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martedì 25 giugno 2019

Blog Emanuela Orlandi: Sit-in per Emanuela a 36 anni dalla sparizione

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Pubblicato un nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi 

Sit-in per ricordare Emanuela Orlandi nel giorno della scomparsa con foto e video dell'intervento di Pietro Orlandi.
Sit-in per Emanuela a 36 anni dalla sparizione



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giovedì 28 marzo 2019

Blog Emanuela Orlandi: “Emanuela Orlandi vittima di corruzione sessuale in Vaticano”. Intervista ad Alessandro Meluzzi




Pubblicato un nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi 

Il Vaticano ha raccolto l'istanza, sollevata dalla famiglia, dell'apertura di una tomba al Cimitero teutonico, che ha sede all'interno delle mura vaticane. «Ce ne stiamo occupando, troveremo il modo. Non posso dire di più», ha risposto il promotore di giustizia del Tribunale vaticano, Gian Piero Milano.
Intanto, Alessandro Meluzzi spiega il suo punto di vista di criminologo e psichiatra sul caso di Emanuela Orlandi, uno dei più fitti misteri della storia recente dell'Italia:



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giovedì 21 marzo 2019

Pedofilia e abusi, come uscire dall’«11 settembre» ecclesiale?


Quel che è venuto alla luce in varie parti del mondo a partire dal 2002 ha determinato una serie di scosse telluriche in tante diocesi e conferenze episcopali. La necessitàdi una conversione profonda e di un cambiamento di rotta. Il summit in Vaticano dal 21 al 24 febbraio.


Abusi su bambini e ragazzi da parte di preti e religiosi. Abusi a centinaia, a migliaia. Praticamente sempre coperti, insabbiati, non denunciati. Permettendo così all’abusatore di continuare a delinquere. «L’11 settembre della Chiesa» l’ha definito chi certo non può essere considerato un catastrofista: l’arcivescovo Georg Gänswein, già segretario di Benedetto XVI. Lo scandalo della pedofilia paragonato al grande attacco terroristico del 2001 agli Stati Uniti. In altri termini, un evento spartiacque, dopo il quale nulla potrà essere come prima. Esagerato?
Nella prospettiva di un comune fedele italiano, forse sì. Quel che è venuto alla luce dal 2002, con l’inchiesta del quotidiano «Boston Globe» (raccontata nel film Spotlight, vincitore dell’Oscar), in poi ha determinato una serie di scosse telluriche in molte diocesi e conferenze episcopali. Ha abbattuto vescovi, arcivescovi e cardinali; ha mandato in bancarotta Chiese locali; Usa, Belgio, Austria, Australia, Irlanda, Cile… immaginate – è un incubo che non si concretizzerà, ma utile per provare a comprendere lo sconcerto di una comunità ecclesiale – che tutti i vescovi italiani vengano rimossi, com’è accaduto di recente in Cile, per il loro silenzio sui casi di pedofilia, coperti, insabbiati, silenziati. Una tragedia. Che non riguarda solo né principalmente i singoli protagonisti, ma la credibilità della Chiesa. Il suo annuncio. Il Vangelo.
Come uscire dall’11 settembre ecclesiale? Nessuna guerra, se non interiore alla ricerca del male da estirpare. Ma una conversione sì. Un esercizio di sincerità – persino «spietato» – sì. E la ricerca di un cambiamento di rotta. Perché alla diagnosi deve sempre seguire la terapia. E questa che colpisce la Chiesa non è una banale febbriciattola.
Per questo motivo nell’agosto scorso papa Francesco ha scritto una «Lettera al popolo di Dio» (a tutti i battezzati, nessuno escluso, perché un peccato grave di alcuni membri riguarda l’intero corpo e nessuno può chiamarsi fuori) e ha convocato dal 21 al 24 febbraio in Vaticano un summit, a cui parteciperanno i presidenti delle Conferenze episcopali nazionali e i capi dei dicasteri.
«La prima regola per guarire è accettare di essere malati». E la malattia che esplode oggi ha origini antiche. La prima denuncia formale risale addirittura al 1051 a opera di Pier Damiani. Senza conseguenze. I Papi dell’epoca, come Gregorio VII, intervengono per arginare la corruzione del clero, ma ignorano la pedofilia. Emblematica ma tristissima è la vicenda di Giuseppe Calasanzio, fondatore degli Scolopi. La Controriforma è fatta di ombre e luci. Calasanzio è una luce che forze oscure tentano di spegnere. Venuto a sapere senza ombra di dubbio che un suo confratello, Giuseppe Cherubini, abusa degli alunni («orchi in tonaca e saio»), lo rimuove. Ma Cherubini gode di potenti protezioni in Vaticano. Calasanzio viene a sua volta inquisito e imprigionato. Basta poco, a quel tempo, anche solo la frequentazione di Galileo… Chi prende il suo posto a capo degli Scolopi? Cherubini, l’orco. Calasanzio sarà riabilitato e canonizzato. Ma l’episodio rimane.
di Umberto Folena

domenica 10 marzo 2019

Blog di Emanuela Orlandi: Il giallo del cimitero teutonico. Pietro Orlandi: “Aprite quella tomba”


Alla luce degli sviluppi sul "caso di Emanuela Orlandi", il fratello Pietro e l'avvocato Laura Sgrò hanno fatto alcune precisazioni e rivelazioni importanti.

