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mercoledì 11 luglio 2018

GIALLO ALPI / ENNESIMO DEPISTAGGIO: TORNA IL MISTER X COPERTO DAL SISDE



Dopo ventiquattro anni di interminabili attese, di giustizia negata, di clamorosi depistaggi di Stato, di vertici istituzionali che hanno remato palesemente contro, pur tra non pochi chiaroscuro si accende un barlume di speranza per far luce sull'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio.
Il gip della procura di Roma, Andrea Fanelli, che avrebbe dovuto decidere sulla archiviazione tombale dell'inchiesta, così come per due volte chiesto dal pm Elisabetta Ceniccola con la strategica controfirma del procuratore capo Giuseppe Pignatone, ha ottenuto altri sei mesi di indagini per focalizzare alcuni punti bollenti e capire se una verità processuale è ancora alla portata di un Paese che osa definirsi civile.
Tutta la vicenda, anche negli ultimi sviluppi, è coperta da un totale silenzio mediatico: solo i siti scrivono qualcosa, i media di regime, Repubblica e Corsera in testa, calano il consueto muro di gomma. I sindacati, dal canto loro, inscenano qualche 'girotondino', niente di più.

L'ORDINANZA DEL GIP FANELLI



Il Tribunale di Roma. In alto
Ilaria Alpi

Ma partiamo dalle 14 pagine dell'ordinanza pronunciata il 26 giugno dal gip Andrea Fanelli.
In primo luogo la toga ritiene che l'incompetenza territoriale di Roma, come chiesto dagli avvocati di parte civile, non sia fondata. Eppure c'era il clamoroso precedente della sentenza pronunciata circa un anno fa da Perugia che, nel prosciogliere da ogni accusa il povero Hashi Omar Hassan che ha scontato ben sedici (16) anni di galera da innocente, aveva scritto espressamente di "Depistaggio di Stato" per l'immensa mole di prove raccolte su infedeli servitori dello stato e inquirenti tutti tesi ad incastrare il somalo innocente, addirittura costruendo a tavolino un teste taroccato, Ahmed Ragi, alias Gelle.
In un lungo excursus storico-processuale, il gip ricostruisce le prime vicende della story, quando il fascicolo processuale venne letteralmente scippato dalle mani dell'unico pm che voleva far luce sul giallo, Giuseppe Pititto, come del resto hanno sempre sostenuto i genitori di Ilaria. 
Fanelli scrive di "rapporti molto tesi all'interno dell'ufficio della Procura di Roma" e in particolare fra l'allora procuratore capo Salvatore Vecchione e lo stesso Pititto. Un braccio di ferro che vede evidentemente soccombere il subordinato Pititto, il quale per la consueta "incompatibilità ambientale" viene allontanato da Roma: pur potendo contare su una serie di ragguardevoli risultati in breve raggiunti, come l'attivazione di contatti con la Digos di Udine che aveva raccolto materiali non poco scottanti. Materiali che, evidentemente, era meglio mettere a marcire nei cassetti, coperti di polvere.


Giuseppe Pititto

L'inchiesta passa al più malleabile Andrea De Gasperis, il quale non brillerà certo per attivismo negli anni successivi. Lo stesso Fanelli rammenta, nella sua odierna ordinanza, le forti lamentele di Pititto a proposito della revoca dell'incarico, proprio mentre aveva intenzione di ascoltare testi da non poco. Scrive Fanelli: "In definitiva, secondo Pititto, per conoscere la causa della morte di Ilaria Alpi bisognava partire dal motivo per il quale l'indagine gli era stata sottratta". Se vi par poco…
Minimizza comunque Fanelli: l'esclusione di Pititto dalle indagini non era dovuta a motivi di "merito", ossia ad un dissidio sulle indagini, ma circa le "modalità" nell'organizzazione del lavoro d'ufficio.
Alcuni anni fa lo stesso Pititto ha scritto un thriller che sembra il copione perfetto del caso Alpi: una giornalista indaga su strani traffici di armi in un paese africano e viene eliminata. A capo della band c'era nientemeno che il ministro degli Interni (italiano) che nel frattempo diventerà capo dello Stato. Un 'giallo' non poi troppo di fantasia. Una seconda edizione, annunciata per la scorsa estate e già prenotata dalle librerie, stranamente, non ha mai visto la luce. Misteri nei misteri.

TOGHE CONTRO TOGHE 
Ma non è certo finita la catena delle toghe che si sono interessate al caso. Fa capolino anche il nome di Franco Ionta, su cui però Fanelli mette la mano sul fuoco: "ha proseguito le indagini rispettando il medesimo programma tracciato dallo stesso Pititto", afferma con sicumera. Perchè non domandare a Pititto se è dello stesso avviso?
Prosegue Fanelli: "Nè sussistono elementi per ritenere che il depistaggio sia stato posto in essere dal pm Ionta al momento dell'audizione di Gelle, il quale – nel corso della successiva escussione avvenuta a Birmigham il 31 marzo 2016 in sede di rogatoria (e prima ancora nel corso dell'intervista rilasciata alla giornalista Rai Chiara Cazzaniga) – ha smentito le dichiarazioni rese al pm Ionta, addirittura disconoscendo la sottoscrizione dei verbali ed affermando che essi sarebbero stati in parte alterati: ebbene, tali dichiarazioni, già di per sé poco verosimili, sono rese ancor più inattendibili dal fatto che il Gelle è risultato essere un soggetto complessivamente non credibile, avendo reso, nel corso del tempo, versioni sempre diverse tra di loro e sempre rispondenti al proprio interesse".


Franco Ionta

Alla fine del tortuosissimo ragionamento viene così sottolineato: "si conferma l'assenza di elementi per poter sostenere il coinvolgimento di un magistrato nella decisione del Gelle di accusare ingiustamente Hashi Omar Hassan".
Un ragionamento che fa letteralmente a pugni con quello portato avanti dai pm perugini e che ha finalmente portato al proscioglimento di Hashi Omar Hassan per quelle accuse taroccate e poi ritrattate davanti alla giornalista Cazzaniga, elemento cardine per la sentenza di Perugia che ha completamente ribaltato il precedente scenario processuale.
Sorge a questo punto un conflitto 'istituzionale'? Perugia crede al Gelle che ritratta, mentre Roma crede prima a Gelle per condannare Hashi e poi ne fa un unico fagotto etichettandolo come "non credibile"? Altri incredibili misteri nei misteri.
Passiamo alla seconda parte dell'ordinanza firmata Fanelli e che concerne il versante delle indagini inviate dalla procura di Firenze a quella capitolina e che sono servite per "non far chiudere" tombalmente il caso.
Eccoci alle intercettatazioni telefoniche tra somali nel 2012. Nelle conversazioni si parla dei due giornalisti italiani uccisi. Viene fatto cenno alla famigerata informazione "che Ilaria Alpi era stata uccisa da militari italiani". Torna alla ribalta il ruolo di un faccendiere della prima ora, il cui nome era subito salito agli onori delle cronache, anche perchè era stato l'ultimo a vedere viva Ilaria, Giancarlo Marocchino. Infine si parla ad una somma corrisposta all'avvocato di Hashi Omar Hassan, Douglas Duale, che dopo anni di battaglia legale è riuscito a far scagionare il suo assistito.

