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mercoledì 30 gennaio 2019

La pubblicità e il mondo accademico stanno controllando i nostri pensieri


Complici dell’industria pubblicitaria, le università ci inducono in tentazione, invece di  avvisarci come dovrebbero.
In che misura noi decidiamo? Ci diciamo di scegliere il corso delle nostre vite, ma è vero? Se io o voi fossimo vissuti 500 anni fa, la nostra visione del mondo, e le decisioni che avremmo preso di conseguenza, sarebbero state completamente diverse. Le nostre menti sono formate dall’ambiente sociale, in particolare dal sistema di credenze progettato da quelli al potere: una volta erano i monarchi, gli aristocratici e i teologi, oggi sono  le  multinazionali, i miliardari e i media.
Gli umani, i mammiferi sociali per eccellenza, sono spugne intellettuali ed etiche. Assorbiamo inconsciamente, nel bene o nel male, le influenze che ci circondano. Infatti, la sola idea che sia possibile formare le nostre stesse menti è un concetto acquisito, che cinque secoli fa sarebbe stato piuttosto alieno alla maggior parte delle persone. Questo non significa che non abbiamo capacità indipendenti di pensiero. Ma che per esercitarle, noi dobbiamo, con coscienza e grande sforzo, nuotare contro la corrente sociale che ci trascina, per lo più senza che ce ne rendiamo conto.
Però, anche se siamo complessivamente formati dall’ambiente sociale, certamente controlliamo le piccole decisioni che prendiamo? A volte. Magari. Ma anche qua siamo soggetti a una influenza costante, della quale vediamo una parte, ma non la gran parte. E c’è una grande industria che cerca di decidere al posto nostro. Le sue tecniche diventano sempre più sofisticate ogni anno, sfruttando le più recenti scoperte della neuroscienza e della psicologia. Tutto ciò ha il nome di pubblicità.
Ogni anno, vengono pubblicati nuovi libri su questo argomento, con titoli come Il Codice della Persuasione: Come il Neuromarketing Può Aiutarti a Persuadere Chiunque, Dovunque, in Qualsiasi MomentoAnche se molti libri sono senza dubbio sopravvalutati, essi descrivono anche una disciplina che si sta rapidamente  avvicinando alle nostre menti, rendendo sempre più difficile il pensiero indipendente. Pubblicità più sofisticate si intrecciano con tecnologie digitali progettate per eliminare le agenzie.
Quest’anno, lo psicologo infantile Richard Freed ha spiegato come nuove ricerche psicologiche siano state usate per sviluppare social media, videogiochi, telefonini con qualità genuinamente assuefative. Ha citato un esperto tecnologo che si vantava, con apparente giustificazione: “Abbiamo l’abilità di girare un po’ di manopole di controllo di una machine learning che abbiamo costruito e nel mondo centinaia di migliaia di persone cambieranno lentamente il loro comportamento in modi che, a loro insaputa, sembreranno naturali ma che in realtà sono stati progettati.”
L’obiettivo di questa intrusione mentale è di creare piattaforme pubblicitarie più efficaci. Ma lo sforzo è vano se noi manteniamo l’abilità di resistervi. Facebook, in accordo con un rapporto trapelato, ha svolto ricerche, condivise con un agenzia pubblicitaria, per determinare quando gli adolescenti che usano il suo network si sentono insicuri, inutili o stressati. Questo sembra essere il momento migliore per colpirli con micro promozioni mirate. Facebook ha negato di offrire “strumenti che prendono di mira le persone in base ai loro stati d’animo.”


Facebook, secondo un rapporto trapelato, ha sviluppato strumenti per determinare quando gli adolescenti che usano la sua rete si sentono insicuri, senza valore o stressati.


Ci possiamo aspettare che le agenzie commerciali proveranno qualsiasi stratagemma legale che possono portare a termine. Resta una decisione della società, rappresentata dai governi, se fermarli, attraverso quel tipo di regolamentazione che è venuta a mancare finora. Ma ciò che mi lascia perplesso e mi disgusta anche più di questo fallimento è la volontà delle università di ospitare e aiutare i pubblicizzanti ad entrare nel nostro cervello. L’ideale dell’Illuminismo, che le università affermano di abbracciare, è quello che ognuno dovrebbe pensare per se stesso. Quindi perché gestiscono dipartimenti in cui i ricercatori esplorano nuovi modi per bloccare questa capacità?
Lo chiedo perché, mentre consideravo la pazzia del consumismo  che in questo periodo dell’anno cresce oltre il livello normale di distruzione del pianeta, mi sono recentemente imbattuto in uno studio che mi ha meravigliato. È stato scritto da accademici delle università pubbliche in Olanda e negli Stati Uniti. Mi è parso che il loro obiettivo fosse decisamente in contrasto con l’interesse pubblico. Cercavano di identificare “i diversi modi in cui i consumatori resistono alla pubblicità, e le tattiche che possono essere usate per contrastare o evitare questa resistenza”.
Tra le tecniche “neutralizzanti” era evidenziata “camuffare l’intento persuasivo di un messaggio”; distrarre la nostra attenzione usando frasi confuse che rendono più difficile concentrarsi sull’intento del pubblicizzante; e “usare l’esaurimento cognitivo come tattica per ridurre l’abilità del consumatore nell’affrontare i messaggi”. Questo significa colpirci con un numero talmente alto di pubblicità da esaurire le risorse mentali, distruggendo la nostra capacità di pensare.
Incuriosito, ho cominciato a cercare studi accademici sullo stesso tema e ho trovato un’intera letteratura. C’erano articoli su ogni aspetto immaginabile di resistenza e suggerimenti che aiutavano a superarlo. Per esempio, mi sono imbattuto in uno studio che consiglia chi fa le pubblicità su come ricostruire la fiducia pubblica quando una celebrità con cui stanno lavorando si trova nei guai. Piuttosto che scaricare il prezioso collaboratore, i ricercatori suggeriscono che il modo migliore per recuperare “il fascino autentico e persuasivo di un testimonial”, la cui notorietà è calata, sia di fargli sfoderare  un “sorriso di Duchenne”, anche conosciuto come “sorriso genuino”. Lo studio ha precisamente anatomizzato questi sorrisi, fatto vedere come individuarli, discusso la “costruzione” della sincerità e “genuinità”: un magnifico esercizio di inaudita autenticità.
Un altro studio considerava come persuadere persone scettiche ad accettare le dichiarazioni di responsabilità sociale da parte di una multinazionale, specialmente quando queste pretese sono in conflitto con gli obiettivi finali della compagnia. (Un ovvio esempio è quello dei tentativi della Exxon Mobil di convincere le persone che l’azienda è ecologicamente responsabile perché compie ricerche su combustibili derivati da alghe, i quali un giorno potrebbero ridurre la CO2, anche se continua a pompare milioni di barili di petrolio al giorno). Speravo che lo studio consigliasse che il miglior modo per persuadere la gente fosse, per una compagnia, quello di cambiare pratica. Invece, gli autori della ricerca mostrano come immagini e comunicazioni possono essere combinate per minimizzare lo scetticismo delle persone interessate.
Un ulteriore studio trattava le pubblicità che lavorano sulla stimolazione FOMO – fear of missing out (la paura di perdersi qualcosa – n.d.T.). Si è notato come questi annunci funzionino tramite la “motivazione controllata”, che è una “maledizione per il benessere”. Le pubblicità FOMO, spiega la studio, tendono a causare un disagio in quelli che le notano. Continua poi mostrando come una migliore conoscenza della risposta delle persone “offra l’opportunità di innalzare l’efficacia di FOMO come possibile attivatore di acquisti”. Una tattica suggerita è di mantenere stimolata la paura di perdersi qualcosa, durante e dopo la decisione di comprare. Questo, suggeriscono, rende le persone più suscettibili ad altre pubblicità sulla stessa linea.
Sì, lo so: io lavoro in un’industria che riceve la maggior parte degli introiti dalla pubblicità, quindi ne sono complice anch’io. Ma quindi tutti lo siamo. La pubblicità, con un impatto distruttivo sul pianeta in cui viviamo, sulla nostra pace dei sensi e sulla nostra libertà, risiede nel cuore dell’economia basata sulla continua crescita. Questo ci dà ancora più ragioni per contrastarla. Tra i luoghi in cui questa sfida dovrebbe iniziare ci sono le università e le società accademiche, che dovrebbero impostare e mantenere gli standard etici. Se non riescono loro a nuotare contro queste correnti di desiderio calcolato e pensiero calcolato, chi lo potrà fare?
GEORGE MONBIOT è cronista del Guardian.
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da STEFANO
Fonte: comedonchisciotte.org

