domenica 7 aprile 2019

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 6 aprile 2019


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
Jihadisti trasferiti dalla Siria in Moldavia
 

 
Il Brunei applica la sharia
 

 
India, quarta potenza in grado di distruggere un satellite
 

 
Le banche cinesi e russe si rendono indipendenti dal sistema occidentale
 

 
Preparazione di attentati terroristi a Carcas
 

 
Juan Guaidó ha iniziato a saccheggiare le risorse venezuelane
 

 
Dichiarata la guerra elettromagnetica
 

 
Lo Hezbollah plaude alla ritrovata unità dei libanesi di fronte agli Stati Uniti
 

 
Gli USA s'inventano la «reciprocità d'accesso»
 

 
Erdoğan invitato in Crimea
 
Controversie

 
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venerdì 5 aprile 2019

Non c’è ricerca della Verità senza analisi dei documenti originali - INTERVISTA A THIERRY MEYSSAN 3/3

Mentre i giornalisti tendono a interpretare gli avvenimenti internazionali in funzione dei rispettivi governi, Thierry Meyssan si sforza di anticipare i fatti per permettere agli Stati presi di mira di proteggere il più efficacemente possibile le popolazioni. L’interpretazione di Meyssan degli ultimi 18 anni non è affatto “complottista”, come i suoi avversari vorrebbero far credere; si fonda invece sui documenti di lavoro dei Paesi occidentali, alcuni dei quali liberamente consultabili, benché ignorati dai media. Una ricerca sistematica delle fonti e la loro integrazione nel ragionamento è la metodologia che Meyssan applica anche quando riesce a procurarsi i documenti dopo anni dalla loro stesura.
Domanda/Edizioni Demi-LunePassiamo ora a Sotto i nostri occhi, un libro fuori dal comune… È scritto molto bene, breve e di facile comprensione; lei possiede un vero talento per spiegare in modo semplice problematiche complesse. L’unico appunto che si potrebbe fare è che il libro è davvero molto denso! Quasi ogni pagina contiene una rivelazione; la maggior parte dei politologi avrebbe certamente diluito queste informazioni in più opere. Si tratta in realtà del lavoro che lei ha svolto nei dieci anni trascorsi dalla pubblicazione dell’Effroyable Imposture 2.
Thierry Meyssan: Quando nel 2002 ho scritto L’incredibile menzogna, è stato in reazione a una contraddizione evidente tra narrazione dominante e quanto chiunque poteva constatare: l’amministrazione Bush mentiva. Le mie argomentazioni erano semplici, comprensibili e facilmente verificabili. Era un libro scritto da un giornalista. Nel 2006 ho scritto l’Effroyable Imposture 2 come si trattasse di una tesi di dottorato, con centinaia di riferimenti bibliografici: un lavoro di ricerca redatto per il grande pubblico. Questo terzo volume, Sotto i nostri occhi, pubblicato nel 2017, è una sintesi destinata a chi deve prendere decisioni, presentata sotto forma di un viaggio personale. È un libro scritto da un analista governativo.
È vero, ci sono davvero troppe informazioni, ma tutte utili. Non volevo presentare in dettaglio un avvenimento o un altro, bensì descrivere il panorama generale dei rapporti di forza mondiali dopo l’11 Settembre ed esporre la mia interpretazione. Nessuno finora ha fatto questo tipo di lavoro ma sicuramente molti lo imiteranno. Sono stati pubblicati innumerevoli libri che s’ispiravano alle mie precedenti opere, accadrà anche con questa.
DomandaCome il libro precedente, Sotto i nostri occhi, è probabilmente in anticipo di dieci anni rispetto al proprio tempo… Potrebbe essere uscito troppo presto e quindi essere comprensibile (ossia accettabile) non prima di un decennio?

La rivolta scoppiata in Francia sta per propagarsi all’intero Occidente

Thierry Meyssan: Ho riletto L’effroyable imposture 2, sulla guerra israeliano-libanese del 2006, quando è stato rieditato da Demi-Lune. Sono rimasto meravigliato della sua attualità, nonostante siano passati 12 anni. Questo significa che i problemi d’Israele e Libano sono tuttora irrisolti.
Sotto i nostri occhi diventerà un classico quando lo scontro che descrivo sarà risolto. Ebbene, la globalizzazione finanziaria sta per finire. La rivolta scoppiata in Francia si propagherà all’intero Occidente. Le persone patiscono senza capire il perché del loro impoverirsi. La rivolta potrebbe accelerare.
DomandaAnche la struttura della sua ultima opera è originale: lei decifra le “Primavere arabe” in tre sezioni, in ciascuna delle quali lei si pone nella prospettiva di un diverso protagonista: la Francia, i Fratelli Mussulmani e l’asse Washington-Londra.
Thierry Meyssan: Per questa ragione parlavo di “viaggio personale”.
Inizialmente ho interpretato gli avvenimenti basandomi sulle informazioni disponibili al grande pubblico, quelle dei media. Sfortunatamente la stessa modalità è stata usata dal governo francese per reagire. A questo stadio ho commesso molti errori, per esempio prendere per buono quel che si raccontava su Muammar Gheddafi.
Poi ho iniziato a esplorare la nebulosa jihadista. Mi sono reso conto che, nonostante le apparenze, era molto strutturata, che tutti i suoi capi (di Al Qaeda, di Daesh ecc.) provenivano dalla stessa organizzazione, la Confraternita dei Fratelli Mussulmani. Sono stato massone per molti anni, ho perciò subito capito come funzionava la Confraternita, i cui riferimenti arrivano direttamente dalla massoneria. Inoltre mio nonno, ufficiale dell’Intelligence, mi ha insegnato la vocazione dell’MI6 per le società segrete. Ho perciò riletto la storia dei Fratelli Mussulmani su scala regionale. Questo ha ribaltato quel che pensavo di aver capito.
Ho in seguito lavorato sui concetti strategici e l’organizzazione amministrativa di Stati Uniti e Regno Unito. Conoscevo alcune grandi linee degli avvenimenti, ho però cercato gli elementi sommersi che consentivano di collegarli tra loro. Ho trovato, per esempio, le mail del Foreign Office, rivelate nel 2004 da Derek Pasquill, un lanceur d’alerte [lett. lanciatore di allerta, ndt] britannico. Esse dimostrano che il Regno Unito ha preparato e organizzato le Primavere Arabe. Ho interpellato diversi protagonisti, per esempio il presidente libanese Emile Lahoud sul ruolo della Lega Araba. Ho analizzato volontariamente per conto della Repubblica Araba Siriana il piano delle Nazioni Unite contro la Siria. In poche parole, ho pazientemente e minuziosamente ricostruito la storia completa degli avvenimenti, il che ha di nuovo sconvolto quanto avevo capito in precedenza.
DomandaPer quanto incredibile possa sembrare, la sua analisi è sfortunatamente l’unica che nella sua globalità abbia senso; essa polverizza letteralmente la narrazione comunemente accettata dall’establishment politico-mediatico (la Responsabilità di proteggere, la Difesa dei Diritti Umani, la Difesa della Democrazia…), che si rivela essere una frode di massa.

