sabato 30 giugno 2018

Circuito di morte nel «Mediterraneo allargato», di Manlio Dinucci

È uno strano traffico quello che solca il Mediterraneo: in una direzione, armi che vanno verso l’Africa e il Medio Oriente; nell’altra, rifugiati vittime di quelle armi. Stranamente, i responsabili politici europei fingono di ignorare la causa principale di queste migrazioni.
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I riflettori politico-mediatici, focalizzati sui flussi migratori Sud-Nord attraverso il Mediterraneo, lasciano in ombra altri flussi: quelli Nord-Sud di forze militari e armi attraverso il Mediterraneo. Anzi attraverso il «Mediterraneo allargato», area che, nel quadro della strategia Usa/Nato, si estende dall’Atlantico al Mar Nero e, a sud, fino al Golfo Persico e all’Oceano Indiano.
Nell’incontro col segretario della Nato Stoltenberg a Roma, il premier Conte ha sottolineato la «centralità del Mediterraneo allargato per la sicurezza europea», minacciata dall’«arco di instabilità dal Mediterraneo al Medio Oriente». Da qui l’importanza della Nato, alleanza sotto comando Usa che Conte definisce «pilastro della sicurezza interna e internazionale». Completo stravolgimento della realtà.
È stata fondamentalmente la strategia Usa/Nato a provocare «l’arco di instabilità» con le due guerre contro l’Iraq, le altre due guerre che hanno demolito gli Stati jugoslavo e libico, e quella per demolire lo Stato siriano. L’Italia, che ha partecipato a tutte queste guerre, secondo Conte svolge «un ruolo chiave per la sicurezza e stabilità del fianco sud della Alleanza».
In che modo, lo si capisce da ciò che i media nascondono. La nave Trenton della U.S. Navy, che ha raccolto 42 profughi (autorizzati a sbarcare in Italia a differenza di quelli dell’Aquarius), non è di stanza in Sicilia per svolgere azioni umanitarie nel Mediterraneo: è una unità veloce (fino a 80 km/h), capace di sbarcare in poche ore sulle coste nord-africane un corpo di spedizione di 400 uomini e relativi mezzi. Forze speciali Usa operano in Libia per addestrare e guidare formazioni armate alleate, mentre droni armati Usa, decollando da Sigonella, colpiscono obiettivi in Libia. Tra poco, ha annunciato Stoltenberg, opereranno da Sigonella anche droni Nato. Essi integreranno l’«Hub di direzione strategica Nato per il Sud», centro di intelligence per operazioni militari in Medioriente, Nordafrica, Sahel e Africa subsahariana.
L’Hub, che diverrà operativo in luglio, ha sede a Lago Patria, presso il Comando della forza congiunta Nato (Jfc Naples), agli ordini di un ammiraglio statunitense – attualmente James Foggo – che comanda anche le Forze navali Usa in Europa (con quartier generale a Napoli-Capodichino e la Sesta Flotta di stanza a Gaeta) e le Forze navali Usa per l’Africa. Tali forze sono state integrate dalla portaerei Harry S. Truman, entrata due mesi fa nel Mediterraneo con il suo gruppo d’attacco.
Il 10 giugno, mentre l’attenzione mediatica si concentrava sulla Aquarius, la flotta Usa con a bordo oltre 8000 uomini, armata di 90 caccia e oltre 1000 missili, veniva schierata nel Mediterraneo orientale, pronta a colpire in Siria e Iraq. Negli stessi giorni, il 12-13 giugno, faceva scalo a Livorno la Liberty Pride, una delle navi militarizzate Usa, imbarcando sui suoi 12 ponti un altro carico di armi che, dalla base Usa di Camp Darby, vengono inviate mensilmente in Giordania e Arabia Saudita per le guerre in Siria e nello Yemen.
Si alimentano così le guerre che, unite ai meccanismi neocoloniali di sfruttamento, provocano impoverimento e sradicamento di popolazioni. Aumentano di conseguenza i flussi migratori in condizioni drammatiche, che provocano vittime e nuove forme di schiavitù. «Sembra che essere duri sull’immigrazione ora paghi», commenta il presidente Trump riferendosi alle misure decise non solo da Salvini ma dall’intero governo italiano, il cui premier viene definito «fantastico».
Giusto riconoscimento da parte degli Stati uniti, che nel programma di governo sono definiti «alleato privilegiato» dell’Italia.

