giovedì 15 novembre 2018

Premiere Choose Love!❤ - Prime proiezioni pubbliche: ecco le date.



CHOOSE LOVE È IN ARRIVO!
È trascorso un anno da quando abbiamo annunciato il nuovo progetto di Thomas Torelli, Choose Love, ed ora finalmente ci siamo.
Gli ultimi ritocchi ed il film sarà pronto.
E' stato un viaggio incredibile che ci ha portato a conoscere delle persone uniche che, grazie all'Amore, sono riuscite a trasformare la loro vita.
Storie vere, storie di persone che sono riuscite ad andare oltre ad ogni forma di odio e rancore per riscrivere un nuovo paradigma sociale.
Bruce Lipton, Deepak Chopra, Daniel Lumera, Scarlett Lewis sono solo alcuni degli intervistati del film che non vediamo l'ora tu possa vedere.
Trailer del Film 
IL 17 NOVEMBRE L'ANTEPRIMA MONDIALE DEL FILM!
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza le 1172 grandi anime che, credendo nel progetto, hanno partecipato alla raccolta fondi anche semplicemente pre-acquistando il dvd del film.
A Te ed a loro la nostra più profonda gratitudine.
Per festeggiare tutto questo, abbiamo organizzato per il 17 novembre a San Bonifacio (VR) la PREMIERE ESCLUSIVA PER I SOSTENITORI DI CHOOSE LOVE.
Sarà un pomeriggio indimenticabile dove poter vedere per la prima volta, tutti insieme, il film ma non solo: il programma del pomeriggio è molto ricco.
Ospiti speciali, oltre che Thomas Torelli, il dott. Claudio Pagliara, Ivan Nossa e Virginio de Maio.
Riesci ad immaginare il campo di energia che insieme creeremo?
Se hai partecipato alla raccolta fondi, ti aspettiamo il 17 novembre a San Bonifacio.
CLICCA QUI PER SCOPRIRE TUTTI I DETTAGLI
LE DATE DI NOVEMBRE E DICEMBRE

Se non hai fatto in tempo a partecipare alla raccolta fondi, ti aspettiamo ad una delle date che stiamo co-organizzando insieme alle varie organizzazioni locali e ai cinema.

Per conoscere le proiezioni di Choose Love nel 2019 e tutte le altre proiezioni dei film di Thomas Torelli vai su www.unaltromondo.net

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mercoledì 14 novembre 2018

Mirella Gregori Cronaca di una scomparsa


MIRELLA GREGORI
La cronaca di un ricatto contro una famiglia semplice che ha dovuto subire un macabro rituale disseminato di indizi e sospetti.
Nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi:

"MIRELLA GREGORI Cronaca di una scomparsa"




Buona lettura
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martedì 13 novembre 2018

Sahra Wagenknecht: «Gli italiani non essere governati da Bruxelles»

Sahra Wagenknecht, capogruppo della Linke al Bundestag e leader storico della sinistra tedesca, intervistata da Deutschlandfunk, pur mantenendo un proprio punto di vista autonomo, esprime un sostegno convinto alla battaglia del governo italiano contro le tecnocrazie di Bruxelles: se vogliano salvare l'Europa dobbiamo sostenere la battaglia del governo italiano per la sovranità dei parlamenti nazionali. 


Armbrüster: Frau Wagenknecht, Roma è stata messa alla gogna. È giusto secondo lei?

Wagenknecht: beh, vorrei dire che non ho molta simpatia per il signor Salvini. Ma non è questo il punto. Questo è un governo democraticamente eletto. La legge di bilancio riguarda la sovranità dei parlamenti. E se vuoi distruggere l'UE, allora devi fare esattamente quello che sta facendo Bruxelles.
Inoltre bisogna anche parlare di quanto possa essere sensato costringere a fare ulteriore austerità un paese che da dieci anni attraversa una lunga crisi economica, un paese in cui il reddito pro capite è inferiore a quello precedente l'introduzione dell'euro, ovviamente ciò contribuisce a far crollare l'economia. Ecco perché penso si tratti di una decisione priva di senso.
Allora, dal suo punto di vista, stiamo assistendo ad una protesta giustificata contro la politica di austerità di Bruxelles?

