lunedì 5 novembre 2018

MIRELLA GREGORI / IN USCITA UN LIBRO SULLA SUA SCOMPARSA


Ora finalmente esce un libro "Mirella Gregori, storia di una scomparsa", autore il giornalista Mauro Valentino e prefazione di Pietro Orlandi, il fratello di Manuela.
Il solito quesito che in questi casi ci si pone: potrà servire a far riaprire le indagini? Come scalare l'Everest, visto che l'omologa vicenda di Manuela Orlandi, che pure ha visto negli ultimi mesi grosse novità (la permanenza a Londra a metà anni '90 pagata dal Vaticano), non fa segnare per ora nessuno sviluppo sotto il profilo giudiziario, con una procura capitolina del tutto inerte.
Mostra però ottimismo l'autore: "Credo che nel libro ci siano alcuni elementi importanti per riaprire il caso. Riportando le indagini a livelli più credibili, lontani quindi da quegli scenari internazionali e vicende vaticane in cui si è impantanata". Ci sorge qualche perplessità, a tal proposito, visto che quella di Manuela è invece tutta dentro le mura vaticane con ovvie implicazioni estere.
Ma proseguiamo. "A cominciare dal luogo della scomparsa – osserva Valentino – dalla citofonata con cui Mirella viene attirata nella trappola. Si dovrebbe tornare a quel maledetto 7 maggio 1983, a ciò che accadde in quei minuti. Credo che gli attori possibili di questo crimine siano pochi e tutti legati a quel crocicchio di vie divise dalla statua del Bersagliere (a piazzale di Porta Pia, ndr), dove Mirella disse di avere un appuntamento".
E aggiunge: "Mesi fa ci furono delle rivelazioni di un monsignore novantenne, anonimo, il quale raccontò che Mirella sarebbe fuggita di casa con la promessa di restare nascosta per qualche giorno, e in cambio avrebbe avuto in regalo un motorino Ciao. Sarebbe rimasta in un appartamento all'Anagnina, poi uccisa e il cadavere gettato nel fiume". Una vicenda, francamente, poco verosimile.
nella foto Mirella Gregori e, a destra, Emanuela Orlandi

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venerdì 2 novembre 2018

LA “RIVOLUZIONE” GIALLOVERDE IN RAI / ECCO I MEZZIBUSTI DELLA NON INFORMAZIONE


I had a dream: le direzioni dei 3 Tg affidate a Milena Gabanelli, Lilli Gruber e Federica Sciarelli, un formidabile trio d'attacco tutto al femminile. Rispettando curricula, competenze, audience, carriera e chi più ne ha più ne metta. Ma soprattutto saper fare, sul serio, giornalismo, quello con la G maiuscola, ormai pezzo raro in tutte le redazioni.
Il governo del nuovo, del cambiamento gialloverde avrebbe potuto dare un reale segno di discontinuità col passato lottizzato, incompetente e clientelare, far capire ai cittadini che il vento è davvero cambiato.
E invece? Ci ritroviamo ai vertici dei Tg tre cariatidi da prima repubblica marcia, da seconda repubblica avariata, il peggio del peggio che neanche le possenti menti di Dc e Psi sarebbero mai state, all'epoca, in grado di partorire. Mezzibusti da museo catapultati ai vertici dei Tiggì.

L'INFORMAZIONE ? DISTRUGGIAMOLA
E allora, sorge spontanea la domanda: ma che ci stanno a fare al Governo i 5 Stelle?
In rapidissima sequenza: un decreto fiscale che fa inorridire, sembra firmato dal tandem Renzusconi, ed hanno perfettamente ragione Elio Lannutti e Carla Ruocco ad incazzarsi.