PARLA L'AVVOCATO DOUGLAS DUALE
Abbiamo raggiunto telefonicamente l'avvocato Duale al suo studio romano, nei pressi di piazza Cavour
Cade dalle nuvole, Duale, quando sente che il gip Fanelli intende procedere alla sua "nuova escussione".


Giancarlo Marocchino

"Ma se io non sono mai stato sentito – balza sulla sedia – quale nuova escussione! Sono l'avvocato di Hashi, mi sono prodigato per lui, ma non sono mai stato sentito in nessun modo per altre ragioni".
E sulle somme percepite racconta: "Io non ho mai avuto contatti con il governo somalo, nè con alcun suo rappresentante. Ho soltanto avuto contatti con i familiari del ragazzo. Del resto sapete come funziona la società somala, basata su clan e tribù. E' stata fatta una raccolta di fondi per fronteggiare le spese, in tempi brevi ho ricevuto il minino, lo stretto necessario, 2000-3000 euro. Il resto della somma è stata raccolta in molti mesi e anni successivi ma sempre attraverso i familiari, gli amici, i conoscenti, quelli delle tribù. Ho ricevuto i soldi con quei money transfer da Mohamed Gedi Bashi. In tutto 29 mila euro che per un processo penale di quel calibro e durato più di vent'anni è poca roba".
Si tratta di uno dei nomi, quello di Bashi, che vengono fatti nell'ordinanza di Fanelli. Dell'altro, Abdi Badre Hayle, l'avvocato Duale dice di non saperne nulla.
A proposito di Marocchino e della fonte confidenziale dei Servizi – a questo punto strategica per dipanare la matassa – nota Duale: "Di Marocchino si è parlato fin da subito. Poi il silenzio. La fonte del servizio segreto civile è stata ritenuta fondamentale. Ma è subito calata la scure del ministero degli Interni, che esattamente dieci anni fa, nel 2008, ha comunicato che quella fonte andava tutelata in maniera assoluta".
Come, del resto, il ministero degli Interni ha coperto tutta la "Gelle story": dal taroccamento del teste al suo perfetto addestramento, dalle confessioni al primo pm, fino alla strategica fuga che ha impedito la rituale verbalizzazione in dibattimanto, tanto che la sentenza – incredibile ma vero – è stata pronunciata a carico del giovane somalo senza che Gelle abbia riconfermato in aula le sue accuse.
Non è certo finita: perchè Gelle è stato poi protetto e nascosto dalla polizia (evidentemente su input del Viminale) per alcuni mesi, gli hanno perfino trovato lavoro presso un'officina meccanica romana, lo sono andati a portare la mattina al lavoro e a prendere la sera: servizi perfetti. Fino a che non è stato spedito libero come un fringuello in Germania, e poi in Inghilterra.
Se ne è mai fregato qualcuno dei nostri Vertici Istituzionali di andarlo a cercare? Macchè. Lo ha fatto ed è riuscita a scovarlo e intervistarlo, certo non potendo disporre di grandi mezzi d'intelligence, Chiara Cazzaniga di Chi l'ha Visto.
Ai confini della realtà.

ARIECCO GIANCARLO MAROCCHINO
Passiamo alla terza parte dell'ordinanza firmata Fanelli, in cui si parla di un'anomalia temporale, riemerge la "fonte confidenziale" e torna alla ribalta la figura del faccendiere Giancarlo Marocchino.
Cominciamo dall'informativa partita dalla procura di Firenze. Nota il gip: "ebbene, effettivamente appare anomalo che la nota della Guardia di Finanza di Firenze sia stata materialmente inviata alla procura di Roma oltre 5 anni dopo il provvedimento di trasmissione da parte del dott. Squillace Greco, cosicchè è necessario effettuare i dovuti accertamenti sul punto"


Luciana Riccardi con Hashi

E continua: "Passando ora ad esaminare le richieste istruttorie contenute nell'atto di opposizione all'archiviazione, deve ritenersi che l'unica indagine che appare rilevante sia quela relativa all'escussione della fonte confidenziale citata nella relazione del Sisde del 3 settembre 1997 (da cui emergerebbe il coinvolgimento di Giancarlo Marocchino nell'omicidio Alpi-Hrovatin nonchè in traffici di armi), previa nuova richiesta al direttore pro tempore del Sisde in ordine all'attuale possibilità di rivelarne le generalità: tale atto istruttorio era già stato richiesto nella prima opposizione all'archiviazione".
Destinatario il gip Emanuele Cersosimo a dicembre 2007: ma il ministero dell'Interno aveva risposto, mesi dopo, che "perduranti esigenze di tutela della fonte non consentivano di fornire elementi atti a rivelarne l'identità". Continua Fanelli: "A distanza di oltre 10 anni appare utile verificare la persistenza delle ragioni di segretezza addotte dal Sisde".
Altrimenti, di tutta evidenza, ci troveremmo di fronte ad un secondo, clamoroso "Depistaggio di Stato".
Questo il punto nodale della richiesta Fanelli. Il quale invece non ritiene utile sentire alcuni testi invece strategici: come l'ambasciatore italiano all'epoca a Mogadiscio, Giuseppe Cassini, che secondo la sentenza di Perugia sa molto e può ancora raccontare circostanze da non poco; così come dovrebbero fornire tutte le spiegazioni del caso quei vertici di polizia che hanno dato una "manina" a Gelle nella sua latitanza prima e fuga all'estero poi.
La Voce ha più volte scritto a proposito di Giancarlo Marocchino e della sua opaca figura. Ma a questo proposito è d'obbligo scorrere alcuni passaggi del volume "Giornalismi & Mafie", curato da Roberto Morrione ed uscito esattamente 10 anni fa, maggio 2008.
Un capitolo scritto da Giorgio Alpi, Luciana Riccardi (padre e madre di Itaria) e da Mariangela Gritta Grainer si intitola "L'Omicidio di Ilaria Alpi. Alta mafia fra coperture, deviazioni, segreti". Una lettura oggi più che mai appropriata, anche in memoria di Luciana, che si è spenta – senza che Giustizia sia stata fatta – un mese fa.
Ecco uno stralcio: "E' utile aggiungere che altri testi sentiti dal dottor Pititto avevano sostenuto ipotesi simili anche se non sono stati ritenuti credibili. Ci sono, altresì, alcune informazioni che sono in sintonia con l'ipotesi sostenuta dal colonnello Ali Jiro Shermarke (nell'attività investigativa della Digos di Udine, nell'attività d'intelligence del Sisde e nell'attività della Digos a Roma emergono tre fonti confidenziali diverse a quanto appreso dalla commissione – che ha individuato e interrogato quelle di Udine – che sollevano interrogativi sull'intera vicenda e sul ruolo di Marocchino in quel che accadde quel 20 marzo)".
E ancora: "Su Marocchino, sfiorato da pesanti sospetti relativi a presunti traffici illeciti, di armi e di rifiuti tossici, anche prima del duplice delitto, non è mai stata fatta una indagine, un approfondimento serio..

