martedì 24 luglio 2018

Sulla storia nascosta delle donne che si sono ribellate


Come tutte le società coloniali, l’Australia ha segreti. Il modo in cui trattiamo gli indigeni è ancora in gran parte un segreto. Per molto tempo, il fatto che molti australiani provenissero da quelle che venivano chiamate “cattive origini” era un segreto.
Avere “cattive origini” significava aver avuto predecessori prigionieri: quelli come la mia bisnonna, Mary Palmer, che fu rinchiusa qui, presso la Fabbrica di Parramatta nel 1823.
Secondo le trame filate da molte zie – che avevano irresistibili ambizioni borghesi – Mary Palmer e l’uomo che sposò, Francis McCarthy, erano una signora e un gentiluomo vittoriani di proprietà e buone maniere.
In realtà, Mary era la più giovane tra i membri di una banda di ragazze ribelli, per la maggior parte irlandesi, che operavano nell’East End di Londra. Erano conosciute come “The Ruffians”, e tenevano a bada la povertà con i proventi della prostituzione e piccoli furti.
La giovani criminali furono infine arrestate, processate e impiccate – tranne Mary, che fu risparmiata perché era incinta. Aveva solo 16 anni quando fu ammanettata nella stiva di un veliero, il Lord Sidmouth, diretto verso il Nuovo Galles del Sud “vita natural durante”, sentenziò il giudice.
Il viaggio durò cinque mesi, un purgatorio di malattie e disperazione. So che aspetto [Mary] aveva, perché alcuni anni fa, scoprii una straordinaria cerimonia nella cattedrale di St Mary a Sydney.
Ogni giovedì, in una sagrestia, una suora aggiornava le pagine di un registro di detenuti cattolici irlandesi – e c’era Maria, descritta come “non più di 1 metro e 30 di altezza, emaciata e butterata dai segni del vaiolo”.
Quando il veliero di Mary ancorò a Sydney Cove, nessuno la reclamò come serva o sguattera. Era una detenuta di “terza classe”, una delle “materie infiammabili d’Irlanda”. Il suo neonato sopravvisse al viaggio? Non lo so.
Il fiume Parramatta la portò alla Fabbrica Femminile, che si era distinta come uno dei luoghi in cui gli esperti penitenziari vittoriani stavano mettendo alla prova le loro eccitanti nuove teorie. Il treadwheel [un macchinario alimentato dalla forza muscolare, n.d.t.l] fu introdotto nell’anno in cui Mary arrivò, nel 1823. Era un mezzo di punizione e tortura.
Il Cumberland Pilgrim descriveva la Fabbrica come “spaventosamente orribile … persino il luogo di ricreazione ricorda la Valle dell’Ombra della Morte”.
Essendo arrivata nottetempo, Mary non aveva nulla su cui dormire, solo assi e pietre con paglia e lana sporca piena di zecche e ragni. Tutte le donne erano sottoposte ad isolamento e le loro teste rasate. Venivano poi rinchiuse nel buio totale insieme al ronzìo delle zanzare.
Non c’era divisione per età o crimine. Mary e le altre donne erano conosciute come “le indocili”. Con un misto di orrore e ammirazione, il procuratore generale di allora, Roger Terry, descrisse come le donne avevano “respinto con una raffica di sassi e bastoni” i soldati inviati per reprimere la loro ribellione. Più di una volta, hanno sfondato le mura di arenaria e preso d’assalto la comunità di Parramatta.
I missionari inviati dall’Inghilterra per redimere le anime delle donne ricevettero trattamenti simili.
Sono così orgoglioso di lei.
C’era poi il “giorno del corteggiamento”. Una volta alla settimana, i “gentiluomini in lutto” (chiunque essi fossero) venivano scelti per primi, seguiti da soldati, poi da detenuti maschi.
Alcune delle donne cercavano “abiti eleganti“ e si facevano belle, come se il maschio che le esaminava potesse fornire loro una via d’uscita da quella situazione. Altre voltavano le spalle se un aspirante compagno era un “vecchio bavoso” uscito dal sottobosco.
Nel mentre, una matrona elencava a squarciagola quelli che lei descriveva “i punti positivi” di ogni donna, che erano una scoperta per tutti.
I miei bisnonni si sono incontrati in questo modo. Credo sia stato un buon abbinamento.
Francis McCarthy era stato deportato dall’Irlanda per il reato di “proferire giuramenti illegali” contro il suo padrone di casa inglese. Quella era l’accusa attribuita ai martiri di Tolpuddle.
Sono così orgoglioso di lui.
Mary e Francis si sposarono a St Mary’s Church, in seguito divenuta Cattedrale di St Mary, il 9 novembre 1823, con altre quattro coppie di detenuti. Otto anni dopo, fu loro concesso il “biglietto di congedo” e Mary ottenne il “perdono condizionato” da un certo colonnello Snodgrass, capitano generale del Nuovo Galles del Sud – la condizione era che non avrebbe mai potuto lasciare la colonia.
Mary partorì 10 figli ed ebbero una vita durissima, amati e rispettati da tutti, fino al loro novantesimo anno.
Mia madre conosceva il segreto di Mary e Francis. Nel giorno del suo matrimonio, nel 1922, e a dispetto della propria famiglia, lei e mio padre vennero a queste mura per rendere omaggio a Mary e alle indocili. Era orgogliosa delle sue “cattive origini”.
A volte mi chiedo: dov’è finito questo spirito oggi? Dov’è lo spirito delle indocili tra coloro che affermano di rappresentarci e quelli di noi che accettano, in prono silenzio, il conformismo sociale caratteristico di gran parte dell’Australia moderna?
Dove sono quelli tra noi disposti a “proferire giuramenti illeciti” e resistere agli autoritari e ai ciarlatani di governo, che glorificano la guerra e, in collusione con un maestro imperiale, inventano nemici stranieri e criminalizzano il dissenso e che abusano e maltrattano vulnerabili profughi su questi sponde chiamandoloi vergognosamente “illegali”.
Mary Palmer era “illegale”. Francis McCarthy era “illegale”. Tutte le donne che sono sopravvissute alla Fabbrica Femminile e hanno combattuto contro le autorità, erano “illegali”.
Il ricordo del loro coraggio, fortitudine e resistenza dovrebbe essere onorato, non denigrato, nel modo in cui lo è oggi. Perché solo quando riconosciamo l’unicità del nostro passato – il nostro passato indigeno e il nostro fiero passato di detenuti – questa nazione otterrà vera indipendenza.
John Pilger
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da Gianni Ellena
John Pilger ha pronunciato questo discorso nel 200 ° anniversario della fondazione della Fabbrica Femminile di Parramatta, una prigione in cui donne condannate, provenienti perlopiù dall’Irlanda e dall’Inghilterra, furono esiliate nella colonia australiana della Gran Bretagna all’inizio del XIX secolo.
Fonte: comedonchisciotte.org 