Bisogna dare a questa proposta di bilancio un'occhiata un po' più da vicino. Dentro ci sono cose molto ragionevoli. Ad esempio, l'Italia ha un altissimo tasso di disoccupazione, in particolare un elevato tasso di disoccupazione giovanile, in alcune zone del 30, 40 per cento, soprattutto nel sud del paese, e un'assicurazione contro la disoccupazione molto povera, peggio anche dell'Hartz IV tedesco, per fare un confronto. Se in questo ambito si apportano  determinati miglioramenti, o se si migliora la legge per il prepensionamento, che in una situazione di elevata disoccupazione potrebbe essere un sollievo per molte persone, si tratta senza dubbio di una scelta ragionevole.
Ci sono alcune agevolazioni fiscali. A beneficiarne sono anche le persone ricche. Se ne puo' certamente discutere. Ma ancora una volta: penso che semplicemente non sia la Commissione europea ad avere il potere di decidere in merito alla legge di bilancio dei diversi paesi, perché in questo modo stiamo distruggendo l'UE. Gli italiani non vogliono essere governati da Bruxelles, e non vogliono nemmeno essere governati da Berlino. Stiamo dando ad un governo, e in particolare ad un partito nazionalista, che in realtà è davvero semi-fascista, e a un certo signor Salvini, un'ottima possibilità per profilarsi politicamente. Sicuramente nel suo paese in questo modo sta ottenendo degli ottimi risultati e non finirà certo in difficoltà.

Frau Wagenknecht, lei ora parla di immischiarsi negli affari dell'Italia. Bisogna tuttavia ammettere che queste sono esattamente le procedure sottoscritte dagli stati dell'UE, e cioè presentare il loro bilancio a Bruxelles per farselo approvare. Tutto ciò affinché la politica fiscale europea rimanga nel complesso stabile e quindi anche l'euro sia stabile, senza finire in un'altra crisi monetaria. Possiamo davvero dire che in questo caso l'Italia può comunque andare avanti?

In primo luogo, ci sono dei trattati europei. C'è un criterio del deficit del tre percento. L'Italia è al di sotto di esso.
La seconda è una questione di ideologia economica, secondo la quale anche se un paese è in crisi deve comunque risparmiare per ridurre il debito. Fatto che è stato più volte confutato. Le economie non sono una cosa cosi' semplice che se si risparmia, si riduce il debito, e se si aumenta la spesa, il debito sale. Sembrerebbe anche plausibile. Ma non funziona così, perché risparmiare o spendere ha delle conseguenze per l'attività economica. L'Italia per molti anni ha cercato di ridurre significativamente la spesa pubblica. Il debito continuava a salire mentre l'economia crollava. E anche questo non è un concetto molto ragionevole.
Bisogna dire: se vuoi spingere l'Italia fuori dall'euro - ed è quello che sta accadendo - devi fare esattamente cosi'.

Allora non la preoccupa il fatto che l'Italia, stato membro dell'euro, abbia un debito pubblico che supera il 130 percento del PIL?

La questione è se si tratta solo del risultato della condotta di spesa del governo, o se invece è il risultato di una crisi economica che dura da anni. E direi che si tratta decisamente della seconda opzione.
Dobbiamo ovviamente anche parlarne a livello europeo. Se ora vuoi presentarti come il sommo sacerdote del debito pubblico basso, ma non sei stato in grado nemmeno di imporre un'azione a livello europeo, ad esempio per limitare il dumping fiscale delle imprese, cosa che sarebbe anche possibile, oppure imporre alcune regole che rendano piu' difficile per le persone molto ricche eludere il fisco, allora diventa tutto molto ipocrita. Troverei sensato, se ad esempio, in Italia dove c'è una grande ricchezza privata - che è cresciuta anche durante la crisi economica, e oggi ci sono più milionari di dieci anni fa - questa venisse tassata molto più severamente. Allora naturalmente si potrebbe ridurre anche il deficit pubblico. Ma non è che l'UE abbia mai fatto delle leggi che rendano tutto ciò piu' facile, anzi al contrario: le regole dell'UE rendono tutto più difficile. Proprio la Commissione europea con il signor Juncker ormai è la personificazione del dumping fiscale, soprattutto per le grandi imprese.

Il dumping fiscale, Frau Wagenknecht, è un altro argomento. Voglio tornare ancora una volta a questo immenso debito pubblico. Secondo lei non è motivo di preoccupazione se uno Stato membro dell'area dell'euro ha così tanti debiti?

