sabato 11 gennaio 2020

Z NET Italy: Gli articoli della settimana di sabato 11 gennaio 2020



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Gli articoli di questa settimana su

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Forse l'episodio finale del surreale spettacolo di cambiamento di regime in Venezuela da parte di Juan Guaidó

scritto da Redazione il Jan 11, 2020 05:53 am

di Leonardo Flores – 8 gennaio 2020 La scena farsesca di Juan Guaidó che cerca di irrompere nell'Assemblea Nazionale venezuelana mentre i suoi membri ne votano l'esclusione è stata solo il capitolo più recente di tentativo di colpo di stato assurdamente pasticciato e manda in un vicolo cieco la politica di Trump. Scazzottate e gare di urla sono scoppiate il […]
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Gli Stati Uniti sono uno stato canaglia e l'assassinio di Suleimani lo conferma

scritto da Redazione il Jan 10, 2020 11:45 am

di Noam Chomsky – 8 gennaio 2020 La decisione di Trump di assassinare uno dei più eminenti e altamente rispettati leader militari dell'Iran, maggior generale Qassim Suleimani, ha aggiunto un altro nome alla lista delle persone uccise dagli Stati Uniti, che molti considerano il maggior stato canaglia del mondo. L'assassinio ha intensificato le ostilità tra Teheran e Washington e creato […]
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Vigilia di Capodanno a Lipsia: i media e la polizia tedesca diffondono notizie false sulla violenza di sinistra

scritto da Redazione il Jan 08, 2020 10:40 pm

di Christopher Lehmann e Christoph Vandreier – 8 gennaio 2020 L'anno 2020 è cominciato in Germania con una massiccia campagna contro il presunto "terrorismo di sinistra". La polizia, politici di spicco e media hanno dichiarato che scontri tra agenti di polizia e giovani che festeggiavano il Capodanno nel quartiere di Connewitzer Kreuz di Lipsia hanno corrisposto a tentativi motivati politicamente […]
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Iran, Iraq, impero USA

scritto da Redazione il Jan 08, 2020 11:28 am

di Ben Norton – 7 gennaio 2020 I leader iraniani e di Hezbollah si oppongono agli attacchi contro civili, mentre Trump minaccia di bombardare siti culturali I due spauracchi di Washington, l'ayatollah iraniano Khamenei e il leader di Hezbollah, Nasrallah, hanno sollecitato a proteggere civili e a colpire solo obiettivi militari. Contemporaneamente Trump promette di attaccare "siti culturali" iraniani. Se […]
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Uno storico riflette sul ritorno del fascismo

scritto da Redazione il Jan 07, 2020 07:32 pm

di Lawrence Wittner – 7 gennaio 2020 Nel 1941, l'anno in cui sono nato, il fascismo stava per conquistare il mondo. Durante i decenni precedenti, movimenti della destra radicale – mobilitati da demagoghi a un culto di virulento nazionalismo, odio razziale e religioso e militarismo – avevano compiuto grandi passi in nazioni di tutto il pianeta. Alla fine del 1941 […]
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Apple, Microsoft e Google tra cinque società citate in giudizio per la morte di minatori bambini congolesi

scritto da Redazione il Jan 07, 2020 05:49 pm

di Sam Dalton – 4 gennaio 2020 Il 15 dicembre l'associazione International Rights Advocates (IRA) ha presentato una denuncia presso una corte distrettuale statunitense di Washington, D.C., contro Apple, Alphabet (la casa madre di Google e YouTube), Dell, Microsoft e Tesla per conto delle famiglie di 14 minatori bambini congolesi. Dei quattordici sei sono morti, mentre otto soffrono di lesioni […]
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Trump contro Iran