Nelle scienze politiche, come in ogni altra scienza, le ipotesi devono essere messe a confronto con nuovi elementi ed essere rettificate

Thierry Meyssan: Io tratto le scienze politiche come vere e proprie scienze. Le ipotesi devono essere costantemente messe a confronto con nuovi elementi ed essere rettificate. Perciò bisogna cercare e trovare elementi che contraddicano quel che si ritiene acquisito.
Il modo attuale d’interpretare i crimini dei governi in rapporto ai grandi ideali è stupido. Per esempio, nessuno può credere che si porti la democrazia in un Paese bombardandolo. La democrazia è il potere del Popolo e non può in alcun caso essere imposto da uno Stato straniero.
Diversamente da quanto si pensa comunemente, i neoconservatori provengono da un partito trotskista che, in Francia, partecipava al congresso di un altro partito trotskista. Benché si siano aggregati all’amministrazione Reagan e abbiano più volte cambiato partito politico, sono tuttora trotskisti; oggi però pensano di poter fare la «rivoluzione mondiale» con le forze armate USA. Sono gli stessi individui che hanno fornito una copertura di sinistra alle primavere arabe, esibendo sulle televisioni occidentali i loro omologhi trotzkisti arabi.
Stanno per tornare in grande stile in Venezuela.
DomandaCome hanno potuto, persone intelligenti che si ritengono l’élite intellettuale, aderire a simili fesserie? Come possono continuare a farlo? Gheddafi e Bashar al-Assad massacrano e torturano i rispettivi popoli, guerre “civili” fatte da stranieri che si riversano in Siria a decine di migliaia, la scelta tra la peste dello Stato Islamico e il colera Assad, la favola dei “ribelli islamici moderati”, lo Stato Islamico “venuto dal nulla” oppure “creato di sana pianta da Assad per seminare il caos”, l’uso di armi chimiche da parte del “regime di Assad” che sta per vincere la guerra, il Rapporto Caesar, e via elencando?
Thierry Meyssan: Innanzitutto, Gheddafi e Assad hanno sempre protetto i propri concittadini. Altrettanto ha fatto Saddam Hussein, sebbene fosse un despota orientale che non esitava a far assassinare i membri del partito che gli facevano ombra. Non è possibile che un capo di Stato, pur essendo il torturatore odiato dal popolo, rimanga al potere. L’immagine che ci hanno venduto di questi personaggi proviene dall’immaginario hollywoodiano.
Lei ha certamente ragione, è una propaganda incoerente. Incrocia elementi di epoche diverse. Per esempio, all’inizio ci hanno presentato le “Primavere Arabe” come rivoluzioni spontanee. Poi ci hanno detto che in Siria le cose erano degenerale ed era nata una guerra civile. Ma, come ha rilevato lei, sul posto c’erano già decine di migliaia di combattenti stranieri: certo non poteva trattarsi di una guerra civile.
Del resto, è stato usato lo stesso trucco in Afghanistan, Iraq, Libia e Yemen: una vera epidemia di guerre civili nel Medio Oriente Allargato. Ebbene, si tratta di Paesi molto diversi, di società che non hanno molti rapporti fra loro.
DomandaStavo pensando innanzitutto agli intellettuali di sinistra, non tanto agli opinionisti… Dimostrano così spesso una sconfinata ingenuità da far nascere sospetti!
Thierry Meyssan: I concetti “destra” e “sinistra” rinviano alla guerra fredda, finita ormai da un quarto di secolo. Oggi non ci sono intellettuali di sinistra o di destra, non c’è nemmeno il popolo di sinistra o di destra.
Quel che possiamo constatare è una solidarietà di classe tra gli intellettuali che hanno l’approvazione dei media: non cercano più di capire il mondo, ma pensano solo a difendere gli interessi che hanno in comune con chi gli passa lo stipendio.
DomandaOgni volta che sente o legge termini come «regime siriano» «esercito di Bashar», «uomo forte di Damasco» (o di Bagdad, o di Tripoli, o del Cremlino), invece di «governo siriano», «esercito nazionale siriano» e «presidente siriano», l’ascoltatore o il lettore dovrebbe aggrottare la fronte e rendersi immediatamente conto che si trova di fronte non a un’informazione obiettiva, bensì a un discorso propagandistico! Ma come fanno le redazioni a giustificare un simile linguaggio propagandistico?
Thierry Meyssan: Infatti, cosa penseremmo se sentissimo parlare di “esercito di Emmanuel” al posto di forze armate francesi? Chi parla così non si fa onore.
DomandaOgni volta gli stessi trucchi della propaganda, le stesse médias-mensonges (bugie mediatiche), come le ha chiamate Michel Collon… e funziona sempre! È forse perché queste notizie di false atrocità (neonati tolti dall’incubatrice, bambini torturati, ragazzine cui vengono strappate le unghie laccate, viagra distribuito ai soldati per violenze di massa, ecc.) ci rivoltano a tal punto da obnubilare la nostra capacità di riflessione?
Thierry Meyssan: No, ci piace sentirle. Siamo come bambini che ascolano per l’ennesima volta la storia della strega cattiva. Sappiamo che è falsa e crudele, ma non ne abbiamo mai abbastanza. Sfortunatamente, siamo meno intelligenti dei bambini: ogni volta ci comportiamo come se la favola fosse realtà.
DomandaNaturalmente qui e là emergono frammenti importanti di verità. Per esempio, in occasione della prima accusa di uso di armi chimiche in Siria, sulla Rete sono apparsi articoli che ricordavano un fatto storico caduto nell’oblio: gli inglesi utilizzarono queste armi nella regione per domare la popolazione indigena!
Thierry Meyssan: Da quando la chimica nel XX secolo ha iniziato a progredire, gli occidentali hanno spesso fatto largo uso di gas contro le popolazioni civili: non solo gli inglesi, che furono i primi in Africa australe, ma anche gli italiani in Etiopia, gli Stati Uniti ad Haiti ecc. Gli occidentali hanno deciso di rinunciarvi non per nobiltà d’animo, ma perché sono armi che è difficile usare su larga scala senza pagarne le conseguenze.
Le armi chimiche sono state introdotte in Siria dall’Esercito Siriano Libero, un’organizzazione jihadista, all’epoca sponsorizzata dalla Francia. Era formata soprattutto da elementi di Al Qaeda che avevano combattuto in Libia. Quest’organizzazione ha annunciato in un video che avrebbe usato gas sarin contro gli alauiti. L’ha fatto più volte perché, secondo loro, gli alauiti non sono dei mussulmani.
L’Esercito Arabo Siriano, quello regolare, possedeva scorte di armi chimiche che risalivano agli anni Sessanta. Non le ha mai utilizzate e sono state distrutte con la supervisione di Stati Uniti e Russia. Quel che è strano è che nessuno sembra sapere che Israele non ha firmato la Convenzione Internazionale che ne vieta l’uso. Lo Stato ebraico ha portato avanti fino agli anni Ottanta un programma di ricerca degno dei nazisti, che mirava a intossicare gli esseri umani selezionandoli per razza.
DomandaDopo le gigantesche manifestazioni contro la guerra che ci sono state ovunque nel mondo alla vigilia dell’invasione dell’Iraq, è lecito chiedersi dove sia finito questo grande movimento contro la guerra. Sembra essersi letteralmente dissolto, evaporato. Ma non credo che le persone si lascino prendere in giro a tal punto. Il movimento dei Gilet Gialli per esempio è iniziato per la goccia della fiscalità chiamata “verde”, che ha fatto traboccare il vaso; ma quando si ascoltano i manifestanti ci si rende conto che è piuttosto l’intero sistema della mondializzazione e della finanziarizzazione dell’economia che li disgusta e che respingono in blocco…

