mercoledì 13 febbraio 2019

20 modi in cui abbiamo perso la privacy


Postini che aprono la nostra corrispondenza per controllare se all'interno delle buste non ci sia materiale che viola la proprietà intellettuale di qualcuno. Proprietari di bar che vengono multati o mandati in carcere se qualche cliente affigge messaggi "sbagliati" sulle bacheche. Televisori che ci guardano e registrano ciò che diciamo, autorità che sono sempre al corrente della nostra posizione anche se non siamo sospettati di nessun crimine.

Fino a qualche decennio fa, tutti questi scenari avrebbero fatto gridare allo scandalo la generazione dei nostri genitori, quelli dell'era analogica; eppure oggi sono serenamente accettate come assoluta normalità, semplicemente perché non avvengono nel "mondo analogico", ma nel cyberspazio digitale.

Questa è la contraddizione su cui insiste Rick Falkvinge, fondatore del movimento politico globale chiamato Partito Pirata, in una serie di 21 post pubblicati sul suo blog, e che qui vi offriamo raccolti e tradotti in italiano.

Uno storytelling estremamente efficace, che ruota attorno ad una domanda tanto semplice quanto spiazzante: perché le nuove generazioni ("i nostri figli digitali") non dovrebbero avere almeno gli stessi diritti delle vecchie ("i nostri genitori analogici")? Il fatto che la tecnologia sia nel frattempo estremamente progredita è forse una ragione accettabile per rinunciare alla privacy?

Questa serie di brevi articoli costituiscono una lettura assolutamente fondamentale, al giorno d'oggi. La difesa della privacy è considerata dall'uomo medio, nella migliore delle ipotesi, una questione secondaria e irrilevante, e in alcuni casi addirittura un ostacolo alla "ben più urgente" (e perenne) emergenza sicurezza.

Eppure, il mondo sta diventando una distopia forse anche peggiore di tutte quelle immaginate dagli artisti negli anni passati. La Cina è già andata oltre Black Mirror, introducendo il grottesco Sistema di Credito Sociale. La vicenda di Cambridge Analytica ha svelato al mondo come una piccola agenzia di marketing possa influenzare in modo decisivo l'esito di elezioni o referendum contando "solo" sulla giusta quantità di Big Data.
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Fonte: www.partito-pirata.it 

martedì 12 febbraio 2019

PROCESSO SANGUE INFETTO / PER IL PM “IL FATTO NON SUSSISTE”. TUTTI ASSOLTI E SANTI SUBITO

Tutti assolti. Il fatto non sussiste.
Con queste parole è terminata la requisitoria del pm, Lucio Giugliano, al processo per le morti da sangue infetto in corso da quasi tre anni davanti alla sesta sezione penale del tribunale di Napoli, presieduta da Antonio Palumbo.
Un processo “storico”, iniziato 27 anni fa a Trento e che vede alla sbarra ex dirigenti, funzionari e addetti delle aziende del gruppo Marcucci, all’epoca oligopolista nel settore degli emoderivati in Italia e ancor oggi al vertice con la nuova corazzata Kedrion. Alla sbarra anche l’ex direttore del settore farmaci al ministero della Sanità Duilio Poggiolini.
Nove le parti civili che si sono costituite, rappresentate dai familiari delle vittime, più parecchie associazioni nate nel corso degli anni a tutela della salute dei malati di emofilia e non solo. Come dato “storico”, comunque, è bene sapere che la questione “sangue infetto” ha riguardato e riguarda migliaia e migliaia di cittadini, infettati nel corso del tempo, a partire dagli anni ’70: e molti altri casi potranno manifestarsi ancora, perchè il periodo di “incubazione” dell’infezione può arrivare a superare i vent’anni (un po’ come per i roghi tossici nella Terra dei Fuochi). Stragi impunite.

