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giovedì 7 maggio 2020

VOCE DELLE VOCI - LA NEWSLETTER DEL 7 MAGGIO 2020

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VOCE DELLE VOCI - LA NEWSLETTER DEL 7 MAGGIO 2020

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GRUPPO MARCUCCI / KEDRION, LE RICERCHE SU COVID-19 NEI LABORATORI DI WUHAN

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Horror & Mistery di un diavolo di virus

Dalla padella (Trump) alla brace (Johnson)

USA / LE CIFRE “PAZZE” SUI DECESSI PER COVID-19

CONTAGEON / PARLA Il CONSULENTE-EPIDEMIOLOGO

RACCOLTA UE PER IL VACCINO / BILL GATES DIRIGE L’ORCHESTRA

BIG PHARMA / UTILI RECORD NEL PRIMO TRIMESTRE 2020

POTERI FORTI / L’ULTIMO MESSAGGIO DI GIULIETTO CHIESA

2 Maggio 2020  di PAOLO SPIGA
In difesa di Julien Assange come simbolo di democrazia e di libera informazione. Per denunciare gli attuali, immensi pericoli che tutti corriamo per la privazione dei più elementari diritti. E per la presenza di forze oscure che minano le nostre esistenze. Sono le ultime parole pronunciate in ...continua

MAEVE KENNEDY / PERCHE’ E’ STATA SUBITO ARCHIVIATA LA SUA “MORTE”?


INDIA / PRONTI A PRODURRE MILIONI DI DOSI DEL VACCINO ANTI COVID-19

lunedì 4 maggio 2020

Tarro: Ok Vaccinazione Anti-Tbc Per Salvarci Dal Coronavirus


La gestione dell’emergenza Coronavirus? Autorità politiche e sanitarie italiane del tutto incapaci a fronteggiarla.

E se la curva dei contagi continuerà a scendere, sarà il caso di ripristinare la vaccinazione antitubercolosi di massa per salvarci, il prossimo anno, dagli assalti del micidiale organismo o da contagi di ritorno.

Seconda, esclusiva intervista alla Voce dal professor Giulio Tarro.


La notizia, dirompente, il professor Giulio Tarro l’aveva data per la prima volta in un’ intervista esclusiva alla Voce lo scorso lunedì 23 marzo, dal titolo “Coronavirus: ecco perché gli extracomunitari sono immuni – Parla Giulio Tarro”. E’ vero, affermava Tarro in risposta alle nostre domande, su una popolazione di oltre 5 milioni di extracomunitari residenti in Italia, non risulta essercene nessuno ricoverato negli ospedali italiani per coronavirus. Ci aveva spiegato anche il motivo: la maggior parte di loro è stato vaccinato contro la tubercolosi da meno di 20 anni, termine entro il quale quel vaccino perde la sua efficacia, come accade agli italiani, e agli occidentali in particolare i quali, anche se vaccinati contro la tbc, lo sono generalmente in età neonatale, quindi perdono l’immunità appena ventenni. Una spiegazione, quella del luminare, allievo di Sabin, che risponde anche alle domande sul perché i bambini sono fortunatamente risparmiati dagli attacchi del virus.

La prima pagina di Libero mercoledì 26 marzo
Passano solo tre giorni ed esce il quotidiano Libero che titola a tutta pagina: “Il virus scansa gli immigrati – Lo conferma il virologo Galli”. Che fa il quotidiano diretto da Vittorio Feltri? “Ruba” la notizia, intervista il professor Massimo Galli – che naturalmente conferma – e fa la “scoperta”, senza mai nominare né la Voce, né il professor Tarro. Peccato per loro che quell’intervista avesse fatto già il giro di tutte le redazioni e di tutti i social, con centinaia di retweet e commenti, in Italia e oltre.
A ruota sono arrivati altri “giornaloni”, dirette tv, speciali. E nemmeno uno che abbia avuto l’onestà di citare la prima fonte.

