Visualizzazione post con etichetta Res Noster Pubblica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Res Noster Pubblica. Mostra tutti i post

venerdì 16 novembre 2018

Lo strano incendio delle auto di Savona

Più di 1000 auto, custodite in un parcheggio a cielo aperto di Savona, sono andate a fuoco durante il temporale che ha investito la Liguria nei giorni scorsi. Il video che le ritrae è allucinante, surreale. Sembra di vedere un parcheggio di auto in miniatura che è stato incenerito con un lanciafiamme.



La cosa curiosa è che tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo le spiegazioni più accreditate, per una serie di cortocircuiti causati dalle batterie delle Maserati, che a quanto pare hanno delle batterie particolari, capaci di produrre scariche elettriche molto più potenti di quelle normali. Ma davvero questo è sufficiente a spiegare quello che è accaduto?

luogocomune.net

mercoledì 14 novembre 2018

Mirella Gregori Cronaca di una scomparsa


MIRELLA GREGORI
La cronaca di un ricatto contro una famiglia semplice che ha dovuto subire un macabro rituale disseminato di indizi e sospetti.
Nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi:

"MIRELLA GREGORI Cronaca di una scomparsa"




Buona lettura
Copyright © 2018 blog emanuelaorlandi.altervista.org, All rights reserved.

martedì 13 novembre 2018

Sahra Wagenknecht: «Gli italiani non essere governati da Bruxelles»

Sahra Wagenknecht, capogruppo della Linke al Bundestag e leader storico della sinistra tedesca, intervistata da Deutschlandfunk, pur mantenendo un proprio punto di vista autonomo, esprime un sostegno convinto alla battaglia del governo italiano contro le tecnocrazie di Bruxelles: se vogliano salvare l'Europa dobbiamo sostenere la battaglia del governo italiano per la sovranità dei parlamenti nazionali. 


Armbrüster: Frau Wagenknecht, Roma è stata messa alla gogna. È giusto secondo lei?

Wagenknecht: beh, vorrei dire che non ho molta simpatia per il signor Salvini. Ma non è questo il punto. Questo è un governo democraticamente eletto. La legge di bilancio riguarda la sovranità dei parlamenti. E se vuoi distruggere l'UE, allora devi fare esattamente quello che sta facendo Bruxelles.
Inoltre bisogna anche parlare di quanto possa essere sensato costringere a fare ulteriore austerità un paese che da dieci anni attraversa una lunga crisi economica, un paese in cui il reddito pro capite è inferiore a quello precedente l'introduzione dell'euro, ovviamente ciò contribuisce a far crollare l'economia. Ecco perché penso si tratti di una decisione priva di senso.
Allora, dal suo punto di vista, stiamo assistendo ad una protesta giustificata contro la politica di austerità di Bruxelles?

Bisogna dare a questa proposta di bilancio un'occhiata un po' più da vicino. Dentro ci sono cose molto ragionevoli. Ad esempio, l'Italia ha un altissimo tasso di disoccupazione, in particolare un elevato tasso di disoccupazione giovanile, in alcune zone del 30, 40 per cento, soprattutto nel sud del paese, e un'assicurazione contro la disoccupazione molto povera, peggio anche dell'Hartz IV tedesco, per fare un confronto. Se in questo ambito si apportano  determinati miglioramenti, o se si migliora la legge per il prepensionamento, che in una situazione di elevata disoccupazione potrebbe essere un sollievo per molte persone, si tratta senza dubbio di una scelta ragionevole.
Ci sono alcune agevolazioni fiscali. A beneficiarne sono anche le persone ricche. Se ne puo' certamente discutere. Ma ancora una volta: penso che semplicemente non sia la Commissione europea ad avere il potere di decidere in merito alla legge di bilancio dei diversi paesi, perché in questo modo stiamo distruggendo l'UE. Gli italiani non vogliono essere governati da Bruxelles, e non vogliono nemmeno essere governati da Berlino. Stiamo dando ad un governo, e in particolare ad un partito nazionalista, che in realtà è davvero semi-fascista, e a un certo signor Salvini, un'ottima possibilità per profilarsi politicamente. Sicuramente nel suo paese in questo modo sta ottenendo degli ottimi risultati e non finirà certo in difficoltà.

Frau Wagenknecht, lei ora parla di immischiarsi negli affari dell'Italia. Bisogna tuttavia ammettere che queste sono esattamente le procedure sottoscritte dagli stati dell'UE, e cioè presentare il loro bilancio a Bruxelles per farselo approvare. Tutto ciò affinché la politica fiscale europea rimanga nel complesso stabile e quindi anche l'euro sia stabile, senza finire in un'altra crisi monetaria. Possiamo davvero dire che in questo caso l'Italia può comunque andare avanti?

In primo luogo, ci sono dei trattati europei. C'è un criterio del deficit del tre percento. L'Italia è al di sotto di esso.
La seconda è una questione di ideologia economica, secondo la quale anche se un paese è in crisi deve comunque risparmiare per ridurre il debito. Fatto che è stato più volte confutato. Le economie non sono una cosa cosi' semplice che se si risparmia, si riduce il debito, e se si aumenta la spesa, il debito sale. Sembrerebbe anche plausibile. Ma non funziona così, perché risparmiare o spendere ha delle conseguenze per l'attività economica. L'Italia per molti anni ha cercato di ridurre significativamente la spesa pubblica. Il debito continuava a salire mentre l'economia crollava. E anche questo non è un concetto molto ragionevole.
Bisogna dire: se vuoi spingere l'Italia fuori dall'euro - ed è quello che sta accadendo - devi fare esattamente cosi'.

Allora non la preoccupa il fatto che l'Italia, stato membro dell'euro, abbia un debito pubblico che supera il 130 percento del PIL?