scritto da Redazione il Jan 05, 2020 08:12 pm

di Jack Rasmus – 5 gennaio 2020 Le guerre si verificano quando ideologi o leader avventati in posizioni di potere sono disposti a correre azzardi ad alto rischio in avventure militari in politica estera, spesso quali distrazioni dai loro crescenti problemi nazionali. La loro megalomania spesso li conduce a fraintendere la reazione potenziale del loro avversario attaccato, avviando un processo […]
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Trump sta facendo quello che gli chiede la cricca più abietta di Washington

scritto da Redazione il Jan 05, 2020 06:41 pm

Di Jeremy Scahill – 4 gennaio 2020 Anche se per tre anni l'attenzione dei media sulla presidenza Trump si è concentrata sulla "collusione con la Russia" e sulla richiesta di messa in stato d'accusa, la collusione più pericolosa di tutte sta avendo luogo del tutto apertamente: la spinta alla guerra con l'Iran di Trump/Sauditi/Israele/UAE. Il 3 agosto 2016 – solo […]
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VIPS memo: un'altra 'marcia dei folli', questa volta in Iran

scritto da Redazione il Jan 05, 2020 12:27 pm

di VIPS – 3 gennaio 2020 MEMORANDUM PER: Il presidente DA: Professionisti Veterani dell'Intelligence per l'Assennatezza OGGETTO: Un'altra 'marcia dei folli'? L'assassinio mediante droni del comandante della forza iraniana Quds, generale Qassem Soleimani, evoca il ricordo dell'assassinio dell'arciduca austriaco Ferdinando nel giungo del 1914, che condusse alla Prima guerra mondiale. Il leader supremo dell'Iran, ayatollah Ali Khamenei, è stato rapido […]
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Gli USA danno il via a un decennio violento dichiarando guerra all'Iran

scritto da Redazione il Jan 04, 2020 07:10 pm

di Pepe Escobar da Palermo, Sicilia – 3 gennaio 2020 – Speciale per Consortium News Non importa da dove sia arrivato il semaforo verdi per l'assassinio mirato statunitense da Baghdad del comandante della Forza Quds, maggiore generale Qassem Soleimani, e del secondo in comando di Hashd al-Shaabi, Abu Madhi al Muhandis. Si tratta di un atto di guerra. Unilaterale, non […]
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Z Net Italy è la versione italiana del sito americano Z Net, attivo da più di dieci anni. Z Net è stato fondato da Michael Albert, l'autore di Parecon (Economia Partecipativa) ed ospita frequentemente scritti di Noam Chomsky ed altri famosi autori dell'area politica radical americana.
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NEWSLETTER VOCE DELLE VOCI VENERDI' 10 GENNAIO 2020

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LA NEWSLETTER DI VENERDI' 10 GENNAIO 2020

LE NEWS

Il 2020 rivisitato da un grande del teatro

9 Gennaio 2020  di Luciano Scateni
Scarpetta, fertile autore di opere teatrali monumentali (Miseria e nobiltà, Natale in casa Cupiello) e di copiose varianti impregnate di vis comico-satirica,  ingaggiato dai media dell’epoca, avrebbe risposto all’invito con la fatica di un corsivo al giorno, come precursore delle graffianti ...continua








Ma le (cinque) stelle brillano ancora?

8 Gennaio 2020  di Luciano Scateni
Di tutto un po’. Intellettuali snob, uomini e donne delusi e frustrati, operai senza tutela, commercianti al minuto sopraffatti da Amazon e ipermercati, massaie eccitate dalla giovanile prestanza dei big, politologi a caccia di news su cui discettare nei salotti televisivi, innamorati di etica ...continua




SCOOP DEL RIFORMISTA / LA SEPOLTURA FANTASMA DI 

Clamoroso autogol d’inizio anno al Riformista. Il quotidiano diretto da Piero Sansonetti e finanziato da Alfredo Romeo, il protagonista nel giallo Consip, dà una notizia bomba in apertura pomeridiana del sito. Riguarda i funerali e la sepoltura fantasma di Qassem Soleimani, il super generale ...continua



