venerdì 18 maggio 2018

Il ciclo della menzogna, di Thierry Meyssan

Quando vogliono condannare un sospettato, gli occidentali lo accusano di ogni sorta di crimine, fino a creare le condizioni per poter emettere la sentenza. Verità e Giustizia non hanno importanza, quel che conta è salvaguardare il potere. Ritornando sull'accusa alla Siria di far uso di armi chimiche, Thierry Meyssan ricorda che, sebbene essa risalga ad alcuni anni fa, il principio secondo cui la Siria è designata colpevole è vecchio di oltre duemila anni.

Gli occidentali affermano che nel 2011 è iniziata in Siria una «guerra civile». Eppure, nel 2003 il Congresso USA adottò, e il presidente George W. Bush firmò, una dichiarazione di guerra a Siria e Libano (il Syria Accountability and Lebanese Sovereignty Restoration Act [1], Legge sulle responsabilità della Siria e per il ripristino della sovranità libanese).
Dopo il vano tentativo del segretario di Stato Colin Powell, che nel 2004 avrebbe voluto trasformare la Lega Araba in tribunale regionale (vertice di Tunisi), l'aggressione occidentale poté iniziare grazie all'assassinio nel 2005 dell'ex primo ministro libanese, Rafic Hariri.
L'ambasciatore americano a Beirut, Jeffrey Feltman — che probabilmente organizzò in prima persona il crimine —, accusò immediatamente i presidenti Bashar al-Assad ed Émile Lahoud. L'ONU inviò in Libano una commissione d'inchiesta. Successivamente, gli organi esecutivi dell'ONU e del Libano istituirono, senza ratifica dell'Assemblea Generale dell'ONU né del parlamento libanese, uno pseudo-tribunale internazionale, che da subito ebbe a disposizione testimonianze e prove convincenti. Data per scontata e imminente la condanna, Assad e Lahoud furono messi al bando dal consorzio delle nazioni, alcuni generali furono arrestati dall'ONU e tenuti in carcere per anni, senza nemmeno essere messi in stato d'accusa. Ciononostante, i falsi testimoni furono smascherati, le prove persero fondatezza e l'accusa andò in frantumi. I generali furono messi in libertà, con tante scuse. Bashar al-Assad ed Émile Lahoud furono di nuovo considerati personalità frequentabili.
Tredici anni sono trascorsi, Jeffrey Feltman è il numero due delle Nazioni Unite e l'avvenimento del giorno è il pretestuoso attacco chimico della Ghuta. Ora come allora ci sono testimonianze (i Caschi Bianchi) e prove (foto e video) che si pretenderebbero convincenti. E, come al solito, il presunto colpevole è il presidente al-Assad. L'accusa è stata preparata con cura, sulla base di voci che circolano dal 2013. Senza aspettare che l'OPAC accertasse i fatti, gli occidentali si sono eretti a giudici e boia, hanno condannato la Siria e l'hanno punita, bombardandola.
Senonché la Russia è oggi ridiventata una super-potenza, parigrado con gli Stati Uniti, e ha potuto pretendere il rispetto delle procedure internazionali e l'invio di una commissione dell'OPAC a Damasco. Ed è sempre la Russia che ha portato all'Aia 17 testimoni oculari del presunto attacco chimico per comprovare la manipolazione mediatica dei Caschi Bianchi.
Come hanno reagito i 17 Paesi dell'Alleanza Occidentale presenti all'Aia? Si sono rifiutati di ascoltare i testimoni e di metterli a confronto con i Caschi Bianchi. Hanno pubblicato un breve comunicato per denunciare lo show russo [2]. Immemori di aver già giudicato e punito la Siria, hanno sottolineato che l'audizione dei testimoni era lesiva dell'autorità dell'OPAC. Hanno ricordato che il direttore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva già confermato l'attacco chimico e che era indecente rimetterlo in discussione. Ovviamente, hanno richiamato la Russia al rispetto di quel Diritto Internazionale che essi violano senza tregua.
Si dà il caso che la dichiarazione dell'OMS contravvenga alle sue prerogative; che non sia stata assertiva, bensì condizionale; che non si sia fondata su rapporti di funzionari, bensì unicamente su testimonianze di ONG, sue partner, che riportavano le accuse… dei Caschi Bianchi [3].
Sono duemila anni che l'occidente scandisce «Carthago delenda est!» (Cartagine deve essere distrutta!) [4], sebbene nessuno sappia cosa si rimproverasse a quest'equivalente tunisina dell'odierna Siria. In Occidente, questo sinistro slogan è diventato un riflesso condizionato.
In ogni angolo del mondo la saggezza popolare assicura che «Il più forte ha sempre ragione». È la morale delle favole dei Panchatantra indiani, del greco Esopo, del francese Jean de La Fontaine e del russo Ivan Krilov, ma proviene forse dall'antico saggio siriano Ahiqar.
Ebbene, la buffonata del fallito bombardamento del 14 aprile ha reso gli occidentali "i più forti", ma solo nelle menzogne.