Duilio Poggiolini a un’udienza del processo. Nel montaggio di apertura l’ingresso del tribunale di Napoli
Va sottolineato che l’odierno processo per le morti da sangue infetto è stato totalmente silenziato dai media, sia locali che nazionali (tratte il Fatto). Meglio scrivere di pizza & bombe carta.
Riavvolgiamo adesso il nastro delle tre ore di requisitoria per analizzarla nei suoi vari aspetti.
Il pm ha voluto subito far chiarezza e così ha esordito: “Sono sicuro che le mie parole di assoluzione nei confronti degli imputati potranno causare dolore e delusione nei familiari dei pazienti deceduti. Testimonio la vicinanza mia e dell’ufficio ai loro sacrifici e alle loro sofferenze”.
Ciò detto, ha tracciato una breve storia del processo ed ha rimarcato fin dall’inizio che anche il processo odierno si deve basare sostanzialmente sui materiali probatori raccolti nelle fasi investigative di Trento: materiali insufficienti – ha  subito precisato – per individuare quel fondamentale nesso di causalità tra l’assunzione dei farmaci e l’insorgenza delle patologie (e quindi, in molti casi, la morte). Carenti quindi le indagini trentine e per questo il processo è presto finito con l’archiviazione ed è passato per competenza a Napoli, dove anche stavolta non ha avuto lunga vita perchè è stato di nuovo impossibile trovare ogni nesso causale e risalire al primo contagio.
Quel secondo processo partenopeo, però, a parere del pm, si è concluso con un provvedimento definito “tecnicamente abnorme” preso dal gip: ossia riprendere da capo, con un nuovo processo, basandosi su un diverso capo d’accusa, “omicidio colposo plurimo”. In pratica una “imputazione coatta” che a parere di Giugliano non stava né in cielo né in terra.
Ma eccoci al processo di oggi, che si è aperto ad aprile 2016.

NESSUNA PROVA, SOLO INDIZI  
Chiarisce il pm: “nei faldoni non ci sono prove, ma solo cartelle cliniche. Per questo ho ordinato subito in questo processo una perizia tecnica, che sulla base di quelle cartelle cliniche potesse portare a qualche chiarimento circa il nesso causale”
Giugliano ha quindi passato in rassegna le posizioni dei singoli malati: stando alla perizia per tre di essi non è possibile risalire a niente, in cinque casi c’è la possibilità di arrivare a un nesso (il nono è nel frattempo deceduto). Ma ecco un altro ostacolo. In tutti i casi, tranne uno, le cure sono quasi sempre  in seguito avvenute a domicilio: e in quei casi si può reperire  un piccolo diario domestico, alcuni appunti, nella migliore delle ipotesi. E c’è un’altra circostanza sfavorevole: quando anche si abbia una qualche traccia precisa dell’assunzione di emoderivati, praticamente mai si riesce a sapere di quale casa farmaceutica siano. Insomma una autentica giungla.
L’elemento fondamentale, ha spiegato Giugliano, rifacendosi soprattutto alla perizia, è sapere la data del contagio, della prima somministrazione alla base di tutta la patologia. Connessa è la causa, ossia il farmaco, quindi la ditta produttrice. E di tutto ciò non v’è chiarezza né alcuna certezza né alcun elemento probatorio. Niente.
Dopo aver effettuato varie ricognizioni temporali, il pm individua la fascia ‘incriminata’ in tutti gli anni ’70 e i primi ’80: di sicuro tutti gli ammalati i cui nomi sono presenti al processo (tranne uno) hanno contratto l’infezione in quel decennio ’70, solo nel caso di uno dei fratelli Scalvenzi quella data è possibile collocarla negli ’80, fino all’87.  Ciò permette – secondo il pm – di escludere le responsabilità di molte aziende, soprattutto del gruppo Marcucci.
Ancora. Un altro motivo che finisce per minimizzare le responsabilità delle aziende italiane è il fatto che in quegli anni il mercato era praticamente in mano alla case farmaceutiche straniere, che nel campo degli emoderivati avevano una fascia compresa tra il 5 e il 10 per cento (per molti anni non hanno superato la soglia del 5 per cento).

Piermannuccio Mannucci
Il pm ha poi effettuato una lunga dissertazione sul tema di “re-infezioni” e “sovra-infezioni|”, oggetto di una seconda consulenza svolta dai tre periti. In sostanza, i pareri nel mondo scientifico non sono unanimi, ma ciò non sposta più di tanto il problema centrale: ossia, la questione non serve a far chiarezza sul dilemma del nesso di causalità né contribuisce a conoscere quale sia stato il primo contagio, la prima infusione che ha provocato l’insorgere della patologia.
Eccoci ai nodi centrali. Ossia il ruolo del gruppo Marcucci e quello di Poggiolini.

