giovedì 31 maggio 2018

"Vaccini: Cavie Civili e Militari" di Gianni Lannes


VACCINI
Cavie Civili e Militari
di Gianni Lannes
DATA DI USCITA: 4 GIUGNO 2018
Il libro è in prevendita sul nostro sito
L'inchiesta sul campo di Gianni Lannes continua, dopo Vaccini Dominio Assoluto il giornalista (ora condirettore della nostra rivista PuntoZero) svela i retroscena del panorama vaccinale italiano in ambito militare.
La voce dell'autore riporta l'attenzione dell'opinione pubblica su dati ignoti o trascurati, a partire dal 1926 fino ai giorni nostri, quando l'Italia è diventata a norma del decreto Lorenzin-Mattarella, la "nazione capofila a livello mondiale delle strategie vaccinali" dettate da un consorzio privato straniero finanziato dagli stessi produttori di vaccini. Una disamina con riferimenti oggettivi dal passato remoto all'incubo del presente che include anche gli innumerevoli casi documentati di soldati italiani danneggiati dai vaccini. Perché imporre la somministrazione obbligatoria di così tanti vaccini a chi si è appena affacciato alla vita, quando in ben 15 nazioni dell'Unione Europea non ne hanno nemmeno uno obbligatorio?
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martedì 29 maggio 2018

Claudio Messora, le fake news e il Quirinale

Il colpo di stato europeo contro l’Italia segna uno spartiacque

Le élite italiane favorevoli all'euro si sono spinte troppo in avanti. Il Presidente Sergio Mattarella ha creato lo straordinario precedente che nessun movimento politico, o coalizione di partiti, potrà mai prendere il potere se sfida l'ortodossia dell'Unione Monetaria.
Senza rendersi conto, ha inquadrato gli eventi come se fossero una battaglia tra il popolo italiano e un'eterna "casta" fedele ad interessi stranieri, facendo il gioco dei ribelli Grillini e dei nazionalisti antieuro della Lega. Per giustificare il suo veto all'euroscetticismo ha incautamente invocato lo spettro dei mercati finanziari ma, nell'insieme, le sue azioni hanno reso la situazione infinitamente peggiore.
Lo spread sulle obbligazioni italiane a 10 anni è salito di quasi 30 punti base, fino al massimo di 235 (Lunedì), quando gli investitori si sono resi conto delle terribili implicazioni dello spasmo costituzionale: una crisi che durerà tutta l'estate e che potrà concludersi solo con nuove elezioni, che non risolveranno nulla.
Negli ultimi giorni si è fatto molto per ridurre il calo delle azioni bancarie, ma queste stanno ora cedendo in modo ancora più forte. Banca Generali è scesa del 7,2% e Unicredit del 5%.
Che si tratti o meno di un "morbido colpo di stato", il territorio resta comunque assai pericoloso. Il Presidente Mattarella ha apertamente dichiarato di non poter accettare come Ministro delle Finanze Paolo Savona, perché le sue passate critiche alla moneta unica "potrebbero provocare l'uscita dell'Italia dall'euro" e portare ad una crisi finanziaria.
In un certo senso questo veto poteva essere previsto. Anche il Governo Berlusconi fu rovesciato nel 2011 da Bruxelles e dalla Banca Centrale Europea. Qualche "informatore" ha rivelato di aver manipolato gli spread sui bond per poter esercitare la massima pressione. L'UE aveva persino provato a reclutare Washington, che però si rifiutò d'intervenire. "Non possiamo sporcare di sangue le nostre mani", dichiarò il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Tim Geithner. La novità è che la santità dell'euro dovrebbe amaramente essere formalizzata come imperativo costituzionale italiano!
"Abbiamo un problema di democrazia, perché gli italiani sono sovrani e non possono essere governati dallo spread", ha detto Matteo Salvini, l'uomo forte della Lega, in forte ascesa. "È una questione molto seria il fatto che Mattarella abbia scelto i mercati e le regole dell'Unione Europea invece degli interessi del popolo italiano".
"Perché non diciamo semplicemente che in questo paese il voto è inutile, visto che sono le agenzie di rating e le lobby finanziarie a decidere i Governi?", ha dichiarato Luigi di Maio, leader del Movimento Cinque Stelle.
La Costituzione italiana concede al Presidente Mattarella alcuni poteri, per lo più non sperimentati e comunque posti in una zona grigia. Potrebbe anche sostenere che il blitz fiscale Lega-Grillini violi l'art. 80 della Costituzione e che comunque egli ha il dovere di salvaguardare i trattati dell'UE. Tuttavia, non ha alcun mandato diretto conferito dal popolo. Egli fu scelto come compromesso di basso profilo nell'ambito di un accordo preso dietro le quinte. Non ha l'autorità per bloccare in eterno l'Italia nell'euro.
L'onorevole Di Maio sta ora facendo richiesta d'impeachment, ai sensi dell'articolo 90. "Voglio che il Presidente sia processato, voglio che questa crisi istituzionale venga risolta dal Parlamento per evitare che il malcontento popolare sfugga di mano", ha dichiarato. I ribelli, in effetti, hanno voti sufficienti per poterlo rimuovere.
Ciò che è degno di nota è che le élite pro-euro hanno agito in modo veramente rozzo, spingendo la situazione verso un'impasse pericolosa. Il Ministro delle Finanze proposto, Paolo Savona, non è un testa calda. E' stato funzionario della Banca d'Italia, Ministro e Presidente di Confindustria, oltre che Direttore di un hedge-fund londinese.
Aveva fatto dichiarazioni concilianti, lasciando cadere la suggestione che l'euro sia una "gabbia tedesca". Aveva insistito sul fatto che il suo "Piano B" per uscire dalla moneta unica (2015) non era più operativo e che il suo vero obiettivo era tornare ad un euro più equo, radicato nell'art. 3 del Trattato di Lisbona, che prevede crescita economica, creazione di posti di lavoro e solidarietà. Le sue argomentazioni legali erano impeccabili.
Con un po' di furbizia, i "poteri forti" e i "mandarini" italiani avrebbero potuto collaborare con il Sig. Savona e trovare un modo per attenuare le posizioni della Lega e dei Grillini. La spinta ad escluderlo del tutto – per cercare di soffocare la ribellione euroscettica, come avevano già fatto con Syriza in Grecia – proveniva da Berlino, Bruxelles e dalla struttura di potere dell'UE. Il tempo dirà se hanno preso una cantonata, cadendo in una trappola.
"In un certo senso sono molto felice perché abbiamo finalmente sgombrato il tavolo dalle str…ate", ha dichiarato Claudio Borghi, portavoce per l'economia della Lega. "Ora sappiamo che si tratta di una scelta fra democrazia e spread. Devi giurare fedeltà al dio dell'euro per poter avere una vita politica, in Italia. E' peggio di una religione".
"Quello che stiamo vedendo costituisce il problema fondamentale dell'eurozona: non si può avere un governo che dispiaccia ai mercati o al 'club dello spread', la BCE e l'Eurogruppo li utilizzerebbero per annientare la vostra economia. Siete molto fortunati, nel Regno Unito, perché vivete ancora in un paese libero ", ha continuato.
Il Presidente Mattarella ha scelto Carlo Cottarelli – veterano del FMI e simbolo d'austerità – per formare un governo tecnico. Questo tentativo disperato non ha alcuna possibilità di ottenere un voto di fiducia nel Parlamento italiano. Sopravviverà in un limbo costituzionale. "È incredibile che stiano comunque cercando di farlo. Porterà a rivolte e a proteste politiche di massa. Alla stragrande maggioranza degli italiani non gliene frega niente dello spread", ha concluso Borghi.
Il calcolo di coloro che circondano il Presidente è che gli italiani da loro umiliati, davanti all'abisso finanziario e politico, possano cambiare idea e rinunciare all'insurrezione. La scommessa è che l'attrito politico possa ridisegnare il paesaggio entro Ottobre, considerato il mese più probabile per un nuovo voto. Questo gioco può anche riuscire, ma è in ogni caso una supposizione pericolosa.
La Lega di Matteo Salvini ha già guadagnato otto punti nei sondaggi, dopo le ultime elezioni. Si è impadronita degli eventi delle ultime 24 ore per capitalizzare l'umore nazionalista, come Gabriele d'Annunzio a Fiume nel 1919. "Non saremo mai servi e schiavi dell'Europa", ha detto Salvini.
Ha già proclamato che il prossimo voto sarà un plebiscito sulla sovranità italiana e un atto di resistenza nazionale contro "Merkel, Macron e i mercati finanziari".
Ma c'è un altro pericolo. La fuga di capitali ha una sua logica implacabile. È visibile nel crescente tasso di cambio con il franco svizzero. Esiste il rischio che i flussi in uscita accelerino e spingano gli squilibri interni Target2 della BCE verso il punto di rottura.
I crediti Target2 della Bundesbank tedesca sono già a 923 miliardi di euro. È probabile che arriveranno ad 1 trilione di euro in breve tempo, provocando forti richieste da parte di Berlino perché siano congelati. L'Istituto IFO, in Germania, ha già avvertito che devono esserci dei limiti. Ma qualsiasi mossa per limitare i flussi di liquidità significherebbe che la Germania è vicina a staccare la spina dell'Unione Monetaria e questo scatenerebbe un'inarrestabile reazione a catena.
Il Sig. Mattarella affronterà un'estate estenuante. Rischia di andare a sbattere, fra quattro mesi, con la stessa alleanza Lega-Grillini, ma con una maggioranza ancora più ampia e un fragoroso mandato a favore del loro "governo del cambiamento".
Potrebbe seguire la strada del Presidente legittimista francese Patrice de MacMahon che, sotto la Terza Repubblica, tentò d'imporre il suo "ordine morale" ad un'ostile Camera dei Deputati, negli anni '70 dell'Ottocento, invocando i suoi teorici poteri. Il tentativo fallì. Il Parlamento lo affrontò presentandogli un ultimatum: "sottomettersi o dimettersi".
Prevalse la democrazia.
Ambrose Evans-Pritchard
Traduzione: Il colpo di stato europeo contro l'Italia segna uno spartiacque

