martedì 29 maggio 2018

Claudio Messora, le fake news e il Quirinale

Il colpo di stato europeo contro l’Italia segna uno spartiacque

Le élite italiane favorevoli all'euro si sono spinte troppo in avanti. Il Presidente Sergio Mattarella ha creato lo straordinario precedente che nessun movimento politico, o coalizione di partiti, potrà mai prendere il potere se sfida l'ortodossia dell'Unione Monetaria.
Senza rendersi conto, ha inquadrato gli eventi come se fossero una battaglia tra il popolo italiano e un'eterna "casta" fedele ad interessi stranieri, facendo il gioco dei ribelli Grillini e dei nazionalisti antieuro della Lega. Per giustificare il suo veto all'euroscetticismo ha incautamente invocato lo spettro dei mercati finanziari ma, nell'insieme, le sue azioni hanno reso la situazione infinitamente peggiore.
Lo spread sulle obbligazioni italiane a 10 anni è salito di quasi 30 punti base, fino al massimo di 235 (Lunedì), quando gli investitori si sono resi conto delle terribili implicazioni dello spasmo costituzionale: una crisi che durerà tutta l'estate e che potrà concludersi solo con nuove elezioni, che non risolveranno nulla.
Negli ultimi giorni si è fatto molto per ridurre il calo delle azioni bancarie, ma queste stanno ora cedendo in modo ancora più forte. Banca Generali è scesa del 7,2% e Unicredit del 5%.
Che si tratti o meno di un "morbido colpo di stato", il territorio resta comunque assai pericoloso. Il Presidente Mattarella ha apertamente dichiarato di non poter accettare come Ministro delle Finanze Paolo Savona, perché le sue passate critiche alla moneta unica "potrebbero provocare l'uscita dell'Italia dall'euro" e portare ad una crisi finanziaria.
In un certo senso questo veto poteva essere previsto. Anche il Governo Berlusconi fu rovesciato nel 2011 da Bruxelles e dalla Banca Centrale Europea. Qualche "informatore" ha rivelato di aver manipolato gli spread sui bond per poter esercitare la massima pressione. L'UE aveva persino provato a reclutare Washington, che però si rifiutò d'intervenire. "Non possiamo sporcare di sangue le nostre mani", dichiarò il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Tim Geithner. La novità è che la santità dell'euro dovrebbe amaramente essere formalizzata come imperativo costituzionale italiano!
"Abbiamo un problema di democrazia, perché gli italiani sono sovrani e non possono essere governati dallo spread", ha detto Matteo Salvini, l'uomo forte della Lega, in forte ascesa. "È una questione molto seria il fatto che Mattarella abbia scelto i mercati e le regole dell'Unione Europea invece degli interessi del popolo italiano".
"Perché non diciamo semplicemente che in questo paese il voto è inutile, visto che sono le agenzie di rating e le lobby finanziarie a decidere i Governi?", ha dichiarato Luigi di Maio, leader del Movimento Cinque Stelle.
La Costituzione italiana concede al Presidente Mattarella alcuni poteri, per lo più non sperimentati e comunque posti in una zona grigia. Potrebbe anche sostenere che il blitz fiscale Lega-Grillini violi l'art. 80 della Costituzione e che comunque egli ha il dovere di salvaguardare i trattati dell'UE. Tuttavia, non ha alcun mandato diretto conferito dal popolo. Egli fu scelto come compromesso di basso profilo nell'ambito di un accordo preso dietro le quinte. Non ha l'autorità per bloccare in eterno l'Italia nell'euro.
L'onorevole Di Maio sta ora facendo richiesta d'impeachment, ai sensi dell'articolo 90. "Voglio che il Presidente sia processato, voglio che questa crisi istituzionale venga risolta dal Parlamento per evitare che il malcontento popolare sfugga di mano", ha dichiarato. I ribelli, in effetti, hanno voti sufficienti per poterlo rimuovere.
Ciò che è degno di nota è che le élite pro-euro hanno agito in modo veramente rozzo, spingendo la situazione verso un'impasse pericolosa. Il Ministro delle Finanze proposto, Paolo Savona, non è un testa calda. E' stato funzionario della Banca d'Italia, Ministro e Presidente di Confindustria, oltre che Direttore di un hedge-fund londinese.