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sabato 7 luglio 2018

“Ma il bavaglio al web sarà la tomba del massone Oettinger”

Gioele Magaldi«Buona fortuna, caro fratello "controiniziato" Günther Oettinger. Sappi che ne uscirai con le ossa rotte. Tu, e tutti gli altri come te». Firmato: Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente della massoneria progressista sovranazionale. Nel mirino, il commissario europeo tristemente noto per aver avvertito gli italiani che "i mercati" avrebbero insegnato loro come votare, nei giorni in cui lo spread "volava", nel tentativo di non far nascere il governo "gialloverde". «Poi è arrivata "la cavalleria", è lo spread è calato subito», dice Magaldi, alludendo ai potenti fondi d'investimento (sempre di matrice massonica, ma di segno progressista) che hanno calmato le acque. Non paghi della lezione, oggi Oettinger e soci ci riprovano: il piano – avanzato direttamente dal politico tedesco nella commissione affari legali del Parlamento Europeo – prevede di mettere il bavaglio al web, con la scusa della tutela del copyright. "No pasaran", dice Magaldi, che promette battaglia: non solo sta galoppando la petizione online di "Change.org" dopo l'allarme lanciato su "ByoBlu" da Claudio Messora per fare pressione sugli europarlamentari, ma il Movimento Roosevelt chiederà al governo Conte – e al ministro Salvini in particolare – di attivarsi a ogni livello per sventare la minaccia che incombe sulla libertà d'opinione.

Il tentativo di imbavagliare il web da parte dell'Ue, dice Magaldi a "Colors Radio", è un evento gravissimo, «incompatibile con la civiltà democratica nella quale ci viene raccontato che sarebbe radicata l'Europa e anche le sedicenti istituzioni europee, ben lontane dall'essere rappresentative di democrazia sostanziale». Qualcuno, aggiunge Magaldi, ha persino avanzato il sospetto che lo sconcertante Oettinger stia addirittura facendo una sorta di doppio gioco, per arrivare ad auto-sabotare il bavaglio, dato il carattere brutalmente demenziale del provvedimento su cui si pronuncerà il Parlamento Europeo in una data non casuale, il 4 luglio: «E' la ricorrenza dell'Indipendenza americana, cioè «della prima rivoluzione massonica importante nell'era contemporanea». E quindi, un voto come quello proposto da Oettinger «sarebbe uno sberleffo, proprio a quei padri costituenti della contemporaneità massonica che ebbero la meglio sul dispotismo della corona britannica, contestandole il loro trattamento da sudditi anziché da cittadini, rivendicando libertà e democrazia». Günther Oettinger? «E' davvero il denudamento, lo svelamento più atroce dell'anima antidemocratica e liberticida di questa Disunione Europea e dei gruppi massonici neo-aristocratici che l'hanno sin qui guidata».

Il personaggio, continua Magaldi, «è un massone neo-aristocratico, "controiniziato" come pochi». Dopo le elezioni, con il suo cinico "avvertimento" rivolto all'Italia gialloverde, «si è fatto portavoce di una punizione, da parte delle forze neo-aristocratiche e massoniche "controiniziatiche" che volevano bastonare la democrazia italiana per il tramite innanzitutto di Mario Draghi, colpevolmente utilizzatore della Bce per i fini suoi e dei suoi "amici degli amici", naturalmente "fraterni"». In quei giorni, in cui ballava lo spread, secondo Oettinger "i mercati" avrebbero insegnato agli italiani come comportarsi. «Poi, appunto, è arrivata "la cavalleria" massonica di altro segno, e Oettinger e gli altri se la sono andata a prendere in quel posto», dice Magaldi. «Ora i mercati si stanno muovendo senza più tanti clamori; naturalmente ci sono delle analisi da fare, e – quando servirà – reinterverrà "la cavalleria" massonica progressista (rappresentata da fondi importanti, perché non sono soltanto gli altri circuiti a disporre di mezzi e di strumenti decisivi, in questo caso usati per la democrazia, e non contro)». Persa l'Italia, oggi Oettinger si muove per "spegnere" il web, che tanta parte ha avuto nei recenti sviluppi elettorali? E' storia: OettingerInternet è stato decisivo nel referendum anti-Renzi e nella Brexit, nella vittoria di Trump e nel successo gialloverde. Ora Oettinger pernsa di fermare la storia togliendo la libertà di parola ai cittadini?

«E' inutile puntare il dito solo su Günther Oettinger, per il quale prevedo una fine ingloriosa: questo signore – dice Magaldi – dovrà andarsene a calci nel sedere, non solo dal suo posto di commissario europeo ma, in generale, dalla scena politica continentale, che ha vergognosamente disonorato con le sue battute irricevibili sull'Italia e sui "mercati" che ne avrebbero dovuto orientare il voto». Questa iniziativa contro il web, poi, è particolarmente odiosa e illiberale. «Chiederemo al governo Conte e al ministro dell'interno Salvini di adoperarsi in modo forte contro questa possibile deriva liberticida», promette Magaldi. Dall'Ue, peraltro, niente di così nuovo: «Su istigazione di Günther Oettinger e di altri antidemocratici come lui, profondamente illiberali fin nel midollo, il Parlamento Europeo vorrebbe mettere il bavaglio al web con un meccanismo ovviamente bizantino, passando attraverso il discorso del copyright: è la solita salsa tecnocratica che mascherare una sostanza antidemocratica». Non funzionerà, avverte Magaldi: «Questa è un'altra buccia di banana, così come le incaute dichiarazioni di Oettinger furono un meraviglioso regalo, un fantastico assist per la reazione popolare di indignazione di tutti i partiti italiani, alla fine, verso quel modo di trattare il popolo italiano». Questa mossa, altrettanto incauta, per Magaldi «sarà la tomba ulteriore di questa cattiva politica europea che ha costruito un mostro burocratico privo di democrazia e privo di rispetto per le esigenze di libertà, fraternità e uguaglianza che dovrebbero essere la bussola dell'Ue e di qualunque costruzione politica europea». Una promessa: «Politicamente parlando, d'ora in poi i "cadaveri" saranno tanti, a cominciare da quello di Oettinger».