Le origini occulte dell'Europa: Paolo Rumor


Sarà con noi Paolo Rumor autore insieme a Giorgio Galli e Loris Bagnara de "L'altra Europa - Miti, congiure ed enigmi all'ombra dell'unificazione europea". Paolo Rumor è nato a Vicenza nel 1946 dove vive. Ha svolto la professione di avvocato. È figlio di Giacomo Rumor, noto uomo politico vicentino, personalità di primo piano nella ricostruzione del secondo dopoguerra. "Questo libro nasce da una telefonata, un incontro personale e un manoscritto. La telefonata avviene tra Paolo Rumor, discendente dell'omonima famiglia protagonista di molte vicende della Democrazia Cristiana, e Giorgio Galli, il massimo esperto italiano dei rapporti tra esoterismo e politica. Oggetto della telefonata e del successivo incontro tra i due è un manoscritto per molti versi sconcertante. Si tratta di un ampio segmento delle "Memorie riservate" di Giacomo Rumor, padre di Paolo ed esponente di punta della DC del dopoguerra. Al centro del memoriale vi è la collaborazione tra Rumor senior (fiduciario di monsignor Montini, futuro papa Paolo VI) e Maurice Schumann, insigne statista francese all'epoca del Trattato di Roma (1957), cioè del primo concreto passo verso l'Unione Europea. Dalle pieghe di questa sinergia emergono confidenze a dir poco inquietanti: dietro al lavoro diplomatico che porta al Trattato sembrano nascondersi alcune centrali occulte, portatrici di una loro idea unitaria di Europa, con sensibili interferenze non solo della Cia e del Vaticano, ma anche di misteriosi, antichissimi circoli esoterici".

sabato 26 maggio 2018

I segreti di Maurizio Abbatino, il Freddo della banda della Magliana


Raffaella Fanelli

"Non so quante volte ho ucciso. Ma ricordo i nomi di tutte le mie vittime. La cosa strana è che non riesco a contarle". È stata la prima risposta di Maurizio Abbatino, l'ex capo della banda della Magliana, l'uomo che ho rincorso per due anni prima di un incontro.
Se ne stava seduto di fronte a me, al tavolo di un ristorante sul mare, mentre continuavoa ripetermi che avrei dovuto chiedere altro, non il numero dei suoi morti. "Mi pesano sulla coscienza. Anche se appartengono al boss che sono stato. All'altra mia vita".

La svolta interiore: l'uccisione del fratello

1349236Una vita che ho cercato, prima dell'appuntamento, nei verbali dell'inchiesta Operazione Colosseo, nelle centinaia di pagine che raccolgono le spaventose confessioni di un boss sanguinario, di un passato che Abbatino si dice certo di aver pagato davanti agli uomini, con una condanna a 30 anni mai appellata, e davanti a Dio col dolore per aver perso il suo unico fratello. "Ero latitante a Caracas quando Roberto è stato ucciso. I miei amici avrebbero dovuto proteggerlo. Di loro mi fidavo. Avevo protetto le loro famiglie. Era una nostra regola, e io l'avevo rispettata. Quando hanno lasciato uccidere mio fratello è morto anche il boss. Non ho sentito più alcun dovere verso di loro. Nessun obbligo".
Abbatino continua a parlare. Una storia che straborda. Troppi dettagli, troppi fatti da raccontare. Così La verità del Freddo è diventata un libro-intervista con la postfazione di Otello Lupacchini, il magistrato che per primo ascoltò le rivelazioni di Abbatino e firmò i 69 ordini di cattura che decimarono la banda della Magliana e una pletora di personaggi minori legati all'organizzazione.
Era l'alba del 16 aprile 1993 quando scattarono gli arresti dell'Operazione Colosseo. "Chissà perché gli eserciti attaccano sempre all'alba. Forse perché c'è l'effetto sorpresa. Quel giorno furono arrestati tutti i miei ex amici. Si pentirono anche altri affiliati alla banda dopo le mie dichiarazioni. Ci furono condanne pesanti, ergastoli. Roma fu ripulita quasi del tutto. Quasi...".
Segue: I segreti di Maurizio Abbatino, il Freddo della banda della Magliana   Panorama

venerdì 25 maggio 2018

Le profezie tecnologiche del geniale Nikola Tesla sul futuro dell’umanità

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Smartphone, droni, internet, wi-fi: il geniale Tesla aveva già previsto tutto questo quasi un secolo fa.
Nikola Tesla, oltre ad essere un genio dei suoi tempi, è stato anche un grande visionario. In più di uno scritto ha mostrato di saper vedere oltre la sua epoca e ha previsto per il futuro eventi ed invenzioni che poi realmente hanno avuto riscontri del nostro presente, lasciandoci ancora una volta a bocca aperta.