Carla Ruocco. Nel montaggio di apertura, da sinistra, Luigi Di Maio, Gennaro Sangiuliano, Giuseppe Carboni e Giuseppina Paterniti

Poi la figuraccia mondiale per la Tap, presi come i bambini con le mani nella marmellata: faccio le barricate per il NO, poi le scavalco e passo per il SI, con delle scuse – le penali – da far ridere i polli.
Adesso queste tre nomine che peggiori non si può. Ma c'è ancora intenzione di fare informazione in Rai? O di mandare tutto in malora alla faccia dei proclami? Il patrimonio della Rai pubblica deve svalorizzarsi sempre più, ogni giorno trasformarsi in monnezza per una sorta di masochismo chissà da cosa mai generato?
Vediamo cosa sta succedendo. A dirigere il Tg1 – in quota Luigi Di Maio & C. – arriva uno tutta Rai e famiglia, Giuseppe Carboni, prima una lunga esperienza via radio, poi da sei anni caporedattore al Tg2. Negli ultimi tempi è passato a seguire le vicende politiche dei pentastellati. Lo scoop della vita: aver raccolto le prime dichiarazioni di Beppe Grillo dopo la famosa nuotata che lo ha portato sulle rive siciliane. Stop.
Al Tg3 – in quota a quanto pare Pd – un'altra creatura nata e cresciuta a viale Mazzini, il viso rassicurante e pacioso dall'Europa di Giuseppina Paterniti, senza infamia e senza lode per sette anni corrispondente da Bruxelles senza mai farsi notare. Un miracolo di trasparenza.


IL GENNY ADORATO DAL MANGIANAPOLETANI SALVINI
Ma la vera chicca è quella di Sangiuliano Gennaro, alias Genny, candidato in pectore a tutto. Abbiamo più volte tratteggiato il suo alto profilo (potete leggere i link in basso), cercheremo quindi di essere brevi, anche se il Nostro meriterebbe una Treccani solo per il suo nome.
E torniamo ai suoi esordi giornalistici (quelli meno noti al 'grande' pubblico), la 'gavetta', perchè è la faccia meno conosciuta del nuovo Montanelli (c'è una differenza di altezza e qualcos'altro ma passiamo oltre) che va raccontata ai lettori avidi di saperne di più.
Coi calzoncini corti frequenta i camerati fascisti, è a tutti i raduni, Giorgio Almirante il suo idolo. S'iscrive, of course, al Fronte della Gioventù, Francesco Storace oggi lo saluta come "carissimo amico".
Ma l'età lo matura, modera i suoi istinti e s'accasa sotto la bandiera dei liberali, l'ala protettiva della dinasty dei De Lorenzo. Ne diventa il perfetto portaborse: la scena da incorniciare, più volte descritta dai suoi agiografi, fra i padiglioni del Pascale di Napoli (l'istituto oncologico per decenni feudo dei De Lorenzo), un po' ingobbito sotto il peso delle due borse che deve portare, quella del patriarca Ferruccio De Lorenzo, presidente a vita dell'Ordine dei Medici partenopeo, e del figlio Francesco, Sua Sanità.


