sabato 25 aprile 2020

Ecco il risultato delle prime 50 autopsie di bergamo: AVEVANO SBAGLIATO COMPLETAMENTE LA DIAGNOSI

Carlo Palermo / Il Giudice Che Visse Due Volte


35 anni fa la strage di Pizzolungo per far saltare in aria il magistrato coraggio Carlo Palermo e nella quale vennero ammazzati la trentenne Barbara Rizzo e i suoi due gemellini, Giuseppe e Salvatore Asta.
Oggi è in corso al tribunale di Caltanissetta il quarto processo, che vede sul banco degli imputati il boss Vincenzo Galatolo, già condannato all’ergastolo per l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Galatolo è accusato di essere stato non solo il mandante della strage, ma anche di aver per primo pensato e ideato l’attentato a Carlo Palermo.

Un magistrato all’epoca molto pericoloso non solo per la mafia, ma anche per i livelli collusi della politica già in vena di tangenti. Un mix davvero “esplosivo”.
Torniamo con la memoria a quei tragici fatti.

UN MAGISTRATO DA FAR SALTARE
Il 2 aprile 1985, lungo la statale che porta da Palermo a Trapani, un’auto imbottita di tritolo, piazzata sul ciglio della strada, salta per aria. L’obiettivo è la 132 blindata dove si trova Carlo Palermo con la sua scorta. L’auto era seguita da una Fiat Ritmo non blindata con altri due agenti a bordo.

Barbara Rizzo con i figli. In apertura un’auto saltata in aria nella strage di Pizzolungo e a destra Carlo Palermo
Ma nel momento della tremenda esplosione, la 132 stava superando una terza auto, una Volkswagen Scirocco guidata da Barbara Rizzo, 30 anni, in compagnia dei figli di 6 anni Giuseppe e Salvatore.
Ed è proprio quest’ultima vettura a rimanere completamente distrutta con i tre corpi carbonizzati. Solo ferite lievi per Palermo e i due agenti con lui, Rosario Di Maggio (alla guida) e Raffaele Mercurio. Gravi le ferite riportate dagli altri due, Antonio Ruggirello e Salvatore La Porta, che poi saranno dichiarati inabili al servizio.

Per la strage vennero condannati all’ergastolo, come mandanti, i capi mafia di Palermo e Trapani, ossia Totò Riina e Vincenzo Virga; nonché Nino Madonia e Balduccio Di Maggio per aver portato a Trapani l’esplosivo utilizzato.
Commenta Antimafia Duemila: “Un processo che mise in evidenza le ‘voragini’ di verità che si aprirono nel primo procedimento aperto contro i boss Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo Filippo Melodia. I tre, individuati già nel 1987, furono condannati in primo grado all’ergastolo, per poi essere assolti in appello. L’ex boss di San Giuseppe, Giovanni Brusca, sentito al processo contro Messina Denaro per le stragi del 1992, ha svelato che Riina diede ordine al capo mafia di Caltanissetta, Piddu Madonia, di ‘avvicinare’ i giudici del processo di Pizzolungo per ‘aggiustare il processo’. I pentiti, e le indagini successive, hanno indicato Calabrò, Milazzo e Melodia come gli esecutori. Ma non possono essere riprocessati, per via del ‘ne bis in idem’: per cui non possono tornare imputati di un reato per il quale esiste una sentenza definitiva di assoluzione”.
Follie della giustizia di casa nostra.

ECCOCI AL QUARTO PROCESSO
Il quarto processo iniziato a Caltanissetta, comunque, vede alla sbarra Vincenzo Galatolo, il capo della famiglia dell’Acquasanta, molto vicina ad ambienti deviati dei servizi segreti. Furono i Galatolo, 31 anni fa, ad organizzare il fallito attentato dell’Addaura contro Giovanni Falcone: “menti raffinatissime”, etichettò poi i promotori il giudice scampato per un miracolo.
Un processo che nasce dalle dichiarazioni del pentito Francesco Onorato e della “figlia ribelle” del boss, Giovanna Galatolo. A settembre 2019 il pm, Gabriele Paci, al termine della sua requisitoria ha chiesto 30 anni di galera per Vincenzo Galatolo.