Aveva fatto dichiarazioni concilianti, lasciando cadere la suggestione che l'euro sia una "gabbia tedesca". Aveva insistito sul fatto che il suo "Piano B" per uscire dalla moneta unica (2015) non era più operativo e che il suo vero obiettivo era tornare ad un euro più equo, radicato nell'art. 3 del Trattato di Lisbona, che prevede crescita economica, creazione di posti di lavoro e solidarietà. Le sue argomentazioni legali erano impeccabili.
Con un po' di furbizia, i "poteri forti" e i "mandarini" italiani avrebbero potuto collaborare con il Sig. Savona e trovare un modo per attenuare le posizioni della Lega e dei Grillini. La spinta ad escluderlo del tutto – per cercare di soffocare la ribellione euroscettica, come avevano già fatto con Syriza in Grecia – proveniva da Berlino, Bruxelles e dalla struttura di potere dell'UE. Il tempo dirà se hanno preso una cantonata, cadendo in una trappola.
"In un certo senso sono molto felice perché abbiamo finalmente sgombrato il tavolo dalle str…ate", ha dichiarato Claudio Borghi, portavoce per l'economia della Lega. "Ora sappiamo che si tratta di una scelta fra democrazia e spread. Devi giurare fedeltà al dio dell'euro per poter avere una vita politica, in Italia. E' peggio di una religione".
"Quello che stiamo vedendo costituisce il problema fondamentale dell'eurozona: non si può avere un governo che dispiaccia ai mercati o al 'club dello spread', la BCE e l'Eurogruppo li utilizzerebbero per annientare la vostra economia. Siete molto fortunati, nel Regno Unito, perché vivete ancora in un paese libero ", ha continuato.
Il Presidente Mattarella ha scelto Carlo Cottarelli – veterano del FMI e simbolo d'austerità – per formare un governo tecnico. Questo tentativo disperato non ha alcuna possibilità di ottenere un voto di fiducia nel Parlamento italiano. Sopravviverà in un limbo costituzionale. "È incredibile che stiano comunque cercando di farlo. Porterà a rivolte e a proteste politiche di massa. Alla stragrande maggioranza degli italiani non gliene frega niente dello spread", ha concluso Borghi.
Il calcolo di coloro che circondano il Presidente è che gli italiani da loro umiliati, davanti all'abisso finanziario e politico, possano cambiare idea e rinunciare all'insurrezione. La scommessa è che l'attrito politico possa ridisegnare il paesaggio entro Ottobre, considerato il mese più probabile per un nuovo voto. Questo gioco può anche riuscire, ma è in ogni caso una supposizione pericolosa.
La Lega di Matteo Salvini ha già guadagnato otto punti nei sondaggi, dopo le ultime elezioni. Si è impadronita degli eventi delle ultime 24 ore per capitalizzare l'umore nazionalista, come Gabriele d'Annunzio a Fiume nel 1919. "Non saremo mai servi e schiavi dell'Europa", ha detto Salvini.
Ha già proclamato che il prossimo voto sarà un plebiscito sulla sovranità italiana e un atto di resistenza nazionale contro "Merkel, Macron e i mercati finanziari".
Ma c'è un altro pericolo. La fuga di capitali ha una sua logica implacabile. È visibile nel crescente tasso di cambio con il franco svizzero. Esiste il rischio che i flussi in uscita accelerino e spingano gli squilibri interni Target2 della BCE verso il punto di rottura.
I crediti Target2 della Bundesbank tedesca sono già a 923 miliardi di euro. È probabile che arriveranno ad 1 trilione di euro in breve tempo, provocando forti richieste da parte di Berlino perché siano congelati. L'Istituto IFO, in Germania, ha già avvertito che devono esserci dei limiti. Ma qualsiasi mossa per limitare i flussi di liquidità significherebbe che la Germania è vicina a staccare la spina dell'Unione Monetaria e questo scatenerebbe un'inarrestabile reazione a catena.
Il Sig. Mattarella affronterà un'estate estenuante. Rischia di andare a sbattere, fra quattro mesi, con la stessa alleanza Lega-Grillini, ma con una maggioranza ancora più ampia e un fragoroso mandato a favore del loro "governo del cambiamento".
Potrebbe seguire la strada del Presidente legittimista francese Patrice de MacMahon che, sotto la Terza Repubblica, tentò d'imporre il suo "ordine morale" ad un'ostile Camera dei Deputati, negli anni '70 dell'Ottocento, invocando i suoi teorici poteri. Il tentativo fallì. Il Parlamento lo affrontò presentandogli un ultimatum: "sottomettersi o dimettersi".
Prevalse la democrazia.
Ambrose Evans-Pritchard
Traduzione: Il colpo di stato europeo contro l'Italia segna uno spartiacque