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venerdì 6 luglio 2018

25 MILA SPARTANI CONTRO LA CENSURA DEL WEB – ControRassegna Blu #21



Ecco la nuova edizione della Controrassegna Blu, la rassegna stampa di Byoblu: le notizie che i radar dell’informazione mainstream non rilevano.
Buonasera, è partita la settimana cruciale che cambierà i destini di Internet. Il voto sulla Riforma del Copyright, che cambierà per sempre la rete, è stato spostato a giovedì. Byoblu ha raccolto oltre 25 mila firme contrarie in poco più di una settimana e in queste ore stiamo cercando di consegnarle al Parlamento europeo. Nel frattempo, la settimana scorsa, è arrivata la dura presa di posizione anche del Governo. Di Maio ha detto che, qualora questa direttiva venisse votata al Parlamento europeo, l’Italia dovrebbe prendere in considerazione l’opportunità di non ratificarla. E allora abbiamo chiesto a un giurista di chiara fama internazionale se questo potrebbe essere possibile, se potrebbe essere una soluzione. Sentiamo che cosa ci ha risposto Ugo Mattei.
Ecco, questa – purtroppo – è una buona intenzione politica, ma non ha nessunissimo senso dal punto di vista giuridico. Dal punto di vista giuridico le direttive, oggi, sono immediatamente vincolanti per gli Stati membri indipendentemente dalla trasposizione. C’è stata una lunga evoluzione giurisprudenziale in questo senso. Il famoso caso Francovich contro Repubblica italiana ha stabilito addirittura la responsabilità civile degli Stati qualora queste… una direttiva non trasposta dovesse comportare dei danni a dei cittadini. Cioè, un effetto direttamente orizzontale, come dicono i giuristi. Inoltre, bisogna sempre considerare che, di fronte alle questioni della rete Internet, qualsiasi velleità sovranità decade. Internet è uno spazio universale e la regolamentazione di un Paese, soprattutto di un Paese forte, finisce necessariamente per colpire anche tutti gli altri perché, alla fine, i grandi provider privati, quelli che sono gli unici ad avere una vera attività a livello globale, mireranno probabilmente al diritto di uno o due Stati forti, ma certamente non si preoccupano, non si fanno assolutamente un baffo di quelle che sono le indicazioni che derivano da una piccola semi-periferia come la nostra. Quindi è molto importante scongiurare questa direttiva, è molto importante farlo adesso mentre c’è ancora un po’ di tempo. Nei prossimi giorni bisogna contattare tutte le persone che hanno dei deputati parlamentari, le persone che potrebbero, in qualche modo, influire in questo processo, per scongiurare questa disgrazia.
Comunque, da ieri sera è scesa in campo anche Wikipedia, che su tutte le sue pagine mostra questa schermata [ndr: guardare video]. Certo, muoversi due giorni prima forse è un po’ tardi, ma in ogni caso, a difendere questa riforma è rimasta solo la SIAE (la Società Italiana Autori Editoriappena intervistata per Byoblu da Glauco Benigni), perché il mondo della Rete è compatto e sta reagendo. Ecco la vignetta che Marione ha realizzato apposta per la ControRassegna Blu:
Marione - Questo è il Web
È inutile negarlo, c’è un’Italia che si informa ormai in rete perché delusa da decenni di pensiero unico. E mentre Di Maio allude esplicitamente all’opportunità di avviare una nuova fase di multimedialità in internet, perché la televisione è morta – e non vi nego che il progetto di Byoblu punta anche proprio alla costruzione di una piccola Netflix dell’informazione libera – nuove minacce si addensano all’orizzonte. Facebook annuncia che i contenuti generati dagli utenti saranno sottoposti al giudizio di autorevolezza degli utenti stessi: chi verrà giudicato positivamente dalla comunità vedrà i suoi post premiati, viceversa chi avrà un “rating” negativo vedrà cadere i suoi post nell’oblio. Inoltre, Zuckerberg stringe i patti con i fact checkers per contrastare la diffusione delle cosiddette “notizie false”. E adesso perfino Whatsapp, che molti utenti usano per diffondere informazioni ai loro amici, parenti e colleghi, avrà un bollino che identificherà i messaggi inoltrati. Ricordiamo che anche Whatsapp è di Facebook e quindi di Zuckerberg. Su tutte queste iniziative aleggia, però un’ombra: le prossime elezioni europee del 2019, che potrebbero ribaltare gli equilibri e riconsegnare le chiavi di casa di Bruxelles al popolo e sfilarle dalle mani delle élite. Allora tutte queste manovre, potrebbero in realtà solo celare l’intenzione di spegnere l’informazione libera e lasciare in campo una squadra sola, quella del mainstream, quella del pensiero unico, quella di chi vuole avere il monopolio delle idee…

I “campi in Libia”: ecco la verità: sono gestiti dall’ONU.

Dove porta la Guardia Costiera Libica i migranti salvati in mare? Secondo i media, in orridi lager. Ma è proprio così? Ovviamente la Libia non è un posto tranquillo. È un Paese destabilizzato dai progetti colonialisti di Sarkozy nel 2011, e mai riappacificato. Solo Gheddafi riuscì a garantire la pace tra le diverse tribù che popolano la Libia. Ricordiamo anche la frase profetica del Rais“Se i terroristi conquistano il Nord Africa, il Mediterraneo diventerà un mare di caos. Senza me, vi invaderanno”.
Da mesi, però i media stanno facendo una voluta confusione tra i rifugi dei trafficanti, quelli sì veri lager dove i migranti sono stipati come merce in attesa della partenza verso l’Italia, e i centri di detenzione governativi gestiti dalle autorità libiche del Presidente al-Serraj in collaborazione con due agenzie delle Nazioni Unite: l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l’Alto Commissariato per i Rifugiati. E questa volontaria confusione non è certamente un caso.
I campi dei trafficanti, in Libia, sono i luoghi dove realmente avvengono torture e violenze ai danni dei migranti, ma quasi mai uccisioni. Questo perché i trafficanti hanno un forte interesse nel fare arrivare “sani e salvi” i migranti in Italia, in modo da stimolare nuova clientela. Tutt’altra cosa sono invece i centri di detenzione governativi, dove vengono condotti i migranti salvati dalla Guardia Costiera libica. In questi centri operano attivamente le agenzie delle Nazioni Unite, portando aiuti umanitari e assistenza nella gestione delle persone detenute.  E gli operatori umanitari dell’ONU non sono certamente in Libia per torturare i migranti.
Certe immagini dei centri libici dove si vedono i migranti imprigionati in celle anguste, riportate dalla maggioranza della stampa nazionale e internazionale, e da diverse ONG risalgano al periodo antecedente agli accordi Italia-Libia e all’intervento delle Nazioni Unite.
La presenza delle Nazioni Unite in Libia è garantita dall’inviato speciale, Ghassan Salamé. Altre autorità hanno visitato i centri di detenzione governativi come Bettina Muscheidt, capo delegazione dell’Unione Europea, Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, e l’Ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone. Nessuno di loro ha riscontrato lager e torture, anzi: l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni organizza il rimpatrio dei migranti in accordo con l’Unione Africana e con il supporto dell’Unione Europea.
Ora è chiara la notevole differenza tra i covi dei trafficanti, e i centri di detenzione governativi a cui si appoggia la Guardia Costiera Libica? Speriamo lo diventi anche per i media.