martedì 15 gennaio 2019

Benvenuti nel nuovo medioevo della religione scientista

VacciniLa scienza è fondata sul dubbio. Senza il dubbio, saremmo ancora tutti convinti che il sole giri intorno alla terra. I primi a introdurre il metodo scientifico furono considerati dei matti e perseguitati come eretici, perché mettevano in discussione le "verità consolidate" al tempo vigenti. Furono ridicolizzati, emarginati, perseguitati, condannati e non di rado anche uccisi, nel roboante applauso delle folle. Mille anni più tardi, abbiamo gli "scientisti": persone di ogni età, estrazione sociale e livello di cultura formale che riducono la scienza ad una religione, una patologica caricatura di se stessa. Condividono e promuovono una fede cieca in qualcosa che definiscono "verità scientifica", considerano matti e perseguitano come eretici tutti coloro che su di essa avanzano dei dubbi e li mettono in discussione. In questa nuova e triste religione, i medici e gli scienziati che difendono l'ortodossia diventano altrettanti profeti e vescovi, con masse di penitenti che demandano a questi loro nuovi sacerdoti la salvezza dei loro corpi e delle loro anime. Dai pulpiti televisivi i nuovi predicatori annunciano le pestilenze infernali: «L'aviaria vi colpirà, la peste suina cadrà su di voi, il morbillo ucciderà i vostri figli partendo da Disneyland e arrivando fino a Gardaland!».
E in coro rispondono le masse: «Difendici dall'epidemia, oh gloriosa Scienza Ufficiale! Dacci oggi le nostre pillole colorate, allontana da noi queste terribili malattie, vaccina i nostri figli appena nati prima che il batterio luciferino entri in loro». Ora come allora, i medici e gli scienziati che pongono dubbi all'ortodossia vengono considerati traditori ed eretici; radiati, emarginati, derisi nel roboante applauso delle folle esattamente come mille anni or sono. Non è un mistero perché la scienza sia stata corrotta fino a trasformarsi in questa triste religione: pochissime persone hanno il coraggio di affrontare la responsabilità di esistere. L'idea che ci sia qualcuno, qualcosa, che dia un ordine all'esistenza è una consolazione enorme, archetipica. I bambini la cercano fisiologicamente nei genitori e, benché crescendo anagraficamente, la maggior parte degli individui non riesce a superare tale condizione. Per questo le religioni accompagnano da sempre la nostra specie, forniscono il surrogato necessario: un genitore celeste, estraneo ad errori e fraintendimenti, che ci rassicuri in massa dal terrore del vuoto.
Quando però le religioni sfumano, le credenze si sgretolano, come è avvenuto negli ultimi mille anni, ecco che lo "scientismo" offre nuove sponde cui aggrapparsi. Un nuovo, freddo e rigoroso – ma perlomeno apparentemente solido – ordine esistenziale che plachi il terrore dello smarrimento. Il medioevo ci ha raggiunti di nuovo, sostituendo il saio con un camice da laboratorio, la gogna fisica con quella mediatica, la bibbia con i "dati ufficiali", le chiese con i media. I nuovi sacerdoti e inquisitori, medici e scienziati "di sistema", difendono l'ortodossia scientista con la stessa arroganza, la medesima ottusa spietatezza dei loro predecessori, ma con regole e liturgie rinnovate. Le masse di spaventati, furiosi, manovrati, sfruttati e del tutto inconsapevoli fedeli, invece, sono sempre le stesse.
(Stefano Re, "Benvenuti nel nostro glorioso neo-medioevo scientista", dalla pagina Facebook di Re del 29 giugno 2017).
La scienza è fondata sul dubbio. Senza il dubbio, saremmo ancora tutti convinti che il sole giri intorno alla terra. I primi a introdurre il metodo scientifico furono considerati dei matti e perseguitati come eretici, perché mettevano in discussione le "verità consolidate" al tempo vigenti. Furono ridicolizzati, emarginati, perseguitati, condannati e non di rado anche uccisi, nel roboante applauso delle folle. Mille anni più tardi, abbiamo gli "scientisti": persone di ogni età, estrazione sociale e livello di cultura formale che riducono la scienza ad una religione, una patologica caricatura di se stessa. Condividono e promuovono una fede cieca in qualcosa che definiscono "verità scientifica", considerano matti e perseguitano come eretici tutti coloro che su di essa avanzano dei dubbi e li mettono in discussione. In questa nuova e triste religione, i medici e gli scienziati che difendono l'ortodossia diventano altrettanti profeti e vescovi, con masse di penitenti che demandano a questi loro nuovi sacerdoti la salvezza dei loro corpi e delle loro anime. Dai pulpiti televisivi i nuovi predicatori annunciano le pestilenze infernali: «L'aviaria vi colpirà, la peste suina cadrà su di voi, il morbillo ucciderà i vostri figli partendo da Disneyland e arrivando fino a Gardaland!».