Le origini occulte dell'Europa: Paolo Rumor


Sarà con noi Paolo Rumor autore insieme a Giorgio Galli e Loris Bagnara de "L'altra Europa - Miti, congiure ed enigmi all'ombra dell'unificazione europea". Paolo Rumor è nato a Vicenza nel 1946 dove vive. Ha svolto la professione di avvocato. È figlio di Giacomo Rumor, noto uomo politico vicentino, personalità di primo piano nella ricostruzione del secondo dopoguerra. "Questo libro nasce da una telefonata, un incontro personale e un manoscritto. La telefonata avviene tra Paolo Rumor, discendente dell'omonima famiglia protagonista di molte vicende della Democrazia Cristiana, e Giorgio Galli, il massimo esperto italiano dei rapporti tra esoterismo e politica. Oggetto della telefonata e del successivo incontro tra i due è un manoscritto per molti versi sconcertante. Si tratta di un ampio segmento delle "Memorie riservate" di Giacomo Rumor, padre di Paolo ed esponente di punta della DC del dopoguerra. Al centro del memoriale vi è la collaborazione tra Rumor senior (fiduciario di monsignor Montini, futuro papa Paolo VI) e Maurice Schumann, insigne statista francese all'epoca del Trattato di Roma (1957), cioè del primo concreto passo verso l'Unione Europea. Dalle pieghe di questa sinergia emergono confidenze a dir poco inquietanti: dietro al lavoro diplomatico che porta al Trattato sembrano nascondersi alcune centrali occulte, portatrici di una loro idea unitaria di Europa, con sensibili interferenze non solo della Cia e del Vaticano, ma anche di misteriosi, antichissimi circoli esoterici".

sabato 26 maggio 2018

I segreti di Maurizio Abbatino, il Freddo della banda della Magliana


Raffaella Fanelli

"Non so quante volte ho ucciso. Ma ricordo i nomi di tutte le mie vittime. La cosa strana è che non riesco a contarle". È stata la prima risposta di Maurizio Abbatino, l'ex capo della banda della Magliana, l'uomo che ho rincorso per due anni prima di un incontro.
Se ne stava seduto di fronte a me, al tavolo di un ristorante sul mare, mentre continuavoa ripetermi che avrei dovuto chiedere altro, non il numero dei suoi morti. "Mi pesano sulla coscienza. Anche se appartengono al boss che sono stato. All'altra mia vita".

La svolta interiore: l'uccisione del fratello

1349236Una vita che ho cercato, prima dell'appuntamento, nei verbali dell'inchiesta Operazione Colosseo, nelle centinaia di pagine che raccolgono le spaventose confessioni di un boss sanguinario, di un passato che Abbatino si dice certo di aver pagato davanti agli uomini, con una condanna a 30 anni mai appellata, e davanti a Dio col dolore per aver perso il suo unico fratello. "Ero latitante a Caracas quando Roberto è stato ucciso. I miei amici avrebbero dovuto proteggerlo. Di loro mi fidavo. Avevo protetto le loro famiglie. Era una nostra regola, e io l'avevo rispettata. Quando hanno lasciato uccidere mio fratello è morto anche il boss. Non ho sentito più alcun dovere verso di loro. Nessun obbligo".
Abbatino continua a parlare. Una storia che straborda. Troppi dettagli, troppi fatti da raccontare. Così La verità del Freddo è diventata un libro-intervista con la postfazione di Otello Lupacchini, il magistrato che per primo ascoltò le rivelazioni di Abbatino e firmò i 69 ordini di cattura che decimarono la banda della Magliana e una pletora di personaggi minori legati all'organizzazione.
Era l'alba del 16 aprile 1993 quando scattarono gli arresti dell'Operazione Colosseo. "Chissà perché gli eserciti attaccano sempre all'alba. Forse perché c'è l'effetto sorpresa. Quel giorno furono arrestati tutti i miei ex amici. Si pentirono anche altri affiliati alla banda dopo le mie dichiarazioni. Ci furono condanne pesanti, ergastoli. Roma fu ripulita quasi del tutto. Quasi...".
Segue: I segreti di Maurizio Abbatino, il Freddo della banda della Magliana   Panorama