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venerdì 29 giugno 2018

IN AFRICA A SPESE NOSTRE, MA PER GLI AFFARI LORO? – ControRassegna Blu #20



Abbiamo bisogno di difenderci dalle Fake News?

Valerio Malvezzi:
Io ricordo che il Ministero della Propaganda nazista diceva : “Se tu racconti una falsità talmente grande, ma per così tanto tempo a così tante persone, alla fine diventa una verità”.
Allora, Claudio Messora ha tanti meriti, oltre quello… forse l’unico demerito è quello di essere mio amico, ma ha tanti meriti e uno dei meriti è stato quello di avere dato la libertà di opinione a persone come me – ad esempio – che, aldilà di un proprio blog, permettetemi di citarlo: Win The Bank, non aveva la grand possibilità di andare sui principali organi d’informazione, sui giornalini a dire quello che pensava. Io oggi sono qui perché c’è un altro amico che si chiama Antonio Maria Rinaldi che ha fatto la presentazione di questo bellissimo libro che chiede con una domanda retorica: “La Sovranità appartiene al popolo o allo spread?”. Ecco, persone come me, come Antonio Rinaldi, come tanti altri venivano considerati sino a ieri – diciamo – delle persone che dicevano delle fake news.
A me preoccupa moltissimo il bagaglio che un certo tipo di élite sta pensando di fare. E lo raccontano nei modi più strani: parlano della difesa del cittadino, la difesa dal fatto che il povero cittadino, cioè un bambino cretino fondamentalmente possa andare a leggere delle notizie non vere. Allora, ciò che dico io, ciò che dice tutti i giorni Claudio Messora e tante altre persone sulla rete verrebbero classificate come delle cose non vere. Io penso che è dall’età delle caverne che gli uomini raccontano coi graffiti, e i nostri nonni lo facevano nelle stalle, le opinioni, in un modo o nell’altro, magari appunto davanti a una mucca o a un falò e ciascuno diceva le sue cose. Magari qualcuno dice anche delle cazzate, ma c’è sempre qualcuno che dice: «Tu hai detto una cazzata». Ecco, questa è la libertà della rete. Difendete la libertà della rete, impedite la censura, impedite la dittatura. Correte a firmare. Ve ne prego, perché la rete è il diritto di parola di tutti.
FIRMA ANCHE TU PER CHIEDERE AI PARLAMENTARI EUROPEI DI NON RATIFICARE LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT CHE DISTRUGGERÀ LA RETE: https://it.surveymonkey.com/r/SalvaInternet

Africa: aiuti alla cooperazione, o aiuti alla vaccinazione?

Quali sono i Paesi di provenienza dei migranti? La gran parte arriva dall’Africa Occidentale: Nigeria, Costa D’Avorio, Guinea, Gambia. Ed è proprio verso il poverissimo Gambia che è appena partita una delegazione della cooperazione italiana. Ma c’è poco da aspettarsi: la delegazione è composta da giornalisti di Repubblica, La Stampa, Mediaset, Vanity Fair, e scopo del viaggio è… promuovere le vaccinazioni. Insomma: propaganda per i vaccini, affidata ai consueti esperti del settore. Sono questi gli “aiuti internazionali” italiani, che dovrebbero sostenere i Paesi africani, e arginare così le migrazioni? Pare proprio di sì. Questa trasferta è organizzata dal GAVI, l’Alleanza Globale per i Vaccini, che riceve ogni anno ben 100 milioni delle nostre tasse ed è ad oggi addirittura il secondo recipiente degli “aiuti umanitari” italiani. Una montagna di soldi nostri destinati ad un’organizzazione gestita da entità quali la Banca Mondiale, la Fondazione Bill Gates, e persino le industrie che producono vaccini: non certo dame di carità, e neppure scevre da conflitti di interessi, mentre incentivano vaccinazioni in giro per l’Africa. Ecco a che punto è l’”aiutiamoli a casa loro” per Nigeria, Guinea, Gambia: soldi per le trasferte dei giornalisti, e per i vaccini. C’è parecchio da fare, allora, anche qui.