Tesla aveva previsto lo smartphone

Partiamo con un oggetto che ormai diamo per scontato: lo smartphone. Possiamo asserire che questo tipo di device fa parte ormai della nostra quotidianità. Attraverso gli smartphone si possono controllare altri apparecchi, accedere ad internet, comunicare in tempo reale con altre persone, guardare un film o accedere ad altri servizi. Un secolo fa sarebbe sembrato fantascienza per la maggior parte delle persone ma Tesla, già nel 1926, immaginava un futuro molto simile a oggi. “L’uomo porterà il telefono in tasca, potrà comunicare istantaneamente con gli altri, vedere e sentire le cerimonie delle apertura dei Presidenti guardare le finali di baseball e dal vivo, come se fossero lì”.
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Tesla descrisse, in poche parole, un telefono cellulare capace di mostrare video in diretta streaming. Ai tempi il telefono fisso era già stato inventato da Alexander Bell nel 1876 ed in seguito era sorta la società di telecomunicazioni AT & T, che poi divenne un vero e proprio colosso del settore. Fu invece nel 1973 che venne introdotto il primo telefono cellulare ad opera di Martin Cooper, della Motorola. I primi servizi di telefonia mobile apparirono soltanto nel 1983. Il primo smartphone a tutti gli effetti, IBM Simon, venne rilasciato nel 1994 ma la vera rivoluzione in questo campo avvenne col rilascio di Apple nel 2007.

Internet

Non solo, nel corso di un’intervista rilasciata nel 1926 al reporter statunitense John B. Kennedy del Time, anticipò non soltanto l’avvento degli smartphone ma anche di Internet e delle tecnologie ad esso legate come Skype. “Quando la telefonia senza fili sarà perfettamente applicata, l’intera Terra si trasformerà in un enorme cervello e tutte le cose saranno parte di un intero reale e pulsante. Saremo in grado di comunicare l’uno con l’altro in modo istantaneo, indipendentemente dalla distanza. Attraverso la tele-visione e la tele-fonia riusciremo a vederci e sentirci esattamente come se ci trovassimo faccia a faccia, anche se lontani migliaia di chilometri; e gli strumenti che ci permetteranno di fare ciò saranno incredibilmente semplici, in confronto al telefono che usiamo ora. Un uomo sarà capace di tenerli nel taschino del gilet”.
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Epurazione dell’umanità

In un articolo pubblicato nel 1935 sulla rivista americana Liberty, Tesla avrebbe espresso le sue opinioni riguardo il futuro sino al 2100 e le relative implicazioni nel corso di un’intervista concessa al giornalista George Sylvester Viereck. A detta dello scienziato in futuro la razza umana sarebbe stata “depurata” e che quanti non possedevano un adeguato livello di intelligenza o malviventi come criminali, pedofili, stupratori sarebbero stati eliminati. Questa previsione dovrebbe verificarsi entro il 2100 ed è spesso stata accostata alla filosofia di Adolf Hitler.

Tecnologia Wireless e droni

Riguardo la tecnologia, Tesla si è avvicinato molto alla realtà attuale, spingendosi anche oltre. “Il maggior beneficio deriva dallo sviluppo tecnico che conduce all’armonia e all’unificazione ed in questa linea rientra la trasmissione senza fili (wireless). Un sacco di energia sarà trasmessa senza fili. Tramite questo sistema la voce umana potrà essere riprodotta ovunque e le fabbriche forniranno energia off-shore dalle centrali idroelettriche. I velivoli gireranno intorno alla Terra senza fermarsi e l’energia del Sole sarà controllata per creare laghi e fiumi o grandi deserti”. Tesla aveva anche previsto i droni, dichiarando: “Gli aerei voleranno senza piloti, guidati da terra tramite onde radio”.
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L’estrema lungimiranza dell’inventore serbo croato ci dimostra ancora una volta come il suo spirito visionario abbia potuto ispirare imprenditori moderni come Elon Musk, fondatore dell’omonima casa automobilistica Tesla e Larry Page, cofondatore di Google.
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giovedì 24 maggio 2018

ALPI, BORSELLINO, PASOLINI, PANTANI, DAVID ROSSI / E’ GIUSTIZIA DESAPARECIDA


Buchi neri. Gialli mai risolti. Storie di omicidi o 'suicidi' che segnano – fino ad oggi – il crac della giustizia di casa nostra. Tempi biblici, indagini flop, archiviazioni ai confini della realtà. E un gigantesco senso di impotenza, trovarsi a combattere contro muri di gomma, cortine di omertà e soprattutto complicità & collusioni da brividi. E anche depistaggi di Stato, come emerge in modo clamoroso, per fare un solo esempio, nel caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
E poi l'ultima corsa di Marco Pantani, il tragico volo di David Rossi, le drammatiche sequenze di Pier Paolo Pasolini.
C'è ancora qualche spiraglio per far luce sul nero che appesta e ammorba la scena. Flebili speranze per dar volto ai killer e, soprattutto, ai mandanti. Vediamo, giallo per giallo, cosa sta succedendo.
ALPI – HROVATIN / 8 GIUGNO, LA PAROLA AL GIP
Dopo 24 anni di depistaggi, la parola definitiva ora passa al gip di Roma, Andrea Fanelli, che si dovrà pronunciare sulla richiesta di archiviazione tombale avanzata dal pm Elisabetta Ceniccola e controfirmata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone.