TRONCHETTI PROVERA / ARIECCO LE TANGENTI TELECOM BRASILE

7 Gennaio 2020  di PAOLO SPIGA
Archiviate in Italia dalla procura di Milano, tornano prepotentemente alla ribalta lungo l’asse Brasile-Stati Uniti le mazzette arcimilionarie versate da Telecom Italia – all’epoca guidata da Marco Tronchetti Provera – per corrompere funzionari e politici del governo carioca. ...continua

AUTOSTRADE / GAVIO, IL TRUCCO DI PROROGHE & COMPENSAZIONI

6 Gennaio 2020  di PAOLO SPIGA
Quatto quatto – mentre campeggia lo scandalo Atlantia dei Benetton per le concessioni autostradali di casa nostra – il gruppo Gavio macina pedaggi & miliardi. Non ha subìto contraccolpi per la tragedia sfiorata il 24 novembre 2019 con il crollo del viadotto sulla Torino-Savona ...continua


CASO PALAMARA / L’ANM DECIDE DI NON DECIDERE

venerdì 10 gennaio 2020

A Belfast avevo visto i primi scontri e i primi morti. Mi avevano preparato per il Medio Oriente


Rispetto al Medio Oriente, l’Irlanda del Nord era una destinazione tranquilla. Tragica, settaria, brutale, ipocrita; la piccola guerra civile, per quello che era, era ciò che quelli dell’intelligence militare britannica definivano un conflitto a “bassa intensità.” Noi giornalisti scrivevamo le nostre storie. Poi tornavamo nei nostri alloggi in affitto di Belfast. E vivevamo (o almeno così pensavamo) nel Regno Unito.
Ho assistito alle mie prime, vere battaglie in Falls Road e a Derry e ho corso per tutta Belfast nel Venerdì di Sangue, nel luglio 1972, e ho visto i resti di esseri umani, dopo che 20 bombe dell’IRA erano esplose in tutta la città, in un’ora e mezza. C’erano stati nove morti, cinque civili, la maggior parte di loro alla stazione degli autobus. L’IRA aveva affermato di aver avvisato. La polizia aveva detto di essere oberata di lavoro. Ero furioso quando avevo visto il risultato. Era stato quando avevo capito che la guerra non è una questione di vittoria o di sconfitta, ma di fallimento totale dello spirito umano, da entrambe le parti.
Sì, è a Belfast che ho visto i miei primi cadaveri: un soldato britannico che cadeva dal retro del suo veicolo blindato ad Andersonstown, il suo fucile che rimbalzava sull’asfalto, ucciso da un Provisional dell’IRA con i capelli molto lunghi che si nascondeva dietro una pattumiera; e un paramilitare protestante che giaceva nella bara, circondato da persone in lutto con la camicia bruna, che erano, come si sarebbe poi scoperto, i suoi assassini. Il padre aveva sollevato la mano del figlio morto per farmi vedere che gli avevano spezzato le dita.
Ma nell’Irlanda del Nord (in preparazione per quello che sarebbe poi successo in Medio Oriente, cosa che allora non avrei neanche potuto immaginare) c’era stata soprattutto l’esperienza di confrontarsi con i funzionari governativi e i colonnelli dell’esercito britannico, quando mentivano mentre cercavo di farli parlare. Se riportavo la notizia di soldati britannici che brutalizzavano i Cattolici, mi dicevano che ero “pro-IRA” o “filo-terrorista” (un’accusa quest’ultima a cui mi sarei tristemente abituato in Medio Oriente), mentre quando viaggiavo con le pattuglie dell’esercito britannico o della polizia mi stavo alleando con le “forze della Corona,” o ero malignamente accusato di essere un funzionario dell’intelligence.
E quando avevo scritto un articolo che aveva offeso l’ufficiale in capo delle truppe britanniche nell’Irlanda del Nord, ero stato bandito dai briefing dell’esercito, un boicottaggio che, in seguito, avevo a mia volta imposto all’esercito, quando avevano deciso di perdonare le mie trasgressioni. Rifiutarsi di parlare con i colonnelli era stata la decisione giusta, perché, dopo averla presa,  capitani e maggiori freschi di nomina mi affiancavano nelle strade di Belfast e mi consegnavano buste con istruzioni militari riservate che ritenevano moralmente discutibili.