Le “primavere arabe” e le “rivoluzioni colorate” sono messinscene

Thierry Meyssan: Il movimento di protesta contro l’attacco all’Iraq ha dato origine alle più grandi manifestazioni a livello mondiale, fuorché in Francia, dato che il presidente Chirac era il leader di questo movimento popolare internazionale. Il movimento non è riuscito a impedire il massacro e il presidente Chirac ha dovuto chinare il capo. Quel che è seguito è stato presentato come un’epidemia di guerre civili su cui le persone non hanno potuto prendere posizione.
La protesta dei Gilet Gialli è solo agli inizi. Il primo mese si è trattato di una reazione epidermica a una fiscalità eccessiva, che lei ha definito fiscalità “verde”. A questo proposito è bene ricordare che il presidente Macron aveva annunciato il progetto di “rendere più verde” la finanza: è solo fumo negli occhi. È trascorso un quarto di secolo da quando abbiamo creduto di poter raggiungere la prosperità grazie alla dissoluzione dell’URSS e al libero corso lasciato al capitalismo. I dirigenti internazionali e nazionali che si sono avvicendati hanno tutti accettato questa scelta, di cui soltanto oggi scopriamo il prezzo: solo in Occidente sono sparite decine di milioni di persone che appartenevano alla classe media.
Per questo il movimento dei Gilet Gialli durerà finché non si porrà rimedio agli errori commessi dopo la distruzione dell’Unione Sovietica. Stiamo per entrare in un periodo rivoluzionario che durerà almeno un decennio.
Alcune persone si chiedono se questa ribellione sia paragonabile a quella delle primavere arabe. Certamente no. Le primavere arabe e le rivoluzioni colorate sono state messinscene di una contestazione fasulla. Non si fa la rivoluzione per installare la «democrazia del mercato», secondo l’espressione USA, ma perché non si hanno più i mezzi per vivere. Le rivoluzioni colorate durano pochi giorni o poche settimane e permettono la sostituzione dei governi senza cambiare la società. Le rivoluzioni autentiche durano anni e non hanno bisogno di cambiare i governanti, benché accada nella maggior parte dei casi: cambiano l’organizzazione della società.
Oggi si fa distinzione tra Gilet Gialli e teppisti. Questo distinguo non ha fondamento nella realtà. Dal momento che la classe dirigente rifiuta di cambiare il modello di società, essa costringe alla violenza. Quel che abbiamo visto sinora è ancora poco: vandalismo, saccheggi, morti involontarie. La classe dirigente nel suo complesso rifiuta di affrontare la questione della globalizzazione finanziaria. Così facendo spinge la società verso una violenza su larghissima scala. Perché ciò che accade all’estero non potrebbe avvenire anche in Francia?
DomandaDall’arrivo di Donald Trump sulla scena politica statunitense, poi dalla sua elezione a presidente, nei suoi articoli lei si sforza di spiegare chi è questo personaggio, qual è la sua politica e il senso di questa, nonostante quel che pensano tutti i media. È coraggioso da parte sua, considerato quanto Trump è odiato e schernito, presentato come il peggior presidente della storia degli Stati Uniti (sembrerebbe che le élite mediatiche non si ricordino né di George Bush figlio né di Reagan, per citare solo due esempi recenti). Tuttavia Trump sembra frustrato e si colloca all’opposto delle sue convinzioni politiche: lei è consapevole che in un mondo binario come il nostro “non essere contro” significa “essere a favore”?
Thierry Meyssan: Trump è il presidente degli Stati Uniti. È consono ai bisogni e alla cultura degli statunitensi. In Europa, di cui non condivide la storia, sarebbe un presidente abominevole; negli Stati Uniti è invece quanto di meglio sia accaduto nell’ultimo secolo!
Trump non vuole redistribuire le ricchezze, ma rilanciare il “sogno americano”, ossia offrire a tutti la possibilità di uscire dalla miseria attraverso il proprio lavoro. Sul piano interno Trump rimette in discussione tutti gli accordi commerciali internazionali e tenta di stabilire regole commerciali più giuste per i propri concittadini. Contemporaneamente cerca di rovesciare il politicamente corretto, la morale religiosa che i puritani hanno imposto all’intera società. Infine, sul piano internazionale, vuole abbandonare l’imperialismo e tornare all’egemonia.
Ho l’impressione di essere pressoché l’unico autore non-statunitense che da tre anni osserva il programma di Trump. Tutti lo giudicano riferendosi ai criteri dei suoi avversari e ne traggono la conclusione trattarsi di un pericoloso imbecille; ma se si usano i suoi stessi criteri, è un uomo brillante.
Adesso, vista la mancanza di sostegno della classe politica, Trump ha poche possibilità di farcela, soprattutto da quando ha perso la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti. Tuttavia è già riuscito a migliorare l’economia del Paese, dove ormai il mercato del lavoro è in penuria di manodopera.
DomandaSi ha l’impressione di vivere in un mondo dove realtà e valori vengono completamente rovesciati: Obama disprezzato per non aver aggredito militarmente la Siria, Trump unanimemente osannato per aver lanciato qualche missile su una base militare siriana, ma schernito per aver riannodato il dialogo diplomatico tra le due Coree!
Thierry Meyssan: Adesso la realtà non sono più gli atti, sono le immagini celebrate dai media. Obama ha fatto male a non scontrarsi con la Russia in Siria, Trump invece ha fatto bene a bombardare con tantissimi Tomahawks una base siriana. Sembra che nessuno abbia rilevato che Trump ha lasciato il tempo all’esercito siriano di evacuare la base, dove alla fine sono state distrutte soltanto vecchie carlinghe di aereo da eliminare. In realtà, sia Obama sia Trump sanno quali guerre non possono fare.
DomandaMi dichiaro colpevole agli occhi dei lettori di Sotto i nostri occhi avevamo deciso, di comune accordo, di occultare nella versione cartacea e digitale del libro alcuni nomi (una ventina al più); l’abbiamo fatto senza precisarne la ragione, talmente ci sembrava palese. Evidentemente è stato un errore perché alcuni lettori hanno pensato che l’opera fosse stata censurata dall’editore, o dallo stampatore o da qualche misteriosa autorità. Di fatto, volevamo soprattutto evitare l’eventualità di uno o più processi.
Thierry Meyssan: Sì, sul sito ho pubblicato i passaggi autocensurati, che sono disponibili anche nelle edizioni straniere.
Faccio notare che ci eravamo sbagliati: nessuna delle persone citate ha espresso la benché minima protesta a Réseau Voltaire.
DomandaAbbiamo deciso di comune accordo che nelle prossime settimane lei metterà on-line il testo integrale di Sotto i nostri occhi, per far sì che questo importante libro sia largamente accessibile. Ogni capitolo sarà arricchito di documenti (illustrazioni, foto, mappe, video, ecc.) che nell’edizione originale non ci sono. È un’iniziativa che le fa onore e cui bisogna dare il benvenuto… ma, in quanto editore, devo sottolineare che l’acquisto di uno dei suoi libri contribuisce alla continuazione del suo lavoro, e anche della piccola impresa editoriale di cui sono responsabile! È fondamentale dirlo: svolgiamo un compito di resistenti, con mezzi finanziari limitati.
Thierry Meyssan: Dal 1992 lottiamo contro le cortine fumogene nella vita politica con mezzi che non si possono commisurare con quelli dei nostri avversari. È evidente che abbiamo fatto dei progressi dalla guerra del Kosovo e dall’11 Settembre.
DomandaDel resto, per quanto riguarda il “nerbo della guerra” [riferimento a un proverbio francese che recita: “il denaro è il nerbo vitale della guerra”, ndt], numerosi lettori di Réseau Voltaire si chiedono perché il link «Fate una donazione anonima» non funziona da anni e rinvia a una pagina bianca… Può spiegarne la ragione?
Thierry Meyssan: Sette anni fa il segretariato del Tesoro USA ci ha inserito in una lista nera. Il nostro conto bancario in Francia è stato chiuso e da allora nessuna banca del mondo occidentale è disposta ad aprircene uno. O meglio, in tutti i Paesi dove abbiamo tentato di farlo la banca ci ha detto di sì, poi però è stata richiamata all’ordine dalla Banca Centrale e ha rifiutato. Oggi è impossibile farci avere del denaro.
Siamo andati avanti anche senza il contributo economico dei lettori. Abbiamo anche rifiutato l’aiuto di alcuni Stati perché ci avrebbe condizionato. Viviamo alla bell’e meglio e abbiamo accumulato debiti.
Tuttavia saremo costretti a chiedere aiuto ai lettori per cavarci d’impaccio. Per il momento però dobbiamo mantenere il sito a nostre spese. Dobbiamo tener distinto quel che è a pagamento (gli articoli su giornali, i libri ed eventualmente rapporti privati) da quel che è gratuito, ossia il nostro impegno politico al servizio del bene comune.
DomandaBenché non dubiti che gli internauti rimarranno stupefatti e non potranno impedirsi di leggere per intero gli articoli che saranno pubblicati, potrebbe riassumere in poche parole in cosa il suo libro è rivoluzionario?
Thierry Meyssan: Lei diceva poco fa che i media hanno dileggiato Obama per non aver fatto la guerra alla Russia in Siria, celebrato invece Trump per aver, in apparenza, bombardato la Siria. Non è che un episodio. Oggi le istituzioni che crediamo consacrate alla pace sono proprio quelle che organizzano la guerra.
Faccio l’esempio del piano di resa totale e incondizionata della Siria, redatto dal direttore politico dell’ONU. Questo testo è ancor più duro di quello imposto dagli Alleai ai giapponesi alla fine della seconda guerra mondiale. Quando il direttore politico dell’ONU ha lasciato l’incarico, il ministro degli Esteri russo, Sergueï Lavrov, ha confermato le mie rivelazioni.
Edizioni Demi-LuneGrazie, Meyssan, per la lunga intervista e buona fortuna per il prosieguo delle sue attività.