Oggi il professor Tarro fa di più e rilascia una seconda, ancor più esclusiva intervista alla Voce, in cui risponde ai quesiti assillanti scaturiti dalla prima.
Serve allora vaccinarsi contro la TBC adesso? E c’è stata negligenza da parte di chi, sul fronte della prima linea, magari conosceva questa notizia e non l’ha approfondita?
Andando anche oltre questi aspetti, nell’intervista che pubblichiamo il professor Tarro punta l’indice, severo, contro la pessima gestione dell’emergenza Covid 19 da parte della sanità e della politica italiana. Leggiamo, tutto d’un fiato.
Poi naturalmente aspettiamo cosa avranno da dire e da “imitare” Libero e i tanti altri che anche in questa circostanza si sono cimentati nella vecchia, becera  abitudine di riprendere notizie di altri e lanciarle senza citare la fonte. Anche quando, come in questo caso, la fonte non è solo la Voce, ma uno scienziato due volte candidato al Premio Nobel, come Giulio Tarro.


Professor Tarro, dopo l’intervista che lei ha rilasciato alla Voce lunedì scorso, molti le chiedono: servirà a difenderci dal coronavirus, almeno per il prossimo anno, vaccinare contro la TBC gli italiani?

Sì, in base ai risultati che si osservano oggi negli extracomunitari, tutti vaccinati per la tubercolosi, sarebbe il caso di ripristinare la vaccinazione antitubercolare.

Potrebbe servire fare questa vaccinazione adesso, nella fase attuale?

Se scende la curva dei contagiati presumibilmente no, altrimenti potrebbe essere una delle soluzioni.


Lei nell’intervista del 23 marzo ci ha detto che è stata riscontrata una relazione fra vaccino antinfluenzale e impennata di polmoniti da coronavirus tra i vaccinati. Può spiegarci meglio in cosa consiste? E’ pericoloso essere vaccinati contro l’influenza durante l’epidemia da Coronavirius?

Ci sono più fattori che possono aver interagito insieme e che spiegano la situazione. Si presume che i contatti con il virus cinese siano stati maggiori al Centro-Nord che non al Centro-Sud. A ciò si aggiunga la concomitanza delle situazioni ambientali e climatologiche, diverse fra Nord e Sud dell’Italia, arrivando addirittura ad ipotizzare che nel corso delle settimane si sia venuto a formare un coronavirus padano autoctono, diverso rispetto a quello cinese. Altre possibilità emergono dalle situazioni di Bergamo e Brescia soprattutto, dove si presume che la circolazione di altri virus possa aver facilitato l’azione del SARS-Cov-2. Il problema, però, è stato soprattutto a monte: e cioè il non avere sufficienti posti letto in terapia intensiva, occupati in massima parte già a causa dell’influenza annuale. Sembra che la vaccinazione antinfluenzale favorisca l’infezione da coronavirus, addirittura maggiore del 36% come comunicato da uno studio militare americano: https://www.disabledveterans.org/2020/03/11/flu-vaccine-increases-coronavirus-risk/. D’altra parte, dal momento che vi è stata una recente, emergente meningite, sono state vaccinate 34.000 persone tra Brescia e Bergamo. Vi è stata una pubblicazione di studiosi olandesi stampata da un giornale scientifico dell’Università di Cambridge in cui sia la malattia meningococcica che pneumociccica sono state associate con l’attività dei virus influenzali e di quello respiratorio sinciziale. L’Istituto Superiore della Sanità ha affermato di recente che sono pochi i morti per il coronavirus e che invece la maggior parte lo sono per altre patologie (cardiocircolatorie, tumorali, diabete, eccetera).

Ritiene possibile che qualcuno, fra le autorità sanitarie e politiche italiane, conoscesse già questa relazione fra vaccino antitubercolosi e coronavirus?

Dal momento che le attuali autorità politiche e sanitarie si sono dimostrate del tutto incapaci a governare l’epidemia, come possiamo pensare che siano a conoscenza di qualche nozione di base?

