lunedì 7 gennaio 2019

Chi era Nikola Tesla, genio senza confini morto 75 anni fa


Anniversario della morte di Nikola Tesla: la vita del genio dell'elettricità, scomparso 75 anni fa.


Gli studi del celebre fisico serbo sono stati fondamentali per la trasmissione dell'elettricità

Il 7 gennaio 1943 muore, in una camera d'albergo di New York, Nikola Tesla. Sebbene molte delle sue invenzioni – dalle radio alla corrente alternata – siano alla base delle moderne tecnologie, durante la sua vita il genio serbo con cittadinanza statunitense non riuscì a monetizzarle.

I primi anni di vita
Tesla nasce 10 luglio 1856 a Smiljan, cittadina dell’Impero Austro-Ungarico (oggi in Croazia, dove la sua casa natale è diventata un museo). Il padre è un prete serbo ortodosso e la madre si diletta a costruire rudimentali "elettrodomestici". Nikola frequenta prima la Realschule di Karlstadt, in Germania, poi il Politecnico di Graz, in Austria, e infine l’ateneo di Praga. Proprio all’università Tesla, che inizialmente si interessa a matematica e fisica, rimane affascinato dall’elettricità

Il trasferimento negli Usa
Secondo quanto scrive la "Tesla Science Foundation", nel 1881 Nikola trova lavoro come ingegnere in una compagnia telefonica di Budapest e nel 1883 a Strasburgo, in Francia, costruisce un prototipo del motore a induzione. Si trasferisce quindi negli Stati Uniti, dove comincia a collaborare con Thomas Alva Edison a New York. Sarà naturalizzato statunitense dal 1891, anno in cui inventa la "bobina di Tesla" che produce correnti alternate ad alta frequenza. Quest'invenzione passa alla storia per le impressionanti scariche elettriche prodotte (messe in mostra dallo stesso scienziato nei suoi show) e contribuisce allo sviluppo di apparecchi successivi come la radio e la televisione. Quattro anni dopo, nel 1895, Tesla progetta la prima centrale idroelettrica nei pressi delle cascate del Niagara.

La "Guerra delle correnti"
Lui ed Edison sono tra i protagonisti di quella che verrà ribattezzata la "Guerra delle correnti" a fine Ottocento. Inizialmente collaboratore dell'inventore statunitense, Tesla contribuisce a migliorare il sistema di dinamo a corrente continua di Edison. Ma dopo le divergenze con l'inventore dell'Ohio, dovute anche al mancato pagamento di 50mila dollari per il suo lavoro, Tesla nel 1886 si unisce al team di George Westinghouse finendo per essere riconosciuto come uno degli inventori del ben più efficace sistema a corrente alternata, utilizzato ancora oggi. Nel 1915, erroneamente, il "New York Times" indica Tesla ed Edison come probabili vincitori del Nobel per la Fisica: un evento mai verificatosi, neanche in futuro, e che alcuni attribuiscono al rifiuto dei due di dover condividere il premio.

Tesla e Guglielmo Marconi
Fra i circa 300 brevetti depositati da Tesla nel corso della sua vita (in particolare nel campo dell'elettromagnetismo, tra cui quelli legati alla corrente alternata) ce ne sono anche alcuni che riguardano gli elementi di base per la realizzazione della radio. Una scoperta che è sempre stata attribuita a Guglielmo Marconi, il quale nel 1901 realizza la prima trasmissione radio transatlantica: per l'attribuzione di questa invenzione i due scienziati finiranno a fronteggiarsi in tribunale. In un'altra diatriba, sulla scoperta del campo magnetico rotante, un giudice darà ragione allo scienziato italiano Galileo Ferraris.  

Vegetariano ed eccentrico
Come sottolinea Businness Insider, Nikola Tesla è sempre stato piuttosto eccentrico, tanto che durante la sua permanenza negli Stati Uniti l'Fbi apre un dossier su di lui. A un certo punto della sua vita smette di assumere carne animale e cibi solidi: la sua dieta, vegetariana ante-litteram, si componeva di miele, latte caldo e un intruglio di carciofi e sedano di propria invenzione. Tesla teorizza inoltre un "raggio della morte" e una sorta di "muro di forza" per bloccare le invasioni militari. Sostiene di non dormire più di due ore consecutive, e si narra che in un'occasione abbia lavorato addirittura per 84 ore senza fermarsi. Mai sposato e recalcitrante alle relazioni di coppia, sostiene a più riprese che l'innamoramento e la vita coniugale incidono negativamente sul lavoro dello scienziato. I suoi ammiratori lo chiamano "l'uomo che inventò il Ventesimo Secolo" e il suo nome identifica tra le altre cose l'unità di misura dell'induzione magnetica. 
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venerdì 4 gennaio 2019