Il tribunale di Caltanissetta
Ma dal processo, celebrato con rito abbreviato, difficilmente uscirà una spiegazione esaustiva circa i motivi che portarono all’attentato che aveva come obiettivo Carlo Palermo, sbarcato in Sicilia solo pochi mesi prima, in arrivo dalla procura di Trento dove aveva portato avanti inchieste bollenti soprattutto sui versanti della corruzione, dei rapporti mafia-politica, delle maxi tangenti di “Stato”, dei riciclaggi spinti: di tutto e di più in quelle esplosive inchieste.
Secondo non pochi, poi, c’è stato anche lo zampino massonico nella strage di Pizzolungo: visto che il nome di Gioacchino Calabrò fa capolino tra le carte della loggia segreta “Iside 2”.
Ecco come lo stesso Palermo parla di quella strage: “Io nel 1985 ho avuto la fortuna di sopravvivere alla rivelazione di alcuni segreti di Stato. Sono stati condannati boss mafiosi. Ma non erano i soli a volermi eliminare. Mi ero avvicinato ad alcuni nomi intoccabili e che infatti non sono mai usciti. Dalla Turchia arrivava la droga, che poi finiva in Sicilia e da qui smistata in Francia e negli Stati Uniti. Armi e terrorismo costituivano parti inscindibili di quei patti segreti. La prova, già allora, che la grande criminalità è un fenomeno globale e complesso. I giudici, frenati dal criterio della territorialità, giocano una sfida impari. Servirebbe un reale coordinamento internazionale delle indagini. Altrimenti è impossibile venirne a capo”.

LA STRAGE DEL SANGUE INFETTO
Torna a vivere a Trento, dopo l’attentato, Carlo Palermo. Lascia la magistratura e comincia a fare l’avvocato. Ma profonde il suo impegno civile anche nella politica. Aderisce alla neonata Rete di Leoluca Orlando, viene eletto consigliere provinciale.
E non la prende sottogamba, la politica, perché nelle sue interrogazioni c’è tutto quello spirito investigativo che l’ha sempre contraddistinto.
Fa sua una battaglia molto impegnativa, quella per denunciare i traffici di emoderivati e quello che poi diventerà lo “scandalo per il sangue infetto”.
Aveva raccolto, infatti, informazioni e notizie su strani movimenti in alcuni depositi nel Veneto, in particolare nel padovano, documentati nella sua interrogazione. Che in breve diventa una corposa “notitia criminis” che dà il via a massicce investigazioni delle fiamme gialle e ad un’inchiesta della magistratura trentina. E la procura acquisisce il dossier Palermo, del quale fa parte il volume “Sua Sanità”, edito a febbraio 1992 dalla trentina “Publiprint”, la coraggiosa casa guidata da Eugenio Pellegrini e che aveva già dato alle stampe libri coraggiosi, come quelli di padre Alex Zanotelli e dello stesso Carlo Palermo.
E’ coedito dalla Voce, “Sua Sanità”, dedicato alle rocambolesche imprese dell’allora ministro Francesco De Lorenzo. Autori sono Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola.
In un corposo capitolo del volume vengono dettagliate imprese altrettanto mirabolanti, quelle del gruppo Marcucci nel ricco settore degli emoderivati, capitanato dal padre-patriarca-padrone Guelfo, con il figlio Andrea in rampa di lancia sul fronte politico: è infatti il più giovane deputato in parlamento, fresco d’elezione nel 1991 sotto i vessilli del Pli di Renato Altissimo e dello stesso De Lorenzo.
L’inchiesta trentina vede sotto i riflettori le società che popolano l’“impero del sangue” griffato Marcucci, già all’epoca oligopolista in Italia.

Duilio Poggiolini
Partito nel 1999 a Trento, il processo passerà poi a Napoli, dormendo per anni negli sgarrupati scantinati del centro direzionale, sede del tribunale. Prende il via – dopo colossali ritardi e solo 9 parti civili – nel 2016 e si conclude dopo tre anni esatti con un clamoroso “il fatto non sussiste”, sentenza pronunciata dalla sesta sezione penale del tribunale partenopeo. Tutti liberi come fringuelli e candidi come gigli gli imputati, tra i quali svariati funzionari delle aziende del gruppo Marcucci e il Re mida della Sanità ministeriale, Duilio Poggiolini.
Evidentemente “suicidi” tutti i morti per l’uso di emoderivati killer nella strage del sangue infetto: un totale non inferiore ai 5 mila, di sicuro calcolato per difetto (tanti non hanno avuto né i mezzi né la forza per intraprendere alcun percorso giudiziario).
Uccisi due volte.