Possiamo escludere quindi che, anche all’estero, ci sia stato chi dolosamente ha tenuto nascosta la formidabile immunità rispetto al Corovavirus dei vaccinati in anni recenti contro la tubercolosi?

Non credo che ci sia stato dolo. D’altra parte sappiamo che il complesso primario (della TBC) è un valido sistema messo su dall’organismo per difendersi dal micobatterio della Tubercolosi, così come da altro.

www.lavocedellevoci.it

lunedì 27 aprile 2020

Pepe Escobar ricorda Giulietto Chiesa


E’ con immensa tristezza che apprendo della morte di Giulietto Chiesa.
Il nostro  amico comune, Roberto Quaglia, mi ha informato che è morto alle 3 di questa mattina per infarto.
Giulietto è stato uno degli ultimi GRANDI nella vecchia scuola del giornalismo mondiale. Giornalista, autore, broadcaster, ex membro del Parlamento europeo – e anima bella.
Questo è uno dei suoi ultimi interventi – estremamente nitidi – trasmesso su Pandora TV:
L’ultima volta che l’ho visto eravamo  insieme Giulietto, Roberto ed io, in visita al nuovo santuario dell’Imam Reza a Mashhad, era il tramonto e tutti e tre restammo incantati.  Accarezzo quel ricordo come la memoria più bella di un grande uomo.
Ai miei amici italiani: FORZA.
Pepe Escobar

Trump e il suo ‘riposizionamento’ delle truppe: abbiate almeno il coraggio di chiamarla ‘ritirata’


