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lunedì 2 marzo 2020

Auschwitz: Polonia e Inghilterra tra i soci occulti dell’orrore

AuschwitzLa ricorrenza del 27 gennaio, una data commemorativa stabilita dalle Nazioni Unite per la Giornata della Memoria dell’Olocausto, è stata celebrata in tutto il mondo. In questo giorno, 75 anni fa, le truppe sovietiche avevano liberato i prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz. Secondo i calcoli effettuati dagli storici sovietici, qui erano state uccise oltre 4 milioni di persone, di cui almeno 1,1 milioni di ebrei. Non ci sono state tragedie simili nella storia. Così tanti membri di così tanti gruppi etnici non erano mai stati sterminati, in tutto il mondo, in un’unica località. Non è un caso che Auschwitz sia un simbolo non solo dell’Olocausto, ma anche dell’essenza criminale del nazismo (fascismo). Eppure, nonostante l’importanza di Auschwitz, la sua storia è ancora piena di lati oscuri. La ragione è che la verità completa su Auschwitz è estremamente scomoda per l’Occidente. In primo luogo, è scomoda per gli stessi polacchi. Dopotutto, l’autore del progetto del campo di concentramento di Auschwitz, il generale tedesco Arpad Wigand, aveva preso come modello… l’esempio polacco. Il fatto è che, dopo la proclamazione della Seconda Repubblica Polacca nel 1918, il governo polacco aveva annunciato la costituzione di uno Stato “nazionale” e, di fatto, mono-etnico. Come conseguenza, si era presentato il problema di che cosa fare di tutti gli altri gruppi etnici, che costituivano quasi il 50% dell’intera popolazione.
Questa decisione anticipava di molto l’ideologia dei nazionalsocialisti. Un certo numero di bielorussi, ucraini, lituani e russi avrebbero dovuto essere sterminati, mentre i rimanenti sarebbero stati assimilati. Era prevista l’espulsione degli ebrei. Pertanto, uno dei primi atti con cui il governo polacco aveva iniziato l’edificazione della nuova nazione era stata la costruzione dei campi di concentramento. Queste istituzioni avevano il compito di segregare non solo i prigionieri di guerra, ma anche tutti coloro che venivano considerati “inaffidabili”, cioè non soggetti ad assimilazione. Quest’ultimo gruppo comprendeva i russi. E non aveva importanza se fossero sostenitori dei bolscevichi o dell’”Idea Bianca”. Entrambi venivano considerati dal governo polacco come “nemici dello Stato”. [I polacchi] avevano lo stesso atteggiamento nei confronti degli ucraini. In alcuni campi di concentramento vi erano i sostenitori della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina e i seguaci di Symon Petliura, insieme ai simpatizzanti della Repubblica Popolare dell’Ucraina Occidentale. C’erano anche rappresentanti delle comunità bielorusse, lituane ed ebraiche.
Con gli ebrei, i polacchi si erano rivelati particolarmente cinici. Inizialmente, erano stati reclutati nell’esercito polacco e gettati in battaglia contro le forze sovietiche. Ma, quando i polacchi avevano ottenuto la vittoria nella battaglia di Varsavia, nell’agosto 1920, il ministro degli affari militari della Polonia, il generale Kazimierz Sosnkowski, aveva ordinato l’arresto di tutti gli ebrei. Erano stati arrestati 17.000 fra soldati e ufficiali dell’esercito polacco di origine ebraica. Il fatto che avessero servito lo stato polacco e che per esso avessero versato il loro sangue non aveva avuto la benchè minima importanza per la leadership della Seconda Repubblica Polacca. Erano stati dichiarati “agenti dei bolscevichi”. Alcuni degli arrestati erano stati poi inviati nei campi di concentramento situati nella zona di Cracovia, Dąbie e Wadowice. Secondo la documentazione dei campi si trattava Il generale Kazimierz Sosnkowskidi “spie” e di “persone sospette”. Il loro destino era stato leggermente migliore di quello dei russi, degli ucraini, dei bielorussi e dei lituani. Gran parte dei prigionieri era morta per fame, malattie infettive e violenze da parte delle guardie.