Il giallo del cimitero teutonico. Pietro Orlandi: "Aprite quella tomba"



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sabato 9 marzo 2019

La scomparsa di Emanuela Orlandi e la tomba al cimitero teutonico. Il fratello Pietro: “Il Vaticano non ci risponde da mesi”

di SERGIO TRASATTI/ La famiglia di Emanuela Orlandi, tramite il suo legale Laura Sgrò, ha presentato formale istanza al segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, per riaprire una tomba nel cimitero teutonico, che si trova all’interno delle Mura vaticane. Secondo una lettera anonima, in quella tomba potrebbe esserci il corpo della ragazza scomparsa il 22 giugno del 1983. Alla luce di questi nuovi sviluppi, il giallo è stato nuovamente approfondito a “La Storia Oscura” su Radio Cusano Campus. Pietro Orlandi, al microfono di Fabio Camillacci, ha fatto alcune precisazioni e rivelazioni importanti: “In realtà -ha esordito il fratello di Emanuela Orlandi- questa lettera anonima che abbiamo ricevuto, non è altro che la conferma di altre segnalazioni che avevamo avuto nei mesi precedenti. Segnalazioni che ci sono arrivate da fonti interne al Vaticano e soprattutto non anonime; ecco perché abbiamo avanzato istanza scritta alla Segreteria di Stato vaticana. E non è la prima istanza che presentiamo bensì la terza e a oggi non abbiamo ancora ricevuto risposta a nessuna delle tre. Tutto ciò conferma che il Vaticano non intende assolutamente collaborare per la ricerca della verità. Noi sappiamo da tempo di questa tomba al cimitero teutonico dove potrebbe essere sepolta mia sorella, così abbiamo chiesto un’indagine interna, una piccola collaborazione, anche riservata, per capire perché queste persone ci hanno segnalato che Emanuela è sepolta in quel camposanto”.
La famiglia Orlandi chiede di aprire quella tomba. Pietro Orlandi a tal proposito ha ribadito: “Ovviamente chiediamo di aprire la tomba. A noi direttamente non ci hanno mai risposto, contrariamente a quanto detto ai giornalisti dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede Alessandro Gisotti, il quale ne ha parlato solo perchè sollecitato dai cronisti quando si è saputo della nostra istanza scritta. Ma ripeto, sono mesi che noi attraverso il nostro avvocato chiediamo al Vaticano di fare chiarezza su quella tomba e sulle segnalazioni che abbiamo ricevuto. Perché questo muro di gomma? Emanuela è una cittadina vaticana è iscritta all’anagrafe vaticana, forse l’unica cittadina vaticana rapita, possibile che non ci sia interesse da parte di quello Stato a cercare di scoprire cosa sia successo? Non fanno altro che dire ‘per noi il caso è chiuso, ci deve pensare lo Stato italiano perché è scomparsa in Italia’. E’ assurdo tutto questo -ha aggiunto Pietro Orlandi a Radio Cusano Campus- è come se nel caso Regeni lo Stato italiano dicesse alla famiglia ‘guardate è successo in Egitto quindi se ne deve occupare la magistratura egiziana per noi il caso è chiuso’.
Strane coincidenze. Orlandi ha poi sottolineato: “Nell’ultima istanza abbiamo anche ribadito la necessità di un’audizione per alcuni cardinali che sono ancora in vita e che sanno che fine ha fatto Emanuela. Tra loro c’è monsignor Piero Vergari, che da rettore della basilica di Sant’Apollinare si attivò per far avere all’ex boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis l’inusuale sepoltura nella cripta della stessa basilica. Ma tu guarda che strana coincidenza, in quel cimitero teutonico, tra le varie persone che possono essere seppellite lì, ci sono anche quelle della confraternita che ha sede in quel camposanto. E chi fa parte di quella confraternita? Proprio don Vergari che in passato fu anche indagato per il sequestro di Emanuela. E forse non è nemmeno un caso che la storia delle ossa venute alla luce nella Nunziatura Apostolica d’Italia, sia uscita dopo che l’avvocato Sgrò aveva annunciato al Vaticano la nostra intenzione di presentare istanza scritta per la tomba al cimitero teutonico. Di fatto la storia della Nunziatura ha rallentato tutto su quell’altro fronte. E’ chiaro che dietro la scomparsa di Emanuela c’è un forte intreccio tra Stato, Chiesa e criminalità. Questo ha portato a occultare la verità per oltre 35 anni. E’ come un vaso di Pandora: se lo apri escono fuori tante cose brutte. Ricordo che circa un mese dopo la scomparsa di mia sorella, ci fu un palese invito tra la Presidenza del Consiglio e il Vaticano in relazione alla scomparsa di Emanuela a ‘non aprire quella falla che difficilmente si potrà chiudere’. E’ chiaro -ha concluso Pietro Orlandi- che sapevano cosa era successo ed era qualcosa da proteggere, da tenere nascosta per sempre”.