Madri surrogate: in India sono ridotte in schiavitù

L’autorevole quotidiano francese Le Figaro ha pubblicato, qualche giorno fa, una sconvolgente inchiesta ad opera della scienziata indiana femminista Sheela Saravanan. L’indagine riguarda la situazione della maternità surrogata in India, seconda destinazione al mondo per il cosiddetto “turismo medico”, e in particolare per l’utero in affitto. Quello che Sheila ha scoperto è agghiacciante: le madri surrogate sono tenute in stato di schiavitù. Non hanno alcun diritto sul bambino, ma neanche sul proprio corpo durante la loro gravidanza e tutti i loro movimenti sono strettamente controllati. Non hanno il diritto di uscire o di vedere parenti, e sono costrette anche ad abbandonare gli altri figli per tutto il tempo fino al parto. In clinica non ci sono tv, radio, libri, computer, e vengono alimentate a forza. La loro gravidanza si conclude con un cesareo, e con qualche giorno di allattamento di un bambino che non vedranno mai più. Lo fanno per generosità? Niente affatto. Sono spinte dalla disperazione economica, e in alcuni casi, denuncia la scienziata femminista, neppure questo: ragazze giovani dalle zone più povere sono state rapite, condotte nelle cliniche e costrette a diventare madri surrogate. Traffici simili accadono anche in Nepal e nella vicina Thailandia. La maternità surrogata sta diventando, insomma, l’ennesima piaga del Terzo Mondo.

Farmaci e ambiente: l’Europa se ne infischia

Ancora una volta, l’Europa fa spallucce al drammatico problema dell’inquinamento da smaltimento dei farmaci. In base a studi recenti, parte degli ecosistemi di acqua dolce è minacciata dall’elevata concentrazione di medicinali: il consumo è in aumento sia negli animali, le cui deiezioni finiscono nelle falde acquifere, che nell’uomo, senza che gli impianti di trattamento idrico riescano a fermarli con efficienza. Ad esempio, attualmente oltre 10.000 km di fiumi in tutto il mondo hanno concentrazioni di diclofenac, un antiinfiammatorio da banco, superiori al limite massimo previsto dalla UE. Per questo motivo gli ambientalisti hanno chiesto alla Commissione europea di contrastare l’inquinamento farmaceutico che non solo danneggia gli ecosistemi, ma porta anche alla pericolosa resistenza antimicrobica. La legge è attesa dal 2008, e la proposta originale, piuttosto annacquata rispetto a quello che servirebbe davvero, è bloccata nei cassetti della Commissione dal 2015. Neanche a dirlo, Bruxelles ha di nuovo rinviato tutto a data da destinarsi.

Bonus Extra News

“I dazi? Un altro tabù da infrangere”

All’assemblea di Confartigianato, il ministro dello Sviluppo Luigi di Maio ha dichiarato che il nostro Paese ha un sistema produttivo particolare e dei prodotti così unici, che l’idea di difenderli attraverso l’uso dei dazi non deve essere più un tabù. Di Maio come Donald?

Ritorna il Corpo Forestale dello Stato

Era un impegno che il MoVimento 5 Stelle aveva preso, e ora il Corpo Forestale potrebbe tornare ad essere autonomo. Occorrerà attendere la sentenza della Corte Costituzionale, ma l’Italia tornerà ad avere i suoi “protettori dell’ambiente”, che il decreto Madia aveva cancellato.

Militari italiani nel sud della Libia

Riporta il Messaggero che una forza italiana composta da Polizia, Difesa ed Esercito è già partita per il sud della Libia, per controllare e fermare i flussi migratori all’origine. La missione il risultato di accordi del Viminale, e ha già ricevuto minacce dalle tribù locali.

Iran: rivoluzione colorata in arrivo?

In Iran qualcosa bolle in pentola: proteste contro il governo, gli ayatollah, e in appoggio agli Stati Uniti. Sembra che ci sia anche una grande manifestazione in programma per il 30 giugno. Rivoluzione spontanea, oppure… colorata?
Fonte: IN AFRICA A SPESE NOSTRE, MA PER GLI AFFARI LORO? – ControRassegna Blu #20