Tutto questo, insieme ad altre attività svolte dai polacchi, fa sì che si possa sostenere che Seconda Repubblica Polacca era iniziata con una pulizia etnica. Un esempio simile era stato poi adottato dai nazisti. Inoltre, la leadership delle SS, per “risolvere una volta per tutte il problema ebraico”, aveva inizialmente pianificato di “usare” uno dei campi polacchi, a Dąbie o a Wadowice. Il motivo di questa scelta non era solo la disponibilità, in quelle località, delle infrastrutture dei campi. Un’altra circostanza aveva giocato un ruolo importante. Il governo polacco aveva realizzato le istituzioni per l’incarcerazione di massa in territori abitati da polacchi etnici. Allo stesso tempo, aveva incoraggiato la diffusione della xenofobia tra i normali polacchi. Il calcolo era stato semplice: la popolazione polacca, ostile alle altre etnie, sarebbe stata felice di denunciare tutti quelli che avrebbero osato fuggire dai campi. A causa della “insufficiente capacità”, la leadership delle SS, alla fine, aveva abbandonato l’idea di usare i campi di Dąbie o di Wadowice. I nazisti avevano così deciso di costruire un nuovo complesso, più grande. Ma, ai leader delle SS, era piaciuta l’idea di usare la xenofobia polacca. Pertanto, come sito per il nuovo campo di concentramento, era stato scelto Auschwitz, situato a pochi chilometri da Wadowice. Inoltre, per lavorare ad Auschwitz, erano stati reclutati dei polacchi locali, incoraggiati concretamente ad essere crudeli verso i prigionieri.
Se si vuole dire tutta la verità su Auschwitz, non si può fare a meno di ricordare un’altra circostanza. Qualsiasi crimine ha alla base un interesse finanziario. La domanda è: chi è che ha guadagnato di più da questa atrocità? Per identificare i principali beneficiari del genocidio polacco e poi nazista, è necessario ricordare quanto segue. La Bank Gospodarstwa Krajowego, Bgk, aveva finanziato la costruzione degli istituti penitenziari nella Seconda Repubblica Polacca. Alcuni dei fondi utilizzati nel progetto erano stati presi in prestito. Erano stati erogati da “partner” anglo-francesi attraverso la “British and Polish Trade Bank A. G.”, istituita congiuntamente con la Bgk. Quelli che stavano dietro questa struttura erano stati i principali beneficiari della costruzione dei campi di prigionia polacchi. Dopo l’occupazione della Polonia da parte della Wehrmacht, nel settembre 1939, la Bgk era diventata di proprietà del Terzo Reich. Allo stesso tempo però, la banca aveva continuato a finanziare i Shoahprogetti relativi alla costruzione e al funzionamento dei campi di concentramento. La “British and Polish Trade Bank A.G.” non aveva cessato di esistere. Al posto dei proprietari polacchi erano subentrati i tedeschi, mentre quelli francesi e britannici… erano rimasti. Non è difficile indovinare chi avesse incamerato parte dei profitti derivanti dall’esistenza dei campi di concentramento sul territorio della Polonia.
Per quelli in Occidente che troveranno “non abbastanza convincente” tutto questo, citeremo un altro fatto, documentato dagli storici occidentali. Uno dei collaboratori di Bgk era stata Armia Krajowa. Aveva contribuito con fondi, anche ingenti, durante l’occupazione tedesca della Polonia, cioè quando la banca era di proprietà del Terzo Reich. Era rimasta nella Bgk fino alla rivolta di Varsavia, nell’agosto del 1944. Durante tutto questo periodo erano stati regolarmente pagati gli interessi sui depositi dell’Armia Krajowa. Somme che provenivano dallo sfruttamento dei prigionieri nei campi di concentramento nazisti. Durante questo periodo, Armia Krajowa era subordinata al “governo polacco in esilio” e si posizionava come “forza antifascista”. Tuttavia, non si conoscono battaglie importanti di questa unità militare contro i tedeschi [oltre la rivolta del Józef LipskiGhetto di Varsavia, Ndt.]. Ma non avevano esitato a cooperare con i nazisti e a trarre profitto dall’omicidio dei prigionieri nei campi di concentramento nazisti. Il comandante supremo dell’esercito polacco, con sede a Londra, supervisionava queste operazioni.
Il consigliere politico e segretario del “comandante in capo”, che era anche capo del “governo in esilio”, era Józef Lipski. Questo è il medesimo diplomatico che aveva servito come ambasciatore della Polonia in Germania negli anni ’30 e che, in sintonia con il programma razzista di Hitler, aveva promesso di dedicare al Führer un monumento per lo sterminio degli ebrei. A Londra, come gli altri membri del “governo in esilio”, aveva operato sotto l’egida del governo britannico. È ovvio che la pista dell’Olocausto porta alla “capitale finanziaria del mondo”. Evidentemente, ciò è legato al fatto che il Regno Unito e gli Stati Uniti sono lenti a rispondere alle istanze per proteggere la memoria del genocidio dei cittadini e degli ebrei sovietici. In particolare, sono rimasti in silenzio dopo che la Russia aveva chiesto una riunione dei leader della coalizione antinazista, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Durante l’evento, è stato proposto di discutere della conservazione della memoria del genocidio nazista e della salvaguardia della pace. Il gatto sa di chi era la carne che aveva mangiato.
(Yury Gorodnenko, “Chi si era arricchito con Auschwitz”, da “Stalker Zone” del 27 gennaio 2020; articolo tradotto da Markus per “Come Don Chisciotte“).