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[1The Syria Accountability and Lebanese Sovereignty Restauration Act, H.R. 1828, S. 982, Voltaire Network, 12 December 2003.
[3] « L'OMS s'inquiète de la suspicion d'attaques chimiques en Syrie », Réseau Voltaire, 11 avril 2018.
[4Cathargo delenda est è uno slogan reso popolare da Catone il Vecchio. Il senatore lo pronunciava al termine di ogni suo discorso. Il solo crimine di Cartagine sembra fosse essere più fiorente di Roma.

mercoledì 16 maggio 2018

VACCINI / CONTINUANO LE CAMPAGNE DI BUFALE ANTI-BUFALE

Fanfare Rai: grandi risultati per la vaccinazione obbligatoria. Suona le trombe Repubblica: "La battaglia dell'Europa alle fake news sui vaccini – Ecco il piano per fermarla". Non contento, il quotidiano scalfariano da sempre in prima linea pro Big Pharma aggiunge: "Bruxelles approva oggi la strategia contro le bufale e per rendere più capillare la copertura".
Continuano le "bufale sulle bufale". Con quale criterio mai si può diluviare i cittadini con l'ossessione dei vaccini obbligatori, mentre ci sarebbero da rendere tre volte obbligatori i test pre-vaccinali per tutti i bimbi? E da rendere altrettanto super obbligatoria la 'qualità' e la composizione di quei vaccini?
Più in dettaglio, per fare un solo esempio: perchè non prevedere un obbligo per i produttori di escludere il famigerato alluminio dai vaccini prima ancora di renderli obbligatori?
Interrogativi che chiunque, al mondo, si pone. Da noi no. Accecati dalla forsennata campagna Pro Vax issata dai media di casa nostra, uniti nella battaglia finanziata a suon di euro & dollari da Big Pharma, fregandose altamente della salute degli "utilizzatori finali", i bimbi.
Non era stata proprio Repubblica ad ingaggiare la celebre battaglia contro l'utilizzatore finale maximo, alias Silvio Berlusconi, a proposito di escort & bunga bunga? Come mai adesso quella stessa Repubblica griffata Mario Calabresi è genuflussa davanti ai colossali interessi di Big Pharma, dai vaccini agli Ogm passando per la sperimentazione animale?
Torniamo alle trombe del quotidiano fondato dal Vate che colloquia quotidianamente con Dio: "La sfida più delicata e importante per Bruxelles – scrive l'inviato Alberto D'Argenio – resta quella alla propaganda anti vaccini. 'La rapida diffusione della disinformazione attraverso i media online – si legge nel testo della strategia che sarà approvata oggi dal collegio dei commissari Ue guidato da Junelter – che ha portato a ritenere affidabili notizie false, mette in discussione le verità scientifiche di fronte ad accuse infondate su rischi collaterali e danneggia le vere informazioni sui vaccini. Per questo l'Europa punta ad aumentare l'accesso alle informazioni di buona qualità e trasparenti sui vaccini coinvolgendo la scuola, i media e fondando una Coalizione per le vaccinazioni che coinvolga tutta la società, compresi i professionisti della sanità".
Italiano improbabile a parte, quale organismo o ente mai può stabilire dove stiano la "buona informazione" e le "vere" notizie? Lo decide mister D'Argenio?