La questione è se si tratta solo del risultato della condotta di spesa del governo, o se invece è il risultato di una crisi economica che dura da anni. E direi che si tratta decisamente della seconda opzione.
Dobbiamo ovviamente anche parlarne a livello europeo. Se ora vuoi presentarti come il sommo sacerdote del debito pubblico basso, ma non sei stato in grado nemmeno di imporre un'azione a livello europeo, ad esempio per limitare il dumping fiscale delle imprese, cosa che sarebbe anche possibile, oppure imporre alcune regole che rendano piu' difficile per le persone molto ricche eludere il fisco, allora diventa tutto molto ipocrita. Troverei sensato, se ad esempio, in Italia dove c'è una grande ricchezza privata - che è cresciuta anche durante la crisi economica, e oggi ci sono più milionari di dieci anni fa - questa venisse tassata molto più severamente. Allora naturalmente si potrebbe ridurre anche il deficit pubblico. Ma non è che l'UE abbia mai fatto delle leggi che rendano tutto ciò piu' facile, anzi al contrario: le regole dell'UE rendono tutto più difficile. Proprio la Commissione europea con il signor Juncker ormai è la personificazione del dumping fiscale, soprattutto per le grandi imprese.

Il dumping fiscale, Frau Wagenknecht, è un altro argomento. Voglio tornare ancora una volta a questo immenso debito pubblico. Secondo lei non è motivo di preoccupazione se uno Stato membro dell'area dell'euro ha così tanti debiti?

Lei dice che il dumping fiscale è un altro problema. Il dumping fiscale e il debito pubblico sono due questioni fra loro strettamente collegate. Se sono proprio le grandi aziende a pagare poche tasse, oppure se nei singoli paesi sono i più ricchi quelli che pagano poche tasse, allora il debito pubblico naturalmente continuerà a crescere. L'intero dibattito in corso riguarda il fatto che l'Italia possa apportare dei limitati miglioramenti all'assicurazione contro la disoccupazione e alle pensioni. Il tema della discussione è del tutto sbagliato. Su questi temi, come ho detto, il governo italiano può ottenere consenso politico, proprio perché  sono misure molto popolari nel paese, e non per nulla l'ultimo governo su questi temi ha fallito e non è stato rieletto perché la gente è stanca di vedere che le cose vanno sempre peggio, stanca di trovarsi in una situazione di emergenza sociale e di avere una disoccupazione alta. Se si fanno solo annunci, senza miglioramenti sociali, questa è un'Europa che rinuncia ad ogni credibilità.

La Commissione europea dovrebbe forse dire che in futuro intendono rinunciare alla funzione di controllo dei bilanci nazionali, e che chiunque può decidere autonomamente?

Io sono per un'Europa delle democrazie sovrane e democrazia significa: le persone votano per eleggere il loro governo. Significa anche naturalmente che nessun altro paese sarà responsabile per i debiti degli altri paesi. Inoltre non penso sia giusto nemmeno se un paese pesantemente indebitato finisce nei guai e ad essere salvate con il denaro dei contribuenti sono sempre e solo le banche. Ma in Europa abbiamo una costruzione problematica, in quanto questa ci porta sempre piu' verso una sospensione della democrazia, e ad una situazione in cui le persone possono votare chi vogliono, perché tanto alla fine saranno i tecnocrati di Bruxelles o addirittura il governo di Berlino ad avere l'ultima parola e a decidere in merito alle leggi di bilancio nazionali. L'Europa in questo modo non puo' funzionare.

Ma l'Italia ora vorrebbe entrambi. L'Italia vuole decidere autonomamente sul proprio bilancio, senza l'ingerenza di Bruxelles, ma allo stesso tempo vuole rimanere nell'euro e in caso di emergenza, avere anche il sostegno degli altri paesi dell'euro. Possono stare insieme le due cose?

No, le due cose non stanno insieme. Ma se continuiamo così, faremo uscire l'Italia dall'euro. Non so nemmeno se vogliano rimanerci a tutti i costi. L'euro ha portato relativamente pochi vantaggi all'Italia.

Bene. Il governo di Roma, almeno, dice che vogliono assolutamente restarci. Questo è stato confermato ancora una volta dal Primo Ministro.

Finché sono dentro, devono dire cosi', perché altrimenti lo spread e la speculazione sui mercati finanziari assumerebbe forme estreme. È già ora siamo in una situazione in cui questi extra-rendimenti non vengono pagati a causa delle dimensioni del debito. I titoli italiani pagano un elevato premio al rischio perché si ipotizza che l'Italia potrebbe lasciare l'euro, e naturalmente si tratta di una speculazione molto pericolosa. Tuttavia, sono la Commissione europea e la Banca centrale europea a gettare altra benzina sul fuoco. Voglio dire, per molti anni ha acquistato obbligazioni governative in una dimensione che, a mio avviso, non era affatto giustificata. Ma ora lancia un segnale di stop e, naturalmente, i rendimenti salgono.
Ancora una volta: se vogliamo che l'euro funzioni, allora deve funzionare su basi democratiche. E naturalmente, se la democrazia negli Stati membri è sospesa, il risultato in Europa sarà una crescente sensazione di frustrazione e di rifiuto, e l'affermazione del signor Salvini il quale non è certo conosciuto come un fervente sostenitore dell'Europa. Ci sono tuttavia altre opzioni, ovviamente, ma bisogna vedere se c'è la volontà di sostenerle e promuoverle. 

Sahra Wagenknecht, è il capogruppo della Linke al Bundestag. Grazie per il suo tempo questa mattina.




Per concessione di Voci dalla Germania
Fonte: https://www.deutschlandfunk.de/linken-politikerin-zu-italiens-budget-die-italiener-wollen.694.de.html?dram:article_id=431358
Data dell'articolo originale: 24/10/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=24447

lunedì 12 novembre 2018

Stati Uniti: in ascesa il fascismo finanziato dai miliardari

Fascisti miliardari vanno all’attacco della Previdenza Sociale e [dei programmi di assistenza sanitaria] Medicare e Medicaid. E se ne vantano apertamente.