mercoledì 6 marzo 2019

Bergoglio fa il globalista? Oscura il suo passato fascista

Papa FrancescoC’era una volta in Argentina un gesuita, Jorge Mario Bergoglio, che era schierato contro la teologia della liberazione, vicina al castrismo e negli anni ’70 aderì alla Guardia de Hierro, un’organizzazione peronista, di stampo nazionalista, cattolica, ferocemente anticomunista. In quegli anni a chi gli faceva notare che l’organizzazione a cui aderiva si richiamasse alla Guardia di Ferro, il movimento romeno del comandante Corneliu Zelea Codreanu, nazionalista e fascista, Bergoglio replicava: «Meglio così». Della sua vicinanza alla Guardia de Hierro ne parlò dopo la sua elezione il quotidiano argentino “Clarin”, mentre a Buenos Aires apparivano manifesti che ricordavano Bergoglio peronista. Per la cronaca, la Guardia di Ferro era un movimento di legionari, molto popolare in Romania negli anni trenta, ritenuto antisemita e filonazista, di cui si innamorarono in molti, non solo in Romania. Uno di questi fu Indro Montanelli che pubblicò sul “Corriere della Sera” una serie di entusiastici reportage pieni di ammirazione per Codreanu, nell’estate del 1940, a guerra inoltrata, smentendo la sua tesi postuma che dopo il ’38 si fosse già convertito all’antifascismo. Testi ripubblicati di recente, “Da inviato di guerra” (ed. Ar).
Evidentemente anche nell’Argentina dei Peron il mito di Codreanu, barbaramente assassinato, e del suo integralismo cristiano, aveva proseliti. Nel ’74, dopo la morte di Peron, il movimento legionario si sciolse. Era un gruppo di 3.500 militanti 15mila attivisti. Si opponevano ai guerriglieri di sinistra peronisti infiltrati dai castristi, seguaci di Che Guevara; loro erano, per così dire, l’ala di estrema destra del giustizialismo. Il gruppo della Guardia de Hierro era stato fondato da Alejandro Gallego Alvarez. Era un movimento che teneva molto alla formazione culturale dei suoi militanti e alla presenza tra i diseredati e gli ultimi. A Bergoglio fu poi affidata un’istituzione in difficoltà, l’Università del Salvador. Bergoglio la risanò e l’affidò a due ex-camerati della Guardia de Hierro, Francisco José Pinon e Walter Romero. In quegli anni Bergoglio era avversario dichiarato dei gesuiti di sinistra da posizioni nazionaliste e populiste. La sua avversione alla teologia della liberazione gli procurò l’accusa di omertà da parte del Premio Nobel Perez Esqivel e poi di collaborazionismo con la dittatura dei generali argentini, dal 1976 a 1983.
Lo storico Osvaldo Bayer dichiarò ai giornali: «Per noi è un’amara sconfitta che Bergoglio sia diventato Papa». E Orlando Yorio, uno dei gesuiti filocastristi catturato e torturato dai servizi segreti del regime militare, accuserà: «Bergoglio non ci Emidio Noviavvisò mai del pericolo che correvamo. Sono sicuro che egli stesso dette ai marinai la lista coi nostri nomi». Solo dopo la caduta della dittatura militare Bergoglio iniziò a prendere le distanze dal peronismo nazionalista. Ho tratto fedelmente questa ricostruzione dalle pagine del libro di Emidio Novi, “La riscossa populista”, appena uscito per le edizioni Controcorrente (pp.286, 20 euro). Novi sostiene che la deriva progressista e mondialista di Francesco nasca da questo passato rimosso. Secondo Novi, «Papa Bergoglio vuol farsi perdonare il suo passato “fascista” durato fino al 1980». Per questo non perde occasione di compiacere il politically correct, il partito progressista dell’accoglienza, l’antinazionalismo radicale.
Novi, giornalista di lungo corso e senatore di Forza Italia, è morto lo scorso 24 agosto investito da un camion della nettezza urbana in retromarcia mentre era al suo paese natale, S.Agata di Puglia. Il suo libro è uscito postumo, con una prefazione di Amedeo Laboccetta e a cura di suo figlio Vittorio Alfredo. Novi si definiva populista già decenni prima che sorgesse in Italia l’onda populista. Era populista al cubo, perché proveniva dall’ala più “movimentista” dell’Msi ispirata dal fascismo sociale: poi perché proveniva dal sud e da Napoli, ed era un interprete genuino dell’antico populismo meridionale, a cavallo tra la rivolta popolana e la nostalgia borbonica; e infine era populista perché consideravaIl giovane Bergogliol’oligarchia finanziaria, la dittatura dei banchieri e degli eurocrati, il nemico principale dei popoli nel presente. Perciò amava definirsi nazionalpopulista, e sovranista ante litteram.
In questo suo ultimo libro Novi si occupa in più pagine del «papulismo» di Bergoglio, della sua teologia «improvvisata e arruffona», della sua resa all’Islam, della sua ossessione migrazionista fino a definire Gesù, la Madonna e San Giuseppe come una famiglia di immigrati clandestini in fuga. Lo reputa «uno strumento dell’anticristo», funzionale sia al progressismo radical dell’accoglienza che al mondialismo laicista della finanza, mescolando il vecchio terzomondismo, l’internazionalismo socialista con il disegno global che ci vuole nomadi, senza radici, senza patria e senza frontiere. Ma del suo passato argentino, al tempo di Peron, del giustizialismo e poi della dittatura militare, Bergoglio preferisce non parlare. Anche gli estroversi a volte tacciono.
(Marcello Veneziani, “Camerata Bergoglio”, da “La Verità” del 31 gennaio 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).

martedì 29 gennaio 2019

Blog Emanuela Orlandi: Federica Orlandi “Anche io avvicinata da Felix sull’autobus”

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Pubblicato un nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi 

La lettera del suicida Alfredo e una nuova interista all'amico di Felix dove gli viene fatta ascoltare la telefonata che preannunciava la presenza della salma di De Pedis a S.Apollinare. 



venerdì 25 gennaio 2019

Caso Orlandi, perchè l'esponente della banda della Magliana De Pedis sepolto nella Chiesa di Sant'Apollinare?


Tra i misteri del caso Orlandi la sepoltura dell'esponente della banda della Magliana De Pedis nella chiesa di Sant'Apollinare, ultimo luogo in cui Emanuela fu vista.

www.la7.it

giovedì 24 gennaio 2019

Caso Orlandi, Avv. Sgrò: 'Fonti indicano la sepoltura del corpo di Emanuela in Vaticano'

