domenica 5 agosto 2018

VACCINI: NESSUNA OFFESA DAL CODACONS PER RICCIARDI. LO DICE LA MAGISTRATURA – Carlo Rienzi



In esclusiva su Byoblu il commento del Presidente del Codacons Carlo Rienzi: il tribunale gli ha dato ragione, riguardo alla sponsorizzazione delle iniziative di Gualtiero Ricciardi, presidente Istituto Superiore della Sanità, da parte delle case farmaceutiche Crucell, Glaxo Smith Kline, Pfizer e Sanofi Pasteur MSD.
L’antefatto: nel novembre 2016, in occasione di un convegno sui vaccini, il Codacons aveva diffuso un volantino dove riportava che “le iniziative” del Ricciardi “sarebbero” state sponsorizzate da varie case farmaceutiche produttrici di vaccini, mentre era a capo dell’ISS come Commissario straordinario.
Il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità aveva allora denunciato Carlo Rienzi e Nicola Basilico per aver leso il suo onore e la sua reputazione, in quanto sarebbe stato affermato che “egli stesso” era sponsorizzato dalle case farmaceutiche. Ora, la sentenza n.1231/18 del Tribunale di Roma, emessa in data 13 giugno, ha dichiarato il non luogo a procedere, perché “il fatto non sussiste”.
Nelle motivazioni della sentenza si legge che “emerge dagli atti che, almeno alla data del 28.5.2013, il Ricciardi aveva effettivamente svolto consulenze per diverse case farmaceutiche anche produttrici di vaccini”e, si aggiunge, “che le varie iniziative (e non il Ricciardi) siano state sponsorizzate dalle case farmaceutiche produttrici di vaccini, vi è prova in atti: vi sono i contratti con i quali le case farmaceutiche hanno sponsorizzato i Progetti di cui si parla nel volantino, stipulati con l’Università Cattolica del Sacro Cuore o le dichiarazioni dei legali rappresentanti delle case farmaceutiche che confermano il dato”.
Nella sostanza, il Giudice per l’Udienza Preliminare Giulia Proto ha rigettato la richiesta di Ricciardi in quanto mal formulata: mentre il volantino di Rienzi sosteneva infatti che sarebbero state “le iniziative” di Ricciardi ad essere state sponsorizzate dalle case farmaceutiche (fatto acclarato), la denuncia è stata presentata sul fatto che “il Ricciardi stesso” sarebbe stato sponsorizzato dalle case farmaceutiche. “Non vi è dunque alcuna offesa al Ricciardi”, si legge nella sentenza, “dal momento che nello scritto incriminato non si legge quanto riportato nell’imputazione, riferensodi invece, la sponsorizzazione, alle iniziative ivi indicate, circostanza oggettivamente dimostrata“.
Dunque le iniziative di Ricciardi sono state sponsorizzate dalle case farmaceutiche produttrici di vaccini e Ricciardi è in una posizione tale da avere un’influenza determinante nelle decisioni sulle politiche vaccinali. La magistratura non lo dice, ma lasciamo ai lettori decidere se questo configuri o meno un conflitto d’interessi.
L'articolo VACCINI: NESSUNA OFFESA DAL CODACONS PER RICCIARDI. LO DICE LA MAGISTRATURA – Carlo Rienzi proviene da ByoBlu - Il video blog di Claudio Messora.

sabato 4 agosto 2018

Marcello Foa, wikipedia e fake news: come si distrugge la reputazione di un giornalista scomodo