QUELLE AZIENDE IMMACOLATE
Soprattutto in questa circostanza (ma anche in altre) il pm si rifà alla prima testimonianza resa a questo processo, quella dell’ematologo milanese Piermannuccio Mannucci. Tenuto conto che gli emoderivati arrivavano dall’estero e che il principale paese dal quale importavamo erano gli Usa, secondo la letteratura scientifica dell’epoca quel sangue era particolarmente affidabile, testato, sicuro, anche perché c’erano i rigidi controlli esercitati dalla Food and Drug Administration.
“Non risulta che le aziende del gruppo Marcucci abbiano mai violato le leggi, le normative sanitarie in materia. Tutto risulta fatto in modo corretto, sono state rispettate le procedure. Non sono state dimostrate nel corso del processo colpe o responsabilità di alcun tipo”.
Tutti da assolvere quindi gli ex dipendenti del gruppo Marcucci. Anche i vertici aziendali come Enzo Bucci e Giovanni Rinadi, rispettivamente direttore tecnico e responsabile del marketing. “Non è stata dimostrata alcuna loro responsabilità. Del resto, quali potevano mai averne? Potevano fra l’altro mai essere responsabili della qualità dei prodotti che venivano importati con tutte le certificazioni del caso?”.
Ed eccoci ad un altro passaggio fondamentale, la posizione di Duilio Poggiolini. Del quale il pm ha tracciato un profilo, elencandone tutti i ruoli strategici ricoperti a livello di ministero della Sanità durante un ventennio, dal 1973 al 1993.
“Il sospetto non basta, ci vogliono prove, e nel caso di Poggiolini non ci sono”, ha subito chiarito il pm.
Così prosegue la requisitoria sull’ex re mida della sanità.

POGGIOLINI, SANTO SUBITO
“Di cosa lo si può accusare? Quali sono i reati che avrebbe commesso, le norme che avrebbe infranto, le leggi che non avrebbe rispettato? Nel corso del dibattimento non è emerso niente. Almeno in quel periodo base, tra il 173 e il 1978,  di cosa mai si sarebbe macchiato? Poteva mai evitare qualunque di quei tragici eventi nei vari ruoli che ricopriva? Non sono emersi, nel corso di questo processo, elementi probatori a suo carico, neanche uno. In questi anni si è semplificato, si è voluto addossare ogni responsabilità sulle spalle di un solo soggetto, colpevole di ogni reato. Si può imputare ad un solo vertice della sanità le colpe di una politica sbagliata o insufficiente? E’ stata proprio la mancanza, in Italia, di una politica lungimirante nel campo degli emoderivati la fonte prima di tutti i problemi. Perché non è stato fatto da noi come in molti altri paesi soprattutto del nord e dell’est europeo? Vale a dire far in modo di non dover dipendere così tanto, fino al 95 per cento, dalle importazioni, ma di avere una vera ‘politica del sangue’ nella più totale sicurezza e qualità dei prodotti? Come si possono imputare a Poggiolini queste cose, tutte le falle della nostra politica per anni?”.
Qualche piccola nota di riflessione sulla requisitoria del pm.
In larghissima parte prende spunto e trova linfa nelle due perizie svolte dai tre consulenti tecnici, tutti esperti del settore: si tratta di Raffaele Pempinello, infettivolgo, Pasquale Madonna, ematogo e Pierluigi Zangani, medico legale.
Di particolare pregnanza, evidentemente, la prima perizia,  ordinata dal pm fin dalla prima udienza (in cui fra l’altro chiedeva subito il proscioglimento di tre imputati ex gruppo Marcucci). I periti hanno chiesto diverse proroghe e alla fine hanno partorito il loro lavoro, una trentina di pagine dattiloscritte. Non proprio una gran fatica, di cui non pochi addetti ai lavori hanno notato le gravi carenze e lacune scientifiche.
Fatto sta che nella bibliografia della perizia predomina su tutti un nome (una decina di citazioni sul totale di una ventina): quello di Piermannuccio Mannucci, il primo teste sentito al processo, circa due anni e mezzo fa.

UN TESTE IN PALESE CONFLITTO D’INTERESSE
Un teste, come ha più volte sottolineato la Voce, in palese conflitto d’interessi, circostanza mai venuta alla ribalta a livello processuale né ha tantomeno ha fatto capolino nella requisitoria del pm (soltanto l’avvocato delle parti civili Stefano Bertone ha vi ha fatto cenno).