Lei dice che il dumping fiscale è un altro problema. Il dumping fiscale e il debito pubblico sono due questioni fra loro strettamente collegate. Se sono proprio le grandi aziende a pagare poche tasse, oppure se nei singoli paesi sono i più ricchi quelli che pagano poche tasse, allora il debito pubblico naturalmente continuerà a crescere. L'intero dibattito in corso riguarda il fatto che l'Italia possa apportare dei limitati miglioramenti all'assicurazione contro la disoccupazione e alle pensioni. Il tema della discussione è del tutto sbagliato. Su questi temi, come ho detto, il governo italiano può ottenere consenso politico, proprio perché  sono misure molto popolari nel paese, e non per nulla l'ultimo governo su questi temi ha fallito e non è stato rieletto perché la gente è stanca di vedere che le cose vanno sempre peggio, stanca di trovarsi in una situazione di emergenza sociale e di avere una disoccupazione alta. Se si fanno solo annunci, senza miglioramenti sociali, questa è un'Europa che rinuncia ad ogni credibilità.

La Commissione europea dovrebbe forse dire che in futuro intendono rinunciare alla funzione di controllo dei bilanci nazionali, e che chiunque può decidere autonomamente?

Io sono per un'Europa delle democrazie sovrane e democrazia significa: le persone votano per eleggere il loro governo. Significa anche naturalmente che nessun altro paese sarà responsabile per i debiti degli altri paesi. Inoltre non penso sia giusto nemmeno se un paese pesantemente indebitato finisce nei guai e ad essere salvate con il denaro dei contribuenti sono sempre e solo le banche. Ma in Europa abbiamo una costruzione problematica, in quanto questa ci porta sempre piu' verso una sospensione della democrazia, e ad una situazione in cui le persone possono votare chi vogliono, perché tanto alla fine saranno i tecnocrati di Bruxelles o addirittura il governo di Berlino ad avere l'ultima parola e a decidere in merito alle leggi di bilancio nazionali. L'Europa in questo modo non puo' funzionare.

Ma l'Italia ora vorrebbe entrambi. L'Italia vuole decidere autonomamente sul proprio bilancio, senza l'ingerenza di Bruxelles, ma allo stesso tempo vuole rimanere nell'euro e in caso di emergenza, avere anche il sostegno degli altri paesi dell'euro. Possono stare insieme le due cose?

No, le due cose non stanno insieme. Ma se continuiamo così, faremo uscire l'Italia dall'euro. Non so nemmeno se vogliano rimanerci a tutti i costi. L'euro ha portato relativamente pochi vantaggi all'Italia.

Bene. Il governo di Roma, almeno, dice che vogliono assolutamente restarci. Questo è stato confermato ancora una volta dal Primo Ministro.

Finché sono dentro, devono dire cosi', perché altrimenti lo spread e la speculazione sui mercati finanziari assumerebbe forme estreme. È già ora siamo in una situazione in cui questi extra-rendimenti non vengono pagati a causa delle dimensioni del debito. I titoli italiani pagano un elevato premio al rischio perché si ipotizza che l'Italia potrebbe lasciare l'euro, e naturalmente si tratta di una speculazione molto pericolosa. Tuttavia, sono la Commissione europea e la Banca centrale europea a gettare altra benzina sul fuoco. Voglio dire, per molti anni ha acquistato obbligazioni governative in una dimensione che, a mio avviso, non era affatto giustificata. Ma ora lancia un segnale di stop e, naturalmente, i rendimenti salgono.
Ancora una volta: se vogliamo che l'euro funzioni, allora deve funzionare su basi democratiche. E naturalmente, se la democrazia negli Stati membri è sospesa, il risultato in Europa sarà una crescente sensazione di frustrazione e di rifiuto, e l'affermazione del signor Salvini il quale non è certo conosciuto come un fervente sostenitore dell'Europa. Ci sono tuttavia altre opzioni, ovviamente, ma bisogna vedere se c'è la volontà di sostenerle e promuoverle. 

Sahra Wagenknecht, è il capogruppo della Linke al Bundestag. Grazie per il suo tempo questa mattina.