Pochi riescono dimenticare le parole di una collaboratrice laburista di Tony Blair, poche ore dopo la distruzione del World Trade Center l’11 settembre. “Oggi è il giorno buono per liberarci di tutto ciò che vogliamo seppellire, aveva scritto Jo Moore.
Donald Trump, ovviamente, la pensa allo stesso modo.
Mentre la pandemia di coronavirus imperversa in lungo e in largo per l’America, ha ordinato alle truppe statunitensi di abbandonare tre importanti basi militari in Iraq, per risparmiare loro ulteriori attacchi da parte dei combattenti iracheni sciiti sostenuti dall’Iran.
Trump si è sempre vantato della necessità di un ripiegamento, ma questa è una ritirata bella e buona. La versione ufficiale, secondo la quale gli Stati Uniti stanno “riposizionando [sic] le truppe da alcune basi minori,” è quasi altrettanto ridicola quanto quella dell’abbandono definitivo di Beirut da parte degli Stati Uniti nel 1984, dopo che, per mesi, erano rimasti sotto il fuoco delle milizie sciite. Poco meno di quarant’anni fa, gli Americani avevano detto che stavano “riposizionando le navi in mare aperto.”
Come il “riposizionamento” di Napoleone da Mosca. O il “riposizionamento” britannico da Dunkerque. Ora le forze statunitensi si “riposizioneranno” dalle loro basi di al-Qaim, Qayyarah e dalla base K-1 vicino a Kirkuk, in Iraq. Come nel “riposizionamento” di George Washington da Brooklyn Heights nel 1776, suppongo, o nel “riposizionamento” britannico da Kabul nel 1842.
Nel 1984, il presidente Reagan aveva detto che gli Americani non avrebbero “tagliato la corda” dal Libano. Ma lo avevano fatto. Nel gennaio di quest’anno, Trump aveva detto, parlando dell’Iraq: “Se partiamo, ciò significherebbe che l’Iran avrebbe un punto d’appoggio molto più grande [sic].” Stava cercando di minimizzare una lettera scritta dal Generale di Brigata del Corpo dei Marines, William Seely, che aveva appena detto la verità sulla strategia degli Stati Uniti al vicecomandante del Comando iracheno per le operazioni congiunte, il maggiore generale Abdul Amir. La coalizione guidata dagli Stati Uniti, aveva scritto Seely alla sua controparte irachena, “riposizionerà le truppe nel corso dei prossimi giorni e settimane per prepararsi all’operazione successiva.”
Oops! I generali non dovrebbero dire sempre la verità. Seely, ovviamente un tipo onesto, non aveva usato perifrasi. Ma il Pentagono l’aveva fatto. Il capo dello Stato Maggiore Congiunto, Mark Milley, aveva definito la lettera di Seely un “errore.” E’, aveva detto, “mal formulata” e “implica un ritiro,” cosa che, secondo lui, non stava accadendo. Ora sappiamo che sta davvero accadendo.
Un ritiro è esattamente ciò che intendeva Seely. Lungi dall’essere mal formulata, la lettera di Seely era fin troppo precisa. Ma questa, immagino, è la vita del soldato sotto Trump. Di’ la verità, e il bugiardo alla Casa Bianca ti farà schiaffeggiare, prima ancora che tu possa dimostrare di essere sempre stato onesto.
Il ritiro da al-Qaim, come si vede in un filmato francese, è un’operazione abbastaza caotica, con i soldati americani che ripiegano tende impolverate accanto a vagoni merci delle ferrovie irachene dimenticati da tempo e deragliati durante i combattimenti di quindici anni fa. Qui, appena tre anni fa, le truppe statunitensi (e gli Iracheni schierati con loro) combattevano contro l’apocalittica ISIS. All’esterno, le forze di mobilitazione popolari sciite (PMF) (i cui alleati, Kataib Hezbollah e le brigate al-Totof, si erano battuti contro gli stessi Jihadisti), si coordinavano, tramite l’esercito iracheno, con gli Americani nella loro lotta contro l’Isis.
Erano ovviamente supportati dal Corpo di Guardia Rivoluzionaria Iraniana. Un reporter del canale della BBC che trasmette in persiano aveva visitato al-Qaim 15 mesi fa e aveva notato come la campagna circostante fosse decorata con le bandiere del PMF.
C’erano stati attacchi occasionali contro gli Americani, e poi, follia delle follie da parte dell’esercito americano in Iraq (perchè il suo compito era quello di addestrare l’esercito iracheno, che ora comprendeva anche il PMF), Trump, il grande comandante in capo che non si sarebbe mai ritirato dall’Iraq, aveva deciso di assassinare il comandante iraniano Qassem Soleimani e, cosa ancora più stupida, di spazzar via, insieme a Soleimani, il vice capo del PMF, Abu Mahdi al-Muhandis.
Così il Pentagono aveva ucciso, o assassinato, visto che i droni sono ora i liquidatori preferiti quando viene decretata la morte dei nemici dell’America, il leader della più importante milizia dell’esercito iracheno, i cui uomini, in quel momento, circondavano le basi statunitensi.