Appena dopo l’elezione di Trump, a dicembre del 2016, Newt Gingrich ha apertamente vantato presso la Heritage Foundation che l’amministrazione Trump e i Repubblicani al Congresso avrebbero “dato un taglio al modello di Franklin Delano Roosevelt”. Quel “modello”, ovviamente, creò quella cui oggi ci riferiamo come alla “classe media”.
Questa settimana Mitch McConnell ha confermato la profezia di Gingrich, usando i deficit creati dai tagli delle tasse ai miliardari da parte di Trump come scusa per distruggere i programmi “assistenziali”.
“Penso di poter dire con sicurezza che la singola maggior delusione del mio periodo al Congresso è stata non aver affrontato il problema dell’assistenza ed è una vergogna, perché i Democratici stanno promettendo il Medicare per Tutti”, ha dichiarato McConnell a Bloomberg. Ha aggiunto: “Stiamo parlando di Medicare, Previdenza Sociale e Medicaid”.  
Questi programmi, assieme all’istruzione pubblica gratuita e alla tassazione progressiva, sono i motori e i mantenitori chiave della classe media statunitense. La storia mostra che senza una classe media forte, la stessa democrazia collassa e il fascismo è il passo successivo su una china lunga e terribile.
Fin dall’elezione di Ronald Reagan, i Repubblicani hanno fatto gli straordinari per gambizzare istituzioni che appoggiano la classe media statunitense. E, come può dirvi qualsiasi famiglia della classe lavoratrice, il GOP [Partito Repubblicano] ha conseguito concreti successi, particolarmente nel trasferire sia ricchezza sia potere politico dagli elettori ai miliardari e alle imprese transnazionali.
Nel luglio del 2015, discutendo del voto 5 contro 4 della Corte Suprema nella causa Citizen Unitedil presidente Jimmy Carter mi ha detto: “Viola l’essenza di ciò che ha fatto degli Stati Uniti un grande paese nel suo sistema politico. Ora sono semplicemente un’oligarchia con una corruzione politica illimitata…” Ha aggiunto: “Abbiamo appena assistito a una completa sovversione del nostro sistema politico come tangente a maggiori donatori…”
Come hanno dimostrato i ricercatori di Princeton, Martin Gilens e Benjamin Page, in un’esaustiva analisi della differenza tra quanto la maggior parte degli statunitensi vuole che i suoi politici facciano legislativamente e quanto i politici statunitensi concretamente fanno, è piuttosto chiaro che il presidente Carter aveva ragione.
Hanno riscontrato che mentre le priorità legislative del 10 per cento al vertice degli statunitensi sono regolarmente trasformate in legge, le cose che vuole il 90 per cento più in basso sono ignorate. In altri termini oggi negli Stati Uniti la democrazia “funziona” per il dieci per cento degli statunitensi.
Per migliaia di anni economisti e osservatori dell’economia da Aristotele a Adam Smith a Thomas Piketty ci hanno raccontato che una “classe media” non è un normale sottoprodotto di un capitalismo grezzo, indisciplinato, quello che gli ideologi di destra chiamano “il libero mercato”.
Al contrario, i mercati non regolati – particolarmente i mercati non regolati da una significativa tassazione dei redditi predatori – conducono invariabilmente all’opposti di una sana classe media: producono estremi di disuguaglianza, che sono tanto pericolosi per la democrazia quanto il cancro per un essere vivente.
Con i cosiddetti “liberi mercati non regolati”, i ricchi diventano ultraricchi, mentre una logorante povertà si diffonde tra i lavoratori come un’epidemia di eroina. Ciò polarizza ulteriormente la nazione, sia economicamente sia politicamente, il che, perversamente, cementa ancor di più il potere degli oligarchi.
Anche se in questo c’è una chiara dimensione morale – segnalata da Adam Smith nella sua classica Teoria dei sentimenti morali – c’è anche una vitale dimensione politica.
Smith, nel 1759, indicava che “Tutte le costituzioni di governo hanno valore solo in proporzione alla loro tendenza a promuovere la felicità di coloro che vivono sotto di esse. Questo è il loro solo uso e fine”.
Smith, tuttavia, aggiungeva una nota di avvertimento: “La disposizione ad ammirare, e quasi a venerare, i ricchi e i potenti e a disprezzare o, almeno, a trascurare persone di condizione povera e meschina… è una grande e più universale causa della corruzione dei nostri sentimenti morali”.
Jefferson fu acutamente consapevole di questo: la Dichiarazione d’Indipendenza fu il primo documento di fondazione di qualsiasi nazione nella storia del mondo che dichiarò esplicitamente la “felicità” un “diritto” che doveva essere protetto e promosso dal governo contro la predazione da parte dei molto ricchi.
Tuttavia ciò non è stato per nulla degno di considerazione per gli architetti dell’economia reganiana dell’offerta, anche se si sono appropriati della metafora di JFK che “la marea montante solleva tutte le barche” per spacciare la loro truffa ai lavoratori (senza barca).
Molto più fastidiosa (e ben nota sia a Smith sia virtualmente a tutti i fondatori della nostra nazione) era l’osservazione di Aristotele che quando una nazione persegue attività economiche/politiche che distruggono la sua classe media, essa inevitabilmente devolverà in un governo della folla o in un’oligarchia. Come indicò in La Politica:
“Ora in tutti gli stati ci sono tre elementi: una classe è molto ricca, un’altra è molto povera e una terza sta nel mezzo… Ma un governo dovrebbe essere composto, per quanto possibile, da uguali e simili; e questi sono generalmente le classi medie… Così è manifesto che la miglior comunità politica è formata da cittadini della classe media e saranno probabilmente bene amministrati quegli stati nei quali la classe media è più vasta e più forte, se possibile, di entrambe le altre classi o comunque di ciascuna di esse singolarmente; poiché l’aggiunta della classe media fa pendere la bilancia e impedisce all’uno o all’altro degli estremi di diventare dominante”.
E’ così che gli Stati Uniti erano per la generazione del boom delle nascite e fino a circa due decenni fa: un trentenne negli anni ’70 aveva il 90 per cento di possibilità di avere o ottenere uno standard di vita superiore a quello dei genitori. Ma dall’introduzione dell’economia reaganiana negli anni ’80 c’è stata una riduzione della “mobilità sociale” – la capacità di passare da una condizione economica a una migliore – superiore al 90 per cento.
Dunque se la nostra repubblica democratica deve tornare alla democrazia e deve sopravvivere (o anche aumentare) quanto è rimasto della nostra classe media, come possiamo farlo?
La storia mostra che i due principali regolatori in un sistema capitalista che provvede all’emergere di una classe media sono la tassazione progressiva e una sana rete di sicurezza sociale.
Come notò Jefferson in una lettera del 1785 a Madison: “Un altro mezzo per ridurre in silenzio la disuguaglianza di patrimonio consiste nell’esentare da ogni tassazione al di sotto di un certo punto e nel tassare i segmenti più alti di patrimonio in progressione geometrica rispetto alla loro crescita”.
In modo simile, Thomas Paine, proponendo in Agrarian Justice (1797) quella che oggi chiamiamo previdenza sociale, affermò che una democrazia può sopravvivere solo quando il suo popolo “vede davanti a sé la certezza di sottrarsi alle miserie che sotto altri governi accompagnano la vecchiaia…” Una tale forte rete di sicurezza sociale, sosteneva Paine, “avrà un avvocato e un alleato nel cuore di tutte le nazioni”.
Tragicamente, i Repubblicani stanno oggi pianificando di distruggere sia il sistema di tassazione progressiva della nostra nazione, sia la nostra rete di sicurezza sociale, nel servire ossequiosamente i loro stipendiatori miliardari.
Mandando a gambe all’aria Jefferson e FDR, i Repubblicani hanno approvato l’anno scorso un’agevolazione fiscale da trilioni di dollari per i ricchi, con un osso di poche centinaia di dollari gettato ai lavoratori.
Contemporaneamente i Repubblicani stanno già dandosi duramente da fare per smantellare gli ultimi residui del New Deal e della Grande Società.
Come segnala Ian Milhiser: “I Repubblicani alla Camera sperano di tagliare le prestazioni della previdenza sociale dal 20 al 50 per cento. Il piano del presidente della Camera, Paul Ryan, di trasformare in voucher [il programma di assistenza sanitaria] Medicare aumenterebbe di circa il 40 per cento i costi sostenuti dagli anziani. Poi taglierebbe [il programma di assistenza sanitaria] Medicare tra un terzo e la metà”.
Questa non è, naturalmente, la prima volta che i Repubblicani ci hanno provato. Cercano di smantellare la Previdenza Sociale sin dal 1936 e lo stesso Reagan persino registrò un LP definendo “socialista” la proposta di Lyndon Johnson di un programma chiamato “Medicare”, affermando che se fosse stata approvata, allora un giorno ci saremmo guardati indietro “ricordando il tempo in cui gli uomini erano liberi”.
Ed è stato sempre al servizio dello stesso programma: consegnare il potere politico ed economico ai morbosamente ricchi e alle imprese che li hanno portati al potere.
Un tempo avevamo un termine per questo impossessamento della democrazia da parte dei morbosamente ricchi e delle imprese: fascismo.
Come ho scritto in precedenza, agli inizi del 1944 il New York Times chiese al vicepresidente Henry Wallace, come segnalato dal medesimo, “di scrivere un articolo rispondendo alle seguenti domande: che cos’è un fascista? Quanti fascisti abbiamo? Quanto sono pericolosi?”
La risposta del vicepresidente Wallace a tali domande fu pubblicata sul New York Times il 9 aprile 1944, al culmine della guerra contro le potenze dell’Asse di Germania e Giappone.
“I fascisti statunitensi davvero pericolosi”, scrisse Wallace, “non sono quelli che sono direttamente o indirettamente collegati all’Asse. L’FBI li ha sotto controllo… Il fascista statunitense preferirebbe non usare la violenza. Il suo metodo consiste nell’avvelenare i canali dell’informazione pubblica”.
“Per un fascista il problema non è mai come meglio presentare la verità al pubblico”, continuò Wallece, “bensì come meglio usare le notizie per indurre il pubblico con l’inganno a dare più denaro e più potere al fascista e al suo gruppo”.
In questo, Wallace usava la definizione classica del termine “fascista”, la definizione che Mussolini aveva in mente quando affermò di aver inventato il termine.