Nato addio? Trump vuole cambiare il mondo

Per capire quello che sta davvero accadendo in Italia e in Europa, in questo momento è obbligatorio guardare con attenzione al resto del mondo. In particolare, a quegli Stati Uniti che con l’avvento di Trump hanno avuto una trasformazione senza precedenti e che inciderà profondamente sulla situazione mondiale. Sono tre le notizie degli ultimi giorni che la dicono lunga.
Anzitutto, tra i leader europei serpeggia il timore che Trump si stia preparando ad uno smantellamento della Nato: malgrado la letterina che ha inviato a tutti, in cui auspica un aumento del budget di ciascun Paese a favore dell’alleanza, qualcosa lascia presagire che Trump abbia intenzione di modificare gli assetti che vanno avanti dal dopoguerra. Lo capiamo dalla seconda notizia, che ha fatto il giro del mondo: il Pentagono sta in questi giorni analizzando i costi di un ritiro generale delle truppe americane dalla Germania. Un clamoroso “tutti a casa” che farà contenti i pacifisti tedeschi, ma che lancia anche un chiaro messaggio alla Merkel. Un altro pizzino viene invece spedito a Macron: secondo Geopolitical Center, gli Stati Uniti starebbero valutando un appoggio operativo e politico alla futura missione italiana in Niger, che servirà a controllare i flussi migratori ma che andrà anche a pestare i piedi nel cortile di casa francese.
Insomma, nessuno osa dirlo ma pare proprio che l’Italia sia tutt’altro che isolata, e possa vantare invece nuovi amici che promettono interessanti sviluppi.

Giovani troppo istruiti e troppo poco occupati

Drammatica la situazione dell’occupazione giovanile, secondo un’indagine dei Consulenti del Lavoro basata sui dati Istat. L’analisi evidenzia principalmente come i giovani italiani siano in massa “sotto-occupati”, ovvero per il 30% impiegati in part-time e “lavoretti”, e soprattutto siano sovra-istruiti: il 28% ha un titolo di studio assai più qualificato rispetto al lavoro che svolge.
Negli ultimi 10 anni, l’Italia ha perso un milione e mezzo di posti di lavoro a tempo indeterminato tra i giovani, guadagnandone appena 112 mila a tempo determinato o parziale. Eppure, il 74% dei disoccupati vorrebbe ancora un lavoro stabile. E forse è per questo che sempre più gente emigra: oltre 200 mila sono i trasferimenti all’estero ogni anno, praticamente cifre da dopoguerra. In buona parte si tratta di giovani laureati, che sono costati al Paese e alla famiglia circa 160 mila euro a testa. Competenze e investimenti che vengono così regalati a Paesi esteri. E dire che invece in Italia ce ne sarebbe tanto bisogno!

Marittimi italiani, la battaglia va in porto

Grazie a una vecchia legge del 1998 gli armatori navali in Italia godevano di ottimi sconti fiscali, a patto che imbarcassero prevalentemente marittimi italiani. Ma, naturalmente, molti armatori da sempre preferiscono assumere extracomunitari per risparmiare ancora di più, lasciando a casa gli italiani che costano quasi quattro volte tanto. La solita storia, insomma.
Uno di questi armatori, tuttavia, Vincenzo Onorato, patron di MobyTirrenia e Toremar, ha rifiutato di prestarsi a tali scorrettezze e da anni impiega solo personale italiano, dando lavoro a quasi 5 mila famiglie di esperti marittimi italiani. Non solo: si è battuto affinché il governo precedente varasse una legge più severa rispetto alle norme del ’98, e ora attende che il nuovo governo la faccia applicare anche a quei suoi colleghi che si ostinano a fare i furbetti. Inoltre Onorato ha dimostrato anche che, malgrado la narrazione vigente sul “costo del lavoro”, ai maggiori costi del personale italiano non corrispondono affatto disastrosi fallimenti. Al contrario, le sue compagnie prosperano, gli utili crescono e i passeggeri anche. Si può fare, insomma!

Rinvio vaccini, e scuole aperte a tutti

Sappiamo che la revisione della legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale fa parte del contratto del governo gialloverde. Sia Salvini che il ministro della Salute Giulia Grillo hanno di recente riaffermato la volontà di agire in tal senso. Ma i tempi stringono: entro il 10 luglio si devono concludere le iscrizioni scolastiche che prevedono la consegna di tutti e 10 i certificati vaccinali obbligatori. Non c’è quindi tempo per rivedere la legge nella sua interezza. Così, il governo ha deciso per un  rinvio: è già pronta al Ministero della Salute una circolare che cancella o, più correttamente, congela l’obbligo di certificare le avvenute vaccinazioni. I bambini potranno così, a settembre, entrare tutti a scuola senza più il rischio di essere lasciati fuori dalla porta.
Fonte: www.byoblu.com

mercoledì 4 luglio 2018

VACCINI / CONTINUA LA CAMPAGNA DI BUFALE DEI PRO VAX. MA IL NOBEL LUC MONTAGNIER LI SPUTTANA


Il vicepremier tuttofare Matteo Salvini dice una frase sui vaccini e apriti cielo. Si alzano dal sarcofago i PD, tuonano dalle loro cattedre (sic) i soloni della scienza di casa nostra, suona la fanfara mediatica tutta pro vax. 
Ormai il copione è ben noto: appena si alza un dito per mettere in dubbio non l’utilità dei vaccini, ma solo le modalità d’uso, di somministrazione e caso mai la qualità dei vaccini stessi, si mette in moto la possente macchina di Big Pharma, che con i suoi tentacoli arcimiliardari è in grado di comprare l’ok degli scienziati, quello dei partiti sempre a caccia di fondi e quello ormai in svendita dei media. 
Ad essere fregati i cittadini, i genitori che in questo bailamme politico e (dis)informativo non sanno che pesci prendere, stretti da un obbligo alla vaccinazione che neanche nella Germania hitleriana sarebbe stato mai adottato e quindi ricattati – pistola alla tempia – sul fronte del diritto all’istruzione e all’educazione dei loro figli. 