DEPISTAGGI DI STATO
Ci sono altri gialli da novanta che Carlo Palermo ha seguito in qualità di avvocato delle parti civili.
Come la tragedia del Moby Prince, anche in questo caso una giustizia fino ad oggi calpestata, una memoria delle vittime oltraggiata; appena due mesi fa, dopo tanti anni, restituiti alcuni oggetti ai familiari delle vittime. Un processo altrettanto vergognoso, zeppo di depistaggi, di piste evidenti mai seguite.

Ilaria Alpi
Per non parlare del maxi depistaggio che caratterizza l’inchiesta per l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che proprio il 4 aprile giunge ad un punto di svolta. Giorno in cui scadono i sei mesi di proroga delle indagini chiesti dal gip del tribunale di Roma Andrea Fanelli, dopo ben due richieste di archiviazione avanzate dal pm Elisabetta Ceniccola e controfirmate dall’ex procuratore capo Giuseppe Pignatone. Carlo Palermo affianca gli avvocati Domenico e Giovanni D’Amati per i familiari rimasti in vita di Ilaria, dopo la morte del padre e della madre che non hanno potuto vedere uno straccio di giustizia.


Ora il gip Fanelli si deve pronunciare: o archiviazione tombale, e giustizia affossata.
Oppure continuare nelle indagini e arrivare finalmente ad un processo.
Che possa mandare in galera, una buona volta, esecutori, mandanti & depistatori: soprattutto dopo che tre anni fa la sentenza del tribunale di Perugia – con la quale è stato scagionato il somalo per 16 anni in galera da innocente – ha aperto la strada giusta.

www.lavocedellevoci.it

venerdì 24 aprile 2020

COVID-19: propaganda e manipolazione , di Thierry Meyssan


JPEG - 39.2 Kb
Il 27 gennaio 2020 il primo ministro cinese, Li Keqiang, a Wuhan per dirigere le operazioni e ristabilire il “mandato celeste”.

Ritornando sull’epidemia COVID-19 e sulle reazioni dei governi, Thierry Meyssan sottolinea come le decisioni autoritarie d’Italia e Francia non abbiano alcun fondamento scientifico. Sono anzi in contraddizione con i pareri degli infettivologhi più quotati, nonché con le istruzioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La comparsa dell’epidemia in Cina

Il 17 novembre 2019 in Cina, nella provincia di Hubei, è stato diagnosticato il primo caso di contagio da COVID-19. I medici hanno immediatamente cercato di divulgare la serietà della malattia, ma si sono scontrati con le autorità regionali. Il governo centrale è intervenuto solo dopo che i casi hanno cominciato a moltiplicarsi e la popolazione a rendersi conto della gravità dell’infezione.
Si tratta di un’epidemia senza significativa rilevanza statistica. Causa pochissimi decessi, anche se la morte avviene per atroce crisi respiratoria.
Sin dall’antichità, la cultura cinese crede che l’imperatore governi per mandato del Cielo [1]. Quando il Cielo glielo revoca, sul Paese si abbatte una catastrofe: epidemia o terremoto o via dicendo. Benché viviamo in epoca moderna, il presidente Xi, nella negligenza del governo regionale di Hubei, ha percepito una minaccia. Il Consiglio di Stato ha perciò preso le redini della situazione, costringendo la popolazione della capitale dell’Hubei, Wuhan, a rimanere in casa. In pochi giorni ha costruito ospedali; ha mandato équipe mediche per rilevare a domicilio la temperatura di ogni abitante; ha portato tutti i contagiati sospetti in ospedale, dove li ha sottoposti a test; ha curato i contagiati con il fosfato di clorochina e rispedito a casa gli altri; infine, ha curato i malati gravi in rianimazione con interferone Alfa 2B ricombinante (IFNrec). Un’operazione non motivata da ragioni di salute pubblica, ma dalla necessità di dimostrare che il Partito Comunista è ancora titolare del mandato celeste.
JPEG - 37.3 Kb
Durante una conferenza stampa sul COVID-19, il viceministro della Salute iraniano, Iraj Harirchi, manifesta sintomi di contaminazione.