Come indicava l’American Heritage Dictionary del 1983, il fascismo è: “Un sistema di governo che esercita una dittatura dell’estrema destra, solitamente mediante la fusione della dirigenza dello stato e dell’economia, assieme a un nazionalismo belligerante”.
Il vicepresidente Wallace espose senza giri di parole nel suo articolo del 1944 sul Times la sua preoccupazione che lo stesso avvenisse qui negli Stati Uniti: “Il fascismo statunitense non sarà realmente pericoloso sino a quando non ci sarà una coalizione determinata dei monopolisti e dei deliberati avvelenatori dell’informazione pubblica…”
Avrebbe potuto descrivere la Fox, la radio di destra promotrice dell’odio, e di miliardari che mantengono al potere l’odierno GOP.
Notando che “il fascismo è una patologia mondiale”, Wallace suggerì inoltre che la maggiore minaccia [del fascismo] agli Stati Uniti arriverà dopo la guerra” e sarà manifesta “all’interno degli stessi Stati Uniti”.
Vedendo i Repubblicani del suo tempo operare secondo lo stesso copione antioperaio di oggi, Wallace aggiunse:
Ancora un altro pericolo è rappresentato da quelli che, rendendo omaggio a parole alla democrazia e al benessere comune, nella loro insaziabile avidità di denaro del potere che il denaro fornisce, non esitano a evadere di nascosto le leggi ideate per salvaguardare il pubblico dall’estorsione monopolista”.
Come scrisse Wallace, alcuni nelle grandi aziende “sono disposti a mettere a repentaglio la libertà statunitense pur di conseguire qualche vantaggio temporaneo”.
In un commento preveggente delle accuse di Donald Trump agli “stupratori messicani” e alle “bande” di Chicago, Wallace scrisse:
“I sintomi del pensiero fascista sono influenzati dall’ambiente e adattati alle circostanze immediate. Ma sempre e dovunque possono essere identificati dal loro appello al pregiudizio e dal desiderio di approfittare delle paure e delle vanità di differenti gruppi al fine di guadagnare potere”.
“Non è una coincidenza che la crescita dei tiranni moderni sia stata in ogni caso annunciata dalla crescita del pregiudizio”.    
E tale pregiudizio sarebbe sfruttato per vincere le elezioni in modo che i fascisti possano derubare il popolo e accrescere il loro potere e la loro ricchezza.
Ma anche a questo punto, indicò Wallace, i fascisti statunitensi avrebbero dovuto comunque mentire al popolo al fine di guadagnare potere. E se fosse mai arrivato il giorno in cui un miliardario avesse aperto una rete “giornalistica” solo per promuovere il pensiero fascista, avrebbero potuto promuovere le loro menzogne con maggiore facilità.
“I fascisti statunitensi si riconoscono più facilmente per la loro deliberata perversione della verità e dei fatti”, scriveva Wallace. “I loro giornali e la loro propaganda coltivano attentamente ogni crepa di disunità, ogni fessura del fronte comune contro il fascismo. Usano ogni opportunità per mettere in discussione la democrazia”.
Nella sua più forte denuncia della marea che il vicepresidente degli Stati Uniti vedeva montare nel paese, egli aggiunse:
Affermano di essere super patrioti ma distruggerebbero ogni libertà garantita dalla costituzione. Pretendono la libera impresa ma sono i portavoce dei monopoli e dei tornaconti privati. Il loro obiettivo finale, verso il quale è diretta ogni loro menzogna, consiste nell’impossessarsi del potere politico in modo tale che usando contemporaneamente il potere dello stato e il potere del mercato possano mantenere in eterna soggezione l’uomo comune”.
Nelle elezioni del 2018 siamo a un bivio che Roosevelt e Wallace avevano solo immaginato.
Il fascismo finanziato dai miliardari è in ascesa negli Stati Uniti, definendosi “conservatorismo” e “trumpismo”.
Il comportamento odierno dei candidati Repubblicani e dei loro donatori miliardari è sinistramente parallelo al giorno del 1936 in cui Roosevelt disse: “Invano cercano di nascondersi dietro la bandiera e la Costituzione. Nella loro cecità dimenticano che cosa la bandiera e la Costituzione rappresentano.” Gli avvertimenti del presidente Roosevelt e del vicepresidente Wallace sono oggi più urgenti che mai.
Se Trump e i miliardari che stipendiano i Repubblicani riusciranno a distruggere gli ultimi sostegni dell’indebolita classe media statunitense, comprese Previdenza Sociale, Medicare e Medicaid – e riusciranno a bloccare qualsiasi possibilità di Medicare per Tutti o di università o istituti tecnici gratuiti – non soffrirà solo il 90 per cento degli statunitensi, ma svanirà quel poco di democrazia che è rimasto in questa repubblica. La storia, dai tempi dei greci e dei romani fino all’Europa della prima metà del ventesimo secolo, suggerisce che sarà probabilmente sostituita da un’oligarchia violenta, cleptocratica che non si sottrae più a termini come “fascista”.
I segnali d’allarme ci sono già e, di fronte alla frode elettorale nazionale basata sulle purghe Repubblicane degli elettori, dobbiamo presentarci in gran numero se dobbiamo preservare il ‘Sogno Americano’ e renderlo finalmente disponibile a tutti.