martedì 25 febbraio 2020

VOCE DELLE VOCI - LA NEWSLETTER 25 feb 2020

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LA NEWSLETTER DI MARTEDI' 25 FEBBRAIO

Tutta la verità sul Coronavirus dal virologo di fama internazionale Giulio Tarro

24 Febbraio 2020  di GIULIO TARRO

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ILDA BOCCASSINI / IL J’ACCUSE SUL TAROCCAMENTO DI SCARANTINO PER VIA D’AMELIO

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Stadio della Roma a Tor di Valle, l’affare continua a “bruciare”. A mettere benzina sul fuoco, poche ore fa, l’ex proprietario dei terreni, Gaetano Papalia, che li ha ceduti all’Eurnova di Luca Parnasi. Un contratto che Papalia chiede ora di annullare, perché il palazzinaro romano – a suo ...continua

“Fate presto”

25 Febbraio 2020  di Luciano Scateni
Nel groviglio di notizie, molte vere, non poche false, altre in  bilico tra verità, incompetenza, malafede, sciacallaggio, politicizzazione dell’evento Covid-19,  chi subisce il bombardamento a tappeto dei media finisce per affollare il popolo sempre più numeroso di soggetti vittime del panico ...continua

LUCA PARNASI / NON PAGA I TERRENI A PAPALIA. SALTA LA “TRATTATIVA”?

24 Febbraio 2020  di Cristiano Mais
  “Luca Parnasi è insolvente. Da un anno e mezzo non paga le rate mensili per l’acquisto dei terreni di Tor di Valle. Quindi l’affare con Radovan Vitek, tramite Unicredit, non si farà”. Scoppia come una bomba l’intervista rilasciata al Corriere dello Sport dal vecchio proprietario dei ...continua