giovedì 4 aprile 2019

REGINE DI PILLOLE / SEGRETI, BUGIE, AFFARI NELL’ELDORADO DI BIG PHARMA


Pillole, farmaci e pozioni miracolose, che passione. E soprattutto una gran cuccagna per le sigle che operano nel settore, sempre più baciato dalla fortuna. E sommerso da palate di miliardi di euro o di dollari.
Basta scorrere le annuali classifiche dei Paperoni d'Italia e del mondo per rendersene conto. Secondo la fresca classifica elaborata da Forbes, nel nostro Paese continua a dominare un tris d'assi composto dai re del cioccolato (Giovanni Ferrero), degli occhiali (Leonardo Del Vecchio) e della distribuzione


Stefano Pessina

farmaceutica (Stefano Pessina). In testa alla hit tutta femminile Lady Vivin C, ossia Massimiliana Landini Aleotti, con i figli al vertice della casa farmaceutica fiorentina Menarini.
Procediamo con ordine.

PESSINA, STORIA DI SUCCESSI & MISTERI
Partiamo dalla terza posizione, occupata dall'ineffabile Pessina, l'arcimiliardario che tra i pochi al mondo riesce a non far parlare mai di sé. Agisce discreto all'ombra delle sue rigogliose società che oggi trovano la stella polare nella statunitense Walgreens Boots Alliance, autentica regina del mercato mondiale del trade in pillole, fatturato 2018 da capogiro, 131 miliardi di dollari e rotti.
Ogni cinque-sei mesi un articolo sulle pagine finanziarie di Repubblica o Corsera per magnificarne le imprese: poi il silenzio più totale, la privacy più completa. Come mai? Perchè una cortina di silenzio mediatico che più forte non si può?


Ornella Barra

Eppure la consorte, Ornella Barra, in pochi anni passata da una piccola farmacia a Lavagna, in Liguria, alle grandeur internazionali, fa capolino sulle pagine mondane soprattutto a stelle e strisce. Per via di premi & cotillon in occasione di donazioni benefiche, per generose sponsorizzazioni, per i galloni che spettano alle donne in carriera.
Mai notizie che entrino nel merito. E soprattutto riescano a far chiarezza sulle origini di tale immensa fortuna che oggi fa concorrenza – udite udite – persino a colossi internazionali come l'Amazon di Jeff Bezos, il Paperòn de' Paperoni mondiale che si è appena tuffato anche nel trade farmaceutico.
Nel lontano 1992 la Voce pubblicò una lunga inchiesta sul tycoon originario di Pescara e da giovanissimo trapiantato a Napoli, con il padre, e alle prese con un deposito di medicinali alla periferia orientale del capoluogo partenopeo. Ci incuriosiva, sotto il profilo giornalistico, approfondire le genesi e il decollo di quel miracolo che profumava tanto di San Gennaro. I prodigi, infatti, si moltiplicavano generosamente. Dal piccolo deposito partenopeo in un baleno alla prima sigla, Alleanza Farmaceutica. E l'accordo con una famiglia catanese, quella degli Zappalà, per rilevare una società, Safarm. Gli Zappalà avevano deciso di diversificare i loro interessi: dal calcestruzzo al mattone, dai prestiti alle finanziarie, e poi alle pillole d'oro.
All'epoca la Voce riportò alcuni brani di un'intervista rilasciata da Pessina ad una rivista di settore, "Tema Farmacia". Chiedeva il redattore: "I farmacisti si chiedono spesso dove abbia preso i soldi per creare tutto questo. I più benevoli parlano di crediti agevolati, i più malevoli addirittura di capitali di provenienza illecita. Qualcuno è anche convinto che lei sia un'emanazione di Farmindustria". E Pessina etichettò quelle voci come autentiche fake news ante litteram, riconducendo i successi alla grossa liquidità che gli consentivano i rapidi pagamenti da parte dei suoi clienti "di primissima qualità".
Dagli anni '90 è tutta una corsa che non conosce ostacoli, soprattutto sul fronte estero. Shopping di società in Francia, Portogallo, e poi lo sbarco in Inghilterra, con lo storico acquisto della catena Boots. Infine la scoperta e la conquista dell'America, con la perla, una dozzina d'anni fa, di un altro super marchio nel ricco mondo farmaceutico made in Usa, Walgreens, dal quale poi gemma la super corazzata pronta a navigare con successo in tutti gli oceani, Walgreens Boots Alliance.
Ormai lontani secoli luce quegli esordi faticosi a Napoli, le cui tossine si trascinano ancora fino ai nostri giorni. Per fare un solo esempio, gli ex commercialisti (e membri di collegi sindacali) della famiglia Pessina, Antonello e Giuseppe Prototipo, sono oggi praticamente sul lastrico, visto il fallimento di alcune società messe in piedi oltre un quarto di secolo fa, inizi anni '90, e finite in crac dopo una lenta agonia.
Ovviamente nessun grattacapo giudiziario per mister Pessina, che venne pure indagato a metà anni '90 dalla magistratura. Ma a rimetterci l'osso del collo i Prototipo, che hanno visto sfumare a botte di aste giudiziarie le loro proprietà immobiliari.
Oggi Pessina vola alto, altissimo, a bordo delle sue super sigle con la compagna Ornella. E chissenefrega di 'o passato.