Propagazione in Iran

A metà febbraio 2020 l’epidemia si propaga dalla Cina all’Iran: due Paesi strettamente legati sin dall’antichità, con molti elementi culturali comuni. Ma, sul piano polmonare, la popolazione iraniana è la più fragile al mondo. Pressoché tutti gli uomini di oltre sessant’anni subiscono le conseguenze dei gas da guerra USA, utilizzati dall’esercito iracheno durante la guerra del Golfo (1980-1988), così come accadde a francesi e tedeschi dopo la prima guerra mondiale. Chiunque abbia viaggiato in Iran non può non essere stato sorpreso dal numero di persone che soffrono di malattie polmonari gravi. A Teheran, quando l’inquinamento supera la soglia che questi malati possono tollerare, vengono chiusi scuole e uffici amministrativi, mentre metà delle famiglie porta le persone anziane in campagna. Questo accade da 35 anni, più volte l’anno, e ormai fa parte della normalità. I membri del governo e del parlamento sono quasi tutti ex combattenti della guerra Iraq-Iran, quindi estremamente fragili di fronte al COVID-19. Quando il contagio è apparso in questa categoria di persone, numerose personalità politiche hanno contratto la malattia.
A causa delle sanzioni USA, nessuna banca occidentale copre i trasporti di medicinali. L’Iran non ha perciò potuto trattare le persone infette e curare quelle malate finché gli Emirati Arabi Uniti, violando l’embargo, hanno mandato due aerei di materiale sanitario. Persone che in altri Paesi non soffrirebbero, in Iran muoiono sin dai primi sintomi di tosse, a causa dei polmoni lesionati. Come di consueto, il governo ha chiuso le scuole, nonché annullato diverse manifestazioni culturali e sportive, ma non ha vietato i pellegrinaggi. Alcune regioni hanno chiuso gli alberghi per evitare vi si insediassero i malati che non hanno trovato posto negli ospedali vicini a dove vivono.
JPEG - 64.7 Kb
CNN aumenta l’audience grazie alla Diamond Princess.

Quarantena in Giappone

Il 4 febbraio 2020 è stato diagnosticato il COVID-19 a un passeggero della nave da crociera USA Diamond Princess; in seguito altri dieci passeggeri sono risultati positivi al coronavirus. Il ministro della Salute giapponese, Katsonobu Kato, ha imposto alla nave una quarantena di due settimane a Yokohama, per evitare l’importazione del contagio nel proprio Paese. Alla fine, su 3.711 persone a bordo, in stragrande maggioranza di età superiore a 70 anni, ci sono stati sette morti.
La Diamond Princess è israeliana-statunitense, di proprietà di Micky Arison, fratello di Shari Arison, la donna più ricca d’Israele. Gli Arison hanno trasformato la vicenda della nave in operazione di marketing. L’amministrazione Trump e molti altri Paesi hanno organizzato il trasferimento aereo dei connazionali e li hanno messi in quarantena in patria. La stampa internazionale ha dedicato a questo fatto di cronaca le prime pagine. Evocando l’epidemia dell’influenza spagnola degli anni 1918-1919, ha ipotizzato che l’epidemia dilaghi in tutto il mondo, trasformandosi in potenziale minaccia di estinzione della razza umana [2]. Una prospettiva apocalittica, senza alcun fondamento, eppure diventata Vangelo.
Ci si ricordi che nel 1898, per aumentare le vendite dei loro quotidiani, William Hearst e Joseph Pulitzer pubblicarono false informazioni per provocare deliberatamente una guerra tra gli Stati Uniti e la colonia spagnola di Cuba. Fu l’inizio dello yellow journalism (giornalismo giallo), ossia il pubblicare qualunque cosa pur di far soldi. Oggi lo chiamiamo fake news (notizie ingannevoli).
Per il momento non sappiano se dei magnati abbiano volontariamente seminato il panico del COVID-19, facendo passare una comune epidemia per la “fine del mondo”. In ogni caso, un’informazione fuorviante dopo l’altra, i governi se ne sono alla fine occupati. Ora la posta non è farsi pubblicità impaurendo, ma sfruttare la paura per dominare i popoli.
JPEG - 68.2 Kb
Per il direttore dell’OMS, dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, Cina e Corea del Sud hanno dato l’esempio, generalizzando i test di depistaggio: un modo implicito per dire che i metodi italiano e francese sono, dal punto di vista medico, delle assurdità.