Wikipedia: e Foa diventa un complottista
È così che si distrugge la reputazione di un giornalista scomodo: il 28 luglio alle 16:37 (cioè soltanto sabato, “casualmente” nel pieno della discussione per la sua nomina alla presidenza RAI!) è stata modificata la pagina wikipedia di Marcello Foa aggiungendo la sezione “Controversie” (prima inesistente, basta controllare la cronologia che riporto qui sotto) in cui viene denigrato come un “complottista” per aver sostenuto l’esistenza di false flag e per aver parlato della teoria gender (che viene liquidata come una “teoria del complotto nata nell’ambito ecclesiastico negli anni ’90”).
…Quando conobbi Foa 
Ho la fortuna di conoscere personalmente Foa da qualche anno. Ci siamo incontrati a una riunione per il WAC (Web Activists Community) a Roma nello studio di Giulietto Chiesaquando scesi in rappresentanza della UNO Editori per discutere del progetto. Ovviamente lo conoscevo già di fama, lo avevo spesso citato nelle mie opere, a partire dal mio libro inchiesta su Renzi. Lo avevo sentito telefonicamente ma non lo avevo mai incontrato di persona. Mi sono trovata davanti un uomo gentilissimo, tanto umile quando disponibile, dotato di carisma e di ironia (dote rara), mentalmente elastico e al contempo metodico. Da quel momento ho potuto soltanto rafforzare la stima che ho di lui.
Mi rammarica ora assistere a un’ondata pretestuosa di violenza mediatica contro Foa.
Parte la campagna denigratoria
L’attuale campagna denigratoria che si è scatenata in queste ore intende trasformare Foa nell’esatto contrario di ciò che è: un serio, leale e onesto giornalista. Si vuole cioè screditarlo, additarlo come un venditore di fumo, un arrivista un ambizioso, persino un fascista (lui che è ebreo!) spulciando nei suoi vecchi post di Twitter o di Facebook, come se la carriera o l’onestà di un professionista si dimostrasse da alcuni post decontestualizzati. Quello che stanno scrivendo? Nulla di più lontano dalla verità.
Vi era già stata nelle precedenti settimana un’inchiesta dell’Espresso a cui era seguita la querela di Foa.
Ora le testate giornalistiche progressiste si scatenano seguendo lo stesso topos:
• è un sovranista (e allora? Meglio coloro che hanno svenduto il nostro Paese alla tecnocrazia europeista?),
• un populista,
• è filo-russo,
• diffonde fake news. Ebbene, per me questo non è giornalismo, è gossip.
Qualunque testata può scrivere qualunque cosa di chiunque citando fonti non pervenute o distorcendo dei post, perché è evidente dalla lettura approfondita degli articoli che chi scrive o non conosce Foa o è in malafede. Nell’epoca del politicamente corretto, la violenza dei guardiani del pensiero unico si abbatte come una furia su coloro che osano dissentire.
Tecniche “orwelliane” per manipolare l’opinione pubblica, tra spin e fake news
Quello che ovviamente si vuole fare è creare un frame, una cornice negativa in cui inserire l’immagine di Marcello Foa in modo da offrire all’opinione pubblica un’immagine distorta, falsa, dell’uomo e del professionista che è.
Il riflesso del bipensiero orwelliano è concentrato però nella seguente accusa:
lo definiscono ora lo “spin doctor” di Salvini, quando − paradossalmente − è stato proprio Foa a sdoganare al grande pubblico il fenomeno dello spin, spiegando e documentando in maniera magistrale come il potere orienta e all’occorrenza manipola l’informazione, servendosi anche dei media di massa. Quello che in origine era uno stato d’accusa documentato da anni di ricerche, si è rivolto contro di lui rendendolo mediaticamente “colpevole” di ciò che da anni condanna. E ora, come forma di contrappasso, lo spin si è rivolto contro di lui denigrandolo.
Nel suo Gli stregoni della notiziaAtto II, Foa documentava il fenomeno dello spin e mostrava persino come esistano società private che si occupano di confezionare materiale giornalistico ad hoc. Si tratta cioè di spin privati che vengono ingaggiati anche dai governi in segreto – Foa riporta ampi esempi di società assoldate dal governostatunitense − per rendere efficace e persuasiva una campagna, anche ricorrendo a menzogne e falsificazione per di raggiungere l’obiettivo desiderato.