E in coro rispondono le masse: «Difendici dall'epidemia, oh gloriosa Scienza Ufficiale! Dacci oggi le nostre pillole colorate, allontana da noi queste terribili malattie, vaccina i nostri figli appena nati prima che il batterio luciferino entri in loro». Ora come allora, i medici e gli scienziati che pongono dubbi all'ortodossia vengono considerati traditori ed eretici; radiati, emarginati, derisi nel roboante applauso delle folle esattamente come mille anni or sono. Non è un mistero perché la scienza sia stata corrotta fino a trasformarsi in questa triste religione: pochissime persone hanno il coraggio di affrontare la responsabilità di esistere. L'idea che ci sia qualcuno, qualcosa, che dia un ordine all'esistenza è una consolazione enorme, archetipica. I bambini la cercano fisiologicamente nei genitori e, benché crescendo anagraficamente, la maggior parte degli individui non riesce a superare tale condizione. Per questo le religioni accompagnano da sempre la nostra specie, forniscono il surrogato necessario: un genitore celeste, estraneo ad errori e fraintendimenti, che ci rassicuri in massa dal terrore del vuoto.

Quando però le religioni sfumano, le credenze si sgretolano, come è avvenuto negli ultimi mille anni, ecco che lo "scientismo" Stefano Reoffre nuove sponde cui aggrapparsi. Un nuovo, freddo e rigoroso – ma perlomeno apparentemente solido – ordine esistenziale che plachi il terrore dello smarrimento. Il medioevo ci ha raggiunti di nuovo, sostituendo il saio con un camice da laboratorio, la gogna fisica con quella mediatica, la bibbia con i "dati ufficiali", le chiese con i media. I nuovi sacerdoti e inquisitori, medici e scienziati "di sistema", difendono l'ortodossia scientista con la stessa arroganza, la medesima ottusa spietatezza dei loro predecessori, ma con regole e liturgie rinnovate. Le masse di spaventati, furiosi, manovrati, sfruttati e del tutto inconsapevoli fedeli, invece, sono sempre le stesse.

(Stefano Re, "Benvenuti nel nostro glorioso neo-medioevo scientista", dalla pagina Facebook di Re del 29 giugno 2017).

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lunedì 14 gennaio 2019

Un impero finanziario nazista lavora nell’ombra fin dal 1943


750 società internazionali che sopravvivono ancora oggi
e delle quali si sa poco o nulla


Il partito nazista non è morto con la fine della Seconda Guerra Mondiale, ma sarebbe sopravvissuto fino ai giorni nostri nascondendosi dietro l’apparenza di grandi società internazionali che, ancora oggi, operano indisturbate ovunque nel mondo. Questa pagina di storia che affonda le proprie radici nell’Europa degli anni Quaranta, non è mai stata resa nota a causa di accordi che nessuno, da entrambe le rive dell’Atlantico, aveva interesse a rendere pubblici. Sin dal 1942, infatti, gli uomini dello staff di Hitler sapevano che la Germania sarebbe uscita sconfitta da un confronto bellico globale, per cui presero tutte le misure opportune per mantenere salda l’organizzazione del partito nazista, anche a guerra conclusa, fornendo un valido e fattivo aiuto a tutti i tedeschi che avessero voluto fuggire in altri Paesi. L’obiettivo: ricostruire la loro struttura politica in via occulta, con l’aiuto della grande finanza mondiale, per una nuova e grande Germania. Lo stesso Hitler aveva ordinato la creazione di una rete clandestina ed è assai probabile, se non certo, che due giorni prima della sua presunta morte nel bunker di Berlino, egli stesso sia fuggito in aereo insieme alla moglie Eva Braun e ai suoi uomini più fidati. La prima tappa sarebbe stata la Spagna, dove un sottomarino li avrebbe poi condotti nei lidi più sicuri del Sud America. Il ritrovamento dei cadaveri quasi interamente distrutti dalle fiamme di un uomo e di una donna fuori dal bunker, che in un primo tempo avevano fatto pensare erroneamente a Hitler e alla Braun, fu solo un banale depistaggio. Basti pensare che il corpo dell’uomo era alto 1 metro e 65 centimetri, contro il metro e 72 centimetri di Hitler. La donna, inoltre, aveva il petto squarciato da una bomba, mentre avrebbe dovuto avere soltanto un foro da proiettile alla testa.  In pratica, era il corpo di una donna rimasta uccisa durante i bombardamenti di quei giorni. E’ del tutto accertato, come spiegò a suo tempo Stalin agli alleati, che il corpo di Hitler non è mai stato trovato e che, secondo il leader comunista, il dittatore tedesco sarebbe fuggito prima che l’esercito russo occupasse interamente Berlino.

UN LIBRO PROFETICO

Curt RiessIl problema è che questa conclusione del più grande conflitto mondiale dei tempi moderni non appare in nessun testo di storia, anche se il piano dei nazisti per creare una loro struttura organizzativa segreta a livello mondiale era già stato rivelato dal libro “The Nazis go Underground” (I nazisti vanno in clandestinità) di Curt Riess, pubblicato dalla Doubleday, Doran and Co., Inc. di Garden City, New York, nel 1944. E quindi ben un anno prima che gli eserciti alleati costringessero alla resa i riottosi seguaci di Hitler. Riess era quello che oggi definiremmo un giornalista scrittore, ma anche un avventuriero, di una certa classe. Curt Martin Riess nacque il 26 gennaio del 1902 a Wurzburg, in Baviera, e studiò Filosofia, Letteratura ed Economia a Berlino, Monaco, Heidelberg, Zurigo e Parigi. A Berlino divenne giornalista, ma presto dovette fuggire a causa dell’avvento di Hitler al potere. Nel 1934 era cronista del Paris Soir, uno dei più grandi quotidiani europei di quel tempo, che lo inviò negli Stati Uniti come corrispondente. Il Paese gli  piacque e nel 1938 divenne cittadino statunitense. Da quel momento si mise a girare tra New York, Londra, Parigi e Hollywood come giornalista freelance. Pare, però, che lavorasse anche per i servizi segreti americani e, infatti, la fine della guerra lo La copertina di "The Nazis Go Underground"vede a Berchtesgaden, il rifugio favorito di Hitler sulle Alpi bavaresi. Tornò quindi a New York, per poi trasferirsi nuovamente in Baviera dove avrebbe voluto vivere. Ma ancora una volta cambiò idea e nel 1952 si trasferì definitivamente in Svizzera, dove poi morì alla rispettabile età di 90 anni. Oltre a “The Nazis go Underground”, di lui si conoscono i precedenti libri “Total Espionage” (Spionaggio Totale), Edizioni Putnam, 1941; “Underground Europe” (L’Europa Clandestina), Edizioni Dial, 1942; e il successivo “The Berlin Story” (La Storia di Berlino), Edizioni Dial, 1952, nel quale descrive il confronto tra Est e Ovest nella capitale tedesca a guerra finita. Nel suo libro “The Nazis go Underground” Riess descrive nei dettagli, mostrando una profonda conoscenza del mondo tedesco e dei nazisti in particolare, ciò che Hitler e i suoi stavano preparando da tempo, dopo aver dichiarato guerra al mondo intero. Da buoni tedeschi, i nazisti avevano già pronto un Piano B da utilizzare nel caso, da loro considerato molto probabile, che avrebbero perso la guerra. Riess avvertiva così i suoi amici americani e inglesi dei preparativi in atto, ma a quanto pare nessuno gli volle dare retta. Almeno apparentemente. Per cui, a guerra conclusa, nessuno volle prendere come probabile la fuga del dittatore tedesco in Sud America, passando dalla Spagna del generalissimo Franco. E, almeno ufficialmente, nessuno lo cercò o tentò di neutralizzare la potente struttura economica che i tedeschi avevano costruito negli anni in Sud America e in buona parte del mondo.