L’avvocato Stefano Bertone
Mannucci, infatti, è stato per anni consulente di Kedrion, la corazzata di casa Marcucci, ricevendone evidentemente dei compensi. Ha avuto anche un ‘indirizzo scientifico’ proprio presso il principale stabilimento toscano dei Marcucci, ed ha preso parte, regolarmente gettonato, a svariati simposi nazionali e internazionali organizzati da Kedrion. Che, val la pena di rammentarlo, viaggia oggi col vento sempre più in poppa, espandendo i suoi mercati internazionali sotto la guida di Paolo Marcucci (figlio del patriarca Guelfo, imputato in questo processo ma deceduto alcuni mesi prima dell’avvio), fratello di Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato e formatosi alla scuola di Sua Sanità Francesco De Lorenzo, tanto che sotto i vessilli del Pli venne eletto per la prima volta in Parlamento nel ’91.
Tornando a Mannucci, nel corso della sua “storica” verbalizzazione, circa la provenienza di quegli emoderivati, così disse: “quando ho chiesto alla dirigenza del gruppo Marcucci qualche informazione circa la provenienza di quel sangue, ho ricevuto tutte le rassicurazioni possibili. Mi dissero che era sicuro, testato e che arrivava dai campus degli studenti universatari e dalle casalinghe americane”. Boom.
Nessun cenno da parte di Mannucci ad altre provenienze poco raccomandabili di cui già si parlava all’epoca. Come nel caso delle carceri a stelle e strisce, in particolare quelle dell’Arkansas. “Non ne ho mai sentito parlare, neanche per sogno”, confermò dopo quell’udienza alla Voce.
Tra i testi principali delle parti civili, ha verbalizzato il regista statunitense Kelly Duda, autore nel 2007 di uno choccante docufilm, “Fattore VIII”, in cui vengono illustrati in modo drammatico i traffici di sangue per anni in corso tra le galere a stelle e strisce, sotto il vigile sguardo delle autorità americane (anche la Bbc ha documentato i traffici dei “vampiri” di casa nostra). Immagini da brivido, di cui ha parlato nella sua testimonianza, confermando per filo e per segno quanto noto a molti, anche nella comunità scientifica dell’epoca, e invece clamorosamente ignorato da Mannucci.
Un’udienza turbolenta, quella in cui ha parlato Duda. Conclusasi con una querela – con tanto di minacciato arresto seduta stante – proprio da parte del pm Giugliano, stizzito per alcune parole pronunciate in inglese dal regisita al termine dell’udienza. Coda di paglia o che? Quanto meno un forte pregiudizio – e un clima certo non idilliaco – nei confronti di quel teste base delle parti civili.

PICCOLI INTERROGATIVI CRESCONO
Come mai quella verbalizzazione bollente non è stata citata neanche en passant nella lunga requisitoria del pm? Un fatto “sostanziale”, nel caso da smontare: invece neanche un cenno, non una parola, mentre lunghe sono state le dissertazioni parascientifiche.
Come mai neanche un cenno a quelle carceri dell’Arkansas, tanto per dire che si trattava di  fake newsante litteram?
Ancora. Come mai nella sempre lunga requisitoria non è stato fatto il nome, neanche per caso, di Sua Sanità De Lorenzo, storicamente grande amico sia di Poggiolini che di Guelfo Marcucci e della sua dinasty? Perchè non è stato fornito alcun ragguaglio circa gli stretti rapporti intercorsi?
Come mai nessuna parola sui conflitti d’interesse, tanti, del super ematologo Mannucci?

Una manifestazione di protesta degli ammalati per sangue infetto
Come mai nessun cenno specifico (se non un criptico passaggio) al processo per la Farmatruffa che ha visto la condanna prima penale e poi civile sia di De Lorenzo che di Poggiolini ad un maxi risarcimento da 5 milioni di euro a testa?
Come mai  nessun cenno alle conclamate carenze della perizia, che invece è stata alla base della requisitoria stessa?
Come mai nessun cenno a quella letteratura scientifica e a quei ricercatori che spiegano i nessi di causa ed effetto? Nè agli altri processi internazionali per la stragi da sangue infetto? Nemmeno una parola sulle vittime senza giustizia? Nè alla fresca commissione d’inchiesta decisa perfino in Inghilterra?
Tanti, troppi buchi neri, per una giustizia che ancora una volta viene calpestata. Compresa la memoria di tante vittime, pur omaggiate (quelle del processo) dalle parole iniziali del pm.
Una prima conclusione però c’è. I legali di tutti gli imputati (in prima fila i big del foro Massimo Di NoiaAlfonso Stile) potranno risparmire tutte le fatiche in vista delle loro arringhe: basta e avanza la requisitoria del pm.
Comunque il processo è aggiornato all’11 febbraio, quando prenderanno la parola tutte le parti civili, tranne quelle rappresentate da Stefano Bertone ed Ermanno Zancla, previsti per le due udienze successive. La sentenza è stata fissata dal giudice Palumbo per il 25 marzo.