Giuseppe Pignatone. Nel montaggio in alto, al centro, Ilaria Alpi. Sullo sfondo Paolo Borsellino, Marco Pantani, David Rossi e Pier Paolo Pasolini

Lo stesso gip dovrà valutare anche gli ultimi elementi emersi: ossia il fascicolo trasmesso dalla procura di Firenze riguardante un'inchiesta su traffici di armi e mezzi militari, comprese alcune intercettazioni risalenti al 2012 tra somali, in cui viene fatto riferimento all'omicidio di Ilaria e Miran.
Il gip, inoltre, dovrà tener presente una gran mole di elementi contenuti in un dossier redatto dai legali della madre di Ilaria, Luciana Riccardi, ossia Antonio D'Amati, Giovanni D'Amati e Carlo Palermo.
Sorge spontanea una domanda da novanta: come mai fino ad oggi la procura di Roma non ha tenuto in alcun conto la sentenza pronunciata dal tribunale di Perugia sulla non colpevolezza di Hashi Omar Hassan, il somalo che ha scontato 16 anni di galera da innocente?
Quella sentenza, emessa un anno fa, parla senza mezzi termini di "depistaggio di Stato", perchè l'unico testimone d'accusa, Gelle, era taroccato, come ha scoperto l'inviata di "Chi l'ha visto" Chiara Cazzaniga e ha certificato – con una pletora di riscontri e ulteriori prove – la clamorosa sentenza di Perugia. Sarebbe bastata quella sentenza, che parla da sola, per far riaprire immediatamente il caso alla procura capitolina, contenendo tra l'altro precisi, nuovi indizi e probanti chiavi di lettura.
E invece? A Roma il silenzio più totale, tanto da far pensare a un impetuoso ritorno di quella "procura delle nebbie" che ha caratterizzato tanti vergognosi anni del passato.


Chiara Cazzaniga

Incredibile ma vero, il copione si ripete in Sicilia, con l'eterno processo Borsellino. Solo un miracolo (le rivelazioni di Gaspare Spatuzza) ha consentito di far luce su un altro clamoroso depistaggio, stavolta il taroccamento a tavolino del super teste dell'accusa, Vincenzo Scarantino, la cui verbalizzazione fasulla ha fatto finire in galera, sempre per 16 anni, 7 innocenti. Come mai nessuno fino ad oggi ha acceso neanche un fiammifero per far luce sul ruolo svolto dai pm, ossia Anna Maria Palma e l'icona antimafia Nino Di Matteo?
Intanto si sta celebrando il Borsellino quater…

MARCO PANTANI / MADONNA FATE LUCE
E ci vorrebbe l'ennesimo miracolo, stavolta degno del miglior San Gennaro, per far luce su un altro giallo da brividi.
Alla procura di Napoli, infatti, si sta svolgendo l'ultimo atto in uno dei due filoni d'inchiesta sul giallo Pantani. Da un anno e mezzo la Direzione distrettuale antimafia – pm Antonella Serio – ha sul tavolo il fascicolo sul Giro d'Italia del 1999 che segnò la fine sportiva del campione di ciclismo Marco Pantani, squalificato per doping. L'esito della corsa venne pesantemente condizionato dalla camorra, che investì miliardi di lire sulla sconfitta del Pirata ("'O pelato non adda arrivà a Milano", come volevano gli uomini dei clan). La procura di Forlì ha a lungo indagato sulla pista, potendo contare su una sfilza di verbalizzazioni di pentiti e collaboratori di giustizia che hanno fornito conferme e dettagli.
Ma niente. Fascicolo archiviato perchè "non c'è la prova di quelle minacce", ossia le intimidazioni che hanno 'convinto' i medici dell'antidoping a taroccare (arieccoci) quelle analisi, che si svolsero a Madonna di Campiglio. Alla procura di Forlì, infatti, non hanno ben chiari i metodi persuasivi della camorra: e forse scambiano ancora pizzi per merletti…


L'avvocato Antonio De Rensis

Resta un'ultima chance: la procura di Napoli, appunto, cui si è rivolto il legale della famiglia Pantani, Antonio De Rensis, perchè fossero riaperte le indagini proprio per far luce sul Giro '99 comprato dai clan. Ma è passato un anno e mezzo: fatte indagini? Effettuati riscontri? Qualche interrogatorio? Fino ad oggi, il silenzio più totale.
Atto secondo. Il processo per la fine di Marco al residence "Le Rose" di Rimini il 14 febbraio 2004. Una scena del 'crimine' che parla da sola, come ha dettagliato in un ponderoso dossier lo stesso De Renzis. Un centinaio di 'anomalie' che documentano come sia impossibile pensare ad un 'suicidio', ma si sia trattato di una vera e propria esecuzione: dalle ferite sul corpo di Marco, ai segni di trascinamento, ai mobili della stanza distrutti, agli evidenti segni di colluttazione.
Ma per i pm tutto ok. Il Pirata, evidentemente, era un masochista di razza e prima di ingerire la coca fatale ha voluto anche sfasciare tutto: e invece le 'palline' di pane e coca gli venne fatte ingurgitare con la forza.
Tutto da archiviare, per la procura di Forlì: un chiaro suicidio. E così anche ha ritenuto la Cassazione, che sulla fine del Pirata ha apposto il suo sigillo il 19 settembre 2016: giorno di San Gennaro.

DAVID ROSSI / QUEL VOLO DA PALAZZO SALIMBENI
Eccoci ad una scena del 'crimine' altrettanto zeppa di anomalie, quella dell'ufficio di David Rossi a palazzo Salimbeni, storica sede del Monte dei Paschi di Siena. Da lì è volato giù a marzo 2013 il responsabile delle relazioni esterne e della comunicazione dell'istituto di credito, all'epoca travolto dal crac. E guarda caso, il giorno seguente David era atteso in procura per verbalizzare proprio sugli affari che coinvolgevano Mps, a partire da quel 'groviglio armonioso' che avvolgeva la banca e tutta la città. Molto meglio che David non parlasse con gli inquirenti…
Altri inquirenti della stessa procura senese, del resto, non hanno avuto una gran voglia di indagare su quel tragico volo, chiedendo dopo un anno esatto l'archiviazione. Nonostante la gran mole di elementi tutti indirizzati a negare la pista del suicidio.


Elio Lannutti

A partire dalle tre perizie. Quella grafologica, infatti, escludeva che David avesse mai potuto scrivere spontaneamente i tre messaggi lasciati alla moglie, invece frutto di evidente coazione. Quella sul corpo, poi, ha documentato svariate ferite, soprattutto ai polsi e sulle braccia, segno di colluttazione e di trascinamento (proprio come nel caso Pantani). Infine, la dinamica della caduta dello stesso corpo fa a pugni con l'ipotesi del suicidio: il volo, invece, risulta frutto di una spintarella.
Senza contare svariati altri elementi: dal filmato e le riprese delle videocamere (tagliate e evidentemente taroccate, altra somiglianza col giallo Pantani), al cellulare, all'orologio caduto 'in ritardo', fino alla presenza di una persona nella stradina adiacente.
Tutto inutile. La procura per ben due volte ha chiesto l'archiviazione. E solo da pochi mesi si è aperto uno spiraglio alla procura di Genova, che finalmente ha inaugurato un fascicolo su errori, orrori & omissioni commessi dalle toghe senesi.
E' uscito pochi mesi fa un libro scritto da Elio Lannutti, lo storico fondatore di Adusbef, l'associazione a tutela dei risparmiatori, e dal giornalista d'inchiesta Franco Fracassi: significativamente titolato "Morte dei Paschi".