RICERCA / A TARRO, NEGLI USA, IL PREMIO COME VIROLOGO DELL’ANNO


L'Italia può contare sul miglior virologo a livello mondiale ma gli italiani non lo sanno. O meglio, non viene fatto sapere, perchè i media praticamente lo ignorano. Il motivo? Osa mettere in discussione l'uso obbligatorio dei vaccini, è l'anti Burioni che non dà del somaro o bestia agli altri, ma semplicemente sottolinea che nell'uso dei vaccini va usato criterio, precauzione e ne vanno valutati tutti i possibili effetti collaterali, perchè un farmaco importante viene iniettato nel sangue di un neonato.
Va radiato, Tarro, per queste sue logiche convinzioni? Va sbattuto in galera perchè vuole usare cervello e prudenza nella somministrazione di uno o più vaccini nelle vene di una creatura?

No, meglio il silenzio. Il muro di gomma. Per i nostri media meglio eclissare chi osa dire quelle "eretiche verità", chiare e comprensibili per chiunque. Tranne che per il massone Roberto Burioni, lo 'scienziato' via facebook.
Tarro, negli Stati Uniti, ha appena ricevuto il premio come "miglior virologo dell'anno", conferitogli dall'Associazione internazionale dei migliori professionisti del mondo (IAOTP), nel corso di una celebrazione al Plaza di New York.
A Time Square campeggia una sua gigantografia, così come sulla copertina della rivista Millennium c'è il suo volto. Sempre negli Usa è stato premiato con l'Albert Nelson Marquis Lifetime Achievement Award. A livello internazionale, poi, è attualmente presidente della Commissione Biotecnologie della Virosfera all'Unesco.
Negli Usa la percentuale dei vaccinati raggiunge il 97 per cento, ampiamente superata la quota gregge. Eppure non esiste alcun obbligo di legge, come invece – incredibilmente – succede da noi.

Quale il segreto americano? "La presuasione", secondo Tarro. "L'informazione quanto più accurata e precisa possibile. Far sapere ai genitori tutto quel che c'è da sapere e soprattutto essere certi che il neonato o il bimbo è in perfette condizioni di salute e quindi in grado di sostenere l'impatto con il vaccino".
Semplice come bere un bicchier d'acqua. Ma da noi la situazione si complica maledettamente "perchè si fa una guerra ideologica": guelfi e ghibellini, bianchi o neri. Non in base a certezze scientifiche – come sarebbe logico e giusto – ma a "inoculazioni forzate" di un pensiero unico pro vaccini, che mette alla gogna chiunque voglia discutere.
"La scienza non è democratica", è il Burioni pensiero. Così può parlare con i suoi confratelli incappucciati o in grembiulino del Grande Oriente d'Italia. Non con i cittadini che hanno cuore e cervello.

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giovedì 3 gennaio 2019

“EUROGENDFOR” / TUTTI I MISTERI DI UNA POLIZIA PARALLELA EUROPEA ANTI PROTESTE POPOLARI



Emmanuel Macron

Francia sempre in ebollizione. Oggi sono i gilet gialli a cavalcare una più che giusta protesta contro il dispotismo macroniano. Scendono in piazza per denunciare tasse e carovita, nonché una spregiudicata gestione del potere da parte di roi Macròn.
Il quale non è nemmeno in grado di arginare il terrorismo, come dimostrano gli ultimi fatti di sangue al mercatino di Natale a Strasburgo.
Ma non va dimenticato che ben 15 anni fa, per la precisione nel 2003, fu il ministro francese della Difesa, Alliot-Marie, durante un incontro dei ministri della Difesa dell'Unione europea a Roma, a lanciare l'idea di creare un corpo di Polizia europeo. La Voce, con un articolo di Antonella Beccaria del 2010 (qui sotto allegato), fu una delle prime testate a darne la notizia e a lanciare l'allarme per un'iniziativa del tutto spregiudicata e ai confini della legalità.