Fonte:

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9 Giugno 2017
8 Dicembre 2016

lunedì 11 febbraio 2019

Patto franco-tedesco, Magaldi: minacciamoli di lasciare l’Ue

Gioele Magaldi«Il governo gialloverde non fa paura a nessuno, in Europa: abbaia, ma non morde. Ecco perché l'oligarchia europea non ha alcun interesse a farlo cadere, men che meno per instaurare un esecutivo "tecnico" come quello di Monti, oggi improponibile all'elettorato italiano». Secondo Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, l'allarme lanciato da Gianfranco Carpeoro (Cottarelli al posto di Conte, in attesa di Draghi) ha un significato  «sottilmente apotropaico», quello cioè di evocare un pericolo – l'ennesimo complotto – proprio allo scopo di scongiurarlo, "bruciandolo". Per Magaldi, in fondo, la realtà è persino peggiore di quella tratteggiata da Carpeoro: perché «gli spaventapasseri Di Maio e Salvini non hanno nemmeno saputo approfittare della rivolta francese dei Gilet Gialli per pretendere, come avrebbero dovuto, il rispetto delle legittime istanze del governo italiano». Mazziati e cornuti, ma senza ammetterlo: «Bravi ad alzare la voce sui migranti e magari su Battisti, e invece zitti di fronte ai diktat della Commissione Europea», peraltro dominata da due paesi – Germania e Francia – che adesso, con lo scandaloso Trattato di Aquisgrana, «rifilano un ceffone plateale a tutti i cantori, anche italiani, della mitica Unione Europea, finora in realtà mai esistita e mai davvero nata».
Chiamiamola Disunione Europea: è una cupola di oligarchi affaristi, impegnati a svuotare le nostre democrazie impoverendo i popoli. Di fronte a questo, «l'Italia dovrebbe minacciare di sospendere la vigenza dei trattati europei». Il dado è tratto, avverte Macron e MerkelMagaldi: ormai, i gruppi di potere (privatistici) che sostengono la Merkel e Macron hanno gettato la maschera. «Odiano a tal punto la democrazia, da stipulare un accordo smaccatamente egoistico, in danno degli altri paesi europei». Oltre all'incredibile "Consiglio dei ministri congiunto, franco-tedesco", c'è anche «la barzelletta dei "due sederi" che si alternerebbero al seggio, attualmente solo francese, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». Parigi è disposta a cedere il 50% di quella poltrona a Berlino? «Curioso: da Francia e Germania, non una parola sul penoso stato in cui è ridotta l'Onu, ormai incapace di far rispettare i diritti umani nel mondo». Quanto alla Francia, «persino Di Maio, meglio tardi che mai, si è premurato di ricordare l'atteggiamento predatorio e neo-coloniale che i francesi impongono a 14 paesi africani, quelli da cui provengono molti dei migranti diretti in Italia, su cui poi il signor Macron si permette di fare lo spiritoso».
Una denuncia che il presidente del Movimento Roosevelt anticipa in una video-chat su YouTube con Marco Moiso, ribadendola poi nel web-streaming con Fabio Frabetti di "Border Nights": l'Italia, semplicemente, non può accettare che una cricca di faccendieri oligopolisti decida – per giunta, parlando a nome del popolo tedesco e di quello francese – di prendere a calci i partner europei per tentare di ipotecare all'infinito il loro potere, finora affidato ai burattini Merkel e Macron. La verità è un'altra: la cancelliera è al tramonto, mentre l'Eliseo è assediato dalla rivolta di strada: 8 francesi su 10 voterebbero contro l'attuale presidente. E in queste condizioni i governi di Francia e Germania pensano di poter dichiarare guerra, impunemente, al resto d'Europa? I fatti potrebbero dar loro ragione, commenta Magaldi con amarezza, solo se il governo italiano continuasse la sua indecorosa manfrina: proclami altisonanti, per poi lasciarsi regolarmente umiliare. Sembra proprio che tutto sia Salvinicominciato il 27 maggio 2018, quando Lega e 5 Stelle accettarono di subire il "niet" di Mattarella sull'incarico a Paolo Savona come ministro dell'economia.
Da lì in poi, gli oligarchi devono aver capito che il nascituro governo gialloverde si sarebbe rassegnato a ingoiare qualsiasi rospo, rinunciando alle grandi promesse della campagna elettorale: reddito di cittadinanza, Flat Tax, rottamazione della legge Fornero sulle pensioni. Per invertire la rotta e bocciare l'Europa del rigore serviva un deficit di almeno il 4%, capace di stimolare l'economia già nel 2019. Ma l'esecutivo Conte non è andato oltre la proposta del 2,4%, restando al di sotto della soglia (artificiosa, ideologica e dannosa) sancita dal famoso 3% di Maastricht. Salvo poi perdere definitivamente la faccia, facendosi limare un altro mezzo punto di deficit, sotto la minaccia della procedura d'infrazione. Risultato: accorciata ulteriormente la coperta, tutte le promesse gialloverdi sono evaporate. L'irrisorio reddito grillino appare condizionato da intricatissimi vincoli burocratici, mentre la riforma delle pensioni (quota 100) è ridotta a puro ecloplasma. E non s'è vista nessuna vera riduzione del carico fiscale. Anche per questo, dice Magaldi, i gialloverdi alzano il volume su questioni secondarie e irrilevanti, come l'arresto di Cesare Battisti, estradato solo perché in Brasile è salito al potere l'imbarazzante Bolsonaro.