Sì: falsificazione. False notizie come quelle che circolano in questi giorni sui media di massa, volte a terrorizzare l’opinione pubblica e a screditare il candidato alla presidenza RAI.
Breve ripasso dei VERI fatti: la Maggioni e la Commissione Trilaterale
Bisognerebbe invece ricordare a coloro che passivi si bevono queste menzogne, che l’ex presidente RAI, Monica Maggioni, è alla guida della Trilaterale Italia. Ricordo che la Commissione Trilaterale è  un gruppo di studio non governativo con sede a New York, fondato tra il luglio 1972 e il 1973 per iniziativa di David Rockefeller, Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski. Conta più di trecento membri (uomini d’affari, politici, intellettuali) provenienti dall’Europa, dal Giappone e dall’America settentrionale. A tutt’oggi le riunioni sono dei vertici a porte chiuse di altro profilo.
Quello che i membri della Trilateral vogliono è creare un potere economico mondiale superiore a quello politico dei singoli governi nazionali. Il fine era ed è tuttora una costante collaborazione tra le élite dominanti dell’Europa occidentale, del Giappone e degli Stati Uniti, e a coordinare le loro politiche nelle tre principali sfere di influenza.
La Trilaterale (come il Club Bilderberg) si preoccupa che la gente possa ribellarsi ai suoi progetti e quindi necessita della stampa per manipolare l’opinione pubblica e creare un adeguato “stato di spirito”: in passato propose anche limitazioni alla libertà di stampa nel senso di «restrizioni di quello che i giornali possono pubblicare in particolari e delicate circostanze».
L’idea di fondo, espressa nel libro La Crisi della democrazia pubblicato a firma di Crozier, Huntigton e Watanuki nel 1975, è come già spiegava Paolo Barnard, di “uccidere” la democrazia partecipativa dei cittadini mantenendone in vita solo l’involucro. Si vuole cioè svuotare da un lato le nazioni del proprio potere e della propria sovranità (ecco perché ora la parola “sovranista” fa così paura), facendo diventare dall’altro tutti noi dei soggetti passivi degli eventi, dei meri spettatori/lavoratori/consumatori.
I media servono cioè ad annientarci come protagonisti della democrazia, distraendoci con notizie inutili, terrorizzandoci di continuo o saturandoci con lo show spazzatura.
I media che attaccano Foa fanno il gioco di un potere incancrenito 
Un giornalista, degno del suo nome, dovrebbe ricoprire invece anche una funzione sociale, etica, civile. Ha una responsabilità. Non deve plasmare l’opinione pubblica al soldo dei lobbisti. Foa al contrario di molti suoi “colleghi” che ora lo attaccano ha la schiena dritta e denuncia da anni la manipolazione e il controllo sociale a danno dei cittadini.
I media che oggi lo attaccano stanno facendo il gioco di un potere incancrenito che teme l’ondata di rivoluzione che sta soffiando in Italia. Alcuni parassiti temono evidentemente di vedersi soffiare la linfa vitale da cui traggono da anni il sostentamento.
Non so se questa ondata si fermerà qui, se porterà a una débâcle o a veri e stabili cambiamenti.
So però che Marcello Foa può apportare pluralismo, rigore e spessore intellettuale al servizio pubblico televisivo, sempre che mercoledì mattina la Commissione di Vigilanza che dovrà ratificare o meno la sua nomina, riesca a compattarsi su almeno 27 voti. La maggioranza ne ha solo 21 e dunque i voti di Forza Italia diventano decisivi.
Tutto il resto è propaganda.
Il pensiero critico e l’informazione alternativa ai media mainstream oggi vengono perseguitati per silenziare il dissenso.
Non sono questi i metodi dei sistemi totalitari che si ammantano di slogan politicamente corretti e perseguitano con violenza chi non si piega ai loro diktat?
State attenti a chi non vuole che esprimiate la vostra coscienza critica ma che vi vuole passivi alla sua volontà; ne vale del vostro e del nostro futuro. 
Enrica Perucchietti