Giulia Grillo. In apertura Matteo Salvini e, sullo sfondo, il popolo dei NO VAX
Nel bel mezzo da un lato il decreto Lorenzin, che appunto obbliga all’assunzione di 10 vaccini dieci, cosa che in nessun paese civile europeo è in voga; e dall’altro il paragrafo del ‘contratto’ gialloverde che sul tema così si esprime: “pur con l’obiettivo di tutelare la salute individuale e collettiva, garantendo le necessarie coperture vaccinali, va affrontata la tematica del giusto equilibrio tra diritto all’istruzione e diritto alla salute, tutelando i bambini in età prescolare e scolare che potrebbero essere a rischio di esclusione sociale”.
Un tema, comunque, mal posto. Perchè non si tratta solo di diritto all’istruzione, ma di diritto alla salute – quella vera – da rispettare senza se e senza ma: e quindi non costrigendo i ‘greggi’ dei bimbi italiani a subire un’imposizione parahitleriana, invece a ricevere tutte le cure del caso, ben compresi i vaccini. Ma attenzione: vaccini di qualità super controllata; e somministrati – quelli che risultano necessari – in maniera cauta, saggia, dopo i dovuti e rigorosi controlli, nel più totale rispetto del “Principio di Precauzione”, come hanno stabilito in modo inequivocabile le Nazioni Unite a Rio de Janerio nel 1992 e ha ribadito la stessa Unione Europea nel 2002.
ATTENTI A QUEI TRE, I MAGHI DEI VACCINI 
Partiamo dalle news. 
Dopo le parole del titolare del Viminale, Matteo Salvini, subito osserva la ministra della Salute, la 5 Stelle Giulia Grillo: “Le valutazioni scientifiche non competono alla politica. La politica non fa scienza, la scienza la fanno gli scienziati”. Tortuoso. Anche perchè non dice una sola parola sugli immensi interessi di Big Pharma nel settore e sui giganteschi conflitti d’interessi che coinvolgono alcuni ‘soloni’ in camice bianco che dettano il Verbo scientifico.

Roberto Burioni
Eccoci, allora, a questi Soloni, i Maghi dei Vaccini. Genuflessi tutti i media a raccoglierne le Parole, fregandose di sentire il parere di qualche scienziato che la pensi in modi diverso: quasi avesse la peste. 
Scende in campo Repubblica sempre più in ginocchio davanti agli interessi di Big Pharma, soprattutto da quando Mario Calabresi è al timone del quotidiano: “Salvini fa il no-vax. ‘Dannosi 10 vaccini’. La ministra lo stoppa”, romba il titolo. 
I pareri eccellenti raccolti? Quello della “scienziata e senatrice a vita” Elena Cattaneo che etichetta Salvini come “irresponsabile e incompetente” e del Super No Vax Stefano Burioni, il quale parla di “bugia pericolosissima”. 
Da una campana all’altra, eccoci a quella del Corsera che parte lancia in resta con Ariete Burioni: “Accusa il titolare del Viminale di ‘aver detto una menzogna’ e gli lancia una sfida: ‘mi indichi quali vaccini sono ‘assolutamente superflui’, indicando la bibliografia che supporta le sue affermazioni, altrimenti avremo la certezza che il ministro dell’Interno racconta pericolose bugie”. 
Il quotidiano diretto da Luciano Fontana passa poi all’altro Vate in gonnella, la farmacista a vita Cattaneo, che accusa Salvini di “irresponsabilità: parla di cose di cui non ha competenza” e di “fare campagna elettorale sulla salute dei bambini”.
Il Corsera stavolta fa di più, e intervista un altro maitre a penser pro Vax, quell’Alberto Mantovani che consorella Repubblica ha più volte definito “lo scienziato italiano più citato nella letteratura scientifica mondiale”. Ecco, tra ovvietà & baggianate, il Mantovani Pensiero. 

Elena Cattaneo
Alla domanda del cronista sui rischi legati alle vaccinazioni risponde: “Ne corriamo molti di più in automobile ed esiste il rischio di intossicazione per tutti i farmaci”. Da ricovero.
Poi, sulle possibili reazioni avverse ai vaccini: “Le reazioni avverse sono per una maggior parte legate alla puntura dell’ago”. O a quella di una vespa che si trovi nei paraggi. 
Ancora, il cronista del Corsera chiede sulla vaccinazione contro l’epatite B: “L’epatite B ha flagellato l’Italia. Ora le nuove generazioni sono immuni da un virus che è causa di grave infezione al fegato e può portare al tumore”. Vedremo a breve cosa ne pensa uno scienziato appena più ‘illustre’ di lui.
Dicevamo prima: come mai i Palazzi dell’informazione di casa nostra non hanno il coraggio di sentire neanche una volta il parere di uno scienziato che la pensa in maniera diversa? 
Interpellano i soliti noti: dal massone Burioni in palese conflitto d’interessi per i suoi brevetti nel campo dei vaccini e che tratta tutti come “Somari” (dal titolo del suo ultimo capolavoro), alla farmacista Cattaneo che combatte da una vita anche sul fronte della vivisezione senza se e senza ma, ben sapendo che è perfettamente inutile e serve solo a gonfiare i porfatogli di Big Pharma.
PARLA IL NOBEL PER LA MEDICINA LUC MONTAGNIER
Mistero. Quando basta andare ad un convegno organizzato dall’Ordine dei Biologi per incontrare, ad esempio, il premio Nobel Luc Montagnier, che di vaccini se ne intende centomila volte più di un Burioni, di una Cattaneo e di un Mantovani. 
Riportiamo alcune frase pronunciate da Montagnier poco più di tre mesi fa a Roma, invitando i lettori ad ascoltare il testo dell’intervento tenuto il 10 marzo presso la sede dell‘Ordine nazionale dei Biologi, ancora reperibile via internet. Eccone alcuni passaggi salienti.
“Siamo in presenza di una moltitudine di fattori tossici. Si sviluppano epidemie, insorgono nuove malattie, si moltiplicano gli agenti infettivi. Le risposte non possono essere univoche, ma articolate, non fornite in modo semplicistico per la salute umana. Come succede attraverso i vaccini”.