Un avviso a Salvini: non basta cambiare felpa, tutti i giorni, per nascondere la bancarotta politica del "governo del cambiamento", che si sta rivelando una colossale presa in giro. «Che bisogno c'è di farlo cadere, un governo così docile? E' perfetto, per lasciare tutto com'è». Con in più il vantaggio di dare agli italiani, per ora, l'illusione di un'inversione di rotta. «Ma attenzione: le cose possono cambiare in tempi rapidissimi». Se n'è accorto Matteo Renzi, «altro campione di chiacchiere», passato in pochi mesi dal 40% al ruolo di profugo politico. Anche per questo, sottolinea Magaldi, è necessario dare fiato a una nuova prospettiva, quella del "partito che serve all'Italia", i cui promotori – tra cui Ilaria Bifarini, Nino Galloni e Antonio Maria Rinaldi – torneranno a riunirsi a Roma il 10 febbraio. Orizzonte: costruire un vero Piano-B per uscire dall'autismo Renzidell'Europa degli oligarchi. Se ne parlerà anche a Londra il 30 marzo, in un forum sull'economia europea indetto dal Movimento Roosevelt, al quale parteciperanno personalità come Guido Grossi, già supermanager Bnl.
E' il momento di parlar chiaro, ribadisce Magaldi: oggi, l'Italia ha il dovere di convocare i partner europei – Francia e Germania in testa – per obbligarli a riscrivere le regole dell'Unione. Ovvero: una Costituzione democratica e un governo continentale finalmente eletto dal Parlamento Europeo, espressione diretta degli elettori. E quindi: una politica economica unitaria, la fine dello spread, il sostegno al debito mediante gli eurobond. Addio al Trattato di Maastricht e al suo ignobile 3%. O si disegna un New Deal, come invocato dallo stesso Savona nel suo discorso al Senato, o l'Europa è morta. E se Parigi e Berlino pensano di fare da sole, a maggior ragione: l'Italia le fermi. «Dica chiaramente, il nostro governo, che se la linea è quella del Trattato di Aquisgrana, il nostro paese sospende la vigenza di tutti i trattati europei». In questo modo, aggiunge Magaldi, l'Italia parlerebbe anche a nome degli altri partner Ue, esercitando un ruolo autorevole: «Un governo italiano realmente europeista, che denunciasse come anti-europeisti i difensori di questa Europa così com'è, dovrebbe dire a tutti gli altri partner che è giunta l'ora di sciogliere il patto».
E questo, peraltro, «vorrebbe dire assumersi la leadership di un processo di riconversione democratica dell'Europa». Se invece Francia e Germania rifiutassero di ascoltare l'Italia, a quel punto «l'eventuale uscita dai trattati avrebbe ben altra legittimazione, anche internazionale». Certo, aggiunge Magaldi, lo schiaffo franco-tedesco deve bruciare soprattutto sulle guance «di tutti quegli imbecilli, anche italiani», che hanno fatto del mantra "ce lo chiede l'Europa" un dogma di fede, «credendo che il sogno europeo dovesse passare per l'imposizione di una governance post-democratica». Una sonora lezione anche per i velleitari "eroi" del nuovo sovranismo, ambigua bandiera «da sventolare in campagna elettorale, per poi ammainarla una volta al governo». Prendete Salvini: la sua ipotetica alleanza tra nazionalismi contava soprattutto su Ungheria e Polonia, «cioè proprio i due paesi che, per primi, hanno bocciato la manovra del governo Conte».
Per Magaldi, in sostanza, «dobbiamo essere abili, e anche leali verso gli altri popoli europei». Illusorio rifugiarsi entro i confini nazionali: chi rimpiange l'Italia della lira, che stava certamente assai meglio di quella dell'euro, «dimentica sempre di ricordare che il nostro paese beneficiava innanzitutto del supporto internazionale degli Usa». Ovvero: «Con gli "assi" fondati sugli egoismi nazionali non si va da nessuna parte: fare da soli è impossibile, in un mondo sempre più interconnesso. E qualunque idea di una nazione isolata che possa resistere all'urto dei poteri globali è pura follia». L'alternativa? Semplice, in teoria: «Per contrastare le reti sovranazionali private, cementate da interessi inconfessabili, bisogna costruire reti sovranazionali pubbliche e finalmente democratiche». L'Italia di eri – fino a Monti, Letta, Renzi e Gentiloni – era «subalterna, imbelle e servile». Quella di oggi, gialloverde, preferisce «il piagnisteo velleitario, i proclami muscolari a cui poi non seguono i fatti». Serve un'altra Italia, «sovrana e democratica, orgogliosa di sé», capace di alzarsi in piedi e resuscitare la democrazia come modello imprescindibile, «non solo in Europa ma anche alle Nazioni Unite».