I PRIMI VAGITI DI EUROGENDFOR
L'anno seguente, nel 2004, in Olanda cinque rappresentanti di altrettanti Paesi europei (Francia, Italia, Olanda, Spagna e Portogallo) hanno firmato una prima bozza per quella che hanno chiamato "EuroGendFor", ovvero una Forza di Gendarmeria Europea. In tal modo quelle nazioni si impegnavano nel mettere a disposizione le proprie polizie militari per partecipare all'iniziativa.
Passiamo a gennaio 2006. Viene tenuto a battesimo il quartier generale, che viene ubicato a Vicenza. E' quindi il nostro Paese a farsi carico, in prima fila, di una simile operazione più che 'border line'.


Parata militare di EuroGendFor alla base di Vicenza. In alto gli scontri di Parigi e, nell'altra foto, il parlamentare del M5S Elio Lannutti

Infatti, il compito di quelle forze internazionali di polizia non era e non è quello di addestrarsi per contrastare i terrorismi, oppure la pericolosità di eventi criminosi, come le mafie internazionali, i traffici di armi e droga, la tratta delle schiave e la prostituzione, ma per un compito che riguarda "il controllo della folla". Della gente, dei cittadini che civilmente scendono in strada e osano protestare.
Nell'ottobre del 2008, poi, i cinque Paesi siglano il Trattato di Velsen, che dettaglia scopi, caratteristiche e finalità della stessa organizzazione militare. Di cui vengono precisati gli scopi: "costituire una forza di Gendarmeria Europea e operativa, preorganizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi, composta unicamente delle forze di polizia a statuto militare delle Parti, al fine di eseguire tutti i compiti di polizia previsti nell'ambito delle operazioni di gestione delle crisi".
Ecco quindi scendere in campo, e allertate per arginare le eventuali, giuste proteste dei cittadini, caso mai incazzati per quanto combinano i malgoverni di quei Paesi, la Gerdarmerie francese, i Carabinieri italiani, la Guardia civil spagnola, la Guardia nacional portoghese, la Marechausseè olandese.
Abbiamo mai saputo qualcosa circa tali attività che più 'coperte' non si può? I cittadini sono stati informati dai rispettivi governi di tali manovre assai poco trasparenti? Niente, una cortina di silenzio assoluta. Allineati e coperti i media, embedded i giornalisti.

I 5 STELLE VOGLIONO CHIAREZZA
Adesso i 5 Stelle vogliono vederci chiaro e presentano un'articolata interrogazione parlamentare ai ministeri degli Esteri, degli Interni e della Difesa, primo firmatario il senatore Elio Lannutti, più una dozzina di colleghi grillini.
In particolare i 5 Stelle vogliono sapere "se il Governo ritenga accettabile la costituzione di un esercito permanente di Polizia militare con l'obiettivo primario di occuparsi di ordine pubblico, il cui quartier generale è in Italia, con la finalità di pronto intervento per domare le rivolte popolari, addestrata al 'controllo della folla'".
Ancora: "se il Trattato di Velsen, ratificato nel 2010, nel più assoluto silenzio dei media, che contempla immunità e impunità per eventuali reati compiuti a danno dei cittadini e dei bene dello Stato, sia in sintonia con le norme internazionali e la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, tra i quali i concetti basilari di libertà e uguaglianza";
"se risulti al Governo che tale esercito di Polizia europea sia stato richiesto, ottenuto e prestato da qualche organizzazione internazionale, coalizione specifica, se sia stato utilizzato in Grecia per reprimere i moti di libertà del popolo greco, e più di recente in Francia, per tentare di domare le rivolte sociali del movimento dei 'Gilet Gialli' contro il governo Macron, e quali siano stati i protocolli di autorizzazione";
"se il Governo italiano ritenga necessaria l'immunità di cui gode 'EuroGendFor' sia nelle registrazioni in sede giudiziale, che negli eventuali abusi sul territorio italiano, qualora, nell'adempimento del servizio, uccidano, commettano illeciti, senza potere essere accusati, e se accusati, non potranno venire condannati, se condannati poi la sentenza non potrà essere eseguita";
"se non ritenga opportuno attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall'ordinamento, anche al fine di prendere in considerazione ogni eventuale sottovalutazione di significativi profili di accertamento che potrebbero profilare palesi violazioni di leggi, ordinamenti e norme di rango costituzionale".
Basta per avere, dopo tanti anni, un po' di trasparenza in un campo tanto delicato dove l'Italia si è impegnata in prima linea?