Francesco De Lorenzo

Per questo la sua penna trova la prima palestra scrivendo e poi dirigendo il foglio del nosocomio, "Amici del Pascale". Quindi arriva la politica, con la direzione di un altro foglio di famiglia, "L'Opinione Liberale". Sono anni di dura gavetta, tra le borse da portare, le bozze da correggere e i primi editorialini da firmare.
Viene premiato con le apparizioni video – una vera premonizione – nonostante non sia giudicato particolarmente telegenico, non tanto per l'altezza non ragguardevole, quanto per la pelata, che però gli conferisce un aspetto da piccolo intellettuale crociano. Si tratta di Canale 8, la tivvù targata "PD2", ossia l'asse composto dai tre pezzi da novanta della politica di allora, tutti gli anni '80 e l'inizio dei '90 (fino al ciclone di Mani Pulite): 'O Ministro Paolo Cirino Pomicino, il vicesegretario del Psi Giulio Di Donato, e lui, Sua Sanità.
Ma non dimentica la carta stampata, il Nostro, dirigendo il periodico "Econony", di pretta ispirazione delorenziana.
Sparito con Tangentopoli il Pli, il suo punto di riferimento, of course, diventano i berlusconiani, ma prima d'arrivare di nuovo agli schermi dirigerà il Roma, la creatura del Comandante e primo sindaco monarchico di Napoli Achille Lauro, quindi passerà a L'Indipendente, infine sarà addirittura il vice di Vittorio Feltri a Libero.
E' la volta del salto in Rai, sotto l'ala di Forza Italia, al TG1 diretto da Augusto Minzolini.
E comincerà il sodalizio con l'altro partenopeo doc sbarcato in pompa magna alla Rai, Mario Orfeo. Arriva dal Mattino, Orfeo (una cover della Voce alla sua nomina titolò "CircOrfeo"), è un pupillo di 'O Ministro, visto che 'O Zio è nientemeno che Vincenzo Maria Greco, il pluricondannato faccendiere e uomo ombra di Pomicino dal dopo terremoto '80, via Tav, fino ad oggi.

QUELL'INDIMENTICABILE TANDEM
Il tandem Orfeo-Sangiuliano comanda per anni in viale Mazzini, sembrano fatti uno per l'altro.
Poi succede un altro miracolo. Quando la Lega comincia a far sentire la sua voce, e Matteo Salvini  fa capolino sul palcoscenico nazionale, ecco che diventa leghista doc. E un altro prodigio. Sì perchè del Genny vesuviano doc si innamorano contemporaneamente i due razzisti e antimeridionalisti più celebri da noi, Matteo Salvini e Vittorio Feltri, con il quale il Genny nazionale scrive addirittura due libri a quattro mani nel 2013 e nel 2014, entrambi editi da Mondadori: "Una Repubblica senza Patria – Storie d'Italia dal '43 ad oggi", e "Quarto Reich – Come la Germania ha sottomesso l'Europa".


Gennaro Sangiuliano e, a destra, Mario Orfeo

Quindi sarà la volta della politica internazionale nella quale si tufferà e nuoterà per anni. Da Lenin a Puntin, da Hillary Clinton fino a Donald Trump, un poker di biografie che gli storici di tutto il mondo gli invidiano.
Un perfetto idem sentire coltivato con l'amico Salvini, quello per Puntin, di cui il nostro Genny commenta: "ha ridato orgoglio, identità e visione ad un Paese umiliato e disastrato".
E non mancò, Genny, di farsi immortalare in un sorridente selfie con l'amico Matteo (Salvini) all'indomani del trionfo della Lega al voto del 4 marzo. Dio li fa e poi li accoppia.
Sorge spontanea un'altra domanda. Ma di quale informazione mai potranno usufruire gli italiani che pagano il canone? Quali cavolo di notizie saranno costretti a bere da mattino a sera? Quali maree di notizie verranno oscurate, censurate, negate? Quale straccio di inchiesta potremo mai più vedere? Ma non è, questo, un attentato alla Costituzione, quando la libertà d'informazione viene del tutto calpestata, umiliata, azzerata, annichilita, negata?
E dovevamo aspettare la cosiddetta terza repubblica, quella del Nuovo, del Domani, del Cambiamento per ritrovarci in un vero Gulag?
P.S: A proposito, quale poltronissima, ora, attende il disoccupato Orfeo?

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SANGIULIANO / QUEL GRANDE BAGAGLIO CULTURALE 
21 giugno 2018 di Cristiano Mais

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LRV: Réédition du livre L’Effroyable Imposture 2 de Thierry MEYSSAN



Réédition de L'Effroyable Imposture 2, le livre essentiel du géopolitologue français le plus lucide et courageux...
Avec L'Effroyable Imposture & Le Pentagate et Sous nos yeux, la trilogie MEYSSAN est maintenant complète aux éditions Demi-Lune !