lunedì 23 luglio 2018

Un matrimonio infernale: la fusione Bayer-Monsanto segna la condanna a morte per l’umanità

In che universo è possibile che a due delle corporations mondiali più moralmente corrotte, Bayer e Monsanto venga permesso di unire le forze, in quello che promette di essere il prossimo stadio nell’acquisizione delle risorse agricole e farmaceutiche del pianeta?
Attenzione, anticipo della trama. In questa horror-story di epiche proporzioni non si trova un Mr. Hyde: c’è solo il Dr. Jekyll. Come nella sceneggiatura di un horror di David Lynch, la Bayer AG, famosa per i suoi gas venefici, ha finalizzato (per la cifra di 66 miliardi di dollari) l’acquisizione di Monsanto, la multinazionale agro-chimica che dovrebbe essere sul banco degli imputati nel carcere di Guantanamo e appellarsi al Quinto Emendamento [rifiutarsi di rispondere alle domande n.d.t], invece di godere dell’equivalente societario di protezione ed impunità per i suoi crimini contro l’umanità. Questi sono i privilegi che derivano dall’essere una corporation trasnazionale al di sopra della legge.
Com’era prevedibile, la prima cosa che ha fatto Bayer dopo l’acquisizione di Monsanto, carica com’è di bagaglio extra e irregolarità etiche, è stata quella di dare inizio ad una campagna per il miglioramento dell’immagine. Come un cattivo di Hollywood, che cade in un crogiuolo di acciaio fuso e riappare più tardi sotto un’altra forma, la Monsanto è stata orwellianamente ribattezzata “Bayer Crop-Science Division”, il cui motto è: “La scienza per una vita migliore.”
E comunque, la stessa Bayer è uno schermo protettivo ben piccolo per la Monsanto, considerando che lei stessa ha una storia costellata di malpratiche corporative. Oltre al suo ben noto business in rimedi per l’emicrania, questa azienda tedesca ha avuto un ruolo significativo nell’introduzione dei gas venefici sui campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale.
Nonostante il divieto all’uso di armi chimiche risalisse alla Convenzione dell’Aia del 1907, l’Amministratore Delegato della Bayer, Carl Duisberg, che faceva parte di una commissione speciale istituita dal Ministero Tedesco per la Guerra, sapeva riconoscere un’opportunità di affari, quando ne vedeva una.
Duisberg aveva assistito ai primi test con i gas venefici ed era rimasto favorevolmente impressionato dalla nuova, terribile arma: “Il nemico non saprà neanche se una certa area sarà stata irrorata oppure no, e rimarrà tranquillamente al suo posto fino all’apparire dei sintomi.”
La Bayer, che aveva appositamente istituito un dipartimento per la ricerca e lo sviluppo degli agenti gassosi, aveva continuato a mettere a punto armi chimiche sempre più letali, come il fosgene e il gas mostarda. “Questo fosgene, che io sappia, è l’arma peggiore.” aveva rimarcato Duisberg, con uno stupefacente disprezzo per la vita, quasi stesse parlando dell’ultimo tipo di insetticida. “Raccomando caldamente di utilizzare l’opportunità di questa guerra per provare anche le granate a gas.”
Duisberg aveva coronato il suo desiderio demoniaco. La possibilità di usare il campo di battaglia come laboratorio e i soldati come cavie era arrivata nella primavera del 1915, quando la Bayer aveva inviato al fronte circa 700 tonnellate di armi chimiche. E’ stato stimato che, il 22 aprile 1915 ad Ypres, Belgio, siano state usate, per la prima, volta circa 170 tonnellate di cloro gassoso contro le truppe francesi. Nell’attacco erano morti quasi 1000 soldati e molte migliaia erano rimasti intossicati.
In totale, circa 60.000 persone erano morte nella Prima Guerra Mondiale per l’utilizzo, iniziato dalla Germania, delle armi chimiche prodotte dall’azienda di Leverkusen.
Secondo Axel Koehler-Schnura, della Coalition against BAYER Dangers [Coalizione contro i pericoli della Bayer]: “Il marchio Bayer richiama alla mente, in modo particolare, lo sviluppo e la produzione di gas venefici. Nondimeno, l’azienda non si è mai ravveduta del suo coinvolgimento negli orrori della Prima Guerra Mondiale. La Bayer non ha neanche preso le distanze dai crimini di Carl Duisberg.”