L'Avv. Laura Sgrò afferma che alcune fonti e documenti indicano il Vaticano il luogo di sepoltura di Emanuela Orlandi

www.la7.it

venerdì 18 gennaio 2019

Krishna, Horus, Mithra: era già Natale, ben prima di Cristo

Tammuz, il dio babilonese con la croce, nato il 25 dicembreL'etimologia del termine "Natale", come sostantivo maschile, deriva dal latino "Natalis (nascita); "dies Natalis" significa "il giorno della nascita". Il termine "nascere" proviene dal latino "noscere", che significa "cominciare a conoscere" e ha le sue radici in altre lingue; è un termine collegato ai termini: notizia, nobile, celebre, konig, king. Il significato etimologico di Natale è quindi legato sia alla nascita, sia alla conoscenza. Per i Popoli del Nord, le notti dal 25 dicembre al 6 gennaio erano particolarmente sacre. Nei paesi scandinavi venivano celebrati i natali di Frey, figlio di Wodan (Wuotan: Odino), dio della natura, e di Berchta (Frigga: Holda) sua sposa, con la festa scandinava di Yule. Riservati al culto solare erano in epoca megalitica il monumento di Stonehenge (Inghilterra) e i Menhir di Carnac (Bretagna), orientati verso Est (il Sole levante). Fra i popoli celti si accendevano e si accendono tutt'ora il 25 dicembre dei sacri fuochi al dio Lug (luminoso) detto Griamainech (Viso del Sole), corrispondente al greco Hermes e al latino Mercurius. Questi fuochi sono ancor oggi conosciuti fra gli irlandesi e i montanari della Scozia, e vengono accesi in onore di Cristo.

La festa del solstizio d'inverno è sempre stata associata alla celebrazione della Rinascita della Luce e dell'attesa di un "parto" miracoloso della "Vergine celeste", "Regina del Mondo", con la nascita del suo divino "Infante". Il Rito della Natività del Sole, celebrato in Siria e in Egitto, era molto solenne. Al solstizio d'inverno i celebranti si riunivano in particolari santuari sotterranei (hipógei), da cui uscivano a mezzanotte esultando: «La Vergine ha partorito! La Luce cresce!». Gli antichi egiziani rappresentavano il Sole appena nato, Horus, con una "Imagine" di un Infante in cera o argilla, che mostravano ai fedeli di Iside e Osiride. La figura di Iside col bimbo Horo somiglia talmente alla Madonna col Bambin Gesù che a volte ricevette l'adorazione inconsapevole dei primi cristiani (dal "Libro dei Morti" egiziano). Iside d'Egitto, come Maria di Nazareth era la Nostra Signora Immacolata, la Stella del Mare (Stella Maris), la Regina del Cielo e Madre di Dio, ed era rappresentata in piedi sulla falce della Luna e coronata di stelle. La figura della "Vergine" dello zodiaco (Virgo) nelle antiche immagini appare come una donna che allatta un bambino, archètipo di tutte le future madonne col divino fanciullo.

In India, l'antichissima religione dei primi Brahmani vedici, nei più antichi inni del "Rig-Veda", chiama Sûrya (il Sole) e Aghni (il Fuoco) il Regolatore dell'Universo, Signore degli Uomini e il Re Saggio,e la Madre Devakî è similmente raffigurata col divino Krishna tra le braccia. Per i babilonesi, la Madre Mylitta o Istar di Babilonia era raffigurata con la consueta corona di stelle e con il divino figlio Tammuz, la cui nascita veniva commemorata nelle rituali Sacee babilonesi, feste della nascita analoghe al nostro Natale. Il periodo del solstizio al 25 dicembre ricorre anche per la nascita verginale del principe Siddharta, che fu adombrato da Buddha (l'Illuminato) allo stesso modo in cui Gesù fu adombrato da Cristo. Per la storia dell'antica Cina, Buddha nasce dalla vergine Mâyâdevi. Per i persiani, al solstizio d'inverno nacque Mithra, divinità solare di origine indo-Il "buddha" Siddharta, nato il 25 dicembreiranica, anch'egli "nato" in una grotta, da una vergine. Fra i suoi sacerdoti si ricordano i Magi citati nel Vangelo di Matteo, sapienti astrologi e discepoli di Zarathustra-Zoroastro, che attendevano da tempo il ritorno di Mithra-Maitreia, secondo antiche profezie.

Per i nabatei, popolazione araba che nel I secolo a.C. dominò la Giordania Orientale, la divinità Dusares era unita al Sole, portava l'attributo di "invincibile", congiunto a Mithra, e il suo giorno natalizio cadeva sempre il 25 dicembre. Nel 274 d.C. Aureliano fece erigere a Roma un sontuoso tempio in onore di Mithra, e numerosi "mithrei" sorsero e si conservano tutt'ora in altre zone d'Italia, noti sotto il nome di "Hipógei". Nell'antica Grecia veniva celebrata la festa della "Ghenesìa" (il giorno del Natalizio). Il mito di Hermes (Mercurio) presenta particolari analogie con la figura di Gesù. Nato in una grotta, figlio di Zeus (Iuppiter: Giove-Padre) e da Maia (la maggiore delle Pleiadi), Hermes è spesso rappresentato con un agnello sulle spalle, da cui deriva il suo nome di Crioforo (portatore dell'agnello). E' anche ricordato come Guida delle Anime nella dimora dei morti (Ade-inferno). Da tale funzione deriva il nome di Ermes-Psicopompo, "accompagnatore delle anime", e in tali vesti servì di immagine ai primi cristiani per figurare il Buon Pastore, al punto che queste identificazioni si fusero con la figura del Christo.

La data del solstizio d'inverno fu ripresa dal cristianesimo per il Natale di Gesù, in coincidenza con altre feste confluite a Roma, come il "dies Natalis Solis Invicti" il Natale del Sole Invitto (il sole invincibile), il Natale di Mithra, la Nascita di Horus in Egitto e quella di Tammuz a Babilonia. Storicamente la più antica fonte conosciuta, che fissa al 25 dicembre la nascita di Gesù, è di Ippolito di Roma (170 circa- 235) che già nel 204 riferiva della celebrazione del Natale, nell'Urbe, proprio in quella data; e soprattutto Sesto Giulio Africano (211 d.C.) nella sua "Cronografia" del mondo. Inoltre ci sono anche le prove, indirette Mithra, il "cristo" pagano pre-cristianoma evidenti, contenute nei Rotoli di Qumran ("Cronaca dei Giubilei") che confermano la tradizione apostolica secondo la quale vi erano la festività dell'Annuncio a Zaccaria il 23 settembre, la festa dell'Annuncio a Maria sei mesi dopo (25 marzo) e la nascita di Gesù nove mesi dopo (25 dicembre).