L'AUTEUR


Thierry MEYSSAN est le président du Réseau Voltaire (www.voltairenet.org). Il est l’auteur de la trilogie L’Effroyable Imposture, dont le premier tome, traduit en 26 langues, a ouvert un débat mondial sur les événements du 11-Septembre et sur la fiabilité des médias dominants. Ce second volume narre la guerre israélo-libanaise de 2006. Sous nos yeux, le troisième volet, expose en détail les stratégies des Printemps arabes et les guerres djihadistes actuelles.

DISSONANT


Depuis 2001, sous couvert de la « guerre contre la Terreur » ou des « Printemps arabes », Washington mène de manière incessante, directement ou par procuration, de nouvelles guerres au Proche-Orient élargi (Afghanistan, Irak, Libye, Syrie, Yémen). De fait, nous assistons en réalité à l’élargissement d’un seul et unique théâtre d’opérations sans fin. Dans ce paysage dévasté, le conflit israélo-libanais de 2006 fait figure d’exception : c’est le seul qui se soit terminé.
S’appuyant sur des centaines de sources indiscutables et indiscutées, Thierry Meyssan révèle les plans et les arrière-pensées qui ont conduit à cette guerre, mensongèrement présentée comme la réaction à l’enlèvement de deux soldats israéliens. Il expose les responsabilités de chacun, à la fois en Israël, au Liban et dans la communauté internationale.
Revenant sur la nature de l’État d’Israël et sa fonction dans la région, l’auteur remet en cause le rôle attribué au mouvement sioniste de Theodor Herzl ; il dévoile également la théopolitique qui motive l’action déterminante des leaders politiques évangéliques, en Angleterre et aux États-Unis, pour la création d’un État juif en Palestine.
Cette analyse très documentée s’oppose de plein fouet à la narration faite à l’époque par les grands médias, laquelle s’apparente à ce que ces derniers dénoncent aujourd’hui comme des « fake news ». Elle permet non seulement de comprendre ce qui s’est vraiment passé au Liban, mais aussi ce qui se déroule aujourd’hui en Syrie et au Proche-Orient.
Cet ouvrage a été unanimement salué par toutes les composantes de l’Axe de la Résistance.
***
Nouvelle introduction de l'auteur.
Nouveau chapitre sur l'assassinat de Rafic Hariri.
Nouvelle mise en page plus confortable et nouvelles cartes, pour un prix réduit par rapport à la version originale (quasiment épuisée).
***
UN LIVRE MAJEUR… À L’ÉPREUVE DU TEMPS !

Parution du livre
L’Effroyable Imposture 2

de Thierry MEYSSAN
Caractéristiques techniques
Livre à la française
Format 15 x 23 cm
Couverture brochée, pelliculage mat,
dos carré collé
352 pages

N° ISBN : 978-2-917112-35-9

Prix indicatif : 20,00 €

Pour plus d'informations, cliquez ici.


Du même auteur, dans la collection Résistances:

« Les faits et analyses présentés ici vont vous donner le vertige : pratiquement tout ce que vous croyez savoir sur les "Printemps arabes" et le terrorisme jihadiste relève de la propagande de guerre. Apprêtez-vous à vivre un choc. »
Ce témoignage est tellement différent de ce que les lecteurs ont pu lire ou entendre sur le sujet que certains prendront peur des conséquences. D’autres au contraire s’interrogeront sur cette gigantesque manipulation et la manière d’y mettre fin.