venerdì 3 agosto 2018

La rivoluzione della verità: Marcello Foa alla guida della Rai

Marcello FoaChe succede, se diventa presidente della Rai l’uomo che più di ogni altro, in Italia, ha denunciato le malefatte quotidiane degli “stregoni della notizia”? E’ semplicemente favolosa, infatti, la nomina di Marcello Foa nel Cda di viale Mazzini, caldeggiata dalla Lega e appoggiata dai 5 Stelle. Gli “stregoni” ovviamente sono già al lavoro: da quelli de “L’Espresso”, querelato da Foa per aver insinuato che il grande giornalista possa aver avuto un misterioso ruolo nella presunta sparizione in Svizzera del “tesoro-fantasma” del Carroccio, all’Enrico Mentana che, a caldo, in prima serata al Tg de La7, ha presentato Foa – liberale, anticomunista e noto estimatore di Trump – come un intellettuale “non amico” degli Usa. Un benvenuto a colpi di “fake news”, dunque, per il giornalista italiano, allievo di Indro Montanelli, che dal suo blog sul “Giornale” ha additato senza esitazioni le notizie false spacciate regolarmente per vere dai media mainstream a reti unificate. Notizie pesanti: dalle armi chimiche in Siria (mai usate da Assad contro i civili) alla foto straziante del bambino messicano in lacrime, presentato come profugo separato ferocemente dai genitori per colpa del perfido Trump, pur essendo invece solo un piccolo attore, impegnato in una drammatica performance di protesta in Texas. Marcello Foa alla guida della Rai? L’impossibile, che diventa possibile: qualcuno finalmente comincerà a dire che “il re è nudo”, e lo farà dagli studi dal Tg1?
Ha un che di destabilizzante e rivoluzionario, la decisione di Salvini e Di Maio. Obiettivo evidente: coprire le spalle al governo gialloverde, sottoposto al fuoco di sbarramento del sistema televisivo, pilotato dal vecchio establishment per il quale la verità è solo una variabile del copione. La nomina di Foa piomba come un ordigno nucleare su una palude maleodorante di telegiornali bugiardi e reticenti, di talkshow orwelliani infestati di testimonial unilaterali del calibro di Elsa Fornero e Carlo Cottarelli, presentati come marziani super-partes paracadutati, loro malgrado, fra le disgrazie “neo-sovraniste” dell’Italietta gialloverde. Lo stesso Mentana – piazzato da Craxi al Tg2 e poi approdato a Mediaset prima di finire a La7 – liquida con irridente sarcasmo i poveri fessi che ancora non credono alla versione ufficiale dell’11 Settembre, cioè la madre di tutte le “fake news” – la peggiore e più sanguinosa, la più gravida di orrori per il resto dell’umanità, letteralmente travolta da un quindicennio di guerre devastanti, organizzate da una propaganda che ha presentato il massone Osama Bin Laden, socio dei Bush e giù uomo Cia in Afghanistan, come una specie di cavernicolo anti-Usa. Da Al-Qaeda all’Isis, dall’Iraq alla Siria fino alla catena di spaventosi attentati “false flag” in Europa: mai un brandello di verità, da Mentana e soci, sulla strategia della tensione finto-islamista che ha indotto la Francia a sigillare col segreto di Stato (segreto militare) le indagini su Charlie Hebdo, dopo la “triangolazione delle armi” emersa a collegare il commando Isis ai servizi segreti.
Dal 2001, il pubblico occidentale è stato sistematicamente inondato di menzogne e “fake news” di regime, propagandate dai governi, senza che i giornalisti delle principali testate abbiano opposto la minima resistenza civile, professionale e intellettuale. Se i reporter avessero fatto onestamente il loro mestiere, accusa un grande del giornalismo anglosassone come Seymour Hersh, Premio Pulitzer, non avremmo dovuto seppellire così tante vittime innocenti. Poi, negli ultimi anni, qualcosa è cambiato: non grazie ai giornalisti, ma malgrado loro. Gli inglesi hanno votato la Brexit e gli americani hanno eletto Trump nonostante i media fossero tutti schierati per il Remain e per la Clinton. Nel suo piccolo, l’Italia si è sbarazzata di Renzi con il referendum sulla riforma costituzionale, supportata a reti unificate da giornali e televisioni. Peggio: contro il sistema mainstream ancora allineato al vecchio ordine politico (Obama e Merkel, Draghi e Mattarella) gli elettori italiani hanno scelto i 5 Stelle e la Lega, che infine hanno trovato il coraggio di un compromesso di governo. Fino al punto, oggi, di insediare alla guida della Rai un cavallo di razza come Foa, alle prese con una missione incredibile: rompere il muro di omertà mediatica, spezzare il coro delle finte notizie e cominciare a raccontare, finalmente, la verità.