venerdì 25 maggio 2018

Le profezie tecnologiche del geniale Nikola Tesla sul futuro dell’umanità

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Smartphone, droni, internet, wi-fi: il geniale Tesla aveva già previsto tutto questo quasi un secolo fa.
Nikola Tesla, oltre ad essere un genio dei suoi tempi, è stato anche un grande visionario. In più di uno scritto ha mostrato di saper vedere oltre la sua epoca e ha previsto per il futuro eventi ed invenzioni che poi realmente hanno avuto riscontri del nostro presente, lasciandoci ancora una volta a bocca aperta.

Tesla aveva previsto lo smartphone

Partiamo con un oggetto che ormai diamo per scontato: lo smartphone. Possiamo asserire che questo tipo di device fa parte ormai della nostra quotidianità. Attraverso gli smartphone si possono controllare altri apparecchi, accedere ad internet, comunicare in tempo reale con altre persone, guardare un film o accedere ad altri servizi. Un secolo fa sarebbe sembrato fantascienza per la maggior parte delle persone ma Tesla, già nel 1926, immaginava un futuro molto simile a oggi. “L’uomo porterà il telefono in tasca, potrà comunicare istantaneamente con gli altri, vedere e sentire le cerimonie delle apertura dei Presidenti guardare le finali di baseball e dal vivo, come se fossero lì”.
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Tesla descrisse, in poche parole, un telefono cellulare capace di mostrare video in diretta streaming. Ai tempi il telefono fisso era già stato inventato da Alexander Bell nel 1876 ed in seguito era sorta la società di telecomunicazioni AT & T, che poi divenne un vero e proprio colosso del settore. Fu invece nel 1973 che venne introdotto il primo telefono cellulare ad opera di Martin Cooper, della Motorola. I primi servizi di telefonia mobile apparirono soltanto nel 1983. Il primo smartphone a tutti gli effetti, IBM Simon, venne rilasciato nel 1994 ma la vera rivoluzione in questo campo avvenne col rilascio di Apple nel 2007.

Internet

Non solo, nel corso di un’intervista rilasciata nel 1926 al reporter statunitense John B. Kennedy del Time, anticipò non soltanto l’avvento degli smartphone ma anche di Internet e delle tecnologie ad esso legate come Skype. “Quando la telefonia senza fili sarà perfettamente applicata, l’intera Terra si trasformerà in un enorme cervello e tutte le cose saranno parte di un intero reale e pulsante. Saremo in grado di comunicare l’uno con l’altro in modo istantaneo, indipendentemente dalla distanza. Attraverso la tele-visione e la tele-fonia riusciremo a vederci e sentirci esattamente come se ci trovassimo faccia a faccia, anche se lontani migliaia di chilometri; e gli strumenti che ci permetteranno di fare ciò saranno incredibilmente semplici, in confronto al telefono che usiamo ora. Un uomo sarà capace di tenerli nel taschino del gilet”.
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Epurazione dell’umanità

In un articolo pubblicato nel 1935 sulla rivista americana Liberty, Tesla avrebbe espresso le sue opinioni riguardo il futuro sino al 2100 e le relative implicazioni nel corso di un’intervista concessa al giornalista George Sylvester Viereck. A detta dello scienziato in futuro la razza umana sarebbe stata “depurata” e che quanti non possedevano un adeguato livello di intelligenza o malviventi come criminali, pedofili, stupratori sarebbero stati eliminati. Questa previsione dovrebbe verificarsi entro il 2100 ed è spesso stata accostata alla filosofia di Adolf Hitler.