I MENARINI, ORGOGLIO D'ITALIA
Così come se ne può fare un baffo di tutte le traversie giudiziarie dopo dieci anni finite in gloria la dinasty degli Aleotti, mamma Massimiliana e i rampolli Lucia e Giovanni Alberto.


Lucia Aleotti

Oggi Massimiliana può godersi il trono di regina d'Italia, la donna più ricca del Belpaese, con la 198esima posizione assegnatale da Forbes nella hit mondiale.
Così genuflessa dipinge Repubblica: "Una delle rare uscite pubbliche di lei risale quasi a sette anni fa. Quel giorno Massimiliana Landini Aleotti, oggi 76 anni, si fece fotografare sorridente accanto ai figli Lucia e Giovanni Alberto, e all'allora presidente della Fondazione Mps Gabriello Mancini. La famiglia Aleotti soccorreva la Fondazione senese nel tentativo di salvare la 'toscanità' dell'azionariato della Banca, con un'iniezione da 150 milioni di euro". "Purtroppo per gli Aleotti – commenta amaro l'agiografo Maurizio Bologni – l'investimento fu un flop".
E così conclude il tenero ritrattino familiare: "Massimiliana sempre discretamente accanto. Negli anni '90, quando Alberto Menarini fece uno dei suoi primi affari oltre confine, acquistando la Chemie Berlin, Massimiliana imparò il tedesco per tradurre al marito. E alla morte di Alberto, nel maggio 2014, ha ereditato insieme ai figli il colosso VivinC: 3,6 miliardi di fatturato e 1.700 dipendenti in tutto il mondo".
Quella campagna estera ai primi '90 disegna uno scenario molto simile a quello targato Pessina.
Ecco cosa pennellava il Corsera nel suo supplemento Economia di novembre 2017: "Menarini Farmaceutica, orgoglio d'Italia". Ottimo e abbondante articolo per tirar su il morale di famiglia, messo a dura prova da una pesantissima inchiesta condotta dalla procura di Firenze a botte di frode fiscale e non solo. Tanto che il primo grado del processo si concluse, a fine 2016, con una condanna da brividi: 10 anni e mezzo per la figlia Lucia e 7 anni e mezzo per Giovanni Alberto. Cui si aggiungeva un maxi confisca da 1 miliardo di euro, oltre all'interdizione nei rapporti con la pubblica amministrazione. Neanche per i tesorieri di Totò Riina.
Tutto ribaltato invece nel taumaturgico Appello, che a fine 2018 azzera tutto. Nessuna condanna, nessun reato, tutti santi subito. Avevamo scherzato. Immaginiamo la sconfinata causa civile per risarcimento ai danni d'immagine che i prodi Aleotti scateneranno contro lo Stato appena la Cassazione farà sentire la sua parola definitiva…
Passate le bufere, dunque, mamma Massimiliana e i felici rampolli possono far le capriole per l'incoronazione made in Forbes.
LADY D.
Peccato non possa fare altrettante capriole di gioia la lady di maggior peso nel panorama farmaceutico di casa nostra, Lady D., al secolo Diana Bracco, per anni al vertice di Assolombarda – la Confindustria dei vip padani – e presidente di Expo 2015 sotto braccio al super manager e poi sindaco meneghino Giuseppe Sala.


Diana Bracco

Non tanto perchè non è stata proclama reginetta da Forbes, ma soprattutto perché per lei la giustizia fa ancora cilecca. La condanna inflittale in primo grado per evasione fiscale, infatti, in Appello, sempre a fine 2018, è stata appena limata: ora si tratta di 1 anno e 9 mesi per aver evaso le tasse con la sua agile società di famiglia. Secondo le accuse dei pm della procura di Milano, la principessa in pillole ha trasferito le pingui spese sostenute per mantenere le sue ville ai mari e ai monti (nonché per la manutenzione del suo yacht) dai conti personali a quelli societari, con un'abile acrobazia dei suoi commercialisti. Si consola l'avvocato: "perlomeno è caduta l'ipotesi di appropriazione indebita". Contento lui.
Lei, Lady D., comunque non fa mai mancare la sua presenza di peso in tutte le occasioni eque & solidali: dalle sue casse, infatti, ogni anno escono palate di soldi per benedire iniziative per la ricerca scientifica, la cultura, la civiltà. Anche lei santa subito.

I RE DEGLI EMODERIVATI
E certo santi subito i Marcucci, la super dinasty che da decenni oligopolizza il ricchissimo mercato degli emoderivati in Italia e non solo. Oggi la star di casa è Kedrion, sul cui ponte di comando siede Paolo Marcucci, fratello di Marialina (coeditrice de L'Unità nel 2001-2002) e di Andrea Marcucci,   capogruppo del Pd al Senato ma in odore di defenestrazione con l'ascesa di Nicola Zingaretti alla segreteria Pd. Una carriera politica nata nel 1991 sotto i vessilli del PLI di Renato Altissimo e Francesco De Lorenzo.
Il fondatore del gruppo è stato Guelfo Marcucci, grande amico di Sua Sanità, tanto che il fratello dell'allora ministro, Renato De Lorenzo, a fine anni '80 entrò nel consiglio d'amministrazione della neo acquistata (dai Marcucci) Sclavo, altra società chiave nel settore degli emoderivati e prima di proprietà del gruppo Montedison.


Andrea Marcucci

Non ha fatto in tempo, Marcucci senior, a veder iniziare a Napoli lo storico giudizio per il "sangue infetto", perché è passato a miglior vita a dicembre 2015. Dopo qualche mese, aprile 2016, è partito il processo, che lo avrebbe visto alla sbarra in compagnia di un altro grande amico, l'ex re Mida della sanità ministeriale Duilio Poggiolini, oltre ad una dozzina di ex dirigenti e funzionari di ex aziende del gruppo Marcucci.
Una strage che ha fatto oltre 5 mila vittime, anche se il processo cominciato tre anni fa a Napoli e ora al rush finale (prossima udienza l'11 marzo) vede costituite solo 9 parti civili. 5 mila vittime che fino ad oggi rimangono senza lo straccio di una giustizia.
Ma la sentenza che verrà pronunciata il 25 marzo dal giudice monocratico Antonio Palumbo, presidente della sesta sezione penale del tribunale di Napoli, è "storica": per il rispetto di una memoria ignorata dai media e calpestata da una giustizia fino ad oggi del tutto assente.
E perché nel mondo della salute non prevalgano sempre gli interessi famelici di Big Pharma ma i diritti dei cittadini.