Per concessione di ZNet Italy
Fonte: https://www.alternet.org/news-amp-politics/they-are-coming-your-social-security-and-medicare
Data dell'articolo originale: 17/10/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=24438 

giovedì 8 novembre 2018

I MOSTRI DEL RATING / DENTRO MOODY’S, CON UN SOROS NEL MOTORE


Aspettiamo il voto delle agenzie di rating come se dovessero parlare degli oracoli. Le definiscono "indipendenti". Una bugia alta come le Twin Towers. Invece sono degli organismi del tutto parziali, perchè controllati da precisi gruppi economici, finanziari e spesso speculativi. I quali, cioè, hanno tutto l'interesse a dare questo o quel voto, per poter quindi declassare un Paese e "mangiarlo meglio" o farne un gustoso spezzatino.
Si è pronunciata, affibbiandoci un pessimo voto (da Baa2 a Baa3), Moody's, in genere la più "perfida" delle tre sorelle.
Ma entriamo nelle sue segrete e ovattate stanze. Ecco a chi fa capo, non certo dei santi. Il primo tra i soci è Warren Buffet, l'arcimiliardario e super speculatore, attraverso il suo Fondo, of course, che si chiama Berkshire Hataway. Ha sponsorizzato le campagne presidenziali di Barack Obama e Hillary Clinton, tanto per darsi un tono 'democratico'.
Nell'azionariato, poi, spicca la stella (nera) di Blackrock, il principe di tutti i Fondi: pensate che come 'advisor' eccellente può contare su un calibro come George Soros, il magnate umanitario MangiaPaesi, il numero uno degli speculatori internazionali che vuol tanto bene ad ong e migranti…..
Non è certo finita, perchè tra i soci da novanta fanno capolino gli altri due colossi dei Fondi, come Vanguard Groupe e State Street. Dei veri mostri sacri, capaci di avere in pancia (Blackrock, Vanguard e State) quasi la metà delle azioni di tutte le aziende a stelle e strisce, anche concorrenti tra loro. Quindi capaci, da sole, di controllare economie e finanze di mezza America.
Lorsignori hanno in mano i destini di Paesi, come l'Italia, che cercano di crescere. Non c'è un qualche conflitto d'interessi, visto appunto che poi possono fare un sol boccone di pezzi interi di questo o quel paese, attraverso la miriade di aziende che a loro volta controllano?
Una autentica forma di gangsterismo finanziario, nella tanto democratica America. Altro che Al Capone. Val la pena di ricordare il titolo di un libro scritto da Elio Lannutti sul sistema creditizio: "Bankster – Peggio di Al Capone i vampiri di Wall Street e piazza Affari".
Meno complessi i contesti azionari delle altre due sorelle. Fitch fa capo al gruppo Hearst che controlla mezzo settore delle comunicazioni negli States (ricordate tanti anni fa il rapimento di una rampolla, Patricia?). Standard & Poor's è riconducibile ad un altro colosso, il gruppo Mc Graw Hill, controllato dalla Capital Word Investment.

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

lunedì 5 novembre 2018

MIRELLA GREGORI / IN USCITA UN LIBRO SULLA SUA SCOMPARSA


Ora finalmente esce un libro "Mirella Gregori, storia di una scomparsa", autore il giornalista Mauro Valentino e prefazione di Pietro Orlandi, il fratello di Manuela.
Il solito quesito che in questi casi ci si pone: potrà servire a far riaprire le indagini? Come scalare l'Everest, visto che l'omologa vicenda di Manuela Orlandi, che pure ha visto negli ultimi mesi grosse novità (la permanenza a Londra a metà anni '90 pagata dal Vaticano), non fa segnare per ora nessuno sviluppo sotto il profilo giudiziario, con una procura capitolina del tutto inerte.
Mostra però ottimismo l'autore: "Credo che nel libro ci siano alcuni elementi importanti per riaprire il caso. Riportando le indagini a livelli più credibili, lontani quindi da quegli scenari internazionali e vicende vaticane in cui si è impantanata". Ci sorge qualche perplessità, a tal proposito, visto che quella di Manuela è invece tutta dentro le mura vaticane con ovvie implicazioni estere.
Ma proseguiamo. "A cominciare dal luogo della scomparsa – osserva Valentino – dalla citofonata con cui Mirella viene attirata nella trappola. Si dovrebbe tornare a quel maledetto 7 maggio 1983, a ciò che accadde in quei minuti. Credo che gli attori possibili di questo crimine siano pochi e tutti legati a quel crocicchio di vie divise dalla statua del Bersagliere (a piazzale di Porta Pia, ndr), dove Mirella disse di avere un appuntamento".
E aggiunge: "Mesi fa ci furono delle rivelazioni di un monsignore novantenne, anonimo, il quale raccontò che Mirella sarebbe fuggita di casa con la promessa di restare nascosta per qualche giorno, e in cambio avrebbe avuto in regalo un motorino Ciao. Sarebbe rimasta in un appartamento all'Anagnina, poi uccisa e il cadavere gettato nel fiume". Una vicenda, francamente, poco verosimile.
nella foto Mirella Gregori e, a destra, Emanuela Orlandi

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

venerdì 2 novembre 2018

LA “RIVOLUZIONE” GIALLOVERDE IN RAI / ECCO I MEZZIBUSTI DELLA NON INFORMAZIONE


I had a dream: le direzioni dei 3 Tg affidate a Milena Gabanelli, Lilli Gruber e Federica Sciarelli, un formidabile trio d'attacco tutto al femminile. Rispettando curricula, competenze, audience, carriera e chi più ne ha più ne metta. Ma soprattutto saper fare, sul serio, giornalismo, quello con la G maiuscola, ormai pezzo raro in tutte le redazioni.
Il governo del nuovo, del cambiamento gialloverde avrebbe potuto dare un reale segno di discontinuità col passato lottizzato, incompetente e clientelare, far capire ai cittadini che il vento è davvero cambiato.
E invece? Ci ritroviamo ai vertici dei Tg tre cariatidi da prima repubblica marcia, da seconda repubblica avariata, il peggio del peggio che neanche le possenti menti di Dc e Psi sarebbero mai state, all'epoca, in grado di partorire. Mezzibusti da museo catapultati ai vertici dei Tiggì.

L'INFORMAZIONE ? DISTRUGGIAMOLA
E allora, sorge spontanea la domanda: ma che ci stanno a fare al Governo i 5 Stelle?
In rapidissima sequenza: un decreto fiscale che fa inorridire, sembra firmato dal tandem Renzusconi, ed hanno perfettamente ragione Elio Lannutti e Carla Ruocco ad incazzarsi.