AUTOSTRADE / IL J’ACCUSE DEL “PENTITO” CONTRO IL CAPO MANUTENZIONE

24 Febbraio 2020  di PAOLO SPIGA
Grossi guai in vista per l’ex capo delle manutenzioni di Autostrade per l’Italia, Michele Donferri Militelli. Si tratta del principale indagato dalla procura di Genova per la strage del ponte Morandi, licenziato da ASPI ad ottobre 2019, ad oltre un anno dalla tragedia. Ci hanno riflettuto in ...continua





STIGLITZ / LA SOCIETA’ CONTROLLI IL GOVERNO E L’ECONOMIA







giovedì 20 febbraio 2020

The D Daily is out! Edition of 20 febbraio 2020

The D Daily
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Gianfranco
20 febbraio 2020
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domenica 16 febbraio 2020

Coronavirus III° / La Super Bufala Del Primo Isolamento Allo Spallanzani


La bufala del secolo sparata in prima pagina su tutti i giornali e lanciata in coro da tutte le tivvù: Italia prima nell’isolare il coronavirus!
Esplode in una incontenibile gioia da stadio il ministro della Salute Roberto Speranza, spara i tric trac Nicola Zingaretti, 5 Stelle 5 Stars, la stampa e i partiti di destra inneggiano all’orgoglio italiano.

La più classica delle fake news, gigantesca, creata e amplificata da Media & Vati da anni pronti ad accusare proprio di fake news quelli che cercano di far luce sui maxi affari di Big Pharma, ad esempio sul fronte dei vaccini, con Roberto Burioni portabandiera.
Ma vediamo più in dettaglio come è salita la montatura.
E, soprattutto, occhio ai tempi e ai luoghi.

DIAMO I PRIMI NUMERI

Le tre ricercatrici dello Spallanzani. In apertura l’ingresso dell’Istituto e a destra il ministro Roberto Speranza
L’equipe rosa dello Spallanzani indice una conferenza stampa il 2 febbraio per comunicare il risultato: tre ricercatrici sono riuscite a isolare il Coronavirus (il ministro Speranza subito precisa: “il virus del Coronavirus”, meglio abbondare per rendere il concetto).
E giù fiumi di inchiostro e di interviste alle tre eroine che arrivano dal Sud, meravigliose imprese di dedizione, passione e scienza allo stato puro. Nel team c’è anche la giovane precaria a 1.500 euro mese: storie che fanno piangere di commozione (e di orgoglio) gli italiani, opportunamente “distratti” dai problemi veri, ben più grandi.

Dopo poche ore la cosa, però, comincia lievemente a scolorarsi.
Primi in Europa, viene precisato, perché tutti avevamo immediatamente pensato ad un primato mondiale. Quindi restiamo campioni d’Europa. Ottimo e abbondante, la Champions League è il trofeo comunque più ambito a livello internazionale.
Ma peccato che non sia proprio così. E stiliamo allora una classifica, non taroccata.
16 gennaio. Al German Center for Desease Research di Berlino arriva uno storico plico dalla Cina. Contiene la scoperta, quella vera, circa l’isolamento del virus che i laboratori hanno portato a termine il 12 gennaio, condividendola subito con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’OMS, quindi, fin dal 12 gennaio sa che il Coronavirus è stato isolato dai cinesi.
E cosa fanno adesso a Berlino? Si occupano di sviluppare, sulla base della scoperta cinese, i nuovi metodi di laboratorio per diagnosticare la patologia. In sostanza, i cinesi hanno fornito il propellente, effettuato la scoperta, elaborato il software, mentre i tedeschi provvedono all’organizzazione tecnologica, puntano all’hardware. Un gemellaggio che funziona.

PASTEUR & DOHERTY
A ridosso la Francia, che isola il virus il 29 gennaio, quindi 4 giorni prima di noi. E’ lo storico Istituto Pasteur a portare a buon termine la sua ricerca, e come di rito comunica subito il risultato all’OMS, prima ancora di indire una conferenza stampa (così del resto hanno fatto tutti gli altri paesi).
E tutto viene comunicato, altre che all’OMS, anche alla World Medical Association che ha sede a Ginevra.
Quindi a questo punto già mezza Europa sa; con ogni probabilità tutta, per via delle ulteriori comunicazioni dell’OMS agli organismi nazionali europei preposti.