Per concessione di Voci dalla Germania
Fonte: https://www.deutschlandfunk.de/linken-politikerin-zu-italiens-budget-die-italiener-wollen.694.de.html?dram:article_id=431358
Data dell'articolo originale: 24/10/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=24447

lunedì 12 novembre 2018

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 9 nov 2018


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Le FMI tente d'empêcher les Îles Marshall d'adopter une cryptomonnaie
 

 
Brutale et très forte poussée de l'antisémitisme en France
 

 
Un État étranger paye les salaires des fonctionnaires gazaouis
 

 
Sergueï Lavrov dénonce la manipulation de l'antiterrorisme
 

 
Le projet israélien de chemin de fer reliant la Méditerranée au Golfe
 

 
Le marché secret du pétrole iranien
 

 
La France lance un mandat d'arrêt contre le numéro 2 syrien
 

 
Le chef de l'opposition bahreïnie condamné à la prison à vie
 

 
Washington veut mettre fin à la guerre au Yémen
 
Controverses
Fil diplomatique

 
La Coalition internationale massacre des civils syriens avec des armes interdites
 

 
Communiqué franco-allemand sur la destruction d'un drone de l'OSCE en Ukraine
 

 
abonnement    Réclamations


Stati Uniti: in ascesa il fascismo finanziato dai miliardari

Fascisti miliardari vanno all’attacco della Previdenza Sociale e [dei programmi di assistenza sanitaria] Medicare e Medicaid. E se ne vantano apertamente.