PASOLINI / PETROLIO BOLLENTE  

Pier Paolo Pasolini

Anche stavolta, un anno e mezzo fa una scintilla nel buio.
L'avvocato della famiglia Pasolini, Stefano Maccioni, ad ottobre 2016 chiede la riapertura delle indagini sull'omicidio di Pier Paolo. Si basa su un rapporto redatto dalla genetista forense Marina Baldi, attraverso cui sono state scoperte tracce di altri DNA sulla scena del crimine, oltre a quelle ovviamente di Pasolini e di Pino Pelosi. Almeno uno, denominato Ignoto 3, e con ogni probabilità un altro, Ignoto 4.
Il caso viene affidato al pm Francesco Minisci, che già anni prima aveva archiviato una analoga richiesta, anche se ovviamente per diversi motivi.


Francesco Minisci

Maccioni sottolinea il fatto che si tratta di un test ben preciso. E che a questo punto occorre effettuare una serie di indagini per verificare la paternità di quelle tracce di Dna. Caso mai circoscrivendo la ricerca, per non incorrere nell'errore commesso dagli inquirenti nel caso di Yara Gambirasio, con un test a pioggia in Lombardia. Secondo Maccioni l'indagine può essere ristretta agli ex malavitosi di quegli anni, gravitanti nell'orbita della banda della Magliana.
Ma fino ad oggi nessuna notizia. Forse il pm Minisci è troppo preso dai suoi freschi impegni associativi? Mesi fa, infatti, è stato nominato segretario dell'ANM, ossia la potente Associazione Nazionale Magistrati.
Un occhio al caso, comunque, non farebbe male a darlo. Soprattutto perchè lo 'scenario storico' è ormai chiaro. Altro che il solito delitto a sfondo passional-sessuale facile paravento per troppe inchieste! E' palese la matrice politica dell'omicidio: che più di Stato non si può.
E c'è quel Petrolio bollente – l'ultima opera di Pier Paolo – come movente da novanta. Soprattutto il capitolo che manca all'appello delle bozze: le 60 pagine di "Lampi sull'Eni", dedicate al poderoso sistema di potere che all'epoca ruotava intorno alla figura del numero uno della 'Razza Padrona', al secolo Eugenio Cefis.
Da grande regista, poeta e genio a tutto campo (compreso quello pallonaro), Pasolini s'era anche trasformato in giornalista d'inchiesta, e di razza. Aveva scavato e scovato a proposito del delitto di Enrico Mattei (tanto che le bozze di Petrolio erano sulla scrivania del cronista dell'Ora di Palermo Mauro De Mauro, ucciso dalla mafia): e alla fine il suo mitico "Io so, ma non ho le prove", si stava trasformando in "Io so e ho le prove".
Per questo anche Pier Paolo "Doveva Morire".

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mercoledì 23 maggio 2018

Paolo Borsellino, l'ultima stagione



Il pomeriggio del 23 maggio 1992 il giudice Giovanni Falcone muore in un attentato a Capaci insieme alla moglie Francesca Morvillo e agli uomini della sua scorta. Iniziano allora i 57 giorni più difficili del magistrato che più di altri ha condiviso con lui i successi e le difficoltà della stagione di lotta contro la mafia: l'amico Paolo Borsellino. Borsellino si lancia nel lavoro d'indagine. Vuole fare luce sulla morte dell'amico, scoprendone le cause e trovandone i responsabili. Ma l'uomo che ha visto morire Falcone tra le braccia, non è più quello di prima: è indurito, chiuso e si isola persino da amici e familiari. A raccontarlo è "Paolo Borsellino, l'ultima stagione" di Tommaso Franchini e Alessandro Chiappetta con la regia di Graziano Conversano che Rai Cultura propone martedì 18 luglio alle 21.10 su Rai Storia per "Diario Civile", con l'introduzione del Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.
Ai colleghi, Borsellino annuncia: "Sappiate che questo è anche il nostro destino". Sa che lui sarà il prossimo obiettivo di Cosa Nostra e un attentato sembra ogni giorno più inevitabile. I carabinieri ricevono informative sull'arrivo di tritolo destinato al giudice mentre alcuni pentiti svelano oscuri legami tra Cosa Nostra e uomini delle istituzioni che non fanno un gioco pulito.
Borsellino viene anche informato che uomini dello Stato hanno iniziato un dialogo con i boss mafiosi per arrestare le stragi e avverte attorno a sé un clima di crescente isolamento. 
Vive 8 settimane di rabbia e inquietudine durante le quali ricorda con amarezza gli anni delle prime indagini di mafia, il sacrificio degli amici come il Capitano dei Carabinieri Emunuele Basile e il magistrato Rocco Chinnici, ripercorre i successi del Maxiprocesso istruito insieme a Falcone ma a anche le delusioni per le successive critiche e delegittimazioni che miravano a smantellare il Pool Antimafia e mortificare Falcone.
Diventato Procuratore Capo di Marsala Borsellino subisce l'attacco del famoso articolo di Sciascia sui "professionisti dell'antimafia" ma reagisce alle delegittimazioni con una durissima intervista pubblica che gli procura un procedimento disciplinare davanti al Csm.
Nel suo ultimo discorso tenuto alla Biblioteca Comunale di Palermo nel giugno del 1992, Borsellino afferma che la morte di Falcone era iniziata in quella stagione di veleni e parla di "giuda" che lo hanno ingannato.  Dimostra di sapere dunque che esistono persone pronte ad abbandonare anche lui, e in un drammatico episodio ricordato da una sua collega, Borsellino per la prima volta parla di aver saputo di "amici che tradiscono".
Dimostra però un senso inflessibile della lealtà e decide di non venire meno a ciò che considera un dovere ineludibile, un obiettivo da perseguire anche in solitudine e fino in fondo, a costo di rinunciare a tutto.

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lunedì 21 maggio 2018

La Russia si oppone a una guerra tra Iran e Israele, di Thierry Meyssan


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                                      I bombardamenti israeliani da dicembre 2017

Nel conflitto Russia-USA la maggior parte degli osservatori si schiera e auspica la vittoria dell'uno o dell'altro campo. Mosca cerca invece di chetare il Medio Oriente e, per questa ragione, ostacola un attacco dell'Iran a Israele, così come nel 2008 si oppose all'operazione israeliana contro l'Iran.

Nella notte tra il 29 e il 30 aprile 2018 Israele ha lanciato nove missili contro due basi militari siriane, causando danni molto gravi.
Stupisce che i radar russi non hanno allertato i siriani, che quindi non hanno potuto intercettare i missili israeliani.
In realtà, l'attacco non voleva colpire obiettivi siriani, bensì bersagli iraniani in basi siriane.
In forza di un trattato anteriore alla guerra, l'Iran è intervenuto in aiuto della Siria sin dall'inizio dell'aggressione straniera, nel 2011. Senza il soccorso iraniano la Siria sarebbe stata sconfitta, la Repubblica sarebbe stata rovesciata e i Fratelli Mussulmani sarebbero al potere. Sennonché, da settembre 2015 la Siria ha l'appoggio anche della Russia, la cui potenza di fuoco è di gran lunga superiore a quella iraniana. È stata l'aviazione militare russa a distruggere con bombe di penetrazione le fortificazioni sotterranee costruite dalla NATO e da Lafarge, permettendo all'esercito arabo siriano di riconquistare il terreno perduto.
Oggi però gli intenti di Iran e Russia divergono.