LA VIA DI FUGA DEI I NAZISTI

Jim MarrsPerché questo avvenne? La risposa la troviamo nel libro “The Rise of the Forth Reich - The secret societes that threaten to take over America” (L’ascesa del Quarto Reich - Le società segrete che minacciano di impossessarsi dell’America), Edizioni New York Times Bestseller, di Jim Marrs. Giornalista e scrittore di chiara fama negli Stati Uniti, non risulta che le sue opere siano mai state tradotte in italiano. Marrs è nato il 5 dicembre 1943 a Fort Worth, in Texas, dove si è laureato in giornalismo presso la locale University of North Texas. Successivamente ha conseguito anche un Master alla Graduate School of Texas Tech, a Lubbok, prima di passare a tempo pieno alla professione del giornalista. Per un certo periodo di tempo ha lavorato anche per i servizi di intelligence del suo Paese durante la guerra del Vietnam. A dare notorietà a Marrs sono stati i suoi libri, tutti documentatissimi e pieni di notizie. Uno per tutti: “Crossfire: the Plot that killed Kennedy” (Tiro incrociato: il complotto che uccise Kennedy), dal quale Oliver Stone ha tratto il film sul 35° presidente americano, assassinato a Dallas nel 1963. Jim Marrs è morto a Springtown, nel suo adorato Texas, il 2 agosto 2017. Aveva 74 anni.
Il libro “The Rise of the Fourth Reich” è un chiaro ed esplicito atto d’accusa nei confronti dell’amministrazione americana che non solo avrebbe coperto la fuga di Hitler dal bunker, ma ne La copertina di "The Rise of the Fourth Reich"avrebbe difeso anche l’esistenza impedendo che qualcuno potesse in qualche modo mettersi sulle sue tracce. Questo sarebbe avvenuto in segreto, è ovvio. Perché l’intelligence americana avrebbe seguito tutte le tracce lasciate dal dittatore tedesco e dai suoi accoliti, affinché non creassero ulteriori danni. Il tutto per coprire diversi miliardari americani (stiamo parlando del Gotha della finanza mondiale) che non solo avrebbero continuato a trafficare con i nazisti durante la guerra, ma avrebbero anche rifornito il loro esercito mentre in Europa le truppe americane combattevano i tedeschi e i loro alleati. Per esempio, erano americani i rifornimenti che riceveva il generalissimo Franco durante la guerra civile spagnola. Il silenzio su questi avvenimenti sarebbe stata la polizza di assicurazione per Hitler e i suoi prima che i soldati russi del generale Zukov issassero la bandiera rossa sulle rovine del Reichstag.
Solo ultimamente, in questi ultimi anni, la CIA avrebbe consentito a History Channel della A&E Networks di New York di svelare con il programma televisivo “Hunting Hitler” ciò che in effetti i tedeschi riuscirono a realizzare in Sud America. Anche perché ormai tutta la generazione di quel periodo è sottoterra, Hitler compreso. I nuovi gestori e padroni di quell’immenso patrimonio industriale e finanziario ormai sono altre persone e nessuno conosce le loro identità o i nomi delle società che fanno parte di quell’impero nascosto. Soprattutto, però, nessuno sa se questi grandi gruppi industriali stiano ancora portando avanti il progetto di Bormann e, nel caso, come siano collocati nel mondo finanziario moderno.

mercoledì 9 gennaio 2019

Insieme per il copyright

L'accesso alle informazioni e alla creatività online è una risorsa per tutti noi

Troviamo un modo migliore per aggiornare le regole sul copyright in Europa.

Ogni giorno, miliardi di persone accedono a Internet per usufruire di un'ampia gamma di notizie, intrattenimento, tutorial e altro ancora.
Per i giornalisti, gli artisti e gli autori di questi contenuti Internet è diventato una piattaforma essenziale che permette loro di condividere informazioni e idee, trovare un pubblico e guadagnarsi da vivere.
La legge europea sul copyright mira a supportare gli autori e gli editori consentendo loro di decidere in che modo il proprio lavoro può essere consultato e condiviso. Inoltre, protegge il diritto del pubblico a trovare e usufruire di questo lavoro, nonché condividerlo.
Siamo consapevoli che le leggi devono essere aggiornate e adattate all'era di Internet. Tuttavia, la proposta di direttiva sul copyright dell'UE può avere conseguenze indesiderate che potrebbero limitare la varietà di informazioni disponibili online.
Insieme possiamo trovare una soluzione che protegga la ampia gamma di contenuti presenti sul Web, così come gli autori che li producono.

Cosa si rischia?

La versione proposta dal Parlamento europeo potrebbe far sì che servizi come YouTube e la Ricerca Google debbano limitare la varietà di contenuti offerti.

Che cosa sta facendo Google al riguardo?

Stiamo collaborando con rappresentanti politici, editori e autori per suggerire modifiche alla direttiva sul copyright affinché possa davvero rispondere alle intenzioni per cui è stata scritta - tutelare la creatività e il giornalismo. In particolare, alcune delle modifiche che suggeriamo sono:
I servizi che agiscono con diligenza per proteggere i titolari dei diritti non dovrebbero essere ritenuti responsabili di violazioni del copyright senza preavviso.
I titolari di diritti e le piattaforme dovrebbero lavorare assieme per identificare la proprietà dei diritti.
Agli editori dovrebbe essere data la libertà di scegliere in che modo rendere disponibili online i loro contenuti.
L'articolo 11 mira a difendere il giornalismo di qualità. Per raggiungere questo obiettivo, questo articolo dovrebbe fornire una definizione precisa che specifichi quali sono i contenuti di informazione creati dagli editori di notizie, senza includere altri editori.

Perché abbiamo scelto di contattarti

Quando la maggior parte delle persone viene a conoscenza delle conseguenze di una legge, di solito questa è già entrata in vigore. La nostra speranza è che, aprendo un dialogo in anticipo, sia possibile trovare una soluzione migliore per tutti.
Condivideremo tutti gli ultimi aggiornamenti e sviluppi nel corso del tempo. Inoltre, per ulteriori informazioni sulle possibili conseguenze indesiderate per YouTube, consulta questa pagina.