Tecnologia Wireless e droni

Riguardo la tecnologia, Tesla si è avvicinato molto alla realtà attuale, spingendosi anche oltre. “Il maggior beneficio deriva dallo sviluppo tecnico che conduce all’armonia e all’unificazione ed in questa linea rientra la trasmissione senza fili (wireless). Un sacco di energia sarà trasmessa senza fili. Tramite questo sistema la voce umana potrà essere riprodotta ovunque e le fabbriche forniranno energia off-shore dalle centrali idroelettriche. I velivoli gireranno intorno alla Terra senza fermarsi e l’energia del Sole sarà controllata per creare laghi e fiumi o grandi deserti”. Tesla aveva anche previsto i droni, dichiarando: “Gli aerei voleranno senza piloti, guidati da terra tramite onde radio”.
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L’estrema lungimiranza dell’inventore serbo croato ci dimostra ancora una volta come il suo spirito visionario abbia potuto ispirare imprenditori moderni come Elon Musk, fondatore dell’omonima casa automobilistica Tesla e Larry Page, cofondatore di Google.
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giovedì 24 maggio 2018

ALPI, BORSELLINO, PASOLINI, PANTANI, DAVID ROSSI / E’ GIUSTIZIA DESAPARECIDA


Buchi neri. Gialli mai risolti. Storie di omicidi o 'suicidi' che segnano – fino ad oggi – il crac della giustizia di casa nostra. Tempi biblici, indagini flop, archiviazioni ai confini della realtà. E un gigantesco senso di impotenza, trovarsi a combattere contro muri di gomma, cortine di omertà e soprattutto complicità & collusioni da brividi. E anche depistaggi di Stato, come emerge in modo clamoroso, per fare un solo esempio, nel caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
E poi l'ultima corsa di Marco Pantani, il tragico volo di David Rossi, le drammatiche sequenze di Pier Paolo Pasolini.
C'è ancora qualche spiraglio per far luce sul nero che appesta e ammorba la scena. Flebili speranze per dar volto ai killer e, soprattutto, ai mandanti. Vediamo, giallo per giallo, cosa sta succedendo.
ALPI – HROVATIN / 8 GIUGNO, LA PAROLA AL GIP
Dopo 24 anni di depistaggi, la parola definitiva ora passa al gip di Roma, Andrea Fanelli, che si dovrà pronunciare sulla richiesta di archiviazione tombale avanzata dal pm Elisabetta Ceniccola e controfirmata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone.


Giuseppe Pignatone. Nel montaggio in alto, al centro, Ilaria Alpi. Sullo sfondo Paolo Borsellino, Marco Pantani, David Rossi e Pier Paolo Pasolini

Lo stesso gip dovrà valutare anche gli ultimi elementi emersi: ossia il fascicolo trasmesso dalla procura di Firenze riguardante un'inchiesta su traffici di armi e mezzi militari, comprese alcune intercettazioni risalenti al 2012 tra somali, in cui viene fatto riferimento all'omicidio di Ilaria e Miran.
Il gip, inoltre, dovrà tener presente una gran mole di elementi contenuti in un dossier redatto dai legali della madre di Ilaria, Luciana Riccardi, ossia Antonio D'Amati, Giovanni D'Amati e Carlo Palermo.
Sorge spontanea una domanda da novanta: come mai fino ad oggi la procura di Roma non ha tenuto in alcun conto la sentenza pronunciata dal tribunale di Perugia sulla non colpevolezza di Hashi Omar Hassan, il somalo che ha scontato 16 anni di galera da innocente?
Quella sentenza, emessa un anno fa, parla senza mezzi termini di "depistaggio di Stato", perchè l'unico testimone d'accusa, Gelle, era taroccato, come ha scoperto l'inviata di "Chi l'ha visto" Chiara Cazzaniga e ha certificato – con una pletora di riscontri e ulteriori prove – la clamorosa sentenza di Perugia. Sarebbe bastata quella sentenza, che parla da sola, per far riaprire immediatamente il caso alla procura capitolina, contenendo tra l'altro precisi, nuovi indizi e probanti chiavi di lettura.
E invece? A Roma il silenzio più totale, tanto da far pensare a un impetuoso ritorno di quella "procura delle nebbie" che ha caratterizzato tanti vergognosi anni del passato.