Il disaccordo Iran-Russia

la Russia vuole sradicare le organizzazioni jihadiste e pacificare l'insieme della regione. Spera inoltre di ripristinare quel legame storico che lega la cultura ortodossa e Damasco, città del cristianesimo delle origini, in conformità alla strategia che Caterina la Grande delineò nel XVIII secolo.
L'Iran è oggi un Paese diviso in tre poteri distinti. Da un lato i Guardiani della Rivoluzione, dall'altro il presidente Rohani, in mezzo la Guida Khamenei a dirimerne i conflitti.
I Guardiani della Rivoluzione sono una formazione d'élite, distinta dall'esercito regolare. Obbediscono alla Guida, laddove l'esercito dipende dal presidente della Repubblica Islamica. Tentano di liberare il Medio Oriente dall'imperialismo anglosassone. Garantiscono la protezione degli sciiti ovunque nel mondo e, in cambio, contano sul loro appoggio per proteggere l'Iran. Sono presenti soprattutto in Yemen, Iraq, Siria e Libano.
Il presidente Hassan Rohani sta cercando di far uscire il Paese dall'isolamento diplomatico, seguito alla Rivoluzione dell'imam Khomeini. Vuole sviluppare il commercio internazionale e ristabilire lo statuto di potenza regionale dominante, riconosciuto al Paese all'epoca dello Scià.
L'ayatollah Ali Khamenei, ideologicamente vicino ai Guardiani della Rivoluzione, cerca di mantenere l'equilibrio tra i due poteri e di preservare l'unità del Paese. È un compito oggi ancora più arduo, in quanto le tensioni tra i due poteri hanno raggiunto l'apice. L'ex presidente, Mahmud Ahmadinejad (uscito dai Guardiani della Rivoluzione), e il suo vicepresidente, Hamid Beghaie, sono stati dichiarati dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione «cattivi mussulmani». Ahmadinejad è agli arresti domiciliari, Beghaie è stato condannato, in un processo segreto, a 15 anni di reclusione.
Dopo l'assassinio di Jihad Mughniyah (figlio di Imad Mughniyad, capo militare dello Hezbollah libanese), avvenuto nel gennaio 2015 sulla linea di demarcazione siriano-israeliana del Golan, tutto induce a credere che l'Iran stia cercando d'impiantare basi militari nel sud della Siria, in vista della pianificazione di un attacco a Israele, coordinato da Gaza, Libano e Siria.
È il progetto che Israele cerca di impedire e che la Russia si rifiuta di avallare.

L'evoluzione delle posizioni politiche

Secondo il modo di vedere della Russia, Israele è uno Stato internazionalmente riconosciuto, cui appartengono oltre un milione di cittadini giunti dall'ex Unione Sovietica. Ha diritto a difendersi, indipendentemente dal problema che pongono il furto dei territori palestinesi e l'attuale regime di apartheid.
Al contrario, dal punto di vista iraniano Israele non è uno Stato, bensì un'entità illegittima che occupa la Palestina e ne opprime gli storici abitanti. È quindi legittimo combatterlo. La Repubblica Islamica va oltre l'analisi del suo fondatore. Infatti, per l'imam Khomeini Israele è solo uno strumento nelle mani delle due principali potenze coloniali, gli Stati Uniti (il «Grande Satana») e il Regno Unito. Il discorso iraniano sulla Palestina è diventato negli ultimi anni oltremodo confuso: una mescolanza di argomentazioni politiche e religiose, in cui non si disdegnano nemmeno stereotipi antisemiti.
Da tre anni Israele chiede a gran voce alla Russia di impedire all'Iran d'installare basi militari a distanze inferiori a 50 chilometri dalla linea di demarcazione. All'inizio, la Russia ha sottolineato che l'Iran stava vincendo la guerra in Siria, mentre Israele la stava perdendo. Quindi, Tel Aviv non poteva vantare pretese. Ma ora che si approssima una possibile fine del conflitto, la posizione della Russia è cambiata: è escluso che venga consentito all'Iran di aprire un nuovo conflitto.
È esattamente la stessa posizione che, nel 2008, spinse la Russia a bombardare i due aeroporti presi a nolo in Georgia dallo Tsahal. Lo scopo allora era prevenire un attacco di Tel Aviv a Teheran. Solo che il lasciar-fare di oggi si oppone a un'iniziativa iraniana, non più israeliana.

La posizione siriana

Dal punto di vista siriano, Israele è un nemico che occupa illegalmente il Golan. È un Paese che durante la guerra ha sostenuto gli jihadisti e che ha già bombardato la Siria oltre un centinaio di volte.
Ma non per questo il progetto iraniano è benvenuto. Infatti, come Mosca, Damasco non contesta l'esistenza dello Stato ebraico, bensì unicamente il suo ordinamento politico, da cui i palestinesi sono esclusi. Ma, soprattutto, la Repubblica Araba Siriana non cerca lo scontro con il vicino, bensì la pace. I presidenti Hafez e Bashar al-Assad hanno tentato invano di negoziarla, in particolare con la mediazione del presidente statunitense Bill Clinton.
D'altro canto, tutti sanno che l'esercito israeliano gode dell'appoggio senza riserve degli Stati Uniti e che attaccare Israele equivale ad attaccare Washington. Anche se lo volesse, la Siria, che sta uscendo da sette anni di aggressione straniera ed è in gran parte distrutta, non potrebbe impegnarsi in questa direzione neppure se lo volesse.
Pertanto, Damasco pur avendo consentito all'Iran di istallare basi sul proprio territorio non si spingerà oltre.