Quando avevo ricevuto i documenti che indicavano che gli Inglesi intendevano ricattare i politici protestanti che non avevano intenzione di sostenere la loro politica nell’Irlanda del Nord, avevo pubblicato la storia. Due giorni dopo, tre detective si erano presentati a casa mia prima dell’alba per interrogarmi sulle mie fonti. Ero fuggito nella Repubblica Irlandese, mi ero registrato in un hotel di Dublino ed ero stato subito affrontato dal funzionario del MI6 dell’ambasciata britannica. Avevo minacciato di chiamare la polizia irlandese se non avesse smesso di molestarmi. Se n’era andato. All’epoca non era stato così divertente come sembra adesso. Ma era stata una lezione. Avevo poi pubblicato la storia dell’intrusione da parte del funzionario dell’ambasciata.
Mai, mai, non arrendersi mai, come aveva detto una volta Churchill (che non è mai stato un mio eroe, dovrei aggiungere, anche se il suo ritratto era appeso sopra il camino nella biblioteca di mio padre), ma, in questa sfida, l’uomo del 1940 aveva ragione. Non cedere mai all’autorità. Quando hai una grande storia e chi ha veramente il potere vorrebbe calpestarti (qualche volta con l’aiuto dei tuoi stessi colleghi), non scusarti mai. Rimani fedele alla storia. Avrei imparato anni dopo (quando ero a Beirut, in guerre in cui solo la mia esperienza di Belfast mi avrebbe aiutato a sopravvivere) che i documenti ricattatori che erano venuti in mio possesso e che avevo pubblicato erano solo una piccola parte di quello che sarebbe poi diventato lo scandalo di Kincora, una sordida storia in cui era coinvolta l’intelligence britannica, che avrebbe fornito bambini orfani a noti pedofili, per poi ricattarli a livello politico. Una feroce disputa su ciò che è accaduto a Kincora continua ancora oggi, con un’inchiesta governativa già respinta dalle vittime.
Molti di quelli che avevo intervistato a Belfast e a Derry (o Londonderry, come la chiamavamo allora), crudeli rappresentanti dell’UDA, spietati Provisional, uomini delle pubbliche relazioni governative, vecchi soldati, sono già morti. Ma è stato (pensandoci a mente fredda) un importante campo di allenamento per i tradimenti, i massacri e il cinismo del Medio Oriente. Noi giornalisti dobbiamo combattere i Trump così come i dittatori arabi, i lobbisti filo-israeliani e le fazioni mussulmane e, talvolta, certo, tollerare anche la rabbia dei nostri stessi colleghi.
Il passaggio da Belfast [al Medio Oriente] non è stato dalla padella alla brace. E’ stato da una violenza immaginabile ad una crudeltà inimmaginabile su larga scala. Sono grato per quegli anni nell’Irlanda del Nord. Penso che mi abbiano aiutato a sopravvivere in quelli successivi.
Torno ancora a Belfast, per tenere conferenze sul Medio Oriente o per stare con il mio vecchio amico David McKittrick, che era poi diventato il corrispondente dell’Independent a Belfast, e vorrei anche che ci fosse un Buon Venerdì per il Medio Oriente. Ahimè, non ci sarà. Gli accordi di pace non vanno molto lontano. Ma ora a Belfast, quando sono lì, vedo le vecchie inimicizie scongelate e riscaldate dal folle desiderio del Regno Unito di suicidarsi sulla Brexit. E temo che la creatura di Downing Street e i suoi nani di governo faranno a pezzi l’Irlanda del Nord. Io prego di no. Ma, se così fosse, lo vedrò standomene al sicuro in Medio Oriente.
Robert Fisk

mercoledì 8 gennaio 2020

Bolivia, laboratorio di una nuova strategia di destabilizzazione di Thierry Meyssan