Ufficialmente la festa del Natale cristiano fu fissata nel 335 d.C. dall'imperatore Costantino, che sostituì la festa natalizia di Mithra-Sole del 25 dicembre con il Natale di Cristo, chiamato dal profeta Malachia "Sole di Giustizia" e da Giovanni Evangelista "Luce del Mondo". Da Roma la nuova festa del Natale cristiano si diffuse rapidamente in Oriente (seppure con qualche resistenza), come attestato da San Giovanni Crisostomo nell'omelia pronunciata nel 386, in cui asseriva che la festa era stata introdotta ad Antiochia una decina d'anni prima (circa nel 375) mentre non era in uso né a Gerusalemme, né ad Alessandria, né in Armenia, dove invece nelle chiese locali osservavano già la festa della "Manifestazione" al 6 gennaio, cioè la triplice epifania del Salvatore: la nascita di Gesù, l'adorazione dei Magi, il battesimo nel Giordano (Christòs). Risulta quindi che verso Madonna e bambino, specchio dei preesistenti Osiride e Horusla fine del IV secolo s'era esteso a tutta la Chiesa l'uso di celebrare l'anniversario della nascita di Gesù-Cristo, in Oriente al 6 gennaio e in Occidente al 25 dicembre.
La Novena di Natale è strettamente legata al culto ufficiale, ma va precisato che il Natale fa parte di un ciclo di dodici giorni, conosciuto col nome di "Calende", di origine molto antica. Infatti il Natale segnava l'inizio del nuovo anno. Nelle case dei nostri antichi avi si accendeva a Natale un ceppo di quercia, dai poteri propiziatori, che doveva bruciare per 12 giorni consecutivi, e dal modo in cui bruciava si intuivano i presagi sul nuovo anno in arrivo. Il ceppo doveva essere preferibilmente di quercia, perché il suo legno simboleggia forza e solidità. Simbolicamente si bruciava il passato e si coglievano i segni del prossimo futuro; infatti le scintille che salivano nella cappa simboleggiavano il ritorno dei giorni lunghi, la cenere veniva raccolta e sparsa nei campi per sperare in abbondanti raccolti. Si tratta di un'usanza le cui radici risalgono alle popolazioni del Nord Europa. Abbiamo la testimonianza di Lucano, nel "Bellum civile" (III, 400) in cui ha descritto come gli alberi assumessero un ruolo fondamentale nel culto delle popolazioni celtiche che i romani si trovarono a fronteggiare: un culto in cui simbolismo e ritualità si fondevano in modo straordinariamente armonico.

In particolare i Teutoni, nei giorni più bui dell'anno, piantavano davanti alle case un abete ornato di ghirlande e bruciavano un enorme ceppo nel camino. Questi simboli sono sopravvissuti nell'albero di Natale, che rimane verde tutto l'anno e non perde le foglie durante l'inverno come fanno gli altri alberi. L'albero rappresenta anche il simbolo del corpo umano e più precisamente il suo sistema nervoso compreso il cervello, nel quale deve brillare la luce, ovvero la conoscenza che viene dal "cielo" del pensiero e dalla coscienza universale, simboleggiata dalla stella di Natale, che indica l'illuminazione, la conoscenza e la consapevolezza dell'amore che mantiene vivente il creato. Quest'usanza si è oggi trasformata nelle luci che addobbano gli Krishna bambinoalberi, le case e le strade nel periodo natalizio. A tale tradizione si collega la celebrazione del Natale per indicare l'avvento della "luce del mondo", che giunge a squarciare le pericolosità del buio. È il Bambino, che venendo al mondo, inaugura una nuova vita, e porta la Luce a tutti gli uomini. Infatti le case e le abitazioni sono il simbolo della personalità che deve illuminarsi; per questo motivo in questo periodo le case e le città si riempiono di luci, perché devono portare la conoscenza di sé stessi, l'amore e la giustizia tra gli uomini.

E' documentato che in Romagna, l'antica Romandìola, l'usanza di iniziare l'anno partendo dal 25 dicembre di ogni anno, durò fino ai tempi di Dante, come si riscontra dal "Codice di Lottieri della Tosa" – n. 217 – pubblicato a Faenza nel 1979 a cura di don Giovanni Lucchesi. Ogni anno al solstizio d'inverno accade qualcosa di magico e straordinario: nel giorno più corto dell'anno, il sole tocca a mezzogiorno il punto più basso dell'orizzonte, ovvero simbolicamente "muore", per rinascere successivamente, dodici giorni dopo, al perigeo, quando il sole riprende il suo  moto, perpetuando e rinnovando il ciclo infinito della vita. Per questo il solstizio d'inverno è considerato il giorno più sacro dell'anno e del bene che regna sul mondo. A partire dal solstizio d'inverno il nostro pianeta è permeato dalle potenti radiazioni della "luce cristica", che continua a manifestarsi con forza fino all'Epifania.

(Andrea Fontana, "Il Natale nella storia", estratto da "Il presepio rivelato", intervento pubblicato su "Scienze Astratte" il 25 dicembre 2011).

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venerdì 30 novembre 2018

Blog Emanuela Orlandi: La nostra genetista forense è pronta ad esami paralleli su quei resti



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Maria Antonietta Gregori "Solo l'esame del DNA può darci delle certezze e comunque noi faremo effettuare altre analisi in parallelo e alla luce del sole, dalla nostra Genetista Marina Baldi"
"La nostra genetista forense è pronta ad esami paralleli su quei resti"



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mercoledì 28 novembre 2018

Coce Rossa Italiana in rosso. Dove sono finiti i soldi?