Il contesto Iran-Stati Uniti

Così come ha provocato la crisi attuale, l'approssimarsi della fine della guerra pesa anche sul futuro dell'accordo 5 + 1. Probabilmente gli Stati Uniti non continueranno a rendersene garanti.
Quest'accordo multilaterale non è quel che si crede. Il testo firmato il 14 luglio 2015 è esattamente identico a quello negoziato il 4 aprile. Negli ultimi mesi Washington e Teheran hanno patteggiato a quattr'occhi clausole segrete bilaterali, di cui nessuno conosce la portata.
Tuttavia, è evidente che, dalla conclusione di quest'accordo segreto, le truppe di Stati Uniti e Iran, che sono presenti in tutto il Medio Oriente, non si sono mai scontrate direttamente.
La parte pubblica dell'intesa verte sulla sospensione, per almeno un decennio, del programma nucleare iraniano, sulla rimozione delle sanzioni internazionali contro l'Iran e su un rafforzamento dei controlli dell'AIEA [Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, ndt]. Quest'accordo è catastrofico per Teheran che, per esempio, ha dovuto chiudere il settore dell'insegnamento della fisica nucleare. Ciononostante, l'Iran l'ha firmato, confidando nella rimozione delle sanzioni che colpiscono duramente l'economia. Ebbene, non appena tolte, le sanzioni sono state immediatamente ripristinate sotto altro pretesto (il programma missilistico). Nel frattempo, il livello di vita degli iraniani continua ad abbassarsi.
Contrariamente a un pregiudizio diffuso, già nel 1988 la Repubblica Islamica cessò gli sforzi per avere la bomba atomica: l'imam Khomeini aveva convinto gli iraniani che le armi di distruzione di massa sono contrarie all'islam. L'Iran ha continuato la ricerca sul nucleare a uso civile e condotto qualche studio per applicazioni militari tattiche. Oggi, soltanto chi desidera ripercorrere la via dello Scià — ossia il gruppo del presidente Rohani — potrebbe desiderare la ripresa del programma nucleare militare. Ma non accadrà, dati gli eccellenti rapporti con Washington.
A Ginevra è in corso una riunione preparatoria della Conferenza Mondiale di monitoraggio del Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Iran e Russia sostengono una mozione per dichiarare il Medio Oriente «zona priva di armi nucleari», mozione contro cui sono schierati Israele, Arabia Saudita e i Paesi occidentali.
La minaccia che Teheran esercita dalla Siria potrebbe essere interpretata come mezzo di pressione per ottenere il rispetto delle clausole segrete parallele all'accordo 5+1.

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domenica 20 maggio 2018

Montagna Longa - La strage dimenticata

Intervista di Fabio Belli a Stefania Limiti

E' stato il più grave disastro nella storia dell'aviazione italiana prima che avvenisse la tragedia di Linate nel 2001 (1). Non si tratta della strage di Superga appena commemorata, ne del noto episodio di Ustica, sebbene vi sia in comune il territorio siciliano come luogo della sciagura.
Venerdì 5 maggio 1972 il volo Alitalia AZ112, partito da Roma-Fiumicino con destinazione Palermo-Punta Raisi, si schiantò in fase di atterraggio contro la Montagna Longa nel territorio fra Cinisi e Carini: tutte le 115 persone a bordo (108 passeggeri e 7 membri dell'equipaggio) persero la vita.
Il velivolo DC-8-43, decollato con mezz'ora di ritardo in una notte calda e senza vento, comunicò per l'ultima volta con la torre di controllo tramite il pilota comandante Bartoli che annunciò l'imminente manovra di avvicinamento alla pista 25 dell'aeroporto palermitano; pochi minuti dopo avvenne il fatale impatto (2). Nel luogo del disastro è presente tutt'ora una croce in ricordo delle vittime.
La giornalista e scrittrice Stefania Limiti, che aveva menzionato la tragedia nel suo libro "Doppio Livello" (3), ha accettato di rispondere ad alcune domande a 46 anni esatti dall'incidente, fornendo un contributo illuminante sull'intera vicenda.

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sabato 19 maggio 2018

DAMASCO, IL MESSAGGIO DI UN FRATE – Padre Bahjat Elia Karakach


di Alessandra Mulas, inviata di guerra in Siria

Padre Bahjat Elia Karakach, francescano della Custodia di Terra Santa superiore del Convento dedicato alla conversione di San Paolo a Damasco, è il frate coraggioso che immediatamente dopo l'attacco americano aveva lanciato un audio messaggio, attraverso i social network, in cui denunciava la menzogna dell'uso delle armi chimiche da parte del Governo di Bashar al-Assad. Come lui stesso dice l'attacco con armi chimiche da parte di Damasco sarebbe stato una follia, la vittoria sul terrorismo è ormai alla soluzione finale e richiamare l'attenzione dell'Occidente, giustificandone un possibile intervento, sarebbe stato inutile e dannoso. «L'esercito siriano non ha bisogno di usare le armi chimiche, soprattutto perché tra l'altro le ha smantellate, come sappiamo, sotto il controllo dei russi qualche anno fa».
Molto ottimista per il futuro dice di voler infondere la speranza attraverso la creazione di strutture che siano rivolte alla ricostruzione di un paese giovane e coraggioso. Ci racconta che i cristiani alle volte sono accusati dall'Occidente di sostenere il governo, precisa che questo va inserito in un contesto nel quale i cristiani sono una parte della società e non un corpo estraneo; la Siria a livello istituzionale è un paese laico e tutti possono accedere alle cariche pubbliche e ricorda che non è una questione di cristiani ma di una popolazione che all'80% si esprime a favore del suo Presidente. Forse prima della guerra c'era una opposizione che chiedeva modifiche costituzionali e riforme, ma oggi la scelta è tra il caos totale e questo governo che nonostante tutto ha avuto il merito di salvare l'unità della Siria e il pluralismo religioso. Il progetto di creare una divisione su basi etnico religiose è miseramente fallito grazie alla stabilità politica mantenuta nonostante la guerra. «Questo è il tempo di metterci insieme per combattere il terrorismo perché questi ribelli non hanno una visione politica alternativa. Hanno distrutto il patrimonio culturale, storico e l'unica cosa che li accomuna è il sogno di uno Stato Islamico.»
In una breve intervista invia un messaggio all'Occidente per raccontare una verità che merita di essere ascoltata, in un mondo in cui l'informazione si ferma davanti a una ideologia calata dall'alto in cui dietro vi è solo un vantaggio economico a senso unico.
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Riguardo ai cristiani qual è la situazione attuale, soprattutto dei cristiani cattolici, che sono diventati, ormai, una minoranza nella minoranza?
Sì, purtroppo il numero dei cristiani è più che dimezzato, sicuramente, in Siria. Ma possiamo dire sempre che, pur essendo piccola, resta una comunità molto impegnata nella società siriana, che cerca di portare i valori del Vangelo e i valori cristiani. Una comunità culturalmente formata, che non ha mai preso le armi, quindi è dialogante con tutti, è una garanzia anche per il futuro della Siria e per salvarla. Il nostro Presidente Bashar al-Assad ha detto che i cristiani qui non sono un annesso, qualcosa in più, ma sono  le radici di questa società e i garanti del pluralismo in Siria: la comunità cristiana ha questa missione ed è per questo che deve rimanere qui. Io dico sempre: aiutateci a non a lasciare questo Paese per altri migliori e a rimanere qui per continuare la nostra missione.
Lei ha anche mandato un messaggio che ha fatto il giro dei social network in Italia, e credo anche in altri Paesi, in cui lei parla anche della situazione di impunibilità: vuole raccontare quel pezzo di verità che in Occidente è negata in questo momento?
Purtroppo, pur essendoci la democrazia in Occidente e la libertà di espressione, vedo che  questa libertà di espressione è molto mortificata nel caso della guerra in Siria, perché c'è un'informazione a senso unico che vuole demonizzare il nostro Presidente e il Governo. Sappiamo bene che tutte le guerre si fanno per interessi: c'è un grosso interesse per la Siria da parte dell'Occidente che, in questi anni di guerra, ha aiutato questi gruppi ribelli che, purtroppo, non hanno nessuna visione per il futuro della Siria e non sono un'alternativa degna di guidare questo Paese, perché sono delle persone violente che hanno portato solo distruzione e violenza in Siria. Quello che oggi sta accadendo in Siria è una guerra internazionale per questi interessi e, purtroppo, questa verità fa fatica a passare. Non c'è dubbio che il nostro Presidente, attualmente, sia una garanzia dell'unità del Paese, una comunità fondamentale per questa area geografica, perché la Siria è un mosaico di culture e religioni: se questo mosaico viene spezzato, o in qualche modo diviso, ci sarebbe una pulizia etnica  e sarebbe un altro olocausto, che sicuramente nessuno desidera per il Medio Oriente, anche per le gravi conseguenze che potrebbero esserci in Europa. Qui, in questa fase, noi siriani (la maggior parte dei siriani) vogliamo essere più uniti per combattere il terrorismo e cercare di portare questo Paese a un porto sicuro, dove possiamo riprendere la ricostruzione dell'umano e della società. Chiediamo verità, verità, verità! Non disinformazione. I bambini siriani o i siriani non si aiutano con i missili, ma si aiutano se si tolgono le sanzioni al popolo siriano e se si apre un serio dialogo con il Governo siriano, che nessuno può ignorare. Quindi aiutate i siriani non a fare guerra fra di loro, ma a essere uniti, normalizzando i rapporti con la Siria e guardando all'interesse del popolo siriano e non semplicemente agli interessi economici che si possono ricavare dal dominio di questo.
L'articolo DAMASCO, IL MESSAGGIO DI UN FRATE – Padre Bahjat Elia Karakach proviene da ByoBlu - Il video blog di Claudio Messora.