Migranti: Tripoli esulta per la svolta italiana


La reazione più importante e la meno pubblicizzata dai media alla “svolta” del governo italiano sull’immigrazione illegale viene dalla Libia dive le autorità militari marittime assegnano a Matteo Salvini l’endorsement più importante.
“La decisione del Governo italiano di chiudere i porti, per noi che lavoriamo per ridurre i viaggi dei migranti via mare, è ottima in quanto le assicuro che ridurrà’ notevolmente le partenze”. Lo afferma il comandante delle motovedette della Guardia Costiera libica, colonnello Abu Ajila Abdelbari, intervistato da Specialelibia.it.
Libyan-coastguard
“Se le autorità italiane decidono di non accettare i migranti nei loro porti, questo scoraggerà i trafficanti, se i maltesi e gli italiani continueranno ad accettare migranti in arrivo dal mare, questo rappresenta per chi decide di intraprendere il viaggio un ingresso sicuro.
Il principale gate era quello italiano così la maggior parte della gente prendeva i gommoni e l’avventura via mare verso l’Italia. Le autorità maltesi non accetteranno mai i migranti secondo me. Se le forze di sicurezza italiane chiudono i porti, questo significa per i trafficanti e per i migranti ‘no way!’.
E’ un chiaro messaggio per coloro che intendono partire”, spiega Abdelbari che afferma di essere “sicuro al 100% che nessuna imbarcazione carica di migranti partirà più dalla Libia verso l’Italia”.
coastguard
Sull’aumento delle partenze nei giorni scorsi, “stiamo affrontando un problema di rifornimento di carburante, siamo senza! Stiamo affrontando un problema finanziario e non possiamo navigare. Se abbiamo i rifornimenti, possiamo tornare a navigare, a fermarli e rimandarli indietro. Penso che la soluzione verrà presto e torneremo a lavorare”.
Le difficoltà tecniche della Guardia Costiera libica verranno affrontate durante l’imminente visita a Tripoli del ministro degli Interni, Matteo Salvini, che ha detto: “conto di andare in Libia entro la fine di questo mese con una missione risolutiva”.
Tripoli chiede da anni che Rona chiuda i porti all’immigrazione illegale per stroncare il business dei trafficanti che, oltre a finanziare il terrorismo islamico, crea enormi problemi di sicurezza in Libia.
ANSA Pattugliatori italiani donati alla GC libica
“Dobbiamo far ripartire la guardia costiera libica dando navi in più e ci stiamo lavorando” ha detto il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.
“L’obiettivo è non farli partire più”. “Dobbiamo instaurare nuove relazioni con la Libia – prosegue il ministro – che ha in gestione una Guardia costiera con navi che sono state date a loro dall’Italia, con addestramenti e addestratori dati dall’Italia ma che non sono sufficienti per gestire il mare libico e fermare e non far partire i barconi”.
La svolta italiana, resa possibile da un governo che non ha al suo interno lobby legate al business dell’accoglienza come il precedente esecutivo, potrebbe davvero riuscire a chiudere la ritta libica togliendo convenienza ai migranti ad affrontare un viaggio lungo, costoso e pericoloso senza alcuna possibilità di venire accolti in Italia ed Europa.
CNN Libya cost Guard
Un tema non certo nuovo che abbiamo più volte messo in evidenza proponendo il progetto dei respingimenti assistiti che consenta di impedire l’accesso ai porti italiani alle navi delle Ong (come srta facebdo il governo) e assegni alle navi militari il compito di salvare chiunque si avventuri in mare per poi consegnarlo alle autorità libiche che affideranno i migranti illegali alle agenzie dell’Onu per il rimpatrio nel paese d’origine.
Il portavoce della Marina Libica, contrammiraglio Ayob Amr Ghasem, ha invitato l’Italia a tener duro sulla decisione di chiusura dei porti ai migranti e chiede venga tolto l’embargo sulle armi al suo Paese per poter meglio combattere i trafficanti:
La “terza” è “sostenere la Guardia costiera libica e levare l’embargo sulle armi affinchè la Marina e le sue navi da guerra possano contrastare la migrazione illegale”, ha concluso Ghasem.
migranti MARINA MILITARE
L’Italia “ha subito le malefatte dell’immigrazione clandestina, tutti i suoi misfatti, compreso evidentemente l’arrivo di terroristi” ha aggiunto Ghassem.
“Insistete su questa decisione, tenete testa alla Francia, alla Spagna e alle Ong” poichè “alcune organizzazioni non governative “sono la lunga mano di altri soggetti in Europa e in Africa che compiono riciclaggi e altre azioni illegali sotto la copertura della protezione dei migranti e dei diritti umani”, ha aggiunto il portavoce senza fornire altre indicazioni in proposito.
“L’Italia raccoglierà i frutti della propria decisione anche attraverso la riduzione del numero di migranti che vengono dal sud: questo avrà pure effetti positivi in Libia per quanto riguarda l’ingresso di migranti nel Paese”.
IFRONTEX
Secondo i dati del Viminale aggiornati alle ore 8:00 dell’ 11 giugno il numero di migranti e richiedenti asilo arrivati in Italia nel 2018 è diminuito del 76,81 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, anche se negli  ultimi giorni sono sbarcati oltre mille.
Si tratta in tutto di 14.330 persone, provenienti in larga parte dall”Africa subshariana, di cui 9.832 provenienti dalle coste della Libia (-83,41 per cento rispetto al 2017). I dati indicano un aumento degli arrivi nel periodo dal 25 al 29 maggio, con un picco di 1.211 migranti sbarcati il 28 maggio, oltre a circa 339 arrivi registrati dal primo al tre giugno.
Numeri ancora inferiori rispetto allo stesso periodo del 2017, quando si era verificata un”analoga tendenza al rialzo con un picco di ben 3.383 arrivi il 26 maggio 2017.
Secondo le nazionalità’ dichiarate al momento dello sbarco, citate in una tabella del Dipartimento di pubblica sicurezza aggiornata all”11 giugno, in Italia sono sbarcati soprattutto cittadini tunisini (2.940), eritrei (2.228), sudanesi (1.066), nigeriani (1.052), ivoriani (861), maliani (725), guineani (608), algerini (492), pachistani (500) e iracheni (413). Per parte dei rimanenti 3.445 migranti sono ancora in corso le attività di identificazione.
Foto: Frontex, Guardia Costiera Libica, CNN, Ansa e Marina Militare Italiana