Appena dopo l’elezione di Trump, a dicembre del 2016, Newt Gingrich ha apertamente vantato presso la Heritage Foundation che l’amministrazione Trump e i Repubblicani al Congresso avrebbero “dato un taglio al modello di Franklin Delano Roosevelt”. Quel “modello”, ovviamente, creò quella cui oggi ci riferiamo come alla “classe media”.
Questa settimana Mitch McConnell ha confermato la profezia di Gingrich, usando i deficit creati dai tagli delle tasse ai miliardari da parte di Trump come scusa per distruggere i programmi “assistenziali”.
“Penso di poter dire con sicurezza che la singola maggior delusione del mio periodo al Congresso è stata non aver affrontato il problema dell’assistenza ed è una vergogna, perché i Democratici stanno promettendo il Medicare per Tutti”, ha dichiarato McConnell a Bloomberg. Ha aggiunto: “Stiamo parlando di Medicare, Previdenza Sociale e Medicaid”.  
Questi programmi, assieme all’istruzione pubblica gratuita e alla tassazione progressiva, sono i motori e i mantenitori chiave della classe media statunitense. La storia mostra che senza una classe media forte, la stessa democrazia collassa e il fascismo è il passo successivo su una china lunga e terribile.
Fin dall’elezione di Ronald Reagan, i Repubblicani hanno fatto gli straordinari per gambizzare istituzioni che appoggiano la classe media statunitense. E, come può dirvi qualsiasi famiglia della classe lavoratrice, il GOP [Partito Repubblicano] ha conseguito concreti successi, particolarmente nel trasferire sia ricchezza sia potere politico dagli elettori ai miliardari e alle imprese transnazionali.
Nel luglio del 2015, discutendo del voto 5 contro 4 della Corte Suprema nella causa Citizen Unitedil presidente Jimmy Carter mi ha detto: “Viola l’essenza di ciò che ha fatto degli Stati Uniti un grande paese nel suo sistema politico. Ora sono semplicemente un’oligarchia con una corruzione politica illimitata…” Ha aggiunto: “Abbiamo appena assistito a una completa sovversione del nostro sistema politico come tangente a maggiori donatori…”
Come hanno dimostrato i ricercatori di Princeton, Martin Gilens e Benjamin Page, in un’esaustiva analisi della differenza tra quanto la maggior parte degli statunitensi vuole che i suoi politici facciano legislativamente e quanto i politici statunitensi concretamente fanno, è piuttosto chiaro che il presidente Carter aveva ragione.
Hanno riscontrato che mentre le priorità legislative del 10 per cento al vertice degli statunitensi sono regolarmente trasformate in legge, le cose che vuole il 90 per cento più in basso sono ignorate. In altri termini oggi negli Stati Uniti la democrazia “funziona” per il dieci per cento degli statunitensi.
Per migliaia di anni economisti e osservatori dell’economia da Aristotele a Adam Smith a Thomas Piketty ci hanno raccontato che una “classe media” non è un normale sottoprodotto di un capitalismo grezzo, indisciplinato, quello che gli ideologi di destra chiamano “il libero mercato”.
Al contrario, i mercati non regolati – particolarmente i mercati non regolati da una significativa tassazione dei redditi predatori – conducono invariabilmente all’opposti di una sana classe media: producono estremi di disuguaglianza, che sono tanto pericolosi per la democrazia quanto il cancro per un essere vivente.
Con i cosiddetti “liberi mercati non regolati”, i ricchi diventano ultraricchi, mentre una logorante povertà si diffonde tra i lavoratori come un’epidemia di eroina. Ciò polarizza ulteriormente la nazione, sia economicamente sia politicamente, il che, perversamente, cementa ancor di più il potere degli oligarchi.
Anche se in questo c’è una chiara dimensione morale – segnalata da Adam Smith nella sua classica Teoria dei sentimenti morali – c’è anche una vitale dimensione politica.
Smith, nel 1759, indicava che “Tutte le costituzioni di governo hanno valore solo in proporzione alla loro tendenza a promuovere la felicità di coloro che vivono sotto di esse. Questo è il loro solo uso e fine”.
Smith, tuttavia, aggiungeva una nota di avvertimento: “La disposizione ad ammirare, e quasi a venerare, i ricchi e i potenti e a disprezzare o, almeno, a trascurare persone di condizione povera e meschina… è una grande e più universale causa della corruzione dei nostri sentimenti morali”.
Jefferson fu acutamente consapevole di questo: la Dichiarazione d’Indipendenza fu il primo documento di fondazione di qualsiasi nazione nella storia del mondo che dichiarò esplicitamente la “felicità” un “diritto” che doveva essere protetto e promosso dal governo contro la predazione da parte dei molto ricchi.
Tuttavia ciò non è stato per nulla degno di considerazione per gli architetti dell’economia reganiana dell’offerta, anche se si sono appropriati della metafora di JFK che “la marea montante solleva tutte le barche” per spacciare la loro truffa ai lavoratori (senza barca).
Molto più fastidiosa (e ben nota sia a Smith sia virtualmente a tutti i fondatori della nostra nazione) era l’osservazione di Aristotele che quando una nazione persegue attività economiche/politiche che distruggono la sua classe media, essa inevitabilmente devolverà in un governo della folla o in un’oligarchia. Come indicò in La Politica:
“Ora in tutti gli stati ci sono tre elementi: una classe è molto ricca, un’altra è molto povera e una terza sta nel mezzo… Ma un governo dovrebbe essere composto, per quanto possibile, da uguali e simili; e questi sono generalmente le classi medie… Così è manifesto che la miglior comunità politica è formata da cittadini della classe media e saranno probabilmente bene amministrati quegli stati nei quali la classe media è più vasta e più forte, se possibile, di entrambe le altre classi o comunque di ciascuna di esse singolarmente; poiché l’aggiunta della classe media fa pendere la bilancia e impedisce all’uno o all’altro degli estremi di diventare dominante”.
E’ così che gli Stati Uniti erano per la generazione del boom delle nascite e fino a circa due decenni fa: un trentenne negli anni ’70 aveva il 90 per cento di possibilità di avere o ottenere uno standard di vita superiore a quello dei genitori. Ma dall’introduzione dell’economia reaganiana negli anni ’80 c’è stata una riduzione della “mobilità sociale” – la capacità di passare da una condizione economica a una migliore – superiore al 90 per cento.
Dunque se la nostra repubblica democratica deve tornare alla democrazia e deve sopravvivere (o anche aumentare) quanto è rimasto della nostra classe media, come possiamo farlo?
La storia mostra che i due principali regolatori in un sistema capitalista che provvede all’emergere di una classe media sono la tassazione progressiva e una sana rete di sicurezza sociale.
Come notò Jefferson in una lettera del 1785 a Madison: “Un altro mezzo per ridurre in silenzio la disuguaglianza di patrimonio consiste nell’esentare da ogni tassazione al di sotto di un certo punto e nel tassare i segmenti più alti di patrimonio in progressione geometrica rispetto alla loro crescita”.
In modo simile, Thomas Paine, proponendo in Agrarian Justice (1797) quella che oggi chiamiamo previdenza sociale, affermò che una democrazia può sopravvivere solo quando il suo popolo “vede davanti a sé la certezza di sottrarsi alle miserie che sotto altri governi accompagnano la vecchiaia…” Una tale forte rete di sicurezza sociale, sosteneva Paine, “avrà un avvocato e un alleato nel cuore di tutte le nazioni”.
Tragicamente, i Repubblicani stanno oggi pianificando di distruggere sia il sistema di tassazione progressiva della nostra nazione, sia la nostra rete di sicurezza sociale, nel servire ossequiosamente i loro stipendiatori miliardari.
Mandando a gambe all’aria Jefferson e FDR, i Repubblicani hanno approvato l’anno scorso un’agevolazione fiscale da trilioni di dollari per i ricchi, con un osso di poche centinaia di dollari gettato ai lavoratori.
Contemporaneamente i Repubblicani stanno già dandosi duramente da fare per smantellare gli ultimi residui del New Deal e della Grande Società.
Come segnala Ian Milhiser: “I Repubblicani alla Camera sperano di tagliare le prestazioni della previdenza sociale dal 20 al 50 per cento. Il piano del presidente della Camera, Paul Ryan, di trasformare in voucher [il programma di assistenza sanitaria] Medicare aumenterebbe di circa il 40 per cento i costi sostenuti dagli anziani. Poi taglierebbe [il programma di assistenza sanitaria] Medicare tra un terzo e la metà”.
Questa non è, naturalmente, la prima volta che i Repubblicani ci hanno provato. Cercano di smantellare la Previdenza Sociale sin dal 1936 e lo stesso Reagan persino registrò un LP definendo “socialista” la proposta di Lyndon Johnson di un programma chiamato “Medicare”, affermando che se fosse stata approvata, allora un giorno ci saremmo guardati indietro “ricordando il tempo in cui gli uomini erano liberi”.
Ed è stato sempre al servizio dello stesso programma: consegnare il potere politico ed economico ai morbosamente ricchi e alle imprese che li hanno portati al potere.
Un tempo avevamo un termine per questo impossessamento della democrazia da parte dei morbosamente ricchi e delle imprese: fascismo.
Come ho scritto in precedenza, agli inizi del 1944 il New York Times chiese al vicepresidente Henry Wallace, come segnalato dal medesimo, “di scrivere un articolo rispondendo alle seguenti domande: che cos’è un fascista? Quanti fascisti abbiamo? Quanto sono pericolosi?”
La risposta del vicepresidente Wallace a tali domande fu pubblicata sul New York Times il 9 aprile 1944, al culmine della guerra contro le potenze dell’Asse di Germania e Giappone.
“I fascisti statunitensi davvero pericolosi”, scrisse Wallace, “non sono quelli che sono direttamente o indirettamente collegati all’Asse. L’FBI li ha sotto controllo… Il fascista statunitense preferirebbe non usare la violenza. Il suo metodo consiste nell’avvelenare i canali dell’informazione pubblica”.
“Per un fascista il problema non è mai come meglio presentare la verità al pubblico”, continuò Wallece, “bensì come meglio usare le notizie per indurre il pubblico con l’inganno a dare più denaro e più potere al fascista e al suo gruppo”.
In questo, Wallace usava la definizione classica del termine “fascista”, la definizione che Mussolini aveva in mente quando affermò di aver inventato il termine.