Intervento dell’OMS

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che seguiva sin dall’inizio la vicenda, ha preso atto della diffusione della malattia al di fuori della Cina e l’11 e 12 febbraio scorsi ha organizzato, a Ginevra, un forum mondiale sulle ricerche e le innovazioni relative alla nuova epidemia. Con l’occasione, il direttore generale, dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha invitato, con parole estremamente misurate, alla collaborazione mondiale [3]:
In tutti i suoi messaggi l’OMS ha sottolineato:
- il flebile impatto demografico dell’epidemia;
- l’inutilità della chiusura delle frontiere;
- l’inefficacia di guanti, mascherine (eccetto che per il personale sanitario), nonché di alcune “misure barriera” (per esempio, se tenersi a un metro di distanza dalle persone infette ha senso, non ce l’ha nel caso di persone sane);
- la necessità di alzare il livello d’igiene, soprattutto lavandosi le mani, disinfettando l’acqua e aerando gli spazi chiusi; infine, di utilizzare fazzoletti usa e getta o, in mancanza, di starnutire nell’incavo del gomito.
Ma l’OMS non è un’organizzazione sanitaria, bensì un’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di problemi relativi alla salute. I suoi funzionari, benché medici, sono anche, e innanzitutto, politici. L’OMS non può quindi denunciare gli abusi compiuti da alcuni Stati.
Per di più, sin dai tempi dell’epidemia H1N1, l’OMS deve giustificare pubblicamente le proprie raccomandazioni. Nel 2009 fu infatti accusata di essere coinvolta negli interessi di grandi aziende farmaceutiche e di aver lanciato l’allarme frettolosamente e in modo sproporzionato [4]. Nel caso del COVID-19, invece, l’OMS ha usato il termine “pandemia” come ultima carta e soltanto il 12 marzo, dopo quattro mesi dall’inizio dell’epidemia.
JPEG - 32.8 Kb
Il 27 febbraio 2020, durante il vertice franco-italiano di Napoli, Emmanuel Macron e Giuseppe Conte annunciano che reagiranno insieme all’epidemia.

Strumentazione in Italia e in Francia

Nella propaganda moderna non ci si deve limitare alla pubblicazione di notizie false, come fece il Regno Unito per convincere gl’inglesi a entrare nella prima guerra mondiale; si deve irreggimentare il popolo, come fece la Germania per convincere i tedeschi a scatenare la seconda guerra mondiale. La ricetta è sempre la stessa: esercitare pressioni psicologiche per indurre il popolo a compiere volontariamente atti ch’egli sa inutili, ma che servono a istradarlo sulla via della menzogna [5]. Per esempio, nel 2011 tutti sapevano che le persone accusate di aver dirottato gli aerei l’11 Settembre non erano nella lista d’imbarco. Tuttavia, la maggior parte delle persone, sotto shock, ha accettato senza fiatare le stupide accuse del direttore dell’FBI, Robert Muller, contro i «19 pirati dell’aria». Altro esempio: tutti sanno che i lanciamissili posseduti dall’Iraq del presidente Hussein erano vecchi Scud sovietici di gittata non superiore a 700 chilometri; eppure, molti statunitensi tapparono porte e finestre per proteggersi dai gas mortali con cui il malvagio dittatore avrebbe attaccato l’America [da oltre diecimila chilometri]. Nel caso del COVID-19 è il confinamento volontario nella propria dimora che costringe chi l’accetta a convincersi della veridicità della minaccia.
Ricordiamoci che mai nella storia si è fatto uso dell’isolamento di un’intera popolazione sana per lottare contro una malattia. E, soprattutto, ricordiamo che l’epidemia non avrà conseguenze significative in termini di mortalità.
In Italia, per il principio di quarantena, dapprima sono state isolate le regioni contaminate, poi si sono isolati tutti i cittadini l’uno dall’altro, secondo una logica diversa.
Secondo il presidente del consiglio italiano, Giuseppe Conte, e il presidente francese, Emmanuel Macron, il confinamento di un’intera popolazione a domicilio non ha l’obiettivo di vincere l’epidemia, ma di diluirla, per evitare che gli ammalati arrivino tutti insieme negli ospedali, saturandoli. In altre parole, non è una misura sanitaria, bensì esclusivamente amministrativa. Non ridurrà il numero delle persone contagiate, ma le scaglionerà nel tempo.
Per convincere italiani e francesi della fondatezza della decisione, Conte e Macron dapprima hanno addotto il parere dei comitati scientifici. Certamente questi comitati non hanno obiezioni sul confinamento delle persone in casa, ma non ne avrebbero nemmeno se alla gente fosse consentito di attendere alle proprie occupazioni. Indi, i presidenti Conte e Macron hanno imposto l’obbligo, per muoversi, di una dichiarazione ufficiale. Il documento, con l’intestazione dei rispettivi ministeri degli Interni, è un’autocertificazione non soggetta a verifiche né sanzioni. [TRADUTTRICE PROPONE: oggetto, quantomeno in Italia, di verifiche e sanzioni piuttosto blande].
I due governi suscitano anche il panico con istruzioni inutili, smentite dagli infettivologhi: inducono a portare guanti e mascherine in ogni situazione e a tenersi ad almeno a un metro di distanza l’uno dall’altro.
 Video del 25 febbraio 2020 censurato dal ministero della Sanità francese.
Il “quotidiano di riferimento” francese (sic) Le Monde, Facebook France e il ministero della Sanità francese hanno avviato la censura di un video del professor Didier Raoult, un infettivologo fra i più reputati al mondo, perché, annunciando l’esistenza di un medicinale testato in Cina contro il COVID-19 [e confermando di averlo testato con successo egli stesso in Francia, ndt], metteva in risalto l’infondatezza scientifica delle misure adottate dal presidente Macron [6].
 Relazione del professor Didier Raoult all’Assemblea Generale degli Ospedali Universitari di Marsiglia, il 16 marzo 2020.
È troppo presto per capire quale sia il vero obiettivo dei governi Conte e Macron. L’unica cosa sicura è che il loro scopo non è combattere il COVID-19.