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La nuova presidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia brandisce i Quattro Vangeli e denuncia i “riti satanici” degli indios. Diversamente dai commenti della stampa internazionale, Jeanine Áñez non se la prende con gli indios – peraltro tutti cristiani – in quanto etnia, ma vuole imporre il fanatismo religioso.


La stampa internazionale è cauta nel riferire quanto accade in Bolivia. Descrive il rovesciamento del presidente Evo Morales, parla di un ennesimo colpo di Stato, ma non riesce a inquadrare quel che sta davvero succedendo. Non si accorge del nascere d’una nuova forza politica, finora sconosciuta in America Latina. Secondo Thierry Meyssan, se le autorità religiose del continente non si assumeranno subito le proprie responsabilità, niente riuscirà a impedire il dilagare del caos.

l 14 ottobre 2019, in un’intervista alla televisione Giga Vision, il presidente Evo Morales dichiarò di possedere registrazioni comprovanti la preparazione di un colpo di Stato da parte di esponenti dell’estrema destra e di ex militari, da mettere in atto qualora avesse vinto le elezioni [1].
Quel che poi è accaduto non è un vero e proprio colpo di Stato: è un rovesciamento del presidente costituzionale. Niente induce a credere che il nuovo regime saprà stabilizzare il Paese. Sono i primordi di un periodo di caos.
Le rivolte che si sono susseguite dal 21 ottobre hanno indotto a fuggire, l’uno dopo l’altro, il presidente, il vicepresidente, il presidente del senato, il presidente dell’Assemblea nazionale, nonché il primo vicepresidente del senato. Le sommosse non sono però cessate con l’intronizzazione alla presidenza ad interim, il 12 novembre scorso, della seconda vicepresidente del senato, Jeanine Áñez. Il partito di Áñez ha solo quattro deputati e senatori su 130. In compenso, la nomina di un nuovo governo senza indigeni ha spinto gli indios a scendere in piazza in sostituzione dei sicari che hanno cacciato il governo Morales.
Ovunque si registrano violenze interetniche. La stampa locale riferisce delle umiliazioni pubbliche e degli stupri. E conta i morti.
Se è evidente che la presidente Áñez ha il sostegno dell’esercito, non si sa invece chi abbia cacciato Morales: potrebbe essere una forza locale o una società transnazionale, oppure entrambe. L’annullamento di un mega-contratto per lo sfruttamento delle miniere di litio potrebbe aver spinto un concorrente a investire nel rovesciamento del presidente.
Una cosa soltanto è certa: gli Stati Uniti d’America, che adesso si rallegrano per il corso preso dagli avvenimenti, non li hanno provocati, sebbene cittadini e funzionari USA vi siano probabilmente implicati, come ha affermato il direttore dell’SVR [Servizio d’intelligence internazionale, ndt] russo, Sergueï Narychkine.
La pubblicazione della registrazione di una conversazione tra la ministra degli Esteri della Colombia, Claudia Blum, e l’ambasciatore colombiano a Washington, Francisco Santos, in un caffè della capitale statunitense, non lascia dubbi [2]: in questo momento il segretario di Stato USA Mike Pompeo è contrario a ogni intervento in America Latina; ha già mollato l’autoproclamatosi presidente del Venezuela, Juan Guaidó, facendo precipitare nello sgomento la Colombia anti-Maduro, e rifiuta ogni contatto con i numerosi apprendisti putschisti latino-americani.
Sembra che la nomina di Elliot Abrams come rappresentante speciale USA per il Venezuela non sia stata soltanto il prezzo della chiusura dell’inchiesta russa del procuratore Robert Mueller [3], ma anche un mezzo per farla finita con i neo-conservatori dell’amministrazione. Questo “diplomatico” si è comportato talmente male che in pochi mesi ha distrutto ogni speranza d’intervento imperialista USA in America Latina.
Del resto, il dipartimento di Stato USA è un cumulo di macerie: alti diplomatici hanno testimoniato contro il presidente Trump davanti alla commissione della Camera dei Rappresentanti incaricata dell’impeachment.
Ma chi conduce il gioco se non è l’amministrazione Trump a farlo? Evidentemente ci sono ancora residui importanti delle reti create dalla CIA negli anni dal 1950 al 1970. Dopo quarant’anni sono ancora presenti in numerosi Paesi dell’America Latina e possono agire autonomamente, con pochi appoggi esterni.