L’Istituto Pasteur di Parigi
Noi quindi non primi, ma forse ultimi e sparando i tric trac!
Per non parlare di quel che è successo al di fuori dell’Europa.
La hit estera vede così disposte le formazioni: prima Cina (ovvio del resto fosse così, per i casi scoppiati in anticipo, of course, rispetto agli altri paesi); poi Australia, quindi Giappone e Stati Uniti.
In Australia si è attivata con grande efficacia una eccellenza sul fronte dell’identificazione virale, il Peter Doherty Institute for Infection and Immunity di Melbourne. I ricercatori hanno lavorato, evidentemente, sulla scorta dei dati riscontrati sul primo paziente australiano affetto dal Coronavirus.
Negli Usa, invece, si sono rimboccati le maniche al CDC, ovvero Contagious Desease Center di Atlanta, in Georgia; dove tra l’altro c’è il quartier generale della celebre Food and Drug Administration. E in brevissimo tempo gli americani hanno predisposto (come del resto i tedeschi) il kit per effettuare una diagnosi in tempo brevissimo.

Quel kit che comincia ad arrivare nei presidi sanitari italiani. Per esempio al Cotugno di Napoli – il polo per la cura delle malattie infettivi di maggiore importanza nel Mezzogiorno – il kit è arrivato la mattina del 3 febbraio.

LA CILIEGINA DI LANCET
Ciliegina sulla torta. La prestigiosa rivista scientifica Lancet ha pubblicato un ampio servizio sul Coronavirus e soprattutto circa il suo isolamento, focalizzando l’attenzione sulla scoperta cinese subito comunicata all’OMS e all’Università di Berlino (come visto, al German Center for Infection Research).
E sapete di quando è il reportage di Lancet? Del 29 gennaio!

Il Peter Doherty Institute for Infection and Immunity di Melbourne
Da quel giorno in poi, quindi, chiunque avrebbe potuto isolarlo, anche un laboratorio di provincia. Altro che scoperta del secolo allo Spallanzani!
Da una tempistica all’altra, eccoci al cuore del problema, i mega interessi di Big Pharma, la gigantesca mole di soldi che affluirà nelle casse delle star del settore farmaceutico per brevettare il taumaturgico vaccino.
Anche a proposito dei tempi per la realizzazione del vaccino se ne sono sentite di tutti i colori: si va con estrema facilità dai 6-8 mesi ai 12, fino addirittura ad un anno e mezzo. Fake su fake, a pioggia. Nella gara di cimenta il gotha della virologia, pronto a dare i numeri.

La sede di Sanofi
Sentiamo cosa osa osservare qualcuno al ministero della Salute: “Adesso che negli altri paesi, certo non da noi (è stato inscenato il tutto – spiega – perché l’Italia potesse sedere al tavolo con gli altri paesi per il business del vaccino), è stato isolato il virus, comincia la frenetica corsa al vaccino d’oro. Ma sappiamo bene che in un caso del genere colosso non mangia colosso. Come succede per le grandi tariffe elettriche o assicurative, decide il Cartello, e a quanto pare stavolta la scelta spetta agli Stati Uniti: i quali sembra stiano dando disco verde ad una azienda europea, francese per la precisione, Sanofi, che punta le sue fiche sui celebri laboratori Pasteur. Una sorta di lasciapassare di Trump a Macron, una cortesia stramiliardaria che verrà ovviamente ricambiata. Ma come altrettanto bene si sa, tutte le case farmaceutiche leader nel settore dei vaccini riceveranno danari con la pala e vivranno una stagione d’oro. Nei periodi di emergenza e crisi, a godere sono le star che diventano ancora più luminose. E ricche”.