Tutti gli attacchi successivi contro gli Americani devono essere valutati in base alla morte di questi due uomini. Era stato ucciso un mercenario americano. Poi due soldati americani ed uno britannico alla base di Taji (non ancora nella lista dei ritiri). Gli Americani avevano quindi lanciato attacchi aerei contro Kataib Hezbollah, uccidendo più di una ventina dei loro uomini. Un attacco missilistico aveva poi ferito gravemente 34 Americani (tutti avevano subito “traumi cranici,” secondo il Pentagono) ma Trump aveva assicurato che nessun soldato era rimasto ferito. “Ho sentito dire che avevano mal di testa,” aveva osservato in seguito. Se un presidente degli Stati Uniti riesce ad ignorare così allegramente le ferite dei suoi stessi uomini, è ovvio che possa chiudere altrettanto facilmente una o due basi. O magari anche tre.
Per aggiungere ulteriori ferite, e morte, all’insulto, gli Americani avevano poi attaccato l’aeroporto di Kerbala, in costruzione per i futuri pellegrini in visita al santuario sciita [della città] e ad altri luoghi in tutto l’Iraq, uccidendo tre soldati governativi della 19a Divisione Commando dell’esercito iracheno, due poliziotti ed un civile. Gli stessi curatori del santuario, sacro agli imam Hussein e Abbas, avevano condannato l’attacco e il ministero degli esteri iracheno aveva presentato una denuncia al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Gli Americani avevano affermato che l’aereoporto era un deposito di armi della milizia sciita.
Mike Pompeo, il Segretario di Stato, aveva minacciato che “l’America non avrebbe tollerato altri attacchi,” ma, a quanto pare, sono state le milizie sciite a non aver tollerato ulteriori attacchi. Loro non si “riposizionano.” Sono gli Americani a farlo. E, quando un funzionario del dipartimento della difesa degli Stati Uniti aveva detto alla BBC che la vicinanza alla base di al-Qaim della principale milizia sciita era stato “un fattore chiave nella decisione di spostare le forze altrove,” avevamo saputo che gli Americani avevano perso.
Ma, nel mondo capovolto di Trumplandia, questa è un’altra vittoria. Come l’accordo Usa-Talebani di questo mese per il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan, 8.500 di loro entro 135 giorni, in cambio di una promessa da parte dei loro nemici guerriglieri da 19 anni di tenere al-Qaeda, l’Isis e gli altri Jihadisti fuori dal paese. Gli Americani, ci viene detto, avranno ancora forze sufficienti per condurre “operazioni antiterrorismo” contro questi ultimi. Nel linguaggio del Pentagono, una lingua da sempre separata dalla vita reale (una cosa comune nel cimitero degli imperi): “USFOR-A [US Forces Afghanistan] è a buon punto per soddisfare i livelli di forza diretta mantenendo le capacità necessarie.” Bene, come si diceva una volta, andatelo a dire ai Marines.
Certo, se i Talebani manterranno la parola gli Americani ritireranno il resto delle loro truppe entro 14 mesi. E tutto questo, dobbiamo ricordarlo, in una nazione talmente divisa che i due presidenti rivali hanno tenuto a Kabul cerimonie di giuramento separate, proprio alla maniera degli imperatori romani, sebbene il paese possa a malapena contenere sia Roma che Bisanzio, beffando in questo modo tutte le pretese americane di creare la democrazia in Afghanistan.
Ricordo ancora il funzionario americano che, già nel 2002, dopo che i Talebani erano appena stati “distrutti“, ricordiamolo, aveva detto che questa nuova democrazia afgana avrebbe potuto anche essere “non-Jeffersoniana.” Ciò che quel particolare padre fondatore avrebbe fatto dell’accordo USA-Talebani è ancora da vedere. Avrebbe anche potuto manifestare la propria approvazione per le ragioni dei Talebani.
Ma il nocciolo della questione è mantenere l'”impronta” americana in Medio Oriente. Un momento lo si vede, un altro no. Dopotutto, non sono passate molte settimane da quando Trump aveva detto che non avrebbe abbandonato i Curdi siriani, e poi aveva abbandonato i Curdi siriani subito dopo che avevano finito di combattere e di morire per l’America nella campagna contro l’Isis. Poveri vecchi Curdi. Poveri vecchi Afgani. E poveri Iracheni. Non meritavano davvero gli Americani.
Gli Stati Uniti, in ogni caso, non hanno tempo per preoccuparsi di loro. Hanno un’altra guerra per le mani, contro un virus abbastanza fastidioso, pare. E non puoi “riposizionarti” lontano da quello.
Robert Fisk