Carla Ruocco. Nel montaggio di apertura, da sinistra, Luigi Di Maio, Gennaro Sangiuliano, Giuseppe Carboni e Giuseppina Paterniti

Poi la figuraccia mondiale per la Tap, presi come i bambini con le mani nella marmellata: faccio le barricate per il NO, poi le scavalco e passo per il SI, con delle scuse – le penali – da far ridere i polli.
Adesso queste tre nomine che peggiori non si può. Ma c'è ancora intenzione di fare informazione in Rai? O di mandare tutto in malora alla faccia dei proclami? Il patrimonio della Rai pubblica deve svalorizzarsi sempre più, ogni giorno trasformarsi in monnezza per una sorta di masochismo chissà da cosa mai generato?
Vediamo cosa sta succedendo. A dirigere il Tg1 – in quota Luigi Di Maio & C. – arriva uno tutta Rai e famiglia, Giuseppe Carboni, prima una lunga esperienza via radio, poi da sei anni caporedattore al Tg2. Negli ultimi tempi è passato a seguire le vicende politiche dei pentastellati. Lo scoop della vita: aver raccolto le prime dichiarazioni di Beppe Grillo dopo la famosa nuotata che lo ha portato sulle rive siciliane. Stop.
Al Tg3 – in quota a quanto pare Pd – un'altra creatura nata e cresciuta a viale Mazzini, il viso rassicurante e pacioso dall'Europa di Giuseppina Paterniti, senza infamia e senza lode per sette anni corrispondente da Bruxelles senza mai farsi notare. Un miracolo di trasparenza.


IL GENNY ADORATO DAL MANGIANAPOLETANI SALVINI
Ma la vera chicca è quella di Sangiuliano Gennaro, alias Genny, candidato in pectore a tutto. Abbiamo più volte tratteggiato il suo alto profilo (potete leggere i link in basso), cercheremo quindi di essere brevi, anche se il Nostro meriterebbe una Treccani solo per il suo nome.
E torniamo ai suoi esordi giornalistici (quelli meno noti al 'grande' pubblico), la 'gavetta', perchè è la faccia meno conosciuta del nuovo Montanelli (c'è una differenza di altezza e qualcos'altro ma passiamo oltre) che va raccontata ai lettori avidi di saperne di più.
Coi calzoncini corti frequenta i camerati fascisti, è a tutti i raduni, Giorgio Almirante il suo idolo. S'iscrive, of course, al Fronte della Gioventù, Francesco Storace oggi lo saluta come "carissimo amico".
Ma l'età lo matura, modera i suoi istinti e s'accasa sotto la bandiera dei liberali, l'ala protettiva della dinasty dei De Lorenzo. Ne diventa il perfetto portaborse: la scena da incorniciare, più volte descritta dai suoi agiografi, fra i padiglioni del Pascale di Napoli (l'istituto oncologico per decenni feudo dei De Lorenzo), un po' ingobbito sotto il peso delle due borse che deve portare, quella del patriarca Ferruccio De Lorenzo, presidente a vita dell'Ordine dei Medici partenopeo, e del figlio Francesco, Sua Sanità.


Francesco De Lorenzo

Per questo la sua penna trova la prima palestra scrivendo e poi dirigendo il foglio del nosocomio, "Amici del Pascale". Quindi arriva la politica, con la direzione di un altro foglio di famiglia, "L'Opinione Liberale". Sono anni di dura gavetta, tra le borse da portare, le bozze da correggere e i primi editorialini da firmare.
Viene premiato con le apparizioni video – una vera premonizione – nonostante non sia giudicato particolarmente telegenico, non tanto per l'altezza non ragguardevole, quanto per la pelata, che però gli conferisce un aspetto da piccolo intellettuale crociano. Si tratta di Canale 8, la tivvù targata "PD2", ossia l'asse composto dai tre pezzi da novanta della politica di allora, tutti gli anni '80 e l'inizio dei '90 (fino al ciclone di Mani Pulite): 'O Ministro Paolo Cirino Pomicino, il vicesegretario del Psi Giulio Di Donato, e lui, Sua Sanità.
Ma non dimentica la carta stampata, il Nostro, dirigendo il periodico "Econony", di pretta ispirazione delorenziana.
Sparito con Tangentopoli il Pli, il suo punto di riferimento, of course, diventano i berlusconiani, ma prima d'arrivare di nuovo agli schermi dirigerà il Roma, la creatura del Comandante e primo sindaco monarchico di Napoli Achille Lauro, quindi passerà a L'Indipendente, infine sarà addirittura il vice di Vittorio Feltri a Libero.
E' la volta del salto in Rai, sotto l'ala di Forza Italia, al TG1 diretto da Augusto Minzolini.
E comincerà il sodalizio con l'altro partenopeo doc sbarcato in pompa magna alla Rai, Mario Orfeo. Arriva dal Mattino, Orfeo (una cover della Voce alla sua nomina titolò "CircOrfeo"), è un pupillo di 'O Ministro, visto che 'O Zio è nientemeno che Vincenzo Maria Greco, il pluricondannato faccendiere e uomo ombra di Pomicino dal dopo terremoto '80, via Tav, fino ad oggi.

QUELL'INDIMENTICABILE TANDEM
Il tandem Orfeo-Sangiuliano comanda per anni in viale Mazzini, sembrano fatti uno per l'altro.
Poi succede un altro miracolo. Quando la Lega comincia a far sentire la sua voce, e Matteo Salvini  fa capolino sul palcoscenico nazionale, ecco che diventa leghista doc. E un altro prodigio. Sì perchè del Genny vesuviano doc si innamorano contemporaneamente i due razzisti e antimeridionalisti più celebri da noi, Matteo Salvini e Vittorio Feltri, con il quale il Genny nazionale scrive addirittura due libri a quattro mani nel 2013 e nel 2014, entrambi editi da Mondadori: "Una Repubblica senza Patria – Storie d'Italia dal '43 ad oggi", e "Quarto Reich – Come la Germania ha sottomesso l'Europa".