Luc Montaigner
A proposito dell’alluminio che è contenuto nei vaccini: “Molti sostengono che ingeriamo alluminio anche mangiando. Ma una cosa è ingerire ed eliminarlo attraverso l’intestino, altra cosa è iniettarlo nelle vene, quindi introdurre subito la sostanza in circolo. Resta per parecchio in sito ma poi arriva fino al cervello. L’alluminio nei muscoli può essere causa di malattie. Per questo deve essere eliminato assolutamente dai vaccini”. 
A proposito del tanto discusso obbligo vaccinale, così sottolinea il premio Nobel per la Medicina: “Quando in Francia è stato varato l’obbligo per alcuni vaccini, io sono stato contrario, perchè la vaccinazione di massa può essere molto pericolosa”.
“Prima di somministrare qualsiasi vaccino vanno effettuati accurati, più che approfonditi esami su chi lo riceve; occorre misurare con attenzione gli anticorpi, valutare tutte le possibili reazioni. Insomma andare molto cauti, con i piedi di piombo”. E non trattare i bambini come tanti polli in batteria da vaccinare tanto al pezzo per rispettare diktat & interessi di Big Pharma.
Continua Luc Montagnier nel suo intervento: “In Francia la campagna di vaccini ha prodotto molti effetti collaterali, perchè le industrie pensavano solo ai loro profitti e sono aumentate in modo sensibile le patologie”. Appunto.
E a proposito dell’epatite B di cui discetta Mantovani: “Ricordo una tragedia che ha colpito la Francia ma anche altri Paesi. La campagna di vaccini contro l’epatite B ha causato moltissimi decessi di emofiliaci, per via degli emoderivati somministrati, a cominciare dai fattori VIII e IX”. Proprio come è successo in Italia per la strage del sangue infetto, con un processo finalmente in corso a Napoli dopo 20 anni (venti) di attesa!
Va giù molto duro, Montagnier: “In Francia abbiamo avuto una campagna di vaccinazioni obbligatoria per la somministrazione di vaccini entro i due anni. Un grande errore medico, scientifico e politico”. E anche morale. 
E, per chi non ha ancora capito, spiega: “I vaccini vanno somministrati con saggezza, senza abusi, dopo una serie di controlli, rispettando e attuando il principio di Precauzione adottato oltre un quarto di secolo fa dalle Nazioni Unite e poi confermato dalla Ue”.

Giulio Tarro
Sorge a questo punto più che spontanea una domanda. Se lorsignori, i Super Scienziati del calibro di Burioni, Cattaneo, Mantovani e compagnia bella non vogliono parlare con cittadini, medici e ‘somari’ certo non alla loro siderale altezza, perchè non accettano il confronto con qualcuno che è un po’ al di sopra di loro, visto che è stato insignito di un Nobel per la Medicina e non fa parte di logge e loggette di alcun tipo? 
Come mai i Vati di casa nostra continuano a suonarsela e cantarsela tra loro, in mezzo a chitarre e mandolini, nani e ballerine di un’informazione ormai comprata e venduta tanto al pezzo? 
P.S. Consigliamo a tutti di evitare fonti ‘inquinate’ per una approfondita conoscenza in materia. 
Se volete saperne realmente di più leggete “10 cose da sapere sui vaccini – Tutta la verità – Un libro indispensabile per genitori consapevoli” (Newton Compton Editori). 
Lo ha scritto Giulio Tarro, un virologo di fama mondiale, per due volte candidato al Nobel per la Medicina, allievo di Albert Sabin, l’inventore del vaccino antipolio. 
La Voce ne ha scritto in un paio d’inchieste che potete trovare cliccando in basso. 
Utile – il libro – per capire e misurare gli interessi di Big Pharma, i conflitti d’interesse che appestano il mondo scientifico e accademico, e per sapere chi lotta davvero per la salute dei bambini e dei genitori: e chi invece fa affari speculandovi sopra e puntando le sue carte proprio sull’ignoranza dei cittadini.   

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LA DINASTY DEI PARNASI / TUTTI GLI AFFARI MILIONARI E LE AMICIZIE BORDER LINE

Rapporti con il Venerabile Licio Gelli, terreni e proprietà appartenute per una vita ai "Cavalieri dell'Apocalisse mafiosa", quindi lo scrigno di tutti i segreti che facevano capo al super banchiere delle cosche Michele Sindona.
Di tutto e di più nel 'portafoglio' lavori e non solo di casa Parnasi, oggi tornata agli onori delle cronache per l'affaire dello stadio giallorosso a Tor di Valle e l'inchiesta montante della procura di Roma.
Un business che bolle in pentola da almeno un anno e mezzo, dopo un primo trattamento a cura della giunta capeggiata da Ignazio Marino e la stretta finale impressa da quella griffata Virginia Raggi.
Quel 'portafoglio' per anni è stato tra le mani di Sandro Parnasi, il patriarca della dinasty mattonara romana, storicamente rivale del gruppo Caltagirone, con cui ha diviso la torta degli appalti: anche se negli ultimi tempi la potente famiglia tutto cemento ha preferito dedicarsi alle lucrose attività estere. Le questioni romane, quindi, appannaggio soprattutto di Parsitalia & consorelle, sponsorizzate al punto giusto e in modo perfettamente trasversale.


Valter Veltroni e il fratello Valerio.

Nel montaggio di apertura Luca Parnasi e sullo sfondo Michele Sindona
Ecco cosa la Voce scriveva in un'ampia inchiesta di aprile 2011: "La famiglia Parnasi, come la gran parte dei palazzinari romani, ha imparato il copione a memoria: amici di tutti, a destra e a sinistra, con Walter Veltroni e Gianni Alemanno, con Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Sempre a fianco dei manovratori". In quel reportage venivano dettagliati i principali business mattonari dell'epoca all'ombra del Cupolone: da Tor Marancia a Mostacciano e al comprensorio Torrino nord; da Montesacro all'Eur 2; da Casalpalocco alla Collina Fleming.
In quest'ultimo caso, i progetti di casa Parnasi hanno trovato adeguata accoglienza dalla giunta Alemanno, "in perfetta continuità con i desiderata del predecessore Veltroni".
Del resto fu non poco fitta la rete degli interessi tessuta tra Luca Parnasi, il rampollo della dinasty, e Valerio Veltroni, fratello di Walter e con il pallino degli affari immobiliari, lungo l'asse Pisa-Roma.

LEGAMI PERICOLOSI
Ma veniamo alle amicizie border line e agli affari pericolosi.
Titola la Verità di Maurizio Belpietro il 20 giugno: "Quando Gelli scriveva a Parnasi: grazie dei doni". Il riferimento, of course, è al patriarca Sandro Parnasi, uno degli storici mattonari romani.
Come a suo tempo furono, ad esempio, i Marchini e i Belli.
Sul primo fronte la gran parte del patrimonio Marchini è finito proprio sotto l'ombrello dei Parnasi. Mentre il rampante Alfio, dopo aver dismesso le sue partecipazioni nel 'Risanamento', ha pensato bene di tuffarsi nell'agone politico romano. Un flop.
Sull'altro versante, c'è una vicenda tutta da raccontare e che porta dallo scrigno di casa Sindona ai salotti di casa Parnasi. Via Belli. Una story che nel 1990 fa tappa a Napoli. State a sentire.