È PRONTO IL BAVAGLIO UE PER L’INFORMAZIONE LIBERA



Una bufera si abbatterà presto sull'informazione libera. La Ue vuole blindare le prossime elezioni europee, ed è pronta a tutto. Se non reagiamo ora, domani sarà tardi. Questo è molto altro nella nuova edizione del mini-tg di Byoblu

Fonte: www.byoblu.com #LightBlu 12

giovedì 3 gennaio 2019

“EUROGENDFOR” / TUTTI I MISTERI DI UNA POLIZIA PARALLELA EUROPEA ANTI PROTESTE POPOLARI



Emmanuel Macron

Francia sempre in ebollizione. Oggi sono i gilet gialli a cavalcare una più che giusta protesta contro il dispotismo macroniano. Scendono in piazza per denunciare tasse e carovita, nonché una spregiudicata gestione del potere da parte di roi Macròn.
Il quale non è nemmeno in grado di arginare il terrorismo, come dimostrano gli ultimi fatti di sangue al mercatino di Natale a Strasburgo.
Ma non va dimenticato che ben 15 anni fa, per la precisione nel 2003, fu il ministro francese della Difesa, Alliot-Marie, durante un incontro dei ministri della Difesa dell'Unione europea a Roma, a lanciare l'idea di creare un corpo di Polizia europeo. La Voce, con un articolo di Antonella Beccaria del 2010 (qui sotto allegato), fu una delle prime testate a darne la notizia e a lanciare l'allarme per un'iniziativa del tutto spregiudicata e ai confini della legalità.

I PRIMI VAGITI DI EUROGENDFOR
L'anno seguente, nel 2004, in Olanda cinque rappresentanti di altrettanti Paesi europei (Francia, Italia, Olanda, Spagna e Portogallo) hanno firmato una prima bozza per quella che hanno chiamato "EuroGendFor", ovvero una Forza di Gendarmeria Europea. In tal modo quelle nazioni si impegnavano nel mettere a disposizione le proprie polizie militari per partecipare all'iniziativa.
Passiamo a gennaio 2006. Viene tenuto a battesimo il quartier generale, che viene ubicato a Vicenza. E' quindi il nostro Paese a farsi carico, in prima fila, di una simile operazione più che 'border line'.


Parata militare di EuroGendFor alla base di Vicenza. In alto gli scontri di Parigi e, nell'altra foto, il parlamentare del M5S Elio Lannutti

Infatti, il compito di quelle forze internazionali di polizia non era e non è quello di addestrarsi per contrastare i terrorismi, oppure la pericolosità di eventi criminosi, come le mafie internazionali, i traffici di armi e droga, la tratta delle schiave e la prostituzione, ma per un compito che riguarda "il controllo della folla". Della gente, dei cittadini che civilmente scendono in strada e osano protestare.
Nell'ottobre del 2008, poi, i cinque Paesi siglano il Trattato di Velsen, che dettaglia scopi, caratteristiche e finalità della stessa organizzazione militare. Di cui vengono precisati gli scopi: "costituire una forza di Gendarmeria Europea e operativa, preorganizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi, composta unicamente delle forze di polizia a statuto militare delle Parti, al fine di eseguire tutti i compiti di polizia previsti nell'ambito delle operazioni di gestione delle crisi".
Ecco quindi scendere in campo, e allertate per arginare le eventuali, giuste proteste dei cittadini, caso mai incazzati per quanto combinano i malgoverni di quei Paesi, la Gerdarmerie francese, i Carabinieri italiani, la Guardia civil spagnola, la Guardia nacional portoghese, la Marechausseè olandese.
Abbiamo mai saputo qualcosa circa tali attività che più 'coperte' non si può? I cittadini sono stati informati dai rispettivi governi di tali manovre assai poco trasparenti? Niente, una cortina di silenzio assoluta. Allineati e coperti i media, embedded i giornalisti.

I 5 STELLE VOGLIONO CHIAREZZA
Adesso i 5 Stelle vogliono vederci chiaro e presentano un'articolata interrogazione parlamentare ai ministeri degli Esteri, degli Interni e della Difesa, primo firmatario il senatore Elio Lannutti, più una dozzina di colleghi grillini.
In particolare i 5 Stelle vogliono sapere "se il Governo ritenga accettabile la costituzione di un esercito permanente di Polizia militare con l'obiettivo primario di occuparsi di ordine pubblico, il cui quartier generale è in Italia, con la finalità di pronto intervento per domare le rivolte popolari, addestrata al 'controllo della folla'".
Ancora: "se il Trattato di Velsen, ratificato nel 2010, nel più assoluto silenzio dei media, che contempla immunità e impunità per eventuali reati compiuti a danno dei cittadini e dei bene dello Stato, sia in sintonia con le norme internazionali e la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, tra i quali i concetti basilari di libertà e uguaglianza";
"se risulti al Governo che tale esercito di Polizia europea sia stato richiesto, ottenuto e prestato da qualche organizzazione internazionale, coalizione specifica, se sia stato utilizzato in Grecia per reprimere i moti di libertà del popolo greco, e più di recente in Francia, per tentare di domare le rivolte sociali del movimento dei 'Gilet Gialli' contro il governo Macron, e quali siano stati i protocolli di autorizzazione";
"se il Governo italiano ritenga necessaria l'immunità di cui gode 'EuroGendFor' sia nelle registrazioni in sede giudiziale, che negli eventuali abusi sul territorio italiano, qualora, nell'adempimento del servizio, uccidano, commettano illeciti, senza potere essere accusati, e se accusati, non potranno venire condannati, se condannati poi la sentenza non potrà essere eseguita";
"se non ritenga opportuno attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall'ordinamento, anche al fine di prendere in considerazione ogni eventuale sottovalutazione di significativi profili di accertamento che potrebbero profilare palesi violazioni di leggi, ordinamenti e norme di rango costituzionale".
Basta per avere, dopo tanti anni, un po' di trasparenza in un campo tanto delicato dove l'Italia si è impegnata in prima linea?

L'articolo per la Voce di Antonella Beccaria del novembre 2010
art Beccaria




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giovedì 27 dicembre 2018

Tempeste a comando? chi c'è dietro al tempo che fa

Durante tutta la lunga storia dell'umanità i fenomeni atmosferici e le catastrofi naturali hanno sempre rappresentato un qualcosa d'ineluttabile, totalmente disancorato da qualsivoglia attività antropica venisse svolta sul pianeta. Alluvioni, siccità, ondate di gelo o di caldo, così come terremoti, eruzioni vulcaniche, maremoti, uragani o trombe d'aria potevano forse venire attribuiti all'ira degli dei o alla volontà divina, ma la responsabilità dell'uomo nell'ambito di tali catastrofi non è mai andata oltre alla recriminazione per non essere riuscito ad ingraziarsi adeguatamente il "Padreterno".
Solamente nel corso dell'ultimo secolo si è iniziato ad avere la percezione (o la presunzione) che l'attività degli esseri umani potesse in qualche misura condizionare il clima terrestre ed i grandi eventi naturali che tormentano il nostro pianeta.....
Intorno alla metà del secolo scorso vennero compiuti i primi esperimenti di "bombardamento" delle nubi temporalesche per evitare il rischio di grandine e di irrorazione delle nuvole con cristalli di sale per favorire la formazione della pioggia. Mentre negli anni 80 l'allarme causato dal tristemente noto buco nell'ozono mise per la prima volta l'attività antropica sul banco degli imputati di un potenziale disastro a livello globale.