Giulio Tarro

Nelle ultime settimane abbiamo riportato ampi stralci delle più recenti ricerche portate avanti da uno studioso che di vaccini se ne intende: Giulio Tarro, due volte candidato al Nobel per la Medicina e allievo di Albert Sabin, che scoprì un vaccino da non poco, l'antipolio. Ebbene, in due freschi studi dedicati ai vaccini e ai metalli tossici contenuti negli stessi vaccini (oltre che negli alimenti e nell'ambiente), Tarro spiega in modo minuzioso e scientificamente inattaccabile quali siano i veri problemi sul campo e quali siano i rischi di una dissennata campagna di vaccini obbligatori tout court.
In occasione di un convegno organizzato a Roma dall'Ordine nazionale dei Biologi, un altro premio Nobel, Luc Montagnier, ha denunciato tutti i rischi – come nel caso dei vaccini – di una scienza e una medicina che rispondono a finanza ed economia e non ai bisogni dei cittadini e dei bambini in primis.
Come mai i media di casa nostra fanno solo da mega cassa di risonanza di Big Pharma e dei suoi 'Vati', come Roberto Burioni, e se ne fregano di far conoscere ai cittadini quanto sostengono un Tarro e un Montagnier? Mistero.

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martedì 15 maggio 2018

L’Esercito francese ha registrato quasi 900 diserzioni nel 2017


L'Armée de Terre ha registrato l'anno scorso quasi 900 casi di diserzione, un numero definito "stabile rispetto all'anno precedente" dal portavoce dell'esercito d'Oltralpe, colonnello Benoît Brulon.
Il quotidiano Le Monde, basandosi su dati raccolti presso la Direzione degli affari penali militari, aveva rivelato in un'inchiesta 1.544 casi di diserzione nel 2017 contro i 1.213 del 2016.aggiungendo che le diserzioni costituiscono il 74% delle infrazioni commesse dal personale militare.
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I casi reali di diserzione sarebbero però molti meno poichè, ha specificato il colonnello Brulon "la diserzione viene definita tale solo dopo sei giorni di assenza non giustificata del militare e molti casi sono stati poi risolti con il rientro del militare alla propria base o con la presentazione di un certificato medico".
Per questo l'Esercito ha registrato come casi di diserzione 893 militari nel 2017 e 889 l'anno precedente. Casi in grabn psrte divuti, secondo Brulon, "a una pessima percezione dei rigori imposti dalla professione militare".
La diserzione vene punita con 3 anni di carcere in tempo di pace e 10 anni in tempo di guerra ma in realtà tutte le pene inflitte negli ultimi anni sono state meno pesanti.
Foto Armèe de Terre
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lunedì 14 maggio 2018