Alfio Marchini

Quello scrigno, SGI, ossia Società Generale Immobiliare, racchiudeva tutte le ricche partecipazioni immobiliari che facevano capo al super cassiere della mafia e con alte protezioni vaticane, Michele Sindona, il quale finì i suoi giorni grazie ad una tazzina di caffè corretto servitogli nelle galere dell'Ucciardone.
Tra le perle di SGI alcune controllate d'oro, non solo per i beni posseduti ma soprattutto per i segreti custoditi: SGI Lavori, SGI Casa, SGI International e sorella Sogene. Storie di maxi riciclaggi, proventi illeciti, operazioni estere. Di tutto e di più, in quelle casseforti.
Non a caso, infatti, don Michele aveva rilevato il tutto dal Vaticano. Passato Sindona a miglior vita, quel tesoro e soprattutto quei segreti non possono che passare in mani fidate: ed ecco la Arcangelo Belli story, che con alcuni amici mattonari capitolini acquisisce la 'polpa' di Sogene.
Passano gli anni, gli affari non volano con il vento in poppa, comunque il 'bottino' sta al sicuro.
Fino a che tutto finisce nelle aule della sezione fallimentare, va in scena la rituale asta e quel patrimonio finisce nelle mani di uno sconosciuto imprenditore napoletano impegnato nel settore della meccanica idraulica, Paolo Martinez. Di quella liquidazione si occupò un prestigioso studio partenopeo guidato dall'allora avvocato ed ex senatore della Sinistra Indipendente, Gustavo Minervini. La storia è molto complessa e porta fino ai paradisi fiscali all'epoca più accorsati, e ad una serie di fiduciarie, comodo paravento per affari opachi. Potete rileggere la vecchia storia nelle pagine della Voce di ottobre 1990.
Alcuni anni di nebbie, poi l'ultimo passaggio: Sogene & Sgi finiscono nelle mani del gruppo Parnasi: siamo nel 1993, a condurre l'operazione il comandante Sandro, con un Luca che ancora indossa i calzoncini corti, o quasi.
Sorgono spontanee alcune domande: cosa ha portato prima l'Arcangelo Belli, poi mister Martinez quindi Big Parnasi a inghiottire una patata comunque sempre bollente? Valevano più i residui cespiti immobiliari oppure i segreti, pur sempre una 'merce' che ha un suo valore sul mercato? Nessuna inchiesta della magistratura ha mai anche appena cercato di far luce su quei misteri. Da novanta. Varrebbe certo la pena – oggi – di capire il perchè di quelle indagini mancate.

DA SINDONA A GRACI

Elio Lannutti

Passiamo all'altra storia bollente. Aste fallimentari che passione, per Parsitalia, Eurnova e consorelle, ossia i bracci mattonari di casa Parnasi.
Ed è così che sborsando meno della metà del prezzo, ossia circa 130 milioni invece di 290, i costruttori romani riescono ad accaparrarsi un vero e proprio patrimonio immobiliare che fa capo a Francesco Finocchiaro e Gaetano Graci, i due "Cavalieri dell'Apocalisse mafiosa" che hanno per decenni dettato legge nella Sicilia degli appalti, in compagnia di altre dinasty che andavano per la maggiore, come quelle dei Cassina, dei Costanzo e dei Rendo.
La story viene condita anche con il fallimento della banca Sicilcassa, che aveva erogato pingui fondi alle imprese di Finocchiaro e Graci. Uno dei 'tesori' più preziosi che il tandem possedeva erano dei terreni a Roma, zona Eur.
Ecco come cinque anni fa ha dettagliato i fatti il Messaggero di casa Caltagirone, una cronaca che non fa sconti vista la storica rivalità tra i due gruppi mattonari: "Quella proprietà era stata acquistata nel corso di un fallimento della banca Sicilcassa. I terreni dell'Eur su cui oggi sorge il palazzo della Provincia erano di Graci e Finocchiaro. Nel 2002 entrano in campo i costruttori Parnasi che fanno una transazione per comprare i crediti e le azioni di tre società del gruppo Graci-Finocchiaro, che alla data del crac avevano un'esposizione di 287 milioni di euro verso la Sicilcassa. Grazie all'accordo, i Parnasi rilevano tutto pagando meno della metà, 129 milioni. E nel pacchetto ci sono anche i terreni dell'Eur".


Nicola Zingaretti con Enrico Gasbarra

Continuava il Messaggero, all'epoca diretto da Mario Orfeo, poi passato ai fasti Rai: "La trattativa si chiude nel 2003, dopo che la zona era stata trasformata da M1 a M2, ovvero da zona edificabile per servizio pubblico e zona edificabile a destinazione privata. L'operazione è opaca, perchè non è chiaro se nel fare il prezzo per quel terreno alle porte di Roma, i liquidatori di Sicilcassa abbiano tenuto conto di quanto la variazione della destinazione d'uso avrebbe fatto lievitare il valore. E' un fatto, però, che il Comune di Roma, allora guidato da Walter Veltroni, chiude con la Parsitalia di Luca Parnasi un accordo di compensazione: al Comune viene restituita l'area del Pratone della Valle e in cambo la società ottiene la zona di Eur Castellaccio, con una edificabilità complessiva di ben 780 milioni di metri cubi. Tra i tanti edifici che vengono costruiti c'è quello del nuovo palazzo della Provincia, ente abolito nel 2014 ma che nel frattempo ha speso 263 milioni di euro per acquistare una nuova sede, un'operazione avviata dall'ex presidente della Provincia Enrico Gasbarra ma conclusa dal suo successore Nicola Zingaretti, vicino a Parnasi".
Per la più classica delle serie, "Amici Miei".
Una vicenda, quella dell'affare Eur-Parnasi e annessa Provincia story, che passa politicamente del tutto inosservata. Nel più totale e roboante silenzio.
Mosca bianca l'allora senatore Elio Lannutti, storico presidente di Adusbef, l'associazione a tutela dei risparmiatori, che in un'interrogazione parlamentare datata 30 novembre 2011 (la numero 640) denunciava le manovre in corso e chiedeva una risposta al ministro dell'Economia: "il piano di acquisto della nuova sede della Provincia di Roma rischia di appesantire in maniera eccessiva i bilanci dell'ente; non sono chiari i motivi per cui la Provincia venda una parte del proprio patrimonio immobiliare e proceda all'acquisto di un'imponente struttura nella zona dell'Eur".
In basso potete leggere il testo di quell'interrogazione in cui viene anche ricostruito tutto l'iter dello sconcertante affare. Sulle spalle dei romani, dell'erario e a solo vantaggio di un gruppo mattonaro privato.
Che fino a ieri voleva mettere le mani sul governo gialloverde in fase di gestazione…

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L'INCHIESTA DELLA VOCE DO OTTOBRE 1990
Inchiesta Voce ottobre 90