Come indicava l’American Heritage Dictionary del 1983, il fascismo è: “Un sistema di governo che esercita una dittatura dell’estrema destra, solitamente mediante la fusione della dirigenza dello stato e dell’economia, assieme a un nazionalismo belligerante”.
Il vicepresidente Wallace espose senza giri di parole nel suo articolo del 1944 sul Times la sua preoccupazione che lo stesso avvenisse qui negli Stati Uniti: “Il fascismo statunitense non sarà realmente pericoloso sino a quando non ci sarà una coalizione determinata dei monopolisti e dei deliberati avvelenatori dell’informazione pubblica…”
Avrebbe potuto descrivere la Fox, la radio di destra promotrice dell’odio, e di miliardari che mantengono al potere l’odierno GOP.
Notando che “il fascismo è una patologia mondiale”, Wallace suggerì inoltre che la maggiore minaccia [del fascismo] agli Stati Uniti arriverà dopo la guerra” e sarà manifesta “all’interno degli stessi Stati Uniti”.
Vedendo i Repubblicani del suo tempo operare secondo lo stesso copione antioperaio di oggi, Wallace aggiunse:
Ancora un altro pericolo è rappresentato da quelli che, rendendo omaggio a parole alla democrazia e al benessere comune, nella loro insaziabile avidità di denaro del potere che il denaro fornisce, non esitano a evadere di nascosto le leggi ideate per salvaguardare il pubblico dall’estorsione monopolista”.
Come scrisse Wallace, alcuni nelle grandi aziende “sono disposti a mettere a repentaglio la libertà statunitense pur di conseguire qualche vantaggio temporaneo”.
In un commento preveggente delle accuse di Donald Trump agli “stupratori messicani” e alle “bande” di Chicago, Wallace scrisse:
“I sintomi del pensiero fascista sono influenzati dall’ambiente e adattati alle circostanze immediate. Ma sempre e dovunque possono essere identificati dal loro appello al pregiudizio e dal desiderio di approfittare delle paure e delle vanità di differenti gruppi al fine di guadagnare potere”.
“Non è una coincidenza che la crescita dei tiranni moderni sia stata in ogni caso annunciata dalla crescita del pregiudizio”.    
E tale pregiudizio sarebbe sfruttato per vincere le elezioni in modo che i fascisti possano derubare il popolo e accrescere il loro potere e la loro ricchezza.
Ma anche a questo punto, indicò Wallace, i fascisti statunitensi avrebbero dovuto comunque mentire al popolo al fine di guadagnare potere. E se fosse mai arrivato il giorno in cui un miliardario avesse aperto una rete “giornalistica” solo per promuovere il pensiero fascista, avrebbero potuto promuovere le loro menzogne con maggiore facilità.
“I fascisti statunitensi si riconoscono più facilmente per la loro deliberata perversione della verità e dei fatti”, scriveva Wallace. “I loro giornali e la loro propaganda coltivano attentamente ogni crepa di disunità, ogni fessura del fronte comune contro il fascismo. Usano ogni opportunità per mettere in discussione la democrazia”.
Nella sua più forte denuncia della marea che il vicepresidente degli Stati Uniti vedeva montare nel paese, egli aggiunse:
Affermano di essere super patrioti ma distruggerebbero ogni libertà garantita dalla costituzione. Pretendono la libera impresa ma sono i portavoce dei monopoli e dei tornaconti privati. Il loro obiettivo finale, verso il quale è diretta ogni loro menzogna, consiste nell’impossessarsi del potere politico in modo tale che usando contemporaneamente il potere dello stato e il potere del mercato possano mantenere in eterna soggezione l’uomo comune”.
Nelle elezioni del 2018 siamo a un bivio che Roosevelt e Wallace avevano solo immaginato.
Il fascismo finanziato dai miliardari è in ascesa negli Stati Uniti, definendosi “conservatorismo” e “trumpismo”.
Il comportamento odierno dei candidati Repubblicani e dei loro donatori miliardari è sinistramente parallelo al giorno del 1936 in cui Roosevelt disse: “Invano cercano di nascondersi dietro la bandiera e la Costituzione. Nella loro cecità dimenticano che cosa la bandiera e la Costituzione rappresentano.” Gli avvertimenti del presidente Roosevelt e del vicepresidente Wallace sono oggi più urgenti che mai.
Se Trump e i miliardari che stipendiano i Repubblicani riusciranno a distruggere gli ultimi sostegni dell’indebolita classe media statunitense, comprese Previdenza Sociale, Medicare e Medicaid – e riusciranno a bloccare qualsiasi possibilità di Medicare per Tutti o di università o istituti tecnici gratuiti – non soffrirà solo il 90 per cento degli statunitensi, ma svanirà quel poco di democrazia che è rimasto in questa repubblica. La storia, dai tempi dei greci e dei romani fino all’Europa della prima metà del ventesimo secolo, suggerisce che sarà probabilmente sostituita da un’oligarchia violenta, cleptocratica che non si sottrae più a termini come “fascista”.
I segnali d’allarme ci sono già e, di fronte alla frode elettorale nazionale basata sulle purghe Repubblicane degli elettori, dobbiamo presentarci in gran numero se dobbiamo preservare il ‘Sogno Americano’ e renderlo finalmente disponibile a tutti.



Per concessione di ZNet Italy
Fonte: https://www.alternet.org/news-amp-politics/they-are-coming-your-social-security-and-medicare
Data dell'articolo originale: 17/10/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=24438