venerdì 18 maggio 2018

Il ciclo della menzogna, di Thierry Meyssan

Quando vogliono condannare un sospettato, gli occidentali lo accusano di ogni sorta di crimine, fino a creare le condizioni per poter emettere la sentenza. Verità e Giustizia non hanno importanza, quel che conta è salvaguardare il potere. Ritornando sull'accusa alla Siria di far uso di armi chimiche, Thierry Meyssan ricorda che, sebbene essa risalga ad alcuni anni fa, il principio secondo cui la Siria è designata colpevole è vecchio di oltre duemila anni.

Gli occidentali affermano che nel 2011 è iniziata in Siria una «guerra civile». Eppure, nel 2003 il Congresso USA adottò, e il presidente George W. Bush firmò, una dichiarazione di guerra a Siria e Libano (il Syria Accountability and Lebanese Sovereignty Restoration Act [1], Legge sulle responsabilità della Siria e per il ripristino della sovranità libanese).
Dopo il vano tentativo del segretario di Stato Colin Powell, che nel 2004 avrebbe voluto trasformare la Lega Araba in tribunale regionale (vertice di Tunisi), l'aggressione occidentale poté iniziare grazie all'assassinio nel 2005 dell'ex primo ministro libanese, Rafic Hariri.
L'ambasciatore americano a Beirut, Jeffrey Feltman — che probabilmente organizzò in prima persona il crimine —, accusò immediatamente i presidenti Bashar al-Assad ed Émile Lahoud. L'ONU inviò in Libano una commissione d'inchiesta. Successivamente, gli organi esecutivi dell'ONU e del Libano istituirono, senza ratifica dell'Assemblea Generale dell'ONU né del parlamento libanese, uno pseudo-tribunale internazionale, che da subito ebbe a disposizione testimonianze e prove convincenti. Data per scontata e imminente la condanna, Assad e Lahoud furono messi al bando dal consorzio delle nazioni, alcuni generali furono arrestati dall'ONU e tenuti in carcere per anni, senza nemmeno essere messi in stato d'accusa. Ciononostante, i falsi testimoni furono smascherati, le prove persero fondatezza e l'accusa andò in frantumi. I generali furono messi in libertà, con tante scuse. Bashar al-Assad ed Émile Lahoud furono di nuovo considerati personalità frequentabili.
Tredici anni sono trascorsi, Jeffrey Feltman è il numero due delle Nazioni Unite e l'avvenimento del giorno è il pretestuoso attacco chimico della Ghuta. Ora come allora ci sono testimonianze (i Caschi Bianchi) e prove (foto e video) che si pretenderebbero convincenti. E, come al solito, il presunto colpevole è il presidente al-Assad. L'accusa è stata preparata con cura, sulla base di voci che circolano dal 2013. Senza aspettare che l'OPAC accertasse i fatti, gli occidentali si sono eretti a giudici e boia, hanno condannato la Siria e l'hanno punita, bombardandola.
Senonché la Russia è oggi ridiventata una super-potenza, parigrado con gli Stati Uniti, e ha potuto pretendere il rispetto delle procedure internazionali e l'invio di una commissione dell'OPAC a Damasco. Ed è sempre la Russia che ha portato all'Aia 17 testimoni oculari del presunto attacco chimico per comprovare la manipolazione mediatica dei Caschi Bianchi.
Come hanno reagito i 17 Paesi dell'Alleanza Occidentale presenti all'Aia? Si sono rifiutati di ascoltare i testimoni e di metterli a confronto con i Caschi Bianchi. Hanno pubblicato un breve comunicato per denunciare lo show russo [2]. Immemori di aver già giudicato e punito la Siria, hanno sottolineato che l'audizione dei testimoni era lesiva dell'autorità dell'OPAC. Hanno ricordato che il direttore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva già confermato l'attacco chimico e che era indecente rimetterlo in discussione. Ovviamente, hanno richiamato la Russia al rispetto di quel Diritto Internazionale che essi violano senza tregua.
Si dà il caso che la dichiarazione dell'OMS contravvenga alle sue prerogative; che non sia stata assertiva, bensì condizionale; che non si sia fondata su rapporti di funzionari, bensì unicamente su testimonianze di ONG, sue partner, che riportavano le accuse… dei Caschi Bianchi [3].
Sono duemila anni che l'occidente scandisce «Carthago delenda est!» (Cartagine deve essere distrutta!) [4], sebbene nessuno sappia cosa si rimproverasse a quest'equivalente tunisina dell'odierna Siria. In Occidente, questo sinistro slogan è diventato un riflesso condizionato.
In ogni angolo del mondo la saggezza popolare assicura che «Il più forte ha sempre ragione». È la morale delle favole dei Panchatantra indiani, del greco Esopo, del francese Jean de La Fontaine e del russo Ivan Krilov, ma proviene forse dall'antico saggio siriano Ahiqar.
Ebbene, la buffonata del fallito bombardamento del 14 aprile ha reso gli occidentali "i più forti", ma solo nelle menzogne.

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[1The Syria Accountability and Lebanese Sovereignty Restauration Act, H.R. 1828, S. 982, Voltaire Network, 12 December 2003.
[3] « L'OMS s'inquiète de la suspicion d'attaques chimiques en Syrie », Réseau Voltaire, 11 avril 2018.
[4Cathargo delenda est è uno slogan reso popolare da Catone il Vecchio. Il senatore lo pronunciava al termine di ogni suo discorso. Il solo crimine di Cartagine sembra fosse essere più fiorente di Roma.