lunedì 20 aprile 2020

INTERVISTA A GARATTINI: CASO BURIONI & DI QUALE SCIENZA POSSIAMO FIDARCI?

Coronavirus – Il professor Giulio Tarro contro la pandemia di fake news


La sintomatologia di questa sindrome respiratoria da coronavirus viene considerata moderata per la maggior parte dei casi come un semplice raffreddore, che può però approfondirsi a livello bronco polmonare e dare una polmonite “mite”, secondo il centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, dichiarazione effettuata a fine febbraio dopo l’osservazione di circa 90mila casi.
Il rischio rappresentato dal COVID-19 è sostanzialmente uguale a quello delle tante epidemie influenzali che si registrano ogni anno senza per questo provocare scalpore.
Veramente, nel 1973, quando scoppiò il colera a Napoli, al di là di qualche folkloristica “barricata”, notai soprattutto confusione che avveniva in una città certamente preoccupata, ma che non vedeva l’attuale arrembaggio dei supermercati da parte di persone che, evidentemente, temono di dover morire di fame. Panico generalizzato invece nel 1978 durante la malattia che colpì per lo più i bambini tra uno e due anni di vita affetti da bronchiolite, anche per sciagurate diagnosi e terapie, che cominciò a trasformarsi sui giornali in una epidemia di male oscuro che terrorizzò la popolazione finchè io scoprii il virus respiratorio sinciziale che la provocava.
Adesso facciamo un esempio. Ogni anno muoiono in Italia circa diecimila persone (per lo più anziane o affette da qualche patologia pregressa) per virus influenzale. La cosa non fa notizia, soprattutto perché queste morti sono disseminate in tutto il territorio nazionale. Immaginiamo ora che tutte le persone a rischio vengano ricoverate in un paio di posti, magari circondati da giornalisti alla ricerca di qualche scoop. La conseguente “epidemia di influenza che può causare la morte” spingerà innumerevoli persone (ogni anno sono colpiti da sindrome influenzale circa sei milioni di Italiani) a pretendere analisi ed una assistenza impossibile ad ottenere.
Intanto dobbiamo staccare la spina ad una “informazione” ansiogena e ipocritamente intrisa di appelli a “non farsi prendere dal panico”. E questo, soprattutto, per permettere alle strutture sanitarie interventi mirati. Quali questi debbano essere non mi permetto qui di suggerirli in quanto, nonostante lo sfascio del Sistema Sanitario Nazionale, abbiamo ancora in Italia ottimi esperti. L’importante è che siano lasciati in grado di lavorare.
Bisogna considerare che oltre il 99% delle persone che vengono contagiati dalla malattia guariscono ed i loro anticorpi neutralizzano il virus e possono pertanto essere utilizzati per i contagiati più gravi.
Come prevenzione si suggerisce quanto già conosciamo per raffreddore ed influenza: frequente ed approfondito lavaggio delle mani e del viso, coprirsi con il gomito da tosse e starnuti, anche con mascherine ad hoc, stare a casa se ammalati, richiedendo l’immediato intervento sanitario se intervengono difficoltà respiratorie.
Le prospettive a questo punto dipendono dal comportamento epidemiologico tipo prima SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), esaurendosi e rimanendo una zoonosi nella provincia di origine oppure dando luogo ad epidemie sporadiche come la MERS (Middle East Respiratory Syndrome) e l’influenza aviaria relativamente per pochi individui ovvero, infine, diventando una virosi respiratoria umana stagionale come nel caso dell’ultimo virus influenzale della suina 2009 o degli altri coronavirus regionali meno aggressivi.
Da medico virologo una ultima considerazione. Oggi l’ansia di una intera popolazione si sta concentrando su come tenersi alla larga da questo maledetto virus. Nessuno o quasi riflette che noi, in ogni momento, siamo immersi in un ambiente saturo di innumerevoli virus, germi e altri agenti potenzialmente patogeni. E in questi giorni, quasi nessuno ci dice che se non ci ammaliamo è grazie al nostro sistema immunitario il quale può essere compromesso – oltre che da una inadeguata alimentazione e da uno sbagliato stile di vita – dallo stress, che può nascere anche dallo stare in spasmodica attenzione di ogni “notizia” sul Coronavirus regalataci dal web e TV.
Non vorrei quindi che questa psicosi di massa faccia più danni dell’ormai famigerato Covid-19.