Durante gli ultimi decenni il convincimento che l'attività umana, volontariamente o involontariamente, sia in grado di condizionare tanto il clima quanto gli eventi naturali si è fatto progressivamente sempre più strada.
Da un lato la comunità scientifica mondiale attraverso i rapporti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha ufficialmente attribuito all'attività antropica, in particolare alle emissioni di anidride carbonica, il presunto aumento della temperatura di alcuni gradi che dovrebbe progressivamente avvenire nel corso del XXI secolo, meglio conosciuto come "riscaldamento globale". Ufficializzando scientificamente come l'attività dell'uomo sia in grado di mutare radicalmente il clima dell'intero pianeta e dando vita a tutta una serie di contromisure (la cui utilità resta assai dubbia) a partire dalla ratifica del protocollo di Kyoto e dalla creazione del progetto Agenda 21. Dichiarando esplicitamente come l'attività dell'uomo sia in grado di modificare in profondità il clima dell'intero pianeta, fino al punto da stravolgerne pesantemente gli equilibri.

Da un altro lato è ormai assodato come grandi opere infrastrutturali e attività estrattive o industriali siano in grado d'interagire anche pesantemente con l'ambiente a livello locale. Basti pensare alla mastodontica diga delle tre gole in Cina che ha cambiato significativamente il clima di un'intera regione, così come altre grandi dighe hanno reso prosperi o aridi territori di vastissime dimensioni. O considerare l'attività di fracking finalizzata all'estrazione petrolifera che è in grado di provocare eventi sismici anche di notevoli proporzioni. O ancora andare con la mente a disastri nucleari come quello di Cernobyl o di Fukushima che hanno stravolto profondamente l'equilibrio ambientale di enormi zone del nostro pianeta.

Ma se è vero che il clima e l'ambiente possono essere influenzati dall'attività umana in maniera accidentale (inquinamento, grandi opere, disboscamento intensivo, estrazione di combustibili fossili, attività industriali) è altrettanto vero che l'uomo sta dimostrando di essere potenzialmente in grado di stravolgere il clima e l'ambiente anche in virtù di scelte consapevoli. A Dubai per esempio, così come in molte zone della Cina e non solo, ormai da tempo le nubi vengono sistematicamente irrorate con cristalli di sale per aumentare le precipitazioni. E sempre a Dubai è allo studio perfino un progetto per la "costruzione" di una catena montuosa artificiale, finalizzata a cambiare il corso delle correnti e favorire la pioggia nel deserto.

Spostandoci dal locale al globale sono più di una le operazioni di geoingegneria che da tempo vengono portate avanti sottotraccia, dal progetto Haarp del Dipartimento della Difesa statunitense alla controversa questione delle scie chimiche, consistenti nell'irrorazione in atmosfera per mezzo di aerei civili e/o militari di tutta una serie di sostanze della più svariata natura, con lo scopo di condurre esperimenti concernenti la risposta degli ecosistemi agli stimoli indotti o con l'intenzione di cambiare le condizioni climatiche di alcune aree specifiche del pianeta, o ancora di veicolare vaccini ed agenti chimici presso le popolazioni. Naturalmente l'intera comunità internazionale nega la presenza di qualsiasi progetto indirizzato a stravolgere globalmente il clima e l'ambiente, ma non occorre essere complottisti per comprendere come nell'ambito della geoingegneria siano molte le operazioni riguardo alle quali l'opinione pubblica deve rimanere all'oscuro.
Se l'uomo potenzialmente è in grado di controllare il clima, dovrebbe essere chiaro a tutti come chi abbia fra le mani le chiavi di questo controllo possieda di fatto la più letale fra tutte le armi in circolazione. Il controllo climatico a livello globale può infatti permettere a chiunque sia in grado di gestirlo, di ridurre in ginocchio qualsiasi nazione "scomoda" mettendone in crisi l'economia e provocando catastrofi "naturali" in grado di creare molti più danni di quanto possa fare un bombardamento tradizionale.
Anche nell'ambito della "guerra ambientale" i progetti e le sperimentazioni non mancano affatto, ma come è logico aspettarsi tutto avviene nella segretezza più assoluta, mentre qualsiasi informazione trapeli a questo riguardo viene immediatamente bollata come delirio complottista di qualche esaltato.
La sensazione preponderante è quella che si vivesse più tranquilli quando a controllare il clima e l'ambiente erano gli dei, il Padreterno o il fato (a seconda di quali fossero le credenze religiose di ciascuno) ed almeno esisteva la speranza che bastasse qualche rito propiziatorio o qualche preghiera per sistemare tutto. 
Oggi che l'uomo in qualche misura sta coltivando l'ambizione di sostituirsi a "Dio" la speranza sembra essere ormai in via di estinzione e le conseguenze potrebbero produrre problemi che travalicano di gran lunga quelle che sono le nostre possibilità di piccoli esseri umani, di passaggio su un grande pianeta.