Fonte: www.analisidifesa.it

giovedì 28 giugno 2018

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La proposta UE sul copyright è una pessima notizia per tutti


L'articolo che segue è la traduzione dell'originale pubblicato sul blog della P2P Foundation.
Cory Doctorow: L'aggiornamento in attesa della direttiva UE sui diritti d'autore si avvicina per un voto in commissione il 20 o il 21 giugno, e un voto parlamentare all'inizio di luglio o alla fine di settembre. Mentre la direttiva fissa alcuni problemi di vecchia data con le norme dell'UE, ne crea di molto, molto più grandi: problemi così grandi da minacciare di distruggere la stessa Internet.

Ai sensi dell'articolo 13 della proposta, i siti che consentono agli utenti di inserire testo, suoni, codice, immagini fisse o in movimento o altre opere protette da copyright per fruizione pubblica dovranno filtrare tutti gli invii dei loro utenti da un database di opere protette da copyright. I siti dovranno pagare per concedere in licenza la tecnologia per abbinare gli invii al database e per identificare le corrispondenze parziali o totali. Ai siti sarà richiesto di dotarsi di un meccanismo per consentire ai titolari dei diritti di aggiornare questo elenco con più opere protette da copyright.

Anche nelle migliori circostanze, questo presenta enormi problemi. Gli algoritmi che scansionano i contenuti sono francamente pessimi. La versione Made-in-USA di questo è il sistema Content ID di YouTube, che tutte le volte contrassegna in modo errato opere legittime, ma al tempo stesso continua ad essere oggetto di critiche da parte dalle società di intrattenimento, secondo le qualinon sarebbe abbastanza efficace.

Ci sono molti motivi legittimi per gli utenti di Internet per caricare opere protette da copyright. Puoi caricare una clip da un locale notturno (o una protesta o una presentazione tecnica) che includa musica protetta da copyright in background. Oppure potresti indossare una maglietta con la copertina del tuo album preferito nel tuo profilo Tinder. Puoi caricare la copertina di un libro che stai vendendo su un sito di aste online, oppure potresti pubblicare una foto del tuo salotto nella scheda di noleggio per il tuo appartamento, inclusi i poster sul muro e l'immagine sulla TV .

I Wikipediani, in particolare, hanno ragioni ancora più specifiche per caricare materiale: immagini di celebrità, foto scattate in occasione di eventi degni di nota e così via.

Ma i robot che l'articolo 13 richiede non saranno perfetti. In effetti, by design, saranno fortemente imperfetti.

L'articolo 13 punisce qualsiasi sito che non blocca la violazione del copyright, ma non punirà chi abusa del sistema. Non ci sono sanzioni per chi rivendica in modo infondato il copyright sul lavoro di qualcun altro: il che significa che qualcuno potrebbe caricare tutta Wikipedia in un sistema di filtri (ad esempio, uno dei tanti siti che incorporano il contenuto di Wikpedia nei propri database) e quindi rivendicare la proprietà su di esso su Twitter, Facebook e WordPress, e a tutti gli altri sarebbe impedito di citare Wikipedia su uno qualsiasi di questi servizi fino a quando non siano risolte le false affermazioni. Sarà molto più facile fare queste false affermazioni che capire quali delle centinaia di milioni di diritti coperti da copyright sono reali e quali sono scherzi o tentativi di censura.