giovedì 23 aprile 2020

Andrea Marcucci / Primo Firmatario Dell’Emendamento Killer


Un vero golpe bianco.
Il governo sta cercando in tutti i modi di far fuori il gravissimo reato di epidemia colposa, per mantenere solo quello di epidemia dolosa. Una autentica picconata ai principi costituzionali e alla tutela della salute pubblica.
Tutto ciò profittando degli emendamenti al “Cura Italia”, facendo passare tra le omertà e i silenzi mediatici una normativa che stravolge gli elementari canoni del diritto e della legge, anche la più elementare.

Il senatore Andrea Marcucci
Ci pare opportuno pubblicare, su questo delicatissimo tema, un articolo scritto da Francesca Nava per TPI
In basso trovate un link nel quale si parla della strage per il sangue infetto.

Un processo nato a Trento e abortito a Napoli dopo vent’anni. Passando, tra l’altro, dalle prime piste giudiziarie di strage, poi a quelle di epidemia dolosa, quindi colposa ed infine di omicidio colposo plurimo.
Tutto finito in gloria, con l’assoluzione finale per tutti gli imputati, perché – ha sentenziato il presidente della sesta sezione penale del tribunale di Napoli, Antonio Palumbo – “il fatto non sussiste”. Tra gli imputati oggi santi e beati c’erano il re mida della sanità ministeriale Duilio Poggiolini ed alcuni funzionari delle aziende del gruppo Marcucci.
Guarda caso, il primo firmatario dell’emendamento killer, oggi, è il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, figlio del padre-padrone-patriarca del gruppo Marcucci Guelfo, fratello di Paolo, al timone della corazzata di famiglia Kedrion, e di Marilina, in sella al Carnevale di Viareggio.



L’ingresso dell’ospedale di Alzano

Uno scudo penale per il Coronavirus: nel decreto Cura Italia spunta l’emendamento PD per sanare le responsabilità politiche


DI FRANCESCA NAVA
Mentre in Italia – e soprattutto in Lombardia – si continua  a morire di Coronavirus, mentre emergono i numeri reali di questa catastrofe sanitaria, che solo a Bergamo e provincia ha fatto 4.500 morti (concentrati tutti nel mese di marzo), mentre continua incessante il flusso di testimonianze di persone che hanno perso i propri famigliari in modo traumatico e impietoso – chi dentro casa e chi in ospedali come quello di Alzano Lombardo in Val Seriana, dove tutto è iniziato il 23 febbraio – a Roma c’è già chi si sta mobilitando per mettere in campo uno scudo penale, non solo a difesa dei medici, ma anche dei responsabili gestionali di questa crisi. Si sta cercando, in pratica, di eliminare il reato di epidemia colposa per mantenere solo quello di epidemia dolosa.
I partiti di maggioranza e opposizione hanno infatti depositato emendamenti al decreto ‘Cura Italia’ per ridefinire, per il periodo di emergenza da Covid19, il perimetro della responsabilità per medici e operatori del settore. Si va da richieste di esonero totale, che cancellerebbero la responsabilità penale, civile, amministrativa ed erariale di tutti i protagonisti di questa vicenda, a richieste di rendere perseguibili penalmente le sole colpe gravi, fino alle richieste di chiedere il patrocinio gratuito dello Stato a chi sarà accusato di presunti errori. Il decreto ‘Cura Italia’ è da ieri all’esame della Commissione Bilancio del Senato, che vaglierà gli emendamenti prima della discussione in Aula, prevista per la settimana prossima.