Chiara Cazzaniga

Incredibile ma vero, il copione si ripete in Sicilia, con l'eterno processo Borsellino. Solo un miracolo (le rivelazioni di Gaspare Spatuzza) ha consentito di far luce su un altro clamoroso depistaggio, stavolta il taroccamento a tavolino del super teste dell'accusa, Vincenzo Scarantino, la cui verbalizzazione fasulla ha fatto finire in galera, sempre per 16 anni, 7 innocenti. Come mai nessuno fino ad oggi ha acceso neanche un fiammifero per far luce sul ruolo svolto dai pm, ossia Anna Maria Palma e l'icona antimafia Nino Di Matteo?
Intanto si sta celebrando il Borsellino quater…

MARCO PANTANI / MADONNA FATE LUCE
E ci vorrebbe l'ennesimo miracolo, stavolta degno del miglior San Gennaro, per far luce su un altro giallo da brividi.
Alla procura di Napoli, infatti, si sta svolgendo l'ultimo atto in uno dei due filoni d'inchiesta sul giallo Pantani. Da un anno e mezzo la Direzione distrettuale antimafia – pm Antonella Serio – ha sul tavolo il fascicolo sul Giro d'Italia del 1999 che segnò la fine sportiva del campione di ciclismo Marco Pantani, squalificato per doping. L'esito della corsa venne pesantemente condizionato dalla camorra, che investì miliardi di lire sulla sconfitta del Pirata ("'O pelato non adda arrivà a Milano", come volevano gli uomini dei clan). La procura di Forlì ha a lungo indagato sulla pista, potendo contare su una sfilza di verbalizzazioni di pentiti e collaboratori di giustizia che hanno fornito conferme e dettagli.
Ma niente. Fascicolo archiviato perchè "non c'è la prova di quelle minacce", ossia le intimidazioni che hanno 'convinto' i medici dell'antidoping a taroccare (arieccoci) quelle analisi, che si svolsero a Madonna di Campiglio. Alla procura di Forlì, infatti, non hanno ben chiari i metodi persuasivi della camorra: e forse scambiano ancora pizzi per merletti…


L'avvocato Antonio De Rensis

Resta un'ultima chance: la procura di Napoli, appunto, cui si è rivolto il legale della famiglia Pantani, Antonio De Rensis, perchè fossero riaperte le indagini proprio per far luce sul Giro '99 comprato dai clan. Ma è passato un anno e mezzo: fatte indagini? Effettuati riscontri? Qualche interrogatorio? Fino ad oggi, il silenzio più totale.
Atto secondo. Il processo per la fine di Marco al residence "Le Rose" di Rimini il 14 febbraio 2004. Una scena del 'crimine' che parla da sola, come ha dettagliato in un ponderoso dossier lo stesso De Renzis. Un centinaio di 'anomalie' che documentano come sia impossibile pensare ad un 'suicidio', ma si sia trattato di una vera e propria esecuzione: dalle ferite sul corpo di Marco, ai segni di trascinamento, ai mobili della stanza distrutti, agli evidenti segni di colluttazione.
Ma per i pm tutto ok. Il Pirata, evidentemente, era un masochista di razza e prima di ingerire la coca fatale ha voluto anche sfasciare tutto: e invece le 'palline' di pane e coca gli venne fatte ingurgitare con la forza.
Tutto da archiviare, per la procura di Forlì: un chiaro suicidio. E così anche ha ritenuto la Cassazione, che sulla fine del Pirata ha apposto il suo sigillo il 19 settembre 2016: giorno di San Gennaro.

DAVID ROSSI / QUEL VOLO DA PALAZZO SALIMBENI
Eccoci ad una scena del 'crimine' altrettanto zeppa di anomalie, quella dell'ufficio di David Rossi a palazzo Salimbeni, storica sede del Monte dei Paschi di Siena. Da lì è volato giù a marzo 2013 il responsabile delle relazioni esterne e della comunicazione dell'istituto di credito, all'epoca travolto dal crac. E guarda caso, il giorno seguente David era atteso in procura per verbalizzare proprio sugli affari che coinvolgevano Mps, a partire da quel 'groviglio armonioso' che avvolgeva la banca e tutta la città. Molto meglio che David non parlasse con gli inquirenti…
Altri inquirenti della stessa procura senese, del resto, non hanno avuto una gran voglia di indagare su quel tragico volo, chiedendo dopo un anno esatto l'archiviazione. Nonostante la gran mole di elementi tutti indirizzati a negare la pista del suicidio.