giovedì 2 agosto 2018

Stazione di Bologna e Ustica: due stragi collegate: tutti hanno visto tutti hanno taciuto

Franco Di Carlo - Riccardo Castagneri -  2 agosto 1980, una data che purtroppo evoca nell'immaginario collettivo una tragedia immane: la strage alla stazione di Bologna.
Anche quest'anno le solite passerelle, personalità delle istituzioni, della politica, le solite liturgie trite e ritrite "Si deve conoscere la verità". Naturalmente le promesse che, come sempre, si arriverà a conoscere i motivi, il perché di questa strage, senza però che nessuno ufficialmente ponga l'accento sui depistaggi che hanno contrassegnato questa, così come le altre stragi, soprattutto una: strettamente collegata.
Poco si è anche parlato del depistaggio in merito all'aereo militare libico, precipitato sulle alture della Sila, in Calabria. Aereo caduto la stessa sera della strage di Ustica, il 27 giugno 1980, e opportunamente ritrovato o meglio, fatto ritrovare il 18 luglio successivo, tre settimane dopo, con un cadavere evidentemente deceduto da tempo, mentre ne volevano far figurare la morte e la caduta del caccia, lo stesso giorno del ritrovamento.
Questo quale maldestro tentativo di depistaggio atto ad evitare collegamenti con quanto accaduto il 27 giugno precedente nei cieli di Ustica.
Il 2 agosto la strage alla stazione di Bologna, conseguenza della tragedia di quaranta giorni prima.
Tutti hanno visto, tutti hanno taciuto, e coloro che non hanno taciuto, uno ad uno sono morti in circostanze anomale, misteriose, omicidi irrisolti, incidenti stradali o aerei, suicidi, infarti improvvisi.
Continuando a depistare, raccontando inverosimili favole all'opinione pubblica, parlando di attentati terroristici. Fino ad arrivare per la strage del 2 agosto alla condanna di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, i quali pur essendosi autoaccusati di altri omicidi e scontando i relativi ergastoli , non hanno mai accettato di essere ritenuti i responsabili della strage di Bologna, dichiarandosi sempre del tutto estranei e innocenti.
Singolare, in merito a questa strage, la circostanza che il presidente dell'associazione familiari delle vittime, abbia fatto carriera politica perseveri nel sostenere l'insostenibile tesi del terrorismo di destra nostrano, senza capire o voler sentir parlare dei depistaggi di Stato che avvolgono la mattanza della stazione di Bologna.
Teoremi, sull'affaire Ustica, da quel 27 giugno 1980 ne sono stati elaborati un'infinità.
Le danze, macabre  hanno inizio a pochi giorni dalla tragedia, con la favola che il Dc9 fosse un aereo molto vecchio e quindi si era verificato un cedimento strutturale dovuto a pessima manutenzione: bugia grossolana.
Poi si inizia a parlare di atto terroristico con una bomba piazzata a bordo, precisamente nel bagno dell'aereo.
Ma come avviene nel caso di menzogne esagerate, certe verità cominciano ad emergere-
Gli inquirenti cominciano a sentire le persone che quella sera erano impegnate in attività di controllo, le indagini procedono ed emerge che nei primi anni 80 in Italia esisteva una loggia massonica segreta denominata P2 che faceva capo a Licio Gelli.
Loggia con una lista di nomi eccellenti: vi appartenevano generali di tutte le Forze Armate, Carabinieri, Guardia di Finanza, esercito, marina, aviazione, questori, qualche prefetto, uomini politici e imprenditori di chiara fama.
E ci si domanda ancora se nel Bel Paese ci sia la volontà di fare luce sulle stragi? Ecco la necessità di assemblare i depistaggi, per dare in pasto all'opinione pubblica fatti anni luce lontani dalla realtà.