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mercoledì 3 aprile 2019

VOCE / 5 ANNI FA QUEL KILLERAGGIO SCIENTIFICO


Da cinque anni la Voce ha cessato le sue pubblicazioni cartacee e non è più in edicola. Dove non riuscirono Pomicino, Gava, Scotti, faccendieri e mafiosi d'ogni risma, è riuscito Antonio Di Pietro. Che ha ottenuto dai suoi colleghi prima di Sulmona e poi dell'Aquila sentenze abnormi e tali da decretare la fine del nostro magazine.


Annita Zinni e Antonio Di Pietro

L'esecuzione in piena regola di una Voce che da trent'anni stava combattendo le sue battaglie antimafia, per scovare i politici collusi, i capitali riciclati, le camorre formato esportazione, alzare i veli sui palazzi del Potere, sui santuari bancari, sui controllori che controllano se stessi, sui conflitti d'interesse, sulle endemiche corruzioni, sui Misteri d'Italia, dal caso Alpi alla strage del sangue infetto.
Quella Voce di tutta evidenza "Doveva Morire", come è titolato il libro sulla tragedia di Aldo Moro scritto da due grandi amici di sempre della Voce, Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato.

QUELLA VOCE DOVEVA MORIRE
Ma vediamo le tappe dell'esecuzione scientifica. 2008. Alberico Giostra, giornalista Rai e da parecchi mesi collaboratore della Voce (dopo un anno firmerà "Il tribuno", dedicato allo stesso Di Pietro, senza passare alcun guaio, così come per l'articolo "incriminato") scrive un articolo su Cristiano Di Pietro, il rampollo dell'ex pm che si sta dando alla politica a livello regionale, nel suo Molise. Giostra narra anche della sua problematica maturità, per la quale riceve un aiutino da una insegnante di Sulmona, Annita Zinni. Niente di agghiacciante, nessuna accusa di stampo mafioso né di corruttele: una semplicissima, piccola mano.


Alberico Giostra

Apriti cielo. Neanche avessimo accostato il nome della maestrina a quello di Totò Riina, dopo alcuni mesi riceviamo una citazione civile, in cui lady Zinni sostiene di aver ricevuto danni incalcolabili da quell'articolo killer, quantificabili in almeno 40 mila euro. A quanto pare non poteva più uscire di casa per la vergogna!
Francamente prendiamo la vicenda giudiziaria sottogamba, perché quelle lamentele non stanno né in cielo né in terra. Tant'è vero che in quel lasso di tempo, circa 9 mesi, l'insegnante ha fatto carriera politica, come documentato da alcuni filmati su Yuo Tube: da semplice segretaria di nome e di fatto è diventata segretario provinciale dell'Italia dei Valori del suo amico storico, Tonino Di Pietro.
Veniamo a sapere, da fonti molisane, che lo stesso ex pm avrebbe voluto querelare la Voce in prima persona; ma poi, consigliato dalla consorte e da un fido avvocato, avrebbe optato per l'amica Zinni. Avanti lei con la citazione milionaria.


Il Tribunale di Civitavecchia

Eccoci alla sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice Massimo Marasca del tribunale di Sulmona (oggi in servizio a Civitavecchia). La Voce viene condannata a 90 mila euro, addirittura il doppio di quanto richiesto dalla stessa Zinni. Ai confini della realtà.
E ancora più ai confini della realtà sono le motivazioni. Secondo il giudice Marasca, infatti, la povera Zinni ha subito un triplice danno: morale per la reputazione rovinata dall'articolo, di relazione per il fatto che la maestrina ha dovuto per quasi un anno interrompere qualsiasi tipo di relazione sociale (non è potuta, per fare un esempio, neanche andare in piscina), poi psicologico, un "patema d'animo transeunte", come attestava il certificato di un'amica psicologa.
Siamo lieti, comunque, di capire quanto la Voce conti: più di un Espresso e di una Repubblica, ritualmente condannate per episodi ben più eclatanti a 30-40 mila euro; più di un Roberto Saviano, che per una "svista" nel suo Gomorra (aveva scritto di un normale cittadino come di un camorrista) costò alla Mondadori 30 mila euro. Nel nostro piccolo siamo felici di tali attestati di stima da parte del giudice Marasca.
Gli attestati però volano via, mentre restano decreti ingiuntivi, pignoramenti, chiusura dei conti correnti, tutto l'autentico calvario che la Voce e il suo direttore, Andrea Cinquegrani, sono stati per 5 anni esatti costretti a percorrere.

IL LUNGO CALVARIO
La Voce, da allora, non è più uscita in edicola, per il semplice fatto che non era di tutta evidenza più possibile pagare le spese tipografiche e di distribuzione, non avendo più lo straccio di un conto corrente.


Cristiano Di Pietro "interrogato" da Filippo Roma delle Iene

Gli ultimi spiccioli sono finiti per difenderci dagli attacchi giudiziari a raffica di lady Zinni, la quale è riuscita anche ad ottenere dal giudice civile di Roma l'ultima tranche di quel fondo per l'editoria derivante dal rimborso per le spese tipografiche. Ha incassato circa 20 mila euro di una annualità e bloccato ogni possibilità di riceve le seguenti. Cinquegrani, da allora, non ha più potuto avere un conto corrente, come neanche il peggior appestato.
E' riuscita Zinni – con il suo amico e mandante Di Pietro – a fare il deserto economico intorno a noi. Quel deserto che, in ben altro modo, evocava il grande Giorgio Bocca nel suo "Inferno", in cui dedicava un intero paragrafo al nostro magazine, "Una Voce nel deserto". Venne a trovarci nella piccola ma animatissima redazione di piazza Mercato nel 1991 e dopo quasi 15 anni tornò in occasione del suo "Napoli siamo noi", per la cui realizzazione ha collaborato Rita Pennarola.


Filippo Roma delle Iene durante la preparazione del servizio sulla vicenda giudiziaria di Sulmona che ha portato alla chiusura della Voce

Arrivano tre anni fa a Napoli le "Iene" con Filippo Roma per realizzare un servizio sul caso della Voce.
Un servizio che non uscirà mai. Solo l'intervista a Cristiano Di Pietro, per documentarne l'alto tasso di cultura con domande sulle capitali del mondo: quella del Brasile è Buenos Aires…
Ma l'odissea è solo all'inizio. Perché appena lette le farneticanti motivazioni della sentenza ci affrettiamo a chiedere che l'appello si possa tenere nel più breve tempo possibile, perché – lo sanno anche i bambini – se un giornale non esce presto muore.
Sapete cosa ci ha risposto il solerte tribunale dell'Aquila? Una multa, una sanzione di 1000 euro per aver osato disturbare lorsignori, chiedendo semplicemente di fare il loro dovere e il loro lavoro, visto che quello dell'Aquila non è un foro così intasato come possono essere quelli di Roma e Napoli. Lesa maestà.
E sapete quando si è svolto il secondo grado? A fine dello scorso anno, 2018, quindi dopo ben 4 anni da quello di primo grado. Ormai a quel punto non aveva più alcun senso, visto che era del tutto impossibile riprendere le pubblicazioni cartacee dopo una pausa così lunga. E del tutto scontato, poi, l'esito del giudizio: una limatina alla condanna, ridotta da 90 a 50 mila euro; però addirittura tornata sopra l'asticella dei 100 per via di interessi, spese legali e tutto quanto fa giustizia di casa nostra.
Una farsa all'italiana.