Questo comportamento pseudocriminale è continuato praticamente fino in tempi moderni. Mike Papantonio, procuratore degli Stati Uniti e presentatore televisivo, aveva parlato di una delle azioni più esecrabili di questa azienda chimica durante il programma di Thomas Hartmann, The Big Picture: “Negli anni ‘80 producevano un agente coagulante per emofiliaci chiamato Fattore VIII. Questo agente coagulante era risultato contaminato da HIV [1], e poi, dopo il divieto governativo a venderlo qui, lo avevano esportato in tutto il mondo, infettando gente in tutto il mondo. Questa è solo una parte della storia della Bayer.”
Papantonio, citando il resoconto annuale della Bayer per il 2014, afferma che sull’azienda pendono 32 differenti procedimenti giudiziari in tutto il mondo. Per una relazione dei procedimenti a carico della Bayer nel 2018, cliccate qui.
Prima di buttare nel gabinetto i vostri prodotti Bayer e tirare lo sciacquone, mettete magari da parte un’aspirina o due, perché la storia è ancora più brutta.
Una delle conseguenze dirette del mostro “Baysanto” sarà un’impennata dei prezzi per gli agricoltori, che hanno già dovuto ridurre il loro tenore di vita a causa di costi insostenibili. “Gli agricoltori, negli ultimi anni, hanno già sperimentato aumenti di prezzo del 300% su ogni cosa, dalle sementi ai fertilizzanti, tutti controllati dalla Monsanto,” ha riferito Papantonio ad Hartmann. “E tutti gli analisti sono del parere che questi prezzi sono destinati a salire ancora più in alto a causa di questa fusione.”
E comunque è difficile immaginare che la situazione possa peggiorare ancora per gli agricoltori americani, che attualmente hanno la percentuale di suicidi più alta di tutte le professioni del paese. Il tasso di suicidi per gli Americani impiegati in agricoltura, pesca e silvicoltura è di 84,5/100.000 persone, più del quintuplo di quello di tutta la popolazione in generale.
Questa tragica tendenza ricorda quella dell’India dove, una decina di anni fa, milioni di agricoltori avevavno iniziato la transizione dalle tecniche di agricoltura tradizionale a quelle che invece utilizzavano le sementi geneticamente modificate della Monsanto. In passato, seguendo una tradizione millenaria, gli agricoltori conservavano, come sementi, una parte del raccolto e lo riseminavano l’anno successivo. Quell’epoca, dove si seguivano gli schemi e i ritmi ben collaudati della natura, è ormai praticamente finita. Oggi, le sementi geneticamente modificate della Monsanto contengono la cosiddetta tecnologia-Terminator, e le coltivazioni risultanti sono sterili e non più in grado di germinare. In altre parole, la società produttrice delle sementi sta letteralmente giocando a fare Dio con la natura e con le nostre vite. Così, gli agricoltori indiani sono obbligati, ogni anno, a ricomprare a costi proibitivi una nuova fornitura di sementi (insieme al pesticida della Monsanto, il Round-Up).
Ma il mondo avrebbe dovuto forse aspettarsi qualcosa di diverso dalla stessa azienda che è stata coinvolta nella produzione dell’agente Orange, usato dall’esercito (americano) nella guerra del Vietnam (1961-1971)? Più di 4,8 milioni di Vietnamiti hanno sofferto di patologie connesse al defoliante, sparso su vaste estensioni di terreno coltivabile durante la guerra, che ha distrutto la fertilità del terreno e la produzione agricola del Vietnam. Circa 400.000 Vienamiti sono morti a causa dall’uso da parte dell’esercito americano dell’agente Orange, mentre milioni hanno sofferto per la fame, le malattie invalidanti e le malformazioni congenite.
Questa è l’azienda a cui abbiamo permesso, insieme alla Bayer, di controllare un quarto delle risorse alimentari del mondo intero. Tutto questo porta a chiedersi: chi è più pazzo? Bayer e Monsanto, o noi, la gente?
E’ importante ricordare che la fusione Bayer-Monsanto non avviene in un vuoto corporativo. Fa parte della gara delle aziende agrochimiche mondiali per accaparrarsi le risorse alimentari del mondo. ChemCina ha acquisito la svizzera Syngenta per 34 miliardi di dollari, per esempio, mentre Dow e DuPont hanno costituito un loro impero da 130 miliardi di dollari.
In ogni caso, nessuna di queste aziende ha un’immagine lorda di sangue come Bayer e Monsanto, un matrimonio diabolico che minaccia tutta la vita sulla Terra. 