Incredibile.  C’è  un’emergenza  umanitaria in corso  e  nessuno  ne  parla.  Una  crisi grande  come  il campo  profughi di  Daadab in Kenia(la  più  grande tendopoli-dormitorio  del mondo) e  nessuno  dice  niente. Ma  proprio  nessuno, da  destra  a  sinistra. Come nessun  giornale,  dalla  Verità, all’Avvenire(noto quotidiano  della  CEI)  a Topolino. Solo  qualche isolata voce fuori dal coro nel  deserto  dell’informazione (i  pochi che ancora osano andare controcorrente).
Ma  non  stiamo  parlando di un genocidio nel  Sud Sudan o   delle migliaia di persone  in  fuga  dalle  guerre che  insanguinano  il  continente  africano.  Nemmeno  dell’emergenza profughi sulle Navi  che  attraccano nei  porti o i  centri  di accoglienza  stracolmi di migranti.  Stiamo parlando della colossale voragine  nei  conti  della Croce  Rossa  Italiana  che versa  in  una  situazione  economica disastrosa che  rischia  seriamente di condannare a  morte  una  delle  più  nobili  istituzioni  assistenziali a livello  mondiale.
La  Prestigiosa  organizzazione italiana che  ha  lottato a tutte le  latitudini per  combattere povertà e fame è  in  croce. Ed è in rosso.  L’organizzazione che è sempre  stata  in  prima fila nei paesi  più poveri per alleviare denutrizione e carestie sta  morendo di stenti. Una  prodigiosa realtà in rapido disfacimento. Oltre 150.000  ‘volontari’ (molti dei quali veri e propri dipendenti mascherati da volontari),  con all’attivo 5000 dipendenti e  3000 unità  in  mobilità  coatta, senza risposte e TFR.
Un’eccellenza  italiana ridotta a colabrodo,  tanto  è vero che piu’ volte negli ultimi trent’anni  e’ stata sottoposta a commissariamento nell’utopica ipotesi  d’un risanamento. Non  sorprende che siano spuntati  fuori qua e  là come  funghi  comitati  spontanei  di  aficionados indignati per la decadenza della nobile istituzione.
Eppure,  non  più  tardi  di  quest’estate,  la Croce Rossa  Italiana  ha  sottoscritto un’intesa  con la Ong maltese MoasMigrant Offshore Aid  Station, scucendo sull’unghia 400.000 euro (al  mese),  sfrattando Emergency dalle operazioni di  salvataggio in  mare. L’organizzazione fondata da Gino Strada ora purtroppo non è più presente nel Mediterraneo per soccorrere i migranti  (cosa  che  faceva egregiamente). Non si capisce  bene se quì la  missione è quella di salvare  vite  umane o fare   fare  a gara  per scialacquare  quattrini.
I soldi a  pioggia comunque di per  sé non possono spiegare il perché di  un dissesto così imponente. Forse neanche gli  stipendi da nababbi della  classe  dirigente della  Croce Rossa Italiana (da 100.000 in su i top managers mentre  migliaia di volontari non prendono il becco  d’un quattrino). Il Presidente, l’Avv. Francesco Rocca s’intasca la  bellezza di 263.995 Euro più 126.525 euro per spesucce varie, totale 390.520 euro.  Circa 32.000  euro al  mese più o  meno (quasi  sotto la soglia  di  sopravvivenza).
Guglielmo Stagno D’Alcontres (ex Presidente  di  CRI Sicilia) percepiva il  più modesto compenso di 260.000 euro all’anno (120.000  euro di indennità da Presidente, 120.000 Euro indennità di Amministratore Delegato  più altri 20.000 Euro come indennità di Consigliere + lauti indennizzi per spese personali con  rimborsi a piè di  lista). Da  reddito  di cittadinanza.
Forse la  spiegazione può arrivare dagli  sprechi pazzeschi, le ruberie, gli  sperperi e le  consulenze d’oro? Non  si sa bene. Come  si  sia arrivati  a questa grave  crisi è   difficile  da  riassumere in  poche  parole ed è comunque la  storia  di  uno  sfacelo  che parte  da  molto  lontano. Per  non andar  tanto  distante  potremo tentare di  risalire agli anni più recenti. Ad  esempio dal 2016 in  poi.
Proprio   da quando  l’INPS (l’Istituto Nazionale della Previdenza  Sociale) è andato  a bussare alla porta della  Croce  Rossa  Italiana reclamando  oltre  90  milioni di  euro tra  TFR  ed  altre  indennità non versate.  €116.647.835,59 per  l’esattezza. Soldi  che,  si  scoprirà  poi, la  Croce  Rossa Italiana   non ha  mai  corrisposto all’ente  previdenziale come  avrebbe dovuto. Cosa  davvero  molto  strana. Perchè il  Trattamento  di  Fine Rapporto  (il  TFR)  è  un tributo  che  dovrebbe esser subito  accantonato in attesa  della fine del  rapporto di  lavoro dipendente.
Comunque, se il Dott. Tito  Boeri  volesse racimolare  un  po’  di  spiccioletti (e  s’accontentasse  di  dollari) potrebbe fare  una  capatina in questo  magazzinetto della  Croce  Rossa  con  un  paio di  TIR   e  molettti al  seguito (purtroppo il contante non è bancalizzato).
Eppure, strano a dirsi,  la  C.R.I., da sempre,   ha  ricevuto  ingenti  contributi  sia dallo  Stato italiano  che  da  privati. Basti pensare che solo  quest’anno  dal Governo centrale  ha in budget d’introitare  74 milioni  di  euro  più  altri  21  milioni  di  euro (senza  calcolare  gli  ingenti proventi di Asl, Ministeri, Comuni, Province,  il 5 x 1000  etc  etc.). Non  abbiamo contato le  donazioni e i  lasciti che  ha accumulato in  150 anni, nonché le  varie agevolazioni e i  comodati  gratuiti. Inoltre tenete  ben  presente che negli anni  passati la  Croce Rossa Italiana  ha regolarmente  percepito per  il  suo funzionamento una media di 150-200 milioni  di euro  l’anno dallo Stato. Mancando  all’appello questi  capitali, sorge  spontanea  la  domanda:  ma che  fine  han  fatto  tutti sti soldi?
