne il controllo prima che raggiungano l'apice della velocità. Le ricerche militari si stanno quindi orientando in direzione di un controllo dei comandi e delle comunicazioni nemiche. Che sfortuna! Anche in questo campo i russi sono in vantaggio.

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domenica 18 marzo 2018

Il giallo David Rossi / un libro per non dimenticare

"Se tu potessi vedermi ora" è il titolo del fresco di stampa firmato da Carolina Orlandi e dedicato a David Rossi, il compagno della madre ed ex capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, 'suicidato' dal quinto piano di palazzo Salimbeni, a Siena. Esce per la collana di Mondadori "Strade blu", uno strumento – sottolinea Carolina – per dar forza ai fatti.
La storia è tragicamente nota e la Voce (potete leggere i link in basso) ne ha scritto più volte,  soprattutto circa le incredibili (già due) richieste di archiviazione della procura di Siena, nonostante la mole di prove in grado di documentare come David "non si è suicidato" ma è stato suicidato.
Lo conferma Carolina, 25 anni, che ha trovato la forza di raccontare in prima persona "chi era davvero David e cosa vuol dire per una famiglia normale trovarsi da un giorno all'altro dentro una vicenda come questa: era necessario poterla raccontare – prosegue – per esorcizzarla e riuscire a razionalizzarla".
Ecco come è nata la forza della narrazione: "ero a lezione per un corso di giornalismo e mi è arrivato un lampo. Ho capito che la mia verità, al di là delle carte e del tribunale, doveva essere raccontata. Voglio che questo libro porti innanzitutto consapevolezza negli altri per quanto riguarda la nostra storia, così come per tante altre. Spero che davanti a situazioni simili non possa più esserci indifferenza". E sono tanti i tragici buchi neri sui quali è stata piazzata un'altra pietra tombale dalla giustizia di casa nostra, o sta per esserlo: per fare un solo, clamoroso esempio l'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
O nel caso del campione di ciclismo Marco Pantani, un altro giallo su cui è calata la scure dell'archiviazione, decisa in Cassazione a settembre 2017, nonostante le 100 e passa anomalie documentate dal legale della famiglia, Antonio De Renzis.
E di anomalie è zeppa la fine di David Rossi. Ne riporta alcune alla memoria Carolina. "Mi attengo a ciò che ormai sanno tutti. La caduta dell'orologio di David, 33 minuti dopo l'impatto del suo corpo sul selciato; le ferite sulla parte anteriore del corpo, non compatibili con la caduta; il fatto che la Procura non ha mai chiesto di esaminare i filmati delle telecamere interne alla banca".
Visto che la procura senese dorme, oggi ad indagare c'è quella di Genova. Verrà fatta finalmente luce sul giallo? Verrà spiegato come mai le toghe toscane sono assonnate ? E il perchè di non pochi depistaggi?
Nella foto Carolina Orlandi

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