Va ricordato che l'allora Capo dello Stato, Francesco Cossiga, dopo aver fatto visita a terroristi rossi e neri, in un'intervista aveva ammesso che a Bologna si erano attuati depistaggi, ma che in quel preciso contesto storico non si sarebbe potuto agire diversamente.
Questa l'Italia di allora, non così dissimile dall'Italia di adesso
Anche il giudice istruttore Rosario Priore, l'ultimo magistrato ad indagare sulle stragi del 1980, arrivò ad un passo dalla verità sulla strage di Ustica.
Priore si trovò di fronte a muri di gomma: militari estremamente riottosi a collaborare, Stati che si rifugiavano in sdegnati silenzi. Priore, tetragono e imperturbabile, ha continuato ad indagare fino al 1996, sino a quando da Londra rientrò in Italia un detenuto, per terminare di scontare una condanna subita in Gran Bretagna.
Il giudice Priore e il pm Giovanni Salvi lo sentirono e da quel momento si intravide uno spiraglio di verità sulle stragi di Ustica e Bologna, grazie ad un lungo e circostanziato racconto.
Considerata la gravità delle affermazioni, i due magistrati predisposero che il detenuto arrivato da Londra fosse trasferito in una struttura di massima sicurezza, temendo per la sua incolumità.
Quel detenuto era Franco Di Carlo, che dopo aver scontato 12 anni nelle carceri inglesi, aveva voluto tornare in Italia per il residuo di pena. Di Carlo cominciò a raccontare ai magistrati quanto aveva saputo sulle stragi di Ustica e Bologna.
L'ex boss di Altofonte per molti anni era stato ospite di diversi istituti di pena inglesi, dove aveva incontrato un arabo palestinese, Nizar Hindawi, che proveniva dai campi di addestramento libanesi, fino ad essere ammesso tra i ranghi dei servizi segreti siriani.
L'agente siriano ha condiviso con Franco Di Carlo i propri segreti e i mille misteri. Good Father, come rispettosamente lo chiamavano, intervenne perché Hindawi fosse lasciato in pace dalle guardie  e questi, si legò a lui riconoscente, raccontandogli la sua vita.
L'arabo fu una miniera di notizie sulle pagine più fosche della nostra Repubblica, la strage di Bologna e il mistero di Ustica.Hindawi svelò che i motivi dell'eccidio della stazione erano da ricercarsi nella strage dell'aereo Itavia  esploso in volo un mese prima.
La sera del 27 giugno i servizi di mezza Europa e la Cia avevano saputo che la Libia aveva preparato un piano di volo per il presidente Gheddafi, un viaggio segretissimo, che tanto segreto però non si rivelò e venne progettata l'eliminazione del Raìs.
I servizi italiani, americani e francesi pensarono di mettere un caccia sulla scia del velivolo sul quale volava Gheddafi e il volo Itavia avrebbe garantito l'invisibilità ai radar, ma qualcosa non funzionò a dovere, in quanto i servizi libici vennero avvisati e allertati.
Quella sera sul Mediterraneo si scatenò una battaglia, l'aereo americano venne intercettato dai libici, intervenne un secondo aereo che colpito, precipitò in mare, sino all'epilogo: il disastro di Ustica.
Lo stesso colonnello Gheddafi ammise, anni dopo, che Ustica aveva a che fare con un attentato alla sua persona.
Racconta Di Carlo "Ai libici non era andato giù che i servizi italiani e alcuni politici avessero complottato con gli americani per uccidere il colonnello. Programmarono un attentato per farcela pagare. Bologna non fu scelta a caso, era la città dal quale era partito l'aereo Itavia".
Depistaggi, trattative e mentalità mafiosa esistono e sempre sono esistite nel nostro Paese, verità emerse in tutta la loro evidenza, continuano ad essere negate e, nel contempo, si attacca coloro che lottano per la legalità, per affossare ciò che ormai è sotto gli occhi di tutti.