Se dovessimo  applicare  il  parametro delle  normali  società  commerciali (con i  bilanci  in  rosso spinto)  la  C.R.I.  dovrebbe portare immediatamente  i  libri in  Tribunale   dichiarando fallimento.  Chiudere  bottega insomma come son  obbligate a  fare migliaia  di aziende che  non  ce  la  fanno  più o le  normali  Associazioni di volontariato che  non  godono di queste  generose provvidenze e devono far quadrare i  conti.
Giusto in  nome della  “Par  condicio  creditorum”.  Invece  che  avviene? Per  la  C.R.I. (che  non è quasi soggetta  alle rigorose  ispezioni e/o controlli  come  tutte  le  imprese  gestite  da  noi poveri  mortali) , si  studia invece una  via  di  fuga  sul  modello  Alitalia. La si privatizza. Da  Ente  Governativo a controllo pubblico diventa  Ente privato, una  sorta  di  Federazione  con tanti  Comitati  Locali autonomi in  ogni  provincia, ognuno  dotato  di  propria  partita  iva, molti dei quali con fatturati da  capogiro.
Vedi gli  appalti milionari per  il numero di emergenza 118, i  Centri  di  Accoglienza, la  gestione  dei  primi soccorsi nelle zone  terremotate e post-calamità naturali, i CIE etc etc. (una  bella  pensata, così il default di  un’ entità non  può coinvolgere tutte le  altre). Tanto per  farvi un  esempio che renda l’idea,  uno  dei CIE più  noti, quello  di  Cara di Mineo  ha  costi base di gestioneche superano  i  16 milioni  di  euro l’anno per un totale  di  quasi 100 milioni di euro  in un triennio (96.907.500 euro per  la precisione).
Curiosità: il bando  di gara di Cara di Mineo del  2014, per  l’aggiudicazione prevedeva  dei requisiti minimi tassativi (pena  l’esclusione) come l’iscrizione  alla  Camera  di  Commercio. La locale  C.R.I. Comitato di Catania non  era  iscritta  alla CCIAA  (come  si  evince dalla  visura camerale si è iscritta solo il 31 ottobre 2017)  eppure  ha  vinto ugualmente la  gara!  Uno dei tanti Misteri. Invece  nel  2018, mentre i 150 disperati erano “sequestrati” sulla nave Diciottiammorbati dalla scabbia, presso la Prefettura di Catania si  perfezionava l’appaltuccio da 41 milioni di euro per il  Centro di Prima accoglienza di CARA di Mineo, dove probabilmente sarebbero andati a finire i palestratissimi naufraghi. Come  diceva il gran visir delle  Coop  Rosse Salvatore  Buzzi  in  un’intercettazione:   “gli immigrati rendono più della droga”. Giusto per  farvi  capire  cos’è  il  Business  dell’accoglienza.
Ma attenzione,  nel  caso  della  Croce Rossa Italiana  si  privatizzeranno solo  gli  attivi.  I debiti  no, quelli se li accollerà poi qualcun’altro (Voi  che  siete  dotati  di  fantasia indovinate chi?) Beh,  che  discorsi,   sarà  ovviamente lo  Stato  a farsi  carico del  problema. Ossia  tutti  noi e voi. Tanto esiste il solito escamotage,  come si  dice  in  gergo legalese  delle “Bad company”  e  delle  “Newco” che ha sempre hanno funzionato con le  privatizzazioni di Stato.  Si portano gli attivi e  gli  assets monetizzabili  in  seno alla “New Company”  e  la  spazzatura, le  sofferenze e le  passività si  tengono in  pancia  alla società decotta.
Tra  l’altro la C.R.I. ha  un grande patrimonio immobiliare, che  potrebbe valorizzare (migliaia tra appartamenti, uffici, locali  commerciali, terreni, garages, magazzini etc  etc),  volendo  potrebbe  tranquillamente scorporare  le attività costituendo  una sua società di “Real Estate”).  Solo  che  i  suoi immobili  non li  ha voluti  manco  l’INPS (neppure  a parziale  conguaglio del  debito). In compenso il  patrimonio abitativo è  stato  apprezzato da un  fortunato acquirente di  Correggio (Reggio Emilia) che  s’è  aggiudicato  un  bell’appartamento della  C.R.I. per la  stratosferica  cifra  di 5.000 euro!!  Diconsi cinquemilaeuro (è  già partita  la  corsa  alla  s-vendita?).
Questo sì  che è business altro  che corsa  all’oro del Klondike. Inoltre tra mezzi  di  soccorso, autobus, automezzi, auto blu ed  ambulanze la  Croce ha oltre 10.000  veicoli in dote; roba da  far concorrenza e  far  impallidire le più grandi aziende  di  trasporti. E non  abbiam ancora parlato delle  macchine speciali (per ogni tipo di emergenza), dei moduli abitativi da utilizzare per il sistema sanitario, interi ospedali da campo, gruppi elettrogeni, sale operatorie e chirurgiche motorizzate, laboratori  mobili, ambienti per la decontaminazione campale, cucine industriali da campo, torrette di illuminazione, idrovore, potabilizzatori, ruspe, motoslitte, Gru, macchine per  il   movimento  terra, SUV e  chi  più ne  ha  più ne  metta.
Questo il  quadro. Un  dato  positivo però  (di questa fallimentare privatizzazione) è che  nelle more  della  procedura è  saltato  fuori  questo  primo grosso “buco nero” di 90 milioni che  manca  all’appello (se  no non  ci  saremo mai  accorti di  niente), facendo emergere  un  ritratto  della C.R.I. ch’era per  certi  versi  sin’oggi inedito.  L’esperienza c’insegna  che  queste  disgrazie poi non viaggiano  mai  da  sole, chissà quali altri ammanchi dovranno ancora venir fuori.