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domenica 10 febbraio 2019

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 8 feb 2019

Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
La France rappelle un de ses ambassadeurs auprès d'un membre de l'UE
 

 
L'Iran construirait des missiles de précision en Syrie
 

 
Erdoğan ne reconnaît pas el-Assad, mais discute avec son cabinet
 

 
Whitestream serait en mesure d'identifier les transactions en Bitcoin
 

 
Erik Prince investit en Chine
 

 
La France a fait pression sur l'Égypte contre la Syrie
 

 
L'Italie a posé son veto à la reconnaissance de Juan Guaidó par l'UE
 

 
Pour l'UE, Gibraltar est désormais une « colonie » de la Couronne
 

 
L'effondrement organisé de PDVSA
 
Controverses
Fil diplomatique

 
La Fraternité humaine pour la Paix mondiale et la Coexistence commune
 

 
Déclaration de l'Otan concernant le non-respect du traité sur les forces nucléaires à portée intermédiaire (FNI) par la Russie
 

 
Le président Trump soutient les efforts du peuple du Venezuela pour rétablir la démocratie dans son pays
 

 

« Horizons et débats », n°3, 4 février 2019
Le Venezuela agressé
Partenaires, 4 février 2019

« Horizons et débats », n°2, 21 janvier 2019
Interpréter l'Histoire
Partenaires, 29 janvier 2019

« Horizons et débats », n°1, 7 janvier 2019
France : le soulèvement des petites gens
Partenaires, 29 janvier 2019

« Horizons et débats », n°29/30, 27 décembre 2018
La paix ne règne pas, elle doit être créée
Partenaires, 29 janvier 2019
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sabato 9 febbraio 2019

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 8 feb 2019

Rete Voltaire
Focus




In breve

 
La Francia ritira il proprio ambasciatore presso un Paese membro della Ue
 

 
L'Iran costruirebbe missili di precisione in Siria
 

 
Erdoğan non riconosce al-Assad ma discute con il suo governo
 

 
Whitestream sarebbe in grado d'individuare le transazioni in Bitcoin
 

 
Erik Prince investe in Cina
 

 
La Francia fa pressioni sull'Egitto contro la Siria
 

 
L'Italia ha posto il veto al riconoscimento di Juan Guaidó da parte dell'UE
 

 
Adesso l'UE considera Gibilterra una «colonia» della Corona
 

 
Il crollo organizzato di PDVSA
 
Controversie

 
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