L'articolo per la Voce di Antonella Beccaria del novembre 2010
art Beccaria




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mercoledì 2 gennaio 2019

IL CASO MATTEI / FU UNA BOMBA, I LEGAMI CON GLI OMICIDI DI MAURO DE MAURO E PIER PAOLO PASOLINI


Fresco in libreria "Il caso Mattei", edito da Chiarelettere e scritto a quattro mani dalla giornalista Sabrina Pisu e dal magistrato Vincenzo Calia, che a metà degli anni '90 riaprì la bollente inchiesta, trovò nuove piste ma non riuscì a chiudere il cerchio.
Cerchio che invece era stato "chiuso" sia dal giornlaista siciliano Mauro De Mauro, che lavorava alla sceneggiatura del film di Francesco Rosi, sia da Pierpaolo Pasolini impegnato nella stesura del suo "Petrolio" al caloro bianco. Entrambi, De Mauro e Pasolini, erano arrivati alla meta, e per questo anche loro, dopo Enrico Mattei, "dovevano morire".

LE ULTIME SCOPERTE DEL MAGISTRATO CALIA
Ma procediano con ordine, partendo dal libro appena uscito. In primo luogo viene affermato e poi spiegato con estrema chiarezza che non si è trattato di "incidente", come hanno sempre sostenuto all'epoca i vertici Eni e i nostri servizi segreti di allora, il Sifar. Ma si sia trattato di un attentato in piena regola, attraverso il posizionamento di una bomba sul velivolo, un Morane Saulnier 760, che trasportava il capo dell'Eni Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzo e il corrispondente di Time Life William McHale. Era il 26 ottobre del 1962 e il velivolo, partito da Catania, doveva atterrare a Milano, ma cadde a Bescapè, in provincia di Pavia.
Calia, nel volume, descrive la dinamica dell'incidente, scrive della verbalizzazione "mutata" dell'agricoltore-testimone oculare che prima parlò di fiamme a bordo, poi ritrattò; e fa cenno soprattutto alla super perizia effettuata da una officina di riparazioni dell'aeronautica di Novara, condotta sui resti dell'aereo dopo il disastro, quindi volatilizzatasi.


La copertina. In alto da sinistra Mauro De Mauro, Enrico Mattei e Pier Paolo Pasolini

E documenta, Calia, tutta l'azione di depistaggio svolta dal Sifar (soprattutto a proposito della sparizione della perizia, ma anche della testimonianza poi taroccata), e il ruolo negativo svolto dai media. Vengono ad esempio ricordati i feroci articoli di una firma come quella di Indro Montanelli, tutti anti gestione Mattei, quasi ad aprire la strada – come poi avverrà – al suo successore, Eugenio Cefis.
Ed infatti sia Di Mauro che Pasolini, nelle loro indagini, puntarono dritti al bersaglio grosso, Eugenio Cefis, già allontanato dall'Eni nel '62, e poi, dopo la morte di Mattei, tornato in pompa magna. Tra i fondatori maximi della P2, Cefis diventerà il vero burattinaio degli affari italiani per oltre un decenno, impersonando quella "Razza padrona" che Eugenio Scalfari descrisse nel suo celebre libro.