LE NOSTRE BATTAGLIE
Come abbiamo detto all'inizio, in trent'anni di pubblicazioni, a partire da aprile 1984, ne abbiamo passate di cotte e di crude (ma la Voce ha nel frattempo vinto il premio Penne Pulite e il premio Saint Vincent per le migliori inchieste), sia per via delle querele che delle pesanti citazioni civili, quelle richieste di risarcimento danni puntate come un autentico revolver alle tempie dei giornalisti scomodi, soprattutto se non hanno alle spalle un editore di una certa forza: ma anche in questi casi l'intimidazione riesce, perché da un bel po' ormai gli editori "scaricano" i giornalisti; se poi sono free lance vengono lasciati tranquillamente sbranare dagli aggressori in colletto bianco o anche sporco di mafia.


Oliviero Beha

Siamo passati dalle citazioni miliardarie di Paolo Cirino Pomicino e i suoi 11 miliardi di lire per 'O Ministro, a quelle della sua creatura del cuore, l'ICLA acchiappatutto nel dopo terremoto e non solo; dalla raffica di querele e citazioni di Franco De Lorenzo per "Sua Sanità" e la Farmatruffa, a quelle degli amici Marcucci, gli oligopolisti nella lavorazione e distribuzione di emoderivati; da Alessandra Mussolini all'amico-camerata Roberto Fiore, il leader di Forza Nuova. Da quella di Bettino Craxi appena sbarcato in Tunisia, alla citazione del faccendiere dei Casalesi Cipriano Chianese ben prima che la magistratura cominciasse ad indagare su di lui. Ed a quella del Centro Sociologico Italiano, la seconda obbedienza massonica in Italia. Negli ultimi mesi una citazione perfino dalla Wada (il colosso internazionale che sulla carta è impegnato sul fronte antidoping) per il giallo del campione di marcia Alex Schwazer.
Per condire il tutto con altri faccendieri, camorristi e colletti bianchi, dalla sanità alla giustizia (sic) alla finanza. Un bel mix.
Siamo riusciti a spuntarla con tutti, ci siamo svenati in spese giudiziarie (ormai insostenibili anche solo per attrezzare un minimo di difesa), abbiamo resistito, siamo andati avanti tra sforzi inenarrabili per 30 anni.
Poi è arrivato lui, il Giustiziere, l'Uomo che voleva cambiare l'Italia. Ce l'aveva giurata, perché la Voce è stata la prima testata a scrivere del suo "tesoro", quella società Antocri che ne custodiva tutti i segreti e gli immobili, palate milionarie.
Ne scrivemmo dieci anni fa per primi. Nello stesso periodo usciva "Italiopoli" del grande Oliviero Beha, dove metteva a confronto, tra le varie coppie di italiani, come magistrati le figure di Ferdinando Imposimato e di Di Pietro. E Oliviero alzava il sipario sugli altarini del fondatore-affondatore di Italia dei Valori, Antocri ben compresa.
Qualche anno dopo Italiopoli e l'inchiesta della Voce, arriva il servizio di Report, che decreta in 24 ore la fine di Italia dei Valori e del suo leader maximo.
Di Pietro si è ricordato bene di quella cronologia…

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Dalle armi di distruzione di massa irachene alle armi chimiche siriane, di Thierry Meyssan


In un rapporto del 1° marzo 2019, l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche certifica che nell’attacco di Duma (Siria) del 7 aprile 2018 non c’è stato uso di sostanze chimiche vietate; il bombardamento tripartito, intrapreso per rappresaglia da Stati Uniti, Francia e Regno Unito, era perciò ingiustificato: uno scandalo che ricalca esattamente quello delle pseudo-armi di distruzione di massa irachene. Le manipolazioni non finiranno, almeno fino a quando gli Occidentali si fideranno a occhi chiusi dei loro media.


Il comportamento dei giornalisti occidentali è davvero sconcertante: prendono per buone e diffondono le affermazioni dei politici ritenendole fondate a priori,senza tener conto delle smentite degli organismi internazionali. Sono incapaci di riconoscere di essere stati manipolati.

La giustificazione della devastazione dell’Iraq

Nel 2003 i media occidentali unanimemente presero per buone le affermazioni di George W. Bush, secondo cui l’Iraq disponeva di armi di distruzione di massa. In seguito, credettero a Tony Blair, secondo cui l’Iraq aveva vettori in grado di colpire l’Occidente in 45 minuti e di far morire le popolazioni disperdendo gas tossici. Infine, credettero persino al segretario di Stato, Colin Powell, secondo cui l’Iraq offriva rifugio a Osama Bin Laden.
Eppure, nello stesso periodo la Commissione di Controllo, Verifica e Ispezione delle Nazioni Unite (COCOVINU, UNMOVIC in inglese) dichiarava che le affermazioni di Bush e Blair erano senza alcun dubbio false. La Commissione fu l’unico organismo ad aver accesso al territorio iracheno, nonché a effettuare tutte le necessarie verifiche. Né CIA né MI6 ne ebbero l’opportunità; eppure entrambi smentirono le conclusioni della Commissione.
Ricordiamo, incidentalmente, che la Francia di Jacques Chirac si oppose alla guerra contro l’Iraq, a motivo che «la guerra è sempre la peggiore delle soluzioni». Nemmeno la Francia quindi affermò che le accuse anglo-statunitensi erano, con ogni evidenza, false, come si deduceva dalle conclusioni dell’organismo di controllo internazionale, la COCOVINU appunto.
Oggi si ricostruire la storia a forza di film e serie televisive. Siamo tutti concordi nel riconoscere di essere stati manipolati. Però sosteniamo che le intelligence statunitense e britannica sono state a loro volta manipolate dai politici e che nessuno aveva strumenti per conoscere la verità. È falso. Basta immergersi nella stampa dell’epoca per verificare come tutti congiurassero per screditare il direttore della COCOVINU, lo svedese Hans Blix, che osava tenere testa alla più grande potenza mondiale del tempo. Questo è quanto ha stabilito, tredici anni più tardi, la Commissione Chilcot [1].
E si tace anche delle accuse scagliate da Colin Powell al Consiglio di Sicurezza dell’ONU [2]: nel 2002 Osama Bin Laden viveva a Bagdad, i suoi luogotenenti erano tuttora lì e fabbricavano derivati tossici del ricino. Lì, sosteneva Powell, si preparavano attentati in Francia, Regno Unito, Spagna, Italia, Germania e Russia. Era perciò urgente intervenire.
Ebbene, credere a simili sciocchezze significa non conoscere affatto il partito al potere in Iraq, il Baas. Così, per non riconoscere la propria ignoranza, i giornalisti occidentali hanno preferito dimenticare l’episodio.