Per concessione di Comedonchisciotte
Fonte: https://www.strategic-culture.org/news/2018/06/30/match-made-hell-bayer-monsanto-partnership-signals-death-knell-for-humanity.html
Data dell'articolo originale: 30/06/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=23716

domenica 22 luglio 2018

I RE DEI FARMACI / IL TANDEM BARRA-PESSINA SBANCA IN CINA


L'irresistibile ascesa del gruppo "Walgreens Boots Alliance", che fa capo alla coppia italiana Stefano Pessina e Stefania Barra: vent'anni fa due signor nessuno e oggi a capo del più potente gruppo internazionale sul fronte della distribuzione dei prodotti farmaceutici.
Il gruppo italo-statunitesne, infatti, ha portato a segno un altro colpo da novanta: ossia l'acquisto del 40 per cento del pacchetto azionario della più importante catena farmaceutica cinese, "Sinopharm Holding GouDa Drugstores". La trattativa andava avanti da alcuni mesi ma ha subìto un'accelerazione nelle ultime settimane.
Un'espansione davvero senza confini. E partita – incredibile ma vero – da un piccolo deposito di farmaci nella sgarrupata periferia di Napoli, gestito dal pescarse Stefano Pessina, e da una farmacista di Lavagna, Stefania Barra.


Ornella Barra

Due vite che poi si congiungono sia sotto il profilo degli affari che degli affetti. Ed è recentissimo, solo un paio di settimane fa, l'ingresso nella super hit delle imprese a stelle e strisce della perla dell'impero Pessina, come ha dettagliato la Voce.
La scalata, riassunto molto sommariamente (ma potete trovare molte inchieste e articoli cliccando su "Pessina-Barra" nel cerca nomi del sito), comincia con alcune piccole acquisizioni in Francia. Poi si passa in altri paesi europei e infine in Inghiletrrra, dove ottengono il controllo della storica, principale catena di distribuzione dei farmaci. E' quindi la volta dello sbarco negli Usa, dove arrivano addirittura a mettere le mani sul colosso a stelle e strisce Walgreen Boots, che unisce il suo nome a quello di casa Barra-Pessina (Alliance).
Ci siamo già chiesti altre volte. Come mai le star internazionali Pessina-Barra non spiegano non tanto al piccolo mercato italiano ma ai mercati internazionali il segreto del loro successo? Niente per svelare segreti industriali, brevetti o robe simili, ma solo per far conoscere ad una platea più vasta, che giudica ancora l'Italia un paese di fascia non certo alta sotto il profilo industriale, il segreto di tanto successo.
Quale la ricetta vincente? Siamo tutti curiosi di saperlo.
A cominciare dalle origini del gruppo e della liquidità necessarie, all'epoca, per il decollo. Si fa nelle migliori famiglie, come è capitato nel caso Berlusconi: è lesa maestà nei confronti dei neo monegaschi Barra-Pessina?

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