Angelo Gugel per la prima volta racconta



Angelo Gugel
Angelo Gugel
Angelo Gugel, aiutante di camera di San Giovanni Paolo II, prima d'ora non aveva mai parlato con nessuno, tantomeno con un giornalista. Né dei tre pontefici che servì per 28 anni, né di ciò che accadde il 13 maggio 1981, quando in piazza San Pietro il terrorista turco Ali Agcà sparò al Papa polacco. C' è una pietra bianca, murata per terra vicino al colonnato del Bernini, a ricordare il punto esatto dell' attentato.
«Quello che pochi sanno», rivela, «è che ve n'è un' altra uguale, con lo stemma pontificio e la data in numeri romani, anche nell' atrio dei Servizi sanitari del Vaticano, dove sdraiammo il Santo Padre sul pavimento, prima di trasportarlo in ambulanza al Policlinico Gemelli».
Alla fine risultò che l'emorragia interna aveva provocato la perdita di tre litri di sangue. Il cameriere lasciò l'ospedale solo a intervento chirurgico concluso, dopo aver avvoltolato in un unico fagotto la talare e la canottiera chiazzate di rosso brunastro. Gugel, 83 anni venerdì prossimo, veneto di Miane (Treviso), andò poi in pensione dopo un paio d'anni con Benedetto XVI, che lo sostituì con Paolo Gabriele, tristemente famoso per il caso Vatileaks e che fu arrestato, accusato d'aver rubato documenti al Papa. Lo storico assistente del Papa dice: «Me lo aspettavo. Mi era stato chiesto di addestrarlo. Ma non mi sembrava che fosse interessato a imparare».
I giornali scrissero che Raffaella, la sua figlia maggiore, doveva essere rapita al posto di Emanuela Orlandi.
«Assurdo. Ero in Polonia con Wojtyla quando ci fu il sequestro. Non è vero che le due ragazze frequentassero la stessa scuola. E all'epoca la mia famiglia non risiedeva ancora in Vaticano. In seguito, per evitare a Raffaella ogni giorno lunghi tragitti in bus, preferimmo iscriverla nel convitto delle suore Maestre Pie. Ma furono le stesse precauzioni che anche Cibin, il capo della Gendarmeria, adottò per la propria figlia».
Una certa Rita Gugel, indicata come sua parente, figurava in alcune società alle quali era interessato il faccendiere Flavio Carboni, processato e assolto per l'omicidio del banchiere Roberto Calvi.
«Falsità. Non la conosco. Nemmeno a Miane, dove tutti si chiamano Gugel, l'hanno mai sentita nominare».
Fonte “FarodiRoma
ANGELO GUGEL Aiutante di camera di Sua Santità, membro laico della famiglia pontificia e maggiordomo personale del Papa, unica persona al mondo a figurare alla voce «Familiari del Papa» nell' Annuario pontificio racconta il suo cinquantennale servizio in vaticano.

emanuelaorlandi.altervista.org

sabato 12 maggio 2018

La storia in Giallo – La Banda della Magliana – Blog di Emanuela Orlandi

La Storia in Giallo


Pubblicato nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi:

"LA STORIA IN GIALLO"

Audiodescrizione della Banda della Magliana

Buona lettura
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venerdì 11 maggio 2018

Dag Hammarskjöld: prove indicano che l'aereo del capo delle Nazioni Unite è stato abbattuto

Testimoni oculari affermano che un secondo aereo ha sparato sull'aereo sollevando domande di insabbiamento britannico sull'incidente del 1961 e sulle sue cause


Il relitto dell'aereo di Dag Hammarskjöld

Il relitto dell'aereo di Dag Hammarskjöld vicino a Ndola, ora Zambia. Testimoni oculari affermano di aver visto un secondo piano di fuoco sull'aereo del capo dell'ONU. Fotografia: TopFoto

Nuove prove sono emerse in uno dei misteri più duraturi delle Nazioni Unite e della storia africana, suggerendo che l'aereo che trasportava il segretario generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld fu abbattuto sulla Rhodesia del Nord (ora Zambia) 50 anni fa, e l'omicidio fu coperto da Autorità coloniali britanniche.

Una commissione d'inchiesta gestita da britannici ha accusato l'incidente del 1961 di un errore del pilota e una successiva inchiesta delle Nazioni Unite ha ampiamente impressionato le sue scoperte. Hanno ignorato o minimizzato la testimonianza dei testimoni degli abitanti dei villaggi vicino al luogo dell'incidente che suggerivano un gioco scorretto. The Guardian ha parlato con i testimoni sopravvissuti che non sono mai stati interrogati dalle indagini ufficiali e che erano troppo spaventati per farsi avanti.

I residenti nella periferia occidentale della città di Ndola descrissero la DC6 di Hammarskjöld abbattuta da un secondo velivolo più piccolo. Si dice che il luogo dell'incidente sia stato sigillato dalle forze di sicurezza del Nord-Rodi il mattino dopo, alcune ore prima che il relitto fosse dichiarato ufficialmente trovato, e gli fu ordinato di lasciare l'area.