Di seguito pubblichiamo una nota scientifica elaborata da Giulio Tarro, il nostro maggior virologo, due volte candidato al Nobel per la medicina.

L’attuale malattia respiratoria dalla Cina


Il professor Giulio Tarro
È stato identificato un nuovo virus della famiglia dei coronavirus come responsabile della sindrome respiratoria acuta che iniziando dalla città cinese di Wuhan sta adesso diffondendosi in tutto il mondo. I focolai di polmonite sono iniziati a dicembre scorso particolarmente in persone che avevano visitato il mercato del pesce e già il 9 gennaio di quest’anno veniva identificata la sequenza genetica del virus appartenente alla stessa famiglia che aveva contagiato migliaia di persone nel 2002-2003 con una mortalità del 10%, la SARS (Sindrome Acuta Respiratoria Severa). Dopo un mese dalla comunicazione ufficiale all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci troviamo difronte al contagio di 9.700 casi con 213 morti (31-01-2020).
La trasmissione da una persona all’altra è stata stabilita dopo tre settimane della denuncia all’OMS e così il passaggio da Wuhan in Tailandia, Hong Kong e Corea del Sud. Esperti dell’università di Southampton hanno identificato le città e le nazioni a più alto rischio nel mondo per la diffusione del nuovo coronavirus (2019-nCoV). Dopo un mese il virus è già arrivato in tutti i continenti dall’Asia (Taiwan, Giappone, Singapore, Malesia, Vietnam, Nepal, India) all’Australia, all’Africa (Costa D’Avorio), alle Americhe (USA, Canada, Messico) e all’Europa (Francia, Germania, Finlandia) e da ieri in Italia – due cinesi di un gruppo turistico che dopo una settimana da Milano sono poi arrivati a Roma.

Cerchiamo adesso di stabilire l’eziopatogenesi, cioè il come ed il perché dell’attuale SARS e soprattutto come possiamo prevenire futuri scoppi epidemici. La sindrome respiratoria del medio oriente (MERS) ci aiuta a capire la porta di entrata delle cellule da parte del virus sia del pipistrello che dei cammelli o dei diversi animali (zibetto, furetto, roditori, maiali, cani, gatti, scimmie) per arrivare poi a noi umani.
“Angiotensin converting enzyme 2” (ACE 2) è lo stesso recettore di superficie della cellula usato dal virus studiato dal gruppo scientifico dell’Istituto di Virologia di Wuhan. Pertanto è noto come il virus abbia raffigurato la chiave adatta ad aprire il buco della serratura, cioè la base biochimica per penetrare la cellula umana. Sono stati isolati almeno 50 coronavirus nei pipistrelli (per lo più dall’intestino) che rappresentano il vero serbatoio di questa famiglia virale.
Il 3% degli agricoltori che lavorano nei campi della provincia di Yunnan, sudovest della Cina, presentano anticorpi nei riguardi di questi coronavirus dei pipistrelli. Il significato di tutto ciò è che in questa regione esiste una infezione da parte dei suddetti virus con una malattia mite senza segni clinici oppure causando una malattia respiratoria giammai diagnosticata in modo appropriato. Questo scoppio epidemico è successo adesso nel territorio meridionale della Cina.
Se poi vogliamo ipotizzare che il virus sia stato diffuso per un maldestro spargimento dal centro di ricerca batteriologica di Wuhan (tecnico o ricercatore contagiato a sua insaputa), allora possiamo temere maggiormente sulla globalizzazione dell’agente infettante per i motivi prima riportati.
Se pensiamo realmente che le epidemie e le pandemie potranno emergere ancora, come accaduto in questo periodo è necessario approfondire gli studi sulle terapie mediante gli anticorpi monoclonali o potenziali vaccini al costo di poche centinaia di milioni di dollari altrimenti ne spenderemo miliardi di milioni di dollari per non parlare delle vite umane.

                                                                                                                           Giulio Tarro

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