L’avvocato Roberto Trussardi
L’emendamento a prima firma Marcucci (Partito Democratico) – che ha ricevuto il parere favorevole del Governo – chiede ad esempio di limitare la punibilità penale per “le strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private e gli esercenti le professioni sanitarie – professionali – tecniche amministrative del Servizio sanitario” alle sole violazioni “macroscopiche” di “colpa grave”. Secondo il testo, tuttavia, la protezione riguarda non solo le “condotte professionali”, ma anche “le condotte gestionali o amministrative” purché non “sia stato accertato il dolo del funzionario o dell’agente che le ha poste in essere o che vi ha dato esecuzione”.
“Lo trovo inaccettabile – sottolinea a TPI l’avvocato bergamasco Roberto Trussardi, che segue da vicino il caso di Alzano Lombardo – approvare un emendamento del genere significa dare un colpo di spugna ai tre quarti degli eventi che si sono verificati in questo periodo, tranne i casi gravissimi. Se le condotte gestionali o amministrative, anche se eclatanti, non potranno essere perseguite se non c’è dolo, significa che non si potranno perseguire mai”

Questo significa, dunque, che la vera novità di questa modifica che potrebbe essere inserita nel decreto “Cura Italia” è la protezione fornita ai burocrati e ai dirigenti amministrativi, il che potrebbe far sorgere il ragionevole dubbio che il vero scopo della norma sia quello di tutelare la direzione politica e gestionale dell’emergenza Covid19, anche perché – come primo effetto immediato – faciliterebbe la difesa dei futuri imputati. E proprio sulla vicenda dell’Ospedale “Pesenti Fenaroli” di Alzano Lombardo, nei cui confronti l’ipotesi di reato potrebbe essere quella di epidemia colposa, l’avvocato Trussardi ci spiega che se passasse questo emendamento “ci sarà da discutere se si tratta di un caso macroscopico, eclatante oppure solo di colpa grave e in questo caso il reato non sarebbe perseguibile”.
Raggiunto telefonicamente da TPI per commentare questi emendamenti al decreto “Cura Italia”, il senatore Gregorio De Falco (del gruppo misto) ha così commentato: “Qui si sta cercando di precostituire una assoluzione per le responsabilità che in realtà non hanno carattere sanitario e medico, ma manageriale, probabilmente politico. Mi è stato detto che in questo momento sarebbe opportuno proteggere quei ragazzi, quei volontari che sono buttati al fronte, senza che abbiano una esperienza adeguata, magari non specializzati, ma qui non stanno proteggendo quelle specifiche categorie, qui si sta proteggendo tutto il sistema sanitario. Perché? E da che cosa? Forse dalle responsabilità che hanno assunto per aver messo medici e infermieri nelle condizioni di lavorare con quella carta straccia che hanno indosso al posto delle mascherine? Questo è gravissimo. Penso che si sia scritta una cosa che va ben oltre le intenzioni.”

Il senatore De Falco è un fiume in piena: “La responsabilità dei medici è già coperta da una recente legge – aggiunge – quindi non capisco quale sia la necessità di un emendamento di questo tipo. Tutti gli operatori sanitari stanno dando un contributo enorme, se però vengono mandati al fronte con quelle mascherine swifter che non servono a niente, bisogna stabilire chi ha certificato che quei dispositivi fossero ritenuti idonei. Qualcuno ne dovrà rispondere. Perché poi le persone muoiono”.


LEGGI ANCHE

TEFLON & EMODERIVATI / USA-ITALIA UNITI NELLE STRAGI. E DA NOI NEANCHE UNO STRACCIO DI GIUSTIZIA

www.lavocedellevoci.it