I testimoni chiave sono stati individuati e intervistati negli ultimi tre anni da Göran Björkdahl, un operatore umanitario svedese con base in Africa , che ha reso le indagini sul mistero di Hammarskjöld una ricerca personale da quando ha scoperto che suo padre aveva un frammento della DC6 caduta.

"Mio padre era in quella parte dello Zambia negli anni '70 e chiedeva alla popolazione locale cosa fosse successo, e un uomo lì, vedendo che era interessato, gli diede un pezzo dell'aereo. Questo è ciò che mi ha fatto iniziare", ha detto Björkdahl. Quando andò a lavorare in Africa, andò sul posto e cominciò a interrogare sistematicamente le persone locali su ciò che avevano visto.

L'inchiesta ha portato Björkdahl a telegrammi inediti - visti dal Guardian - dai giorni precedenti alla morte di Hammarskjöld il 17 settembre 1961, che illustrano la rabbia degli Stati Uniti e britannici a un'operazione militare dell'ONU fallita che il segretario generale ordinò a nome del governo congolese contro una ribellione sostenuta da compagnie minerarie occidentali e mercenari nella regione del Katanga ricca di minerali.

Hammarskjöld stava volando a Ndola per i colloqui di pace con la leadership Katanga in un incontro che gli inglesi hanno aiutato a organizzare. Il diplomatico svedese ferocemente indipendente aveva, allora, fatto infuriare quasi tutte le maggiori potenze del Consiglio di sicurezza con il suo sostegno alla decolonizzazione, ma il sostegno dei paesi in via di sviluppo significava che la sua rielezione come segretario generale sarebbe stata virtualmente garantita al voto di assemblea generale dovuto l'anno seguente.

Björkdahl lavora per l'agenzia svedese per lo sviluppo internazionale, Sida, ma la sua indagine è stata condotta a suo tempo e il suo rapporto non rappresenta le opinioni ufficiali del suo governo. Tuttavia, il suo rapporto riecheggia lo scetticismo sul verdetto ufficiale espresso dai membri svedesi delle commissioni di inchiesta.

Björkdahl conclude che:


 L'aereo di Hammarskjöld fu quasi certamente abbattuto da un secondo aereo non identificato.
 Le azioni dei funzionari britannici e del nord della Russia hanno ritardato la ricerca dell'aereo scomparso.
 Il relitto è stato trovato e sigillato dalle truppe e dalla polizia del nord di Rodi molto prima che la sua scoperta fosse ufficialmente annunciata.
 L'unico sopravvissuto all'incidente potrebbe essere stato salvato ma gli è stato permesso di morire in un ospedale locale mal attrezzato.
 All'epoca della sua morte, Hammarskjöld sospettava che i diplomatici britannici avessero segretamente sostenuto la ribellione del Katanga e avesse ostacolato un tentativo di organizzare una tregua.
 Giorni prima della sua morte, Hammarskjöld autorizzò un'offensiva delle Nazioni Unite su Katanga - nome in codice Operazione Morthor - nonostante le riserve del consulente legale delle Nazioni Unite, alla furia degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.

Le nuove prove più interessanti provengono da testimoni che non erano stati precedentemente intervistati, per lo più produttori di carbone della foresta intorno a Ndola, ora tra i 70 e gli 80 anni.

Dickson Mbewe, ora 84enne, era seduto fuori dalla sua casa nel compound di Chifubu, a ovest di Ndola, con un gruppo di amici la notte dello schianto.

"Abbiamo visto un aereo sorvolare Chifubu ma non gli abbiamo prestato attenzione la prima volta", ha detto al Guardian. "Quando l'abbiamo vista una seconda e una terza volta, abbiamo pensato che all'aereo fosse negato il permesso di atterraggio all'aeroporto. All'improvviso, abbiamo visto un altro aereo avvicinarsi all'aereo più grande ad una maggiore velocità e rilasciare un incendio che appariva come una luce brillante.

"L'aereo in alto si è girato e ha preso un'altra direzione, abbiamo percepito il cambiamento nel suono dell'aereo più grande, è andato giù e è scomparso".