Elio Lannutti

A partire dalle tre perizie. Quella grafologica, infatti, escludeva che David avesse mai potuto scrivere spontaneamente i tre messaggi lasciati alla moglie, invece frutto di evidente coazione. Quella sul corpo, poi, ha documentato svariate ferite, soprattutto ai polsi e sulle braccia, segno di colluttazione e di trascinamento (proprio come nel caso Pantani). Infine, la dinamica della caduta dello stesso corpo fa a pugni con l'ipotesi del suicidio: il volo, invece, risulta frutto di una spintarella.
Senza contare svariati altri elementi: dal filmato e le riprese delle videocamere (tagliate e evidentemente taroccate, altra somiglianza col giallo Pantani), al cellulare, all'orologio caduto 'in ritardo', fino alla presenza di una persona nella stradina adiacente.
Tutto inutile. La procura per ben due volte ha chiesto l'archiviazione. E solo da pochi mesi si è aperto uno spiraglio alla procura di Genova, che finalmente ha inaugurato un fascicolo su errori, orrori & omissioni commessi dalle toghe senesi.
E' uscito pochi mesi fa un libro scritto da Elio Lannutti, lo storico fondatore di Adusbef, l'associazione a tutela dei risparmiatori, e dal giornalista d'inchiesta Franco Fracassi: significativamente titolato "Morte dei Paschi".

PASOLINI / PETROLIO BOLLENTE  

Pier Paolo Pasolini

Anche stavolta, un anno e mezzo fa una scintilla nel buio.
L'avvocato della famiglia Pasolini, Stefano Maccioni, ad ottobre 2016 chiede la riapertura delle indagini sull'omicidio di Pier Paolo. Si basa su un rapporto redatto dalla genetista forense Marina Baldi, attraverso cui sono state scoperte tracce di altri DNA sulla scena del crimine, oltre a quelle ovviamente di Pasolini e di Pino Pelosi. Almeno uno, denominato Ignoto 3, e con ogni probabilità un altro, Ignoto 4.
Il caso viene affidato al pm Francesco Minisci, che già anni prima aveva archiviato una analoga richiesta, anche se ovviamente per diversi motivi.


Francesco Minisci

Maccioni sottolinea il fatto che si tratta di un test ben preciso. E che a questo punto occorre effettuare una serie di indagini per verificare la paternità di quelle tracce di Dna. Caso mai circoscrivendo la ricerca, per non incorrere nell'errore commesso dagli inquirenti nel caso di Yara Gambirasio, con un test a pioggia in Lombardia. Secondo Maccioni l'indagine può essere ristretta agli ex malavitosi di quegli anni, gravitanti nell'orbita della banda della Magliana.
Ma fino ad oggi nessuna notizia. Forse il pm Minisci è troppo preso dai suoi freschi impegni associativi? Mesi fa, infatti, è stato nominato segretario dell'ANM, ossia la potente Associazione Nazionale Magistrati.
Un occhio al caso, comunque, non farebbe male a darlo. Soprattutto perchè lo 'scenario storico' è ormai chiaro. Altro che il solito delitto a sfondo passional-sessuale facile paravento per troppe inchieste! E' palese la matrice politica dell'omicidio: che più di Stato non si può.
E c'è quel Petrolio bollente – l'ultima opera di Pier Paolo – come movente da novanta. Soprattutto il capitolo che manca all'appello delle bozze: le 60 pagine di "Lampi sull'Eni", dedicate al poderoso sistema di potere che all'epoca ruotava intorno alla figura del numero uno della 'Razza Padrona', al secolo Eugenio Cefis.
Da grande regista, poeta e genio a tutto campo (compreso quello pallonaro), Pasolini s'era anche trasformato in giornalista d'inchiesta, e di razza. Aveva scavato e scovato a proposito del delitto di Enrico Mattei (tanto che le bozze di Petrolio erano sulla scrivania del cronista dell'Ora di Palermo Mauro De Mauro, ucciso dalla mafia): e alla fine il suo mitico "Io so, ma non ho le prove", si stava trasformando in "Io so e ho le prove".
Per questo anche Pier Paolo "Doveva Morire".

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