Marco Cedolin
Fonte Dolcevita online

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venerdì 21 dicembre 2018

Noi ricordiamo la Grande Guerra, mentre i Palestinesi la stanno Vivendo


C’è stato qualcosa di incredibilmente familiare nel modo in cui abbiamo commemorato quella che abbiamo definito la fine della  Prima Guerra Mondiale, avvenuta cento anni fa. Non sono state solo le cascate di papaveri o i nomi che ci suonavano familiari – Mons, Somme, Ypres, Verdun – ma essenzialmente il silenzio quasi totale su tutti i Morti della prima guerra mondiale, come se i loro occhi non fossero stati dello stesso colore dei nostri, come se il colore della loro pelle non fosse stato lo stesso della nostra, come se la loro sofferenza continuasse ancora dai giorni della Grande Guerra fino ad oggi.
Persino quei pochi inserti della Domenica che hanno provato ad allontanarsi dal fronte occidentale hanno toccato appena quelli che sono i postumi della guerra nella nuova Polonia, nella nuova Cecoslovacchia, nella nuova Jugoslavia e nella Russia bolscevica, accennando appena alla Turchia. Non si è detta una sola parola sulle grandi carestie – che hanno causato 1,6 milioni di morti – degli arabi del Levante, provocate dai saccheggi  dei turchi o dal blocco messo dagli alleati nella prima guerra mondiale. Ancora più sorprendente è che non sono riuscito a trovare nemmeno un riferimento ai grandi crimini contro l’umanità avvenuti durante la prima guerra mondiale – né l’assassinio degli ostaggi belgi compiuti dalle truppe tedesche nel 1914, né il  genocidio armeno di un milione e mezzo di cristiani civili nel 1915 compiuto dall’alleato turco-ottomano della Germania.
Chi ha parlato  della Dichiarazione di Balfour, quel documento scritto nel 1917 durante la Prima Guerra Mondiale  sul Medio Oriente, in cui si prometteva una patria in Palestina per gli ebrei e che contemporaneamente ha condannato gli arabi palestinesi (che all’epoca erano la maggioranza in Palestina) a quello che io chiamo  un refugeedom ? E chi ha parlato dell’accordo Sykes-Picot del 1916, quello che spaccò il Medio Oriente e tradì la promessa dell’indipendenza araba? E chi ha parlato dell’avanzata del Generale Allenby su Gerusalemme, colui che – oggi  sembra dimenticato da tutti i nostri amati commentatori –  per primo fece uso di gas in Medio Oriente? Siamo così toccati dalla ferocia della storia moderna in Siria e in Iraq, che dimentichiamo – o non sappiamo – che gli uomini di Allenby spararono proiettili di gas contro l’esercito turco a Gaza.
 Nei cimiteri di guerra alleati della prima guerra mondiale in Medio Oriente e in Europa ci sono decine di migliaia di tombe musulmane – algerini, marocchini, indiani – eppure non ne ho visto una sola foto e nemmeno una dei lavoratori cinesi che morirono sul fronte occidentale mentre trasportavano munizioni per le truppe britanniche, né dei soldati africani che combatterono e morirono per la Francia sulla Somme. Solo in Francia, sembra che il presidente Macron abbia ricordato questo momento saliente del conflitto, nel modo migliore che ha potuto, perché durante la Grande Guerra , oltre 30.000 uomini delle Comore, Senegal, Congo, Somalia, Guinea e Benin sono morti per la Francia.
C’era un monumento che li ricordava a Reims. Ma i tedeschi lanciarono un feroce attacco razzista contro le truppe nere dei francesi che parteciparono all’occupazione della Germania post-prima guerra mondiale per lo stupro delle donne tedesche e per evitare di “mettere in pericolo il futuro della razza tedesca”. Tutto falso, naturalmente, ma nel momento in cui le legioni di Hitler invasero la Francia nel 1940, la propaganda nazista aveva fatto il suo lavoro contro questi stessi uomini. Più di 2.000 soldati francesi neri furono massacrati dalla Wehrmacht nel 1940 e il monumento fu distrutto. È stato appena ricostruito e inaugurato appena in tempo per il centenario dell’Armistizio.
Poi c’è lo scherno sulle tombe dei morti. Dei 4.000 marocchini – tutti musulmani – inviati nel 1914 alla battaglia della Marna sopravvissero solo 800, altri morirono a Verdun. Dei 45.000 soldati marocchini del Generale Hubert Lyautey, ne furono uccisi 12.000 durante quella guerra. Ci volle una piccola rivista francese, Jeune Afrique, per raccontare che le tombe di molti dei morti marocchini ancora oggi sono segnate con la stella e la mezzaluna del califfato turco-ottomano. Ma i marocchini, benché facessero notoriamente parte dell’impero ottomano, stavano combattendo per la Francia contro i turchi, alleati della Germania. La stella e la mezzaluna non sono mai state il simbolo ufficiale dei musulmani. In ogni caso, i Marocchini al tempo della Grande Guerra già avevano una loro bandiera.
Ma naturalmente, il vero simbolo della Prima Guerra Mondiale con tutti i suoi effetti continuativi e sanguinosi si trova in Medio Oriente. I conflitti in quella regione – in Siria, in Iraq, in Israele, a Gaza, in Cisgiordania e nel Golfo – possono far risalire la loro genesi fino alla nostra titanica Grande Guerra. L’accordo Sykes-Picot ha diviso gli arabi. La guerra – solo pochi giorni dopo la disfatta di Gallipoli –  permise ai turchi di distruggere la minoranza cristiana che viveva in Armenia. I nazisti, ad ogni modo, amavano Mustafa Kemal Ataturk perché aveva “purificato” le minoranze interne. Quando Ataturk morì, il giornale del partito Volkischer Beobachter listò la sua prima pagina di nero. La divisione del Libano e della Siria e il loro sistema di amministrazione settario furono inventati dai francesi dopo essersi assicurati il mandato postbellico per governare il Levante. La rivolta in Iraq, dopo la prima guerra mondiale contro il dominio britannico fu in parte alimentata dal disgusto per la Dichiarazione di Balmour.
Maliziosamente, sono andato a scavare nella biblioteca dei vecchi libri di storia del mio defunto papà – quelli sulla Grande Guerra, terza battaglia della Somme, 1918 – e ho trovato degli scritti di Winston Churchill che, con rabbia e tristezza, parla degli “olocausti” degli armeni (usò esattamente questa parola) ma non riuscì a vedere nessun futuro per il mondo arabo nemmeno nella sua The Great War, in quattro volumi che scrisse nel 1935. La sua unica disquisizione sull’ex impero ottomano ancora fumante si trova in una appendice di due pagine a pagina 1.647, dal titolo: “Memorandum sulla pacificazione del Medio Oriente”.
Ogni mattina i palestinesi si svegliano, oggi, in mezzo alla polvere e al lerciume dei campi di Nahr el-Bared, di  Ein el-Helwe o di Sabra e Chatila in Libano. Per loro non fu nel 1915 che la penna di Balfour mise il suo graffio stridente sotto il documento di espropriazione, ma è stato solo la scorsa notte. Per questi rifugiati, che vivono ancora nei loro tuguri e nelle loro baracche, mentre voi state leggendo queste parole, la prima guerra mondiale non è finita mai.
Nemmeno oggi. Oggi, nel centenario della “fine” della prima guerra mondiale.
Robert Fisk   scrive per l’Independent, dove è stato originalmente pubblicato questo articolo
19.11.2018
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte  comedonchisciotte.org  e l’autore della traduzione Bosque Primario