Verso le 5 del mattino, Mbewe andò alla sua fornace di carbone vicino al luogo dell'incidente, dove trovò soldati e poliziotti che stavano già disperdendo persone. Secondo il rapporto ufficiale, il relitto è stato scoperto solo alle 15:00 di quel pomeriggio.

"C'era un gruppo di soldati bianchi che trasportavano un corpo, due davanti e due dietro", ha detto. "Ho sentito la gente che diceva che c'era un uomo che è stato trovato vivo e dovrebbe essere portato in ospedale, a nessuno è stato permesso di rimanere lì".

Mbewe non ha trasmesso questa informazione prima perché non gli è mai stato chiesto, ha detto. "L'atmosfera non era pacifica, eravamo cacciati via, avevo paura di andare alla polizia perché potevano mettermi in prigione".

Un altro testimone, Custon Chipoya, un produttore di carbone di 75 anni, sostiene anche di aver visto un secondo aereo nel cielo quella notte. "Ho visto un aereo girare, aveva luci chiare e ho potuto sentire il rombo del motore", ha detto. "Non era molto alto, secondo me era al culmine degli aerei quando stanno per atterrare.

"È tornato una seconda volta, il che ci ha fatto guardare e la terza volta, mentre si stava dirigendo verso l'aeroporto, ho visto un aereo più piccolo avvicinarsi dietro quello più grande: l'aereo più leggero, un tipo di aereo più piccolo, seguiva da dietro e ha avuto una luce lampeggiante, poi ha rilasciato un po 'di fuoco sul piano più grande sottostante e si è mosso nella direzione opposta.

"L'aereo più grande ha preso fuoco e ha iniziato a esplodere, schiantandosi contro di noi. Abbiamo pensato che ci stesse seguendo mentre tagliava rami e tronchi d'albero, pensavamo fosse una guerra, quindi siamo fuggiti".

Chipoya ha detto che è tornato al sito la mattina dopo alle 6 del mattino e ha trovato l'area delimitata da poliziotti e ufficiali dell'esercito. Non ha menzionato ciò che aveva visto perché: "Era impossibile parlare con un ufficiale di polizia, poi abbiamo capito che dovevamo andare via", ha detto.

Safeli Mulenga, 83 anni, anche a Chifubu nella notte dello schianto, non ha visto un secondo aereo ma è stato testimone di un'esplosione.

"Ho visto l'aereo girare due volte", ha detto. "La terza volta che il fuoco proveniva da qualche parte sopra l'aereo, brillava così luminoso: non poteva essere l'aereo che esplodeva perché il fuoco si stava avvicinando ad esso", ha detto.

Non c'è stato alcun annuncio per le persone di farsi avanti con le informazioni dopo l'incidente, e il governo federale non voleva che la gente ne parlasse, ha detto. "C'erano alcuni che hanno assistito all'incidente e sono stati portati via e imprigionati".

John Ngongo, ora 75, fuori nella boscaglia con un amico per imparare a fare il carbone di legna la notte dello schianto, non ha visto un altro aereo ma ne ha sicuramente sentito uno, ha detto.

"All'improvviso, abbiamo visto un aereo con il fuoco da un lato che veniva verso di noi: era in fiamme prima che colpisse gli alberi L'aereo non era solo Ho sentito un altro aereo ad alta velocità scomparire in lontananza ma non l'ho visto ," Egli ha detto.

L'unico sopravvissuto tra le 15 persone a bordo della DC6 era Harold Julian, un sergente americano sui dettagli della sicurezza di Hammarskjöld. Il rapporto ufficiale dice che è morto per le sue ferite, ma Mark Lowenthal, un medico che ha aiutato a trattare Julian in Ndola, ha detto a Björkdahl che avrebbe potuto essere salvato.