Non  stiamo  parlando d’un  deficit  fisiologico,  ma  di  una  vera e propria voragine debitoria.  E si  badi  ben,  che lo  scenario  è  ben  peggiore  di  quello  quì  delineato (non è  giusto “sparare  sulla  Croce  Rossa”). Perchè  se  dovessimo  scendere  nei  dettagli  dovremmo parlare  anche  di  Mafia Capitale, (ennesima prova di come politica e malavita vanno a braccetto alla luce del “sole”), dell’ex Sindaco di Roma  Gianni Allemanno, dell’inchiesta “Mondo di Mezzo”, diAngelo  Scozzafava, del sig.  Paolo Pizzonia (ex terrorista  dei  NAR  Nuclei Armati Rivoluzionari  nonché segretario particolare e  braccio  destro del Presidente CRI Avv. Francesco Rocca), dovremmo parlare del patrimonio immobiliare sommerso della  CRI (mai dichiarato fiscalmente), delle  compravendite immobiliari fantasma e  tante porcherie che  non  abbiam  il  tempo  (e sinceramente  neanche la  voglia)  di  elencare.
Dovremmo scendere anche  in una rispettosa e  garbata  polemica con il  Presidente di C.R.I. Avv. Francesco Rocca per i  suoi  conflitti d’interesse (gestisce l’immenso patrimonio  immobiliare della  C.R.I. e contemporaneamente è proprietario della società immobiliare   Ciak Servizi … “capisci ammè”…), nonché  accennare a qualche suo vecchio precedente penale (una passata condanna a 3 anni di reclusione per detenzione  spaccio di  eroinain conbutta con  una  banda di  nigeriani).
Un “EX” trafficante  di droga (sottolineo  “ex” a  scanso  di  querele) alla  guida  della  Croce  Rossa Italiana   non  è certo un  bel biglietto  da  visita, anche se è pentito degli errori  commessi nel passato e ha  cambiato vita  (chapeau). Beninteso lo  dico davvero senza  intento polemico e/o denigratorio   alcuno. Chi  scrive  ha  un  vastissimo  “background  criminale” io però non sono  stato chiamato a dirigere l’UNICEF.
Ma l‘ Avv. Francesco Rocca avrà certamente  tutti  i  requisiti di onorabilità, professionalità  ed  indipendenza  richiesti agli  Amministratori di società (v. art. 2387  del  Codice Civile e  cause  di  ineleggibilità) sennò, oltre  a  Presidente della  Croce Rossa Italiana, non sarebbe  stato   promosso a Presidente  della Federazione Internazionale delle Società della Croce Rossa(il  più grande network globale umanitario del  mondo) e della  MezzalunaRossa.
Mi rendo conto che il tema delle modalità  con  cui andrebbero  scelte le  figure  che ricoprono  determinate  cariche di  vertice è molto complesso e  non  si può esaurire in  poche  righe. Possiamo però  avere dei  termini di  paragone se  guardiamo analoghi  soggetti  che  operano  nel sociale. Ad  es. in  Save  The  Children c’è un validissimo avvocato come  Presidente,  l’Avv. Claudio TesauroCuriculum chilometrico  e un  background con  i  controfiocchi, (partner  come avvocato   d’affari nel  prestigioso  studio  legale  Bonelli-Erede-Pappalardo), fedina  penale immacolata,  neanche  una multa per  eccesso  di velocità. Mentre dirige un’altra  benemerita ong (Medici  Senza Frontiere)  la dott.ssa Claudia Lodesani, valente medico  infettivologo, incensurata.
Tornando  ai  conti  della Croce Rossa  Italiana, il  merito di  questo stato di cose  và a  chi  ha  sponsorizzato questa  geniale privatizzazione (che  stando  al  Tar del Lazio  sarebbe  pure incostituzionale), dando avvio a questa de-statalizzazione priva di logica del buon senso (e forse dell’onesta buona fede), che doveva prevedere anzitutto che prima di una qualunque riforma si conoscesse esattamente la situazione economico/patrimoniale, focalizzando obiettivi e strategie da mettere in atto per il loro raggiungimento (per inquadrare bene la situazione patrimoniale sarebbe bastata  una  banale “Due Diligence” contabile che  nessuno ha  mai pensato di fare).
Come pure merito dei  vari decreti legge ad personam, i decreti  “salva Croce Rossa”, il “Decreto Milleproroghe” etc etc. Il merito è tutto  dei  Governi  che  vanno da  Berlusconi  in  poi (ma  anche  prima). In  primis  il Governo Monti, a seguire il Governo Renzi e  dulcis in  fundo il  Governo  Gentiloni (casualmente noto una  preponderante area di  sinistra), che  hanno sostituito il  vecchio “carrozzone” della  C.R.I. con  una  carretta  sgangherata  che perde pezzi di  giorno in  giorno. Un carrozzone decrepito che  è  il perfetto specchio della  politica che l’ha  sostenuto. L’ennesimo caso di come anche stavolta  la cura si è  rivelata molto peggiore del male.  Per un pelo è quasi  caduto nel  tranello anche  il  nuovo governo  pentaleghista.  Ricordate l‘articolo  fantasma “pro Croce  Rossa” del Decreto  Fisco all’insaputa  di  tutti? (altri 84  milioni di  euro ch’erano pronti  a volatilizzarsi per continuare a foraggiare la gestione liquidatoria del  “carrozzone”).
Domanda  dell’uomo  della strada che  forse  potrebbe  condividere  anche Gino Strada: visto  che  stiamo parlando  di una montagna di  soldi  pubblici (ed  ora finalmente  c’è  il  “nuovo  che  avanza”), una bella  Commissione  d’inchiesta la  mettiamo su?
So già  la  risposta.