La complicità dei media è immutata

Dopo l’attacco all’Iraq da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati, i media hanno continuato a mentire, questa volta volontariamente, per nascondere la precedente menzogna involontaria. Tutti hanno preferito raccontare di essere stati ingannati. Nessuno ha ammesso il proprio errore professionale: l’aver sottovalutato il parere degli esperti delle Nazioni Unite.
Gli storici che hanno studiato la propaganda di guerra hanno dimostrato come, quando si vuole una guerra, si fabbrichi sempre una quantità incredibile di testimonianze e prove false. Benché tutti i giornalisti riconoscano che «la prima vittima di una guerra è la Verità» (Rudyard Kipling), nessuno ha adottato il semplice metodo che ci vaccina contro le intossicazioni: conservare sangue freddo mentre tutti si agitano, non esitare ad andare controcorrente e svolgere il proprio lavoro, verificando le fonti. Questo è il metodo di Réseau Voltaire, che ci è valso il marchio di «cospirazionisti».

La giustificazione della guerra contro la Siria

Così, a proposito della guerra in Siria tutti persistono a non voler aprire gli occhi, a credere che i fatti siano scaturiti da «una rivoluzione contro una dittatura», cui il «regime» ha risposto «massacrando il suo stesso popolo» a colpi di «tortura», di «barili-bomba», «di armi chimiche», spingendo la popolazione alla violenza. Ebbene, tutto questo, oltre che stupido, come nel caso del preteso invito di Osama Bin Laden da parte del presidente Saddam Hussein, è stato anche smentito da missioni internazionali, come la COCOVINU.
La «rivoluzione contro la dittatura» è stata formalmente smentita dall’unica organizzazione che ha avuto gli strumenti per giudicare: una missione internazionale della Lega Araba, autorizzata a viaggiare in tutta la Siria e che con il personale a disposizione ha potuto coprire l’intero territorio, dal 24 dicembre 2011 al 18 gennaio 2012 [3]. Ma i giornalisti occidentali preferiscono sempre credere alle versioni dei fatti offerte dai governi piuttosto che agli organismi che hanno gli strumenti per verificarli.
Le fotografie dei morti per “tortura”, che il Rapporto Cesar ha imputato alla Siria, sono in realtà le immagini delle vittime della tortura degli jihadisti. Basterebbe riflettere solo un po’: Cesar dichiara di averle scattate per l’esercito arabo siriano, ma di non conoscere l’identità dei morti. Quale interesse potrebbe avere Damasco per un archivio fotografico senza informazioni sulle vittime?
I «barili-bomba» sono una leggenda altrettanto stupida: perché l’esercito arabo siriano avrebbe utilizzato bombe artigianali quando ne dispone di sofisticate fornite dalla Russia?

Dopo le armi di distruzione di massa irachene,
le armi chimiche siriane

Il fatto più significativo è l’accusa alla Siria di aver fatto uso di armi chimiche. L’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC, OPCW in inglese), incaricata di fare luce sull’asserito attacco del 7 aprile 2018 a Duma – che Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno sanzionato unilateralmente con un bombardamento sulla Siria – ha reso pubblico il proprio rapporto il 1° marzo 2019. Pur senza affermarlo esplicitamente, esso conferma, punto per punto, che la vicenda fu una montatura.
Si noti che cinque anni prima dell’attacco della Ghuta, la Siria aveva aderito alla Convenzione internazionale contro le armi chimiche. Le sue scorte di armi chimiche furono poste sotto sequestro, quindi distrutte congiuntamente da Russia e Stati Uniti, sotto il controllo dell’OPAC. Affermare che nel 2018 Damasco fosse ancora in possesso di armi chimiche significa innanzitutto contestare l’operato dell’Aia, di Mosca e Washington.
Nel 2018 il Dipartimento di Stato sostenne di essere in possesso di prove credibili dell’«uso di gas sarin da parte della Siria» contro i «democratici»; la Russia denunciò invece una messinscena orchestrata dal Regno Unito. Con grande faccia tosta, il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, s’indignò per le accuse russe, definendole «grottesche, bizzarre», nonché una «flagrante menzogna».
Ebbene
- Le tre fonti che confermarono l’attacco sono tutte britanniche: i Caschi Bianchi (ONG controllata dal MI6), l’Osservatorio Siriano per i Diritti dell’Uomo (fucina dei Fratelli Mussulmani, alimentata con le informazioni dell’MI6) e l’Esercito dell’Islam (gruppo armato fondato da Zohran Allouche, la cui famiglia all’epoca risiedeva a Londra, in una lussuosa residenza presidiata dalla polizia).
- L’Esercito dell’Islam impedì all’OPAC di vedere i corpi delle vittime, di contarli e di fare le autopsie. La delegazione poté entrare a Duma solo dopo che i cadaveri furono cremati. La cremazione non è costume islamico e non fu necessaria per ragioni sanitarie.
- Secondo l’OPAC i reperti prelevati dimostrano che a Duma non è stata utilizzata alcuna sostanza chimica. Neanche una.
- L’organizzazione ammette tuttavia che sul luogo del preteso attacco chimico potrebbero essere stati tirati due razzi, che avrebbero potuto contenere una sostanza tossica clorata. Tuttavia, il cloro all’aria aperta si disperde. Può uccidere solo in uno spazio chiuso. Per questo motivo il cloro non è inserito nella lista delle armi chimiche vietate ed è utilizzato come presidio per la manutenzione.
Facciamo incidentalmente notare che l’Esercito dell’Islam (Jaych al-Islam) è l’organizzazione “democratica” che decapitò i «cani di Bashar» tenuti alla catena, ossia i siriani che si rifiutavano di dileggiare il presidente eretico Bashar el-Assad [4]. Salì alla ribalta per aver condannato a morte siriani giudicati omosessuali gettandoli dai tetti. E fu il loro capo, Mohamed Allouche, a presiedere la delegazione dell’«opposizione moderata» durante i negoziati ONU a Ginevra.
In poche parole, il bombardamento della Siria da parte di Stati Uniti, Francia e Regno Unito non soltanto fu una violazione del diritto internazionale, ma non ha nemmeno giustificazione.

Come la stampa ha trattato il rapporto dell’OPAC

Se la stampa occidentale fosse onesta, avrebbe fatto un resoconto fedele del rapporto dell’OPAC. Ma così non è stato.
I giornalisti anglosassoni sono stati particolarmente silenziosi e solo in via eccezionale hanno trattato l’informazione. I giornalisti francesi sono stati più capziosi.
In Francia i media non hanno mancato di ricordare che in precedenza un rapporto del Meccanismo congiunto ONU/OPAC aveva confermato l’uso di armi chimiche da parte della Siria. Hanno però omesso di dire che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aveva respinto il rapporto, perché il Meccanismo non aveva rispettato le regole OPAC.
Altri giornalisti hanno affermato che la delegazione ha accertato l’uso di cloro a Duma. Hanno però omesso di precisare che l’OPAC ritiene probabile l’uso di un agente tossico contenente clorina, utilizzata come arma, e ritiene possibile che la dispersione sia avvenuta per mezzo di due razzi. In particolare hanno evitato di dire che, all’aria aperta, anche la clorina non è un agente tossico mortale, bensì solo un irritante; per questa ragione non è un’arma chimica vietata.
Vi state chiedendo perché questi articoli vi sono sfuggiti e perché non avete sentito May, Macron e Trump scusarsi? Semplicemente perché la stampa non fa informazione e perché la classe politica occidentale non ha principi morali.