Le ombre del passato

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Ante Pavelić, capo della milizia degli ustascia, e il suo protettore, l’arcivescovo cattolico di Zagabria, monsignor Alojzije Stepinac. Il primo è ritenuto uno dei peggiori criminali della seconda guerra mondiale, il secondo viene considerato santo per aver lottato contro il comunismo.
Quando gli Stati Uniti decisero di arginare l’URSS, il primo direttore della CIA, Allen Dulles, e il fratello, il segretario di Stato John Foster Dulles, esfiltrarono miliziani dell’Asse un po’ ovunque nel mondo per combattere i partiti comunisti. Furono riuniti in un’associazione, la Lega Anticomunista Mondiale (WACL) [4], che organizzò in America Latina il “piano Condor” [5] per una cooperazione fra i regimi filo-USA e per assassinare i leader rivoluzionari, ovunque si rifugiassero.
Il generale-presidente boliviano Alfredo Ovando Candia (1965-1970) affidò al nazista Klaus Barbie (il “macellaio di Lione”) la caccia all’argentino Che Guevara. Barbie riuscì a eleminarlo nel 1967, come nel 1943 aveva fatto con il capo della Resistenza francese, Jean Moulin. Durante le dittature del generale Hugo Banzer Suárez (1971-1978) e di Luis Garcia Meza Tejada (1980-81), Klaus Barbie, assistito da Stefano Delle Chiaie (membro di Gladio, che organizzò in Italia il tentativo del colpo di Stato del principe Borghese), ristrutturò la polizia e i servizi segreti boliviani.
Dopo le dimissioni del presidente statunitense Richard Nixon, gli Stati Uniti si dedicarono alla grande operazione di trasparenza con le commissioni Church, Pike e Rockefeller sulle attività segrete della CIA. Il mondo scoprì soltanto le increspature di superficie, che erano comunque troppo. Nel 1977 il presidente Jimmy Carter nominò l’ammiraglio Stansfield Turner a capo della CIA, con l’incarico di ripulirla dai collaboratori dell’Asse e di trasformare i regimi filo-americani da dittature in democrazie. È perciò legittimo chiedersi come abbiano potuto Klaus Barbie e Stefano delle Chiaie supervisionare fino al 1981 il sistema repressivo della Bolivia.
Evidentemente Barbie e Delle Chiaie erano riusciti a organizzare la società boliviana in modo da prescindere dal sostegno di Casa Bianca e CIA. Gli bastava il sostegno discreto di qualche alto funzionario statunitense e il denaro di qualche multinazionale. Allo stesso modo hanno probabilmente agito i putschisti del 2019.
Durante il periodo anticomunista, Barbie favorì l’installazione in Bolivia di croati ustascia che avevano facilitato la sua fuga dall’Europa. Quest’organizzazione terrorista, creata nel 1929, rivendicava in primo luogo un’identità cattolica e aveva il sostegno della Santa Sede nella lotta contro i sovietici. Nel periodo tra le due guerre compì numerosi assassinii politici, fra gli altri quello, in Francia, del re ortodosso Alessandro I di Jugoslavia. Con la seconda guerra mondiale gli ustascia si allearono con fascisti e nazisti, pur conservando la propria specificità. Massacrarono gli ortodossi e arruolarono i mussulmani. In contraddizione con il cristianesimo cui in origine si riferivano, promossero una visione razzista del mondo e non consideravano gli slavi e gli ebrei come esseri umani a pieno titolo [6]. Alla fine della seconda guerra mondiale gli ustascia e il loro capo Ante Pavelić fuggirono dall’Europa e si rifugiarono in Argentina, dove furono accolti dal generale Juan Perón. Alcuni di loro però rifiutarono la sua politica e si staccarono: il gruppuscolo più intransigente emigrò in Bolivia [7].
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Per il neo-ustascia Luis Fernando Camacho, «la Bolivia appartiene a Cristo!»; una verità lapalissiana in una Paese al 98% cristiano. Ma cosa intende esattamente?