UN FILM CHE FARA' "TREMARE L'ITALIA"
Sintomatica la frase pronunciata dal giornalista dell'Ora di Palermo trucidato dalla mafia, Mauro De Mauro, che stava completando le sue indagini. Parlando con un collega dell'Ansa, Lucio Galluzzo, gli disse: "sarà un film che farà tremare l'Italia".
Del resto sulla scrivania di De Mauro venne trovato il brogliaccio del "Petrolio" che Pasolini stava ultimando. Va poi ricordato, oltre al fondamentale capitolo "Lampi sull'Eni", dove campeggia la figura di Cefis, anche il furto di una settantina di pagine, che mancano all'appello di Petrolio. Cosa contenevano? La chiave del giallo? Con ogni probabilità pagine di fuoco & petrolio, costate la vita a Pier Paolo.
Una lunga scia di sangue, quindi, tutta griffata Eni: prima muore Mattei, la cui politica anti sette sorelle (le regine del petrolio) e in favore dello sfruttamento dei giacimenti africani in una prospettiva di ben diverso sviluppo mediterraneo, con una autentica collaborazione tra Italia e Nord-Africa; poi Mauro De Mauro, il quale stava terminando il suo lavoro per il film di Rosi (che uscirà evidentemente monco di quelle esplosive rivelazioni); quindi Pasolini, con il suo Petrolio bollente che tirava le fila su quella catena di sangue & potere.
Tutto basta e arci-avanza per una nuova apertura dell'inchiesta (anzi delle inchieste) basata sul filo rosso che unisce i tre omicidi.
Intanto, la procura di Roma dorme: due anni e mezzo fa il legale degli eredi Pasolini, Stefano Maccioni, ha chiesto la riapertura delle indagini, basandosi su una perizia del Dna, e scoprendo che vi sono almeno altre due presenze sulla scena del delitto, Ignoto 2 e Ignoto 3 (l'Ignoto 1 era evidentemente Pino Pelosi). Una prova schiacciante, presentata al pm Francesco Minisci, una strada spianata su cui procedere: ma fino ad oggi nessuna notizia.
Forse il pm Minisci è troppo occupato con il suo incarico di vertice all'Associazione Nazionale Magistrati, dove a marzo è stato nominato presidente?

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martedì 1 gennaio 2019

GIALLO ROSSI / DOPO 5 ANNI AI RAGGI X ULTIME E-MAIL E IL NOTES


Ci ha messo la bellezza di 5 anni e mezzo la dormiente procura di Siena per trovare l'hard disk del pc e la "copia forense" di uno dei due notebook appartenuti a David Rossi, il responsabile per le comunicazioni del Monte dei Paschi di Siena volato giù dal quinto piano di palazzo Salimbeni il 6 marzo 2013.
Il procuratore capo, Salvatore Vitiello, solo dopo le ripetute sollecitazioni arrivate dai legali della famiglia, e cioè il fratello Ranieri Rossi e la moglie Antonella Tognazzi, ha "scoperto" quei documenti!
Tutto il prezioso materiale ora è stato inviato dalla procura senese al Racis, il gruppo per le investigazioni scientifiche dei carabinieri, affinchè ne verifichi minuziosamente il contenuto.
Da rammentare, infatti, che sono corse svariate voci e uscite versioni differenti circa il contenuto delle e-mail inviate da Rossi negli ultimi 2-3 giorni della sua vita.


Antonella Tognazzi, moglie di David Rossi (nella foto in alto)

In particolare, sono importanti i messaggi partiti all'indirizzo dell'allora amministratore delegato Mps, Fabrizio Viola. "Stasera mi uccido", uno tra i presunti messaggi. "Domani vado a verbalizzare in procura e dico tutto", il contenuto di un secondo. E' forse anche nei messaggi la chiave per capire chi possa aver "voluto" la morte di David?
Tra l'altro, con una bella faccia di bronzo, lo stesso Viola ha avuto il coraggio di querelare la vedova Rossi e un giornalista de il Fatto, Davide Vecchi, per aver osato parlare e scrivere di quelle mail non poi tanto fantasma (ma solo ora acquisite agli atti) e "violato la privacy" (sic) del top manager Mps. Sia la Tognazzi che Vecchio sono poi stati assolti con formula piena.

Sono stati incredibilmente persi 5 anni, dal momento che le Fiamme gialle avevano chiesto alla procura già nel 2013 quei materiali oggi magicamente saltati fuori.
Del resto per ben due volte la dormiente procura di Siena ha chiesto l'archiviazione del caso, ritenendo certa l'ipotesi del suicidio. Quando invece tutte le evidenze scientifiche, una bella sfilza, dimostrano chiaramente che si è trattato di omicido: sia la perizia grafologica (i messaggi lasciati da David alla moglie), sia la perizia dinamica della caduta (che contrasta del tutto con la 'traiettoria' da suicidio), sia quella medica (il corpo di David presenta segni evidenti di colluttazione e di trascinamento) non lasciano dubbi. Solo i pm di Siena hanno chiuso gli occhi.
Tanto che da alcuni mesi è al lavoro anche la procura di Genova, per accertare tutte le anomalie di quelle inchieste farlocche condotte a Siena e accertarne errori & omissioni.

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