Gennaro Sangiuliano e, a destra, Mario Orfeo

Quindi sarà la volta della politica internazionale nella quale si tufferà e nuoterà per anni. Da Lenin a Puntin, da Hillary Clinton fino a Donald Trump, un poker di biografie che gli storici di tutto il mondo gli invidiano.
Un perfetto idem sentire coltivato con l'amico Salvini, quello per Puntin, di cui il nostro Genny commenta: "ha ridato orgoglio, identità e visione ad un Paese umiliato e disastrato".
E non mancò, Genny, di farsi immortalare in un sorridente selfie con l'amico Matteo (Salvini) all'indomani del trionfo della Lega al voto del 4 marzo. Dio li fa e poi li accoppia.
Sorge spontanea un'altra domanda. Ma di quale informazione mai potranno usufruire gli italiani che pagano il canone? Quali cavolo di notizie saranno costretti a bere da mattino a sera? Quali maree di notizie verranno oscurate, censurate, negate? Quale straccio di inchiesta potremo mai più vedere? Ma non è, questo, un attentato alla Costituzione, quando la libertà d'informazione viene del tutto calpestata, umiliata, azzerata, annichilita, negata?
E dovevamo aspettare la cosiddetta terza repubblica, quella del Nuovo, del Domani, del Cambiamento per ritrovarci in un vero Gulag?
P.S: A proposito, quale poltronissima, ora, attende il disoccupato Orfeo?

LEGGI ANCHE
SANGIULIANO / QUEL GRANDE BAGAGLIO CULTURALE 
21 giugno 2018 di Cristiano Mais

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

mercoledì 31 ottobre 2018

YARA – TROPPO SCOMODA PER I PM LA PISTA DELLA CAMORRA


Anche Roberto Saviano torna sulla sentenza di Cassazione che condanna in via definitiva Massimo Bossetti per il delitto di Yara Gambirasio.
Convinto della non colpevolezza di Bossetti, si chiede oggi e si era già chiesto altre volte: "perchè non è stata mai battuta dalla magistratura la pista della camorra?".
In sostanza Saviano, che riprende pari pari l'inchiesta della Voce pubblicata la prima volta nel 2012, fa riferimento alla circostanza che il padre di Yara, Fulvio Gambirasio, lavorava in un cantiere edilizio che faceva capo alla famiglia Locatelli: patròn Pasquale Paolo Locatelli, la ditta svolgeva piccoli e medi appalti nella Bergamasca. Anni prima si era trasferita dal vesuviano, dove aveva lavorato negli anni del dopo terremoto. Diradatisi gli appalti, i Locatelli hanno pensato bene di trasferirsi al Nord, visto che non poche imprese campane già a fine anni '80 avevano cominciato a localizzarsi nelle regioni del centro e del nord.
La Voce, dopo l'omicidio di Yara, ha scritto infatti un paio di inchieste molto dettagliate in cui viene ricostruito una scenario letteralmente alternativo a quello messo su dai magistrati della procura di Bergamo in anni di ricerche e centinaia di migliaia di test del Dna, facendo spendere allo Stato cifre colossali.
Perchè, invece, non seguire una pista che sembra subito più credibile del delitto psico-passionale, facile chiave per ogni crimine che non si riesce – o vuole – spiegare? E cioè quella del delitto di camorra, un "avvertimento" terribile al padre di rispettare certi accordi?
Nella prima inchiesta della Voce – che potete leggere nel link in basso – si parlava degli appalti, dei rapporti tra i Locatelli e Fulvio Gambirasio, di certe tensioni, sulle quali Fulvio ha cercato di minimizzare.
E soprattutto di una cena in vista del 25 dicembre, alla quale presero parte i Locatelli, il padre di Yara e alcuni magistrati ed esponenti delle forze dell'ordine. Un bel quadretto natalizio.
Hanno mai indagato  altri magistrati su quei colleghi che parteciparono alla cena? Chiesto dei loro rapporti con i Locatelli? Approfondito con maggior impegno la reale portata dei rapporti tra Fulvio Gambirasio e Pasquale Paolo Locatelli? Immersi nella gran mole di test per il Dna, non c'era il tempo per rivolgere qualche domandina del genere?
Ormai è troppo tardi, perchè la Cassazione ha chiuso porte e portoni. Però, non si sa mai…
LEGGI LE INCHIESTE DELLA VOCE SUL CASO YARA


To see the article visit www.lavocedellevoci.it

martedì 30 ottobre 2018

EMANUELA ORLANDI / COME MAI TACCIONO I PALAZZI ?


Come mai non si ha più lo straccio di una notizia sul caso di Emanuela Orlandi? Cosa fa la procura di Roma, che sembra tornata quel porto delle nebbie d'un tempo, dopo i clamorosi flop – per fare un solo esempio – sull'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin?
Eppure ad inizio anno sembrava che finalmente si fosse ad un passo dalla verità. Quando emerge dalle casseforti degli archivi vaticani un documentazione che attesta la presenza di Emanuela Orlandi (quindi ben viva e vegeta) in un collegio femminile a Londra. Si tratta di alcuni fogli che dettagliano le spese sostenute dal Vaticano per la permanenza, a metà anni '90, della giovane a Londra.
La Voce ne scrive per prima, un lungo resoconto delle novità e soprattutto la clamorosa notizia di quel documento. Il Vaticano cerca di minimizzare, nega, sostiene che con c'è alcuna documentazione. Quel documento invece esiste, ne scrive – e lo mostra – anche l'Espresso.
La famiglia di Emanuela chiede l'immediata riapertura delle indagini, ma dalla procura il solito muro di gomma, quelle nebbie che tornano ad infittirsi.
Come mai la Procura non riapre il fascicolo? Ha paura dei misteri vaticani? Teme di scoperte dirompenti? E' preoccupata di turbare gli equilibri interni alle sante mura?
Anche papa Francesco ha più volte ricordato il caso di Emanuela e auspicato finalmente la Verità.
Ma forse si tratta di un muro invalicabile anche per lui, già preso nella battaglia nei confronti delle gerarchie interne che non vogliono rinunciare ai loro privilegi milionari.
Quanto tempo dovrà ancora trascorrere prima che Francesco riesca a trovare la forza per abbattere gli ultimi, più resistenti e robusti muri?

To see the article visit www.lavocedellevoci.it