Gli ustascia in Bolivia

Quali che siano le ragioni etiche, è sempre difficile rinunciare a uno strumento offensivo. Così non bisogna meravigliarsi che collaboratori cacciati dal presidente Carter dalla CIA collaborarono con il vicepresidente di Ronald Reagan ed ex direttore della CIA, George Bush senior. Alcuni di loro formarono l’Antibolchevik Bloc of Nations [8]; si trattava soprattutto di ucraini [9], baltici [10] e croati. Tutti criminali oggi al potere.
Concerto di un gruppo ustascia a Zagabria nel 2007.
Gli ustascia boliviani hanno mantenuto legami con i fratelli d’armi in Croazia, in particolare durante la guerra del 1991-1995, in cui sostennero il partito cristiano-democratico di Franjo Tudman. In Bolivia hanno creato l’Unione Giovanile Cruceñista, milizia nota per le violenze antirazziali e le uccisioni d’indios aymara. Uno dei vecchi capi, l’avvocato e uomo d’affari Luis Fernando Camacho, è oggi presidente del Comitato Civico pro-Santa Cruz. È lui che apertamente dirige i sicari che hanno cacciato dal Paese l’aymara Evo Morales.
Sembra che anche il nuovo comandante in capo dell’esercito, Iván Patricio Inchausti Rioja, provenga dagli ustascia di Croazia. È lui che guida la repressione contro gli indios, munito della licenza d’uccidere della presidente Jeanine Áñes.
La forza degli ustascia boliviani non è nel numero. Sono solo un gruppuscolo. Eppure sono riusciti a cacciare il presidente Morales. La loro forza sta nell’ideologia: strumentalizzare la religione per giustificare il crimine. In un Paese cristiano nessuno osa opporsi spontaneamente a persone che si richiamano a Cristo.
Tutti i cristiani che hanno letto o sentito la nuova presidente annunciare il ritorno al governo della Bibbia e dei Quattro Vangeli — lei non sembra fare distinzione tra i due testi — e denunciare i «riti satanici degli indios» ne sono stati scioccati. Tutti hanno pensato fosse adepta di una setta. No, è soltanto una fervente cattolica.
Da molti anni mettiamo in guardia contro i partigiani al Pentagono della strategia Rumsfeld/Cebrowski, che vogliono fare nel Bacino dei Caraibi quanto fatto nel Medio Oriente Allargato. Sotto l’aspetto tecnico, il loro piano si è sempre scontrato con l’assenza di una forza latina, comparabile ai Fratelli Mussulmani e ad Al Qaeda. Tutte le macchinazioni partivano dalla tradizionale opposizione dei “capitalisti liberali” ai “socialisti del XXI secolo”. Non è più così. Ora una corrente interna al cattolicesimo predica la violenza in nome di Dio. Essa rende fattibile il caos. I cattolici latini si trovano nella stessa situazione dei sunniti arabi: devono con urgenza condannare questi individui per non essere travolti dalla loro violenza.