"Considero l'episodio come uno dei miei peggiori fallimenti professionali in quella che è diventata una lunga carriera", ha scritto Lowenthal in una e-mail. "Devo prima chiedere perché le autorità statunitensi non hanno immediatamente deciso di aiutare / salvare uno di loro? Perché non ho pensato a questo in quel momento? Perché non ho provato a contattare le autorità statunitensi per dire:" Invia con urgenza un aereo per evacuare un cittadino statunitense in disimpegno alle Nazioni Unite che sta morendo per insufficienza renale? '"

Julian fu lasciato a Ndola per cinque giorni. Prima di morire, ha detto alla polizia di aver visto scintille nel cielo e un'esplosione prima dello schianto.

Björkdahl solleva anche delle domande sul motivo per cui la DC6 è stata fatta circolare fuori da Ndola. Il rapporto ufficiale afferma che non c'era un registratore nella torre di controllo del traffico aereo, nonostante il fatto che la sua attrezzatura fosse nuova. Il rapporto sul controllo del traffico aereo dell'incidente non è stato depositato fino a 33 ore dopo.

Secondo i registri degli eventi della notte, l'alto commissario britannico della Federazione di Rodi e Nyasaland, Cuthbert Alport, che era all'aeroporto quella sera, "improvvisamente disse di aver sentito che Hammarskjöld aveva cambiato idea e intendeva volare da qualche parte Altrimenti, il gestore dell'aeroporto non ha inviato alcuna segnalazione di emergenza e tutti sono semplicemente andati a letto ".

I racconti dei testimoni di un altro piano sono coerenti con altri resoconti interni della morte di Hammarskjold. Entrambi i suoi migliori assistenti, Conor Cruise O'Brien e George Ivan Smith, si erano entrambi convinti che il segretario generale fosse stato abbattuto da mercenari che lavoravano per gli industriali europei nel Katanga. Credevano anche che gli inglesi aiutassero a coprire le riprese. Nel 1992, i due hanno pubblicato una lettera nel Guardian spiegando la loro teoria. Il sospetto delle intenzioni britanniche è un tema ricorrente della corrispondenza che Björkdahl ha esaminato dai giorni precedenti la morte di Hammarskjöld.

Formalmente, il Regno Unito appoggiava la missione delle Nazioni Unite, ma, in privato, il segretario generale ei suoi collaboratori ritenevano che i funzionari britannici stessero ostacolando le mosse di pace, probabilmente come risultato di interessi minerari e simpatie con i coloni bianchi sul lato Katanga.

La mattina del 13 settembre il leader separatista Moise Tshombe ha segnalato che era pronto per una tregua, ma ha cambiato idea dopo un incontro di un'ora con il console britannico nel Katanga, Denzil Dunnett.

Non c'è dubbio che al momento della sua morte Hammarskjöld, che aveva già alienato i sovietici, francesi e belgi, aveva anche irritato gli americani e gli inglesi con la sua decisione di lanciare l'operazione Morthor contro i leader ribelli e mercenari nel Katanga.

Il segretario di stato americano, Dean Rusk, ha detto a uno degli assistenti del segretario generale che il presidente Kennedy era "estremamente turbato" e stava minacciando di ritirare il sostegno dell'ONU. Il Regno Unito, ha detto Rusk, era "ugualmente sconvolto".

Alla fine della sua inchiesta, Björkdahl non è ancora sicuro di chi abbia ucciso Hammarskjöld, ma è abbastanza sicuro del perché sia ​​stato ucciso: "È chiaro che c'erano molte circostanze che indicavano il possibile coinvolgimento delle potenze occidentali. gli interessi dell'ovest negli immensi giacimenti minerari del Congo. E questo fu il periodo della liberazione dell'Africa nera, e tu avevi i bianchi che cercavano disperatamente di aggrapparsi.

"Dag Hammarskjöld stava cercando di attenersi alla carta delle Nazioni Unite e alle regole del diritto internazionale, ho avuto l'impressione dai suoi telegrammi e dalle sue lettere private di essere disgustato dal comportamento delle grandi potenze".

Gli storici del Foreign Office dissero che non potevano commentare. I funzionari britannici credono che, in questa data tardiva, nessuna ricerca avrebbe dimostrato o smentito in modo conclusivo quelle che considerano teorie cospirative che hanno sempre circondato la morte di Hammarskjöld.

www.theguardian.com