mercoledì 19 dicembre 2018

Stai attenta Italia, a Brussels non importa nulla di te


Assistere al completo tradimento della Brexit da parte del Primo Ministro Britannico “Signora di Gesso” Teresa May, ha dato la sveglia agli Italiani. I risultati degli ultimi sondaggi fatti in Italia mostrano che, anche se la coalizione populista italiana è impopolare a Brussels, essa è tuttavia molto popolare fra gli Italiani. E questa è una buona cosa, perché, quando si dà uno sguardo un po’ più da vicino ai negoziati sulla Brexit, è chiaro che la cosa che veramente conta è che l’UE mantenga il proprio potere sulla Gran Bretagna e non ciò che sarebbe nell’interesse migliore delle parti in causa, inglesi e non.
I partners della coalizione italiana hanno ancora il sostegno di quasi il 60% di tutti gli Italiani, sono solo cambiate le loro preferenze. La Lega ora supera il Movimento 5 Stelle (33% e 26%), mentre gli altri partiti di centro-destra, in pratica Forza Italia di Silvio “Uomo di Paglia” Berlusconi sono crollati (dal 14% delle elezioni di marzo ad appena il 7% di oggi).
E sono praticamente le stesse percentuali degli elettori che ora vedono l’UE maltrattare l’Italia. Questi numeri sono solo destinati ad aumentare se l’Europa imporrà sanzioni all’Italia, colpevole di aver presentato un bilancio non gradito a Brussels.
Vediamo inoltre che anche i sostenitori dell’Italeave sono in aumento. Un recente sondaggio della rivista Politico, pubblicato da Zerohedge, mostra come la maggioranza o poco più (51%) degli italiani al di sotto dei 45 anni siano pronti a farlo, a staccarsi dall’Unione Europea.
La pletora degli ultraquarantacinquenni è ancora innamorata dell’ideale di una Europa Unita, collante di un bellicoso continente, piuttosto che confrontarsi con ciò che essa è veramente, una remota e tirannica oligarchia, retta da tecnocrati non eletti, con fortissimi legami con la plutocrazia storica e i vecchi centri di potere.
Il motivo di questo sostegno [ai partiti di governo in Italia] deriva, io credo, dal forte contrasto fra l’arrendevolezza della May all’arroganza della leadership europea verso la temerarietà del popolo inglese (colpevole solo di volersi tirare fuori dalla loro disgraziata unione) e gli attacchi del VicePrimo Ministro Matteo Salvini all’ipocrisia di Brussels sul rigore fiscale.
Salvini sta facendo esattamente quello che deve essere fatto per aumentare i consensi e allontanare l’elettorato italiano da Brussels. E’ stato un colpo da maestro quello di presentare un bilancio che fosse gradito ad entrambi gli schieramenti della coalizione (riduzione di tasse e normative e l’introduzione di un reddito di base generalizzato), ostentando, allo stesso tempo, rispetto per le regole di bilancio europee.
Salvini e il suo partner insurrezionale, Luigi Di Maio, hanno fatto ingoiare all’UE una dose del perfetto veleno politico. Nella proposta di bilancio non c’è nulla di veramente criticabile. Non risolverà i problemi italiani, ma neanche li peggiorerà materialmente.
E’ stata presentata per irritare i dirigenti europei, diventati grassi e pigri per essere sempre stati obbediti a bacchetta. E loro hanno reagito in modo esagerato, proprio nella maniera prevista. Pensate a quello che sta facendo l’UE per questo bilancio. Sta minacciando di multe miliardarie un governo, come quello italiano, che è nei debiti fino al collo.
Questo si potrebbe veramente definire una “pessima visione”.
Considerate come hanno gestito la Brexit. Hanno imposto una enorme tassa di uscita alla Gran Bretagna. Questo in più dei suoi contributi annuali al bilancio comunitario. Non dimenticate poi che l’unica ragione per cui la questione del debito sovrano dell’Italia non è sulle prime pagine dei giornali è perché la Banca Centrale Europea è l’unico acquirente marginale del debito italiano. E il Presidente della BCE, Mario Draghi, non lo fa di certo per la bontà che gli deriva dall’aver lavorato per Goldman Sachs. Lo fa perché, se non lo facesse, crollerebbe l’intero sistema bancario europeo.
E così, tutta la faccenda non è niente di più che un teatro Kabuki. E Salvini lo sa.
Capisce che l’euro è una trappola mortale per l’Italia. Sa anche che, viste le dimensioni del debito italiano, dispone di tutte le leve necessarie.
E tuttavia, guardare ora l’UE è esattamente come rivedere la gestione dei negoziati sul debito greco nel 2015. Si erano rifiutati di trattare. Avevano fatto richieste irragionevoli. Nel caso della Grecia si erano trovati di fronte un elettorato  senza nerbo, che non aveva appoggiato la Grexit e che non aveva dato all’ugualmente inetto Primo Ministro Alexis Tsipras il sostegno di cui aveva bisogno per portare la Grecia fuori dall’euro.
E così la strategia aveva funzionato.
E la stessa cosa sta accadendo con la Brexit. L’aristocrazia britannica non vuole lasciare l’UE. Teresa May è una Remainer e anche così palesemente a libro paga, che, a questo punto, non è più neanche divertente. Fin dall’inizio aveva avuto tutto il potere necessario [per attuare la Brexit] e, nonostante ciò, agisce come se non ce lo avesse.
E così è riuscita a raggiungere lo stesso identico accordo che Brussels aveva sempre voluto, controllare la politica fiscale e commerciale della Gran Bretagna e, allo stesso tempo, privarla di ogni voce in capitolo nel parlamento europeo. Onestamente, la condizione della Gran Bretagna, una volta che l’accordo sarà stato firmato, sarà un’anticipazione del futuro che aspetta tutta le nazioni che rimarranno [all’interno dell’UE].
Tassazione senza rappresentanza.
A questo punto, non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno il fatto che l’UE stia trattando Salvini e il suo governo con lo stesso disprezzo e la stessa derisione. E questo è proprio ciò che Salvini vuole. Deve fare in modo che Brussels si metta da sola dalla parte del torto.
Perchè, se vuole riuscire a liberare l’Italia da Brussels, questo non potrà avvenire per una sua idea. Dovrà esserci una mobilitazione popolare.
Fortuna per lui, e per gli Italiani in generale, gli idioti che comandano a Brussels sono solo felici di cooperare. Francamente, credo che ci godano a fare gli stronzi odiosi.
Questi pensano veramente di poter risolvere la cosa con i loro regolamenti. Ma la verità è che non possono.
Ma perchè, secondo voi, il Presidente Francese Emmanuel Macron e quell’anatra zoppa della Cancelliera Tedesca Angela Merkel vogliono così disperatamente una Grande Armata europea? E’ per invadere ed occupare stati membri ribelli, non per proteggersi dalla Russia.
Più l’UE cerca di fare la prepotente e di piegare l’Italia ai suoi voleri, più Italiani, anche anziani, sosterranno la crociata di Salvini contro di essa. Il populismo è popolare in tutta Europa.
Le elezioni per il Parlamento Europeo di maggio si riveleranno probabilmente un punto di svolta importante nel cammino dell’UE. [Attualmente] tutti i partiti euroscettici sono abbondantemente sotto-rappresentati, rispetto ai loro attuali sondaggi. A maggio, centinaia di poltrone cambieranno proprietario. E molti dei nuovi arrivati non saranno a libro paga della cricca di Davos.
Forse allora l’UE capirà quanto fragile sia l’intero progetto.
Tom Luongo
fonte: www.strategic-culture.org
22.11.2018
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org