La réédition, réactualisée et annotée, des 2 ouvrages parmi les plus controversés au monde !
Contient les fac-similés de l'Opération Northwoods reproduits (en anglais et dans leur traduction française) pour la première fois dans un livre publié en France.
« Le terrorisme international n’existe pas » affirme, dans sa préface, le général Leonid IVASHOV qui était le chef d’état-major des armées russes au moment des attentats du 11 Septembre 2001. Ayant vécu les événements de l’intérieur, il nous en donne une analyse très différente de celle de ses homologues états-uniens. « Ce que nous voyons n’est qu’un terrorisme instrumentalisé par les grandes puissances et qui n’existerait pas sans elles

mercoledì 31 ottobre 2018

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 30 10 2018


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Oman appelle les États arabes à reconnaître Israël
 

 
L'Assemblée générale de l'Onu ne pourra pas débattre du Traité INF
 

 
Parution de « Sous nos yeux » en italien
 

 
La Macédoine devient une « démocratie » à l'états-unienne
 

 
Ouverture de la session 2018 de la Future Investment Initiative de Riyad
 

 
La désinvolture de Laurent Fabius
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Déclaration de la France, de l'Allemagne et du Royaume-Uni sur la mort de Jamal Khashoggi
 

 
Le Myanmar s'inquiète de la mission d'établissement des faits
 

 
Déclaration conjointe des ministres des affaires étrangères d'Allemagne, de France et du Royaume-Uni sur la disparition de Jamal Khashoggi
 

 

« Horizons et débats », n°24, 29 octobre 2018
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YARA – TROPPO SCOMODA PER I PM LA PISTA DELLA CAMORRA


Anche Roberto Saviano torna sulla sentenza di Cassazione che condanna in via definitiva Massimo Bossetti per il delitto di Yara Gambirasio.
Convinto della non colpevolezza di Bossetti, si chiede oggi e si era già chiesto altre volte: "perchè non è stata mai battuta dalla magistratura la pista della camorra?".
In sostanza Saviano, che riprende pari pari l'inchiesta della Voce pubblicata la prima volta nel 2012, fa riferimento alla circostanza che il padre di Yara, Fulvio Gambirasio, lavorava in un cantiere edilizio che faceva capo alla famiglia Locatelli: patròn Pasquale Paolo Locatelli, la ditta svolgeva piccoli e medi appalti nella Bergamasca. Anni prima si era trasferita dal vesuviano, dove aveva lavorato negli anni del dopo terremoto. Diradatisi gli appalti, i Locatelli hanno pensato bene di trasferirsi al Nord, visto che non poche imprese campane già a fine anni '80 avevano cominciato a localizzarsi nelle regioni del centro e del nord.
La Voce, dopo l'omicidio di Yara, ha scritto infatti un paio di inchieste molto dettagliate in cui viene ricostruito una scenario letteralmente alternativo a quello messo su dai magistrati della procura di Bergamo in anni di ricerche e centinaia di migliaia di test del Dna, facendo spendere allo Stato cifre colossali.
Perchè, invece, non seguire una pista che sembra subito più credibile del delitto psico-passionale, facile chiave per ogni crimine che non si riesce – o vuole – spiegare? E cioè quella del delitto di camorra, un "avvertimento" terribile al padre di rispettare certi accordi?
Nella prima inchiesta della Voce – che potete leggere nel link in basso – si parlava degli appalti, dei rapporti tra i Locatelli e Fulvio Gambirasio, di certe tensioni, sulle quali Fulvio ha cercato di minimizzare.
E soprattutto di una cena in vista del 25 dicembre, alla quale presero parte i Locatelli, il padre di Yara e alcuni magistrati ed esponenti delle forze dell'ordine. Un bel quadretto natalizio.
Hanno mai indagato  altri magistrati su quei colleghi che parteciparono alla cena? Chiesto dei loro rapporti con i Locatelli? Approfondito con maggior impegno la reale portata dei rapporti tra Fulvio Gambirasio e Pasquale Paolo Locatelli? Immersi nella gran mole di test per il Dna, non c'era il tempo per rivolgere qualche domandina del genere?
Ormai è troppo tardi, perchè la Cassazione ha chiuso porte e portoni. Però, non si sa mai…
LEGGI LE INCHIESTE DELLA VOCE SUL CASO YARA


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