Inoltre l'articolo 13 ti lascia fuori al freddo quando il tuo lavoro viene censurato da un bot del copyright malfunzionante. La tua unica opzione, quando vieni censurato, è sollevare un'obiezione con la piattaforma e sperare che loro la vedano come te; ma se la tua petizione non viene presa in considerazione, non resta che rivolgersi al tribunale.

L'articolo 13 fa andare avanti e indietro Wikipedia: non solo offre la possibilità a persone senza scrupoli o incompetenti di bloccare la condivisione dei contenuti di Wikipedia oltre i limiti, ma potrebbe anche richiedere a Wikipedia di filtrare i contributi all'enciclopedia e ai suoi progetti circostanti, come Wikimedia Commons. I redattori dell'articolo 13 hanno cercato di creare un'eccezione per Wikipedia, ma grazie a una progettazione sciatta, hanno fallito: l'esenzione è limitata ad "attività non commerciali". Ogni file su Wikipedia è concesso in licenza per uso commerciale.

Poi ci sono i siti web su cui si basa Wikipedia per le fonti. La fragilità e l'impermanenza dei link è già un problema serio per le note cruciali di Wikipedia, ma se l'articolo 13 diventa legge, qualsiasi informazione ospitata nell'UE potrebbe scomparire e i collegamenti con i mirror degli Stati Uniti potrebbero risultare fuorilegge in qualsiasi momento, grazie a un robot troppo zelante . Per questi motivi e molti altri, la Wikimedia Foundation ha preso una posizione pubblica condannando l'articolo 13.

E a proposito di fonti: i problemi non finiscono qui. Ai sensi dell'articolo 11, ogni stato membro potrà creare un nuovo copyright sulle notizie. Se la legge passa, per collegarsi a un sito Web di notizie, lo si dovrà fare in un modo che soddisfi le limitazioni e le eccezioni di tutte le 28 leggi, o si dovrà ottenere una licenza. Questo è fondamentalmente incompatibile con qualsiasi tipo di wiki (ovviamente), men che meno con Wikipedia.

Significa anche che i siti web su cui si basa Wikipedia per i suoi link di riferimento potrebbero trovarsi di fronte a ostacoli di licenza che limiterebbero la loro capacità di citare le proprie fonti. In particolare, i siti di notizie potrebbero cercare di trattenere le licenze di link dai critici che vogliono citarle per analizzare, correggere e criticare i loro articoli, rendendo molto più difficile per chiunque altro capire dove sono le posizioni nei dibattiti, specialmente anni dopo il fatto. Questo potrebbe non essere importante per le persone che prestano attenzione alle notizie solo in questo momento, ma è un duro colpo per i progetti che cercano di presentare e conservare registrazioni a lungo termine di controversie degne di nota. E poiché ogni stato membro dovrà stabilire le proprie regole per le citazioni e i link, i post di Wikipedia dovranno soddisfare un mosaico di regole contraddittorie, alcune delle quali sono già così severe da mettere al bando tutti gli elementi in una lista di "Ulteriori letture", a meno che l'articolo non faccia direttamente riferimento o li critichi.

Le misure controverse nella nuova direttiva sono state provate prima. Ad esempio, le tasse sui link sono state sperimentate in Spagna e Germania e hanno fallito, e gli editori non le vogliono. In effetti, l'unico paese che accetta questa idea come praticabile è la Cina, dove i robot obbligatori per il controllo del copyright sono diventati parte del toolkit nazionale per il controllo del discorso pubblico.

Gli articoli 13 e 11 sono mal concepiti, mal redatti, infattibili e pericolosi. Il danno collaterale che imporranno in ogni ambito della vita pubblica non può essere sopravvalutato. Internet, dopo tutto, è inestricabilmente legato alla vita quotidiana di centinaia di milioni di europei e un'intera costellazione di siti e servizi sarà influenzata negativamente dall'articolo 13. L'Europa non può permettersi di sottoporre istruzione, occupazione, vita familiare, creatività, intrattenimento, affari, protesta, politica e mille altre attività alla mercé di filtri algoritmici inspiegabili.

Fonte: www.partito-pirata.it