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venerdì 5 aprile 2019

Non c’è ricerca della Verità senza analisi dei documenti originali - INTERVISTA A THIERRY MEYSSAN 3/3

Mentre i giornalisti tendono a interpretare gli avvenimenti internazionali in funzione dei rispettivi governi, Thierry Meyssan si sforza di anticipare i fatti per permettere agli Stati presi di mira di proteggere il più efficacemente possibile le popolazioni. L’interpretazione di Meyssan degli ultimi 18 anni non è affatto “complottista”, come i suoi avversari vorrebbero far credere; si fonda invece sui documenti di lavoro dei Paesi occidentali, alcuni dei quali liberamente consultabili, benché ignorati dai media. Una ricerca sistematica delle fonti e la loro integrazione nel ragionamento è la metodologia che Meyssan applica anche quando riesce a procurarsi i documenti dopo anni dalla loro stesura.
Domanda/Edizioni Demi-LunePassiamo ora a Sotto i nostri occhi, un libro fuori dal comune… È scritto molto bene, breve e di facile comprensione; lei possiede un vero talento per spiegare in modo semplice problematiche complesse. L’unico appunto che si potrebbe fare è che il libro è davvero molto denso! Quasi ogni pagina contiene una rivelazione; la maggior parte dei politologi avrebbe certamente diluito queste informazioni in più opere. Si tratta in realtà del lavoro che lei ha svolto nei dieci anni trascorsi dalla pubblicazione dell’Effroyable Imposture 2.
Thierry Meyssan: Quando nel 2002 ho scritto L’incredibile menzogna, è stato in reazione a una contraddizione evidente tra narrazione dominante e quanto chiunque poteva constatare: l’amministrazione Bush mentiva. Le mie argomentazioni erano semplici, comprensibili e facilmente verificabili. Era un libro scritto da un giornalista. Nel 2006 ho scritto l’Effroyable Imposture 2 come si trattasse di una tesi di dottorato, con centinaia di riferimenti bibliografici: un lavoro di ricerca redatto per il grande pubblico. Questo terzo volume, Sotto i nostri occhi, pubblicato nel 2017, è una sintesi destinata a chi deve prendere decisioni, presentata sotto forma di un viaggio personale. È un libro scritto da un analista governativo.
È vero, ci sono davvero troppe informazioni, ma tutte utili. Non volevo presentare in dettaglio un avvenimento o un altro, bensì descrivere il panorama generale dei rapporti di forza mondiali dopo l’11 Settembre ed esporre la mia interpretazione. Nessuno finora ha fatto questo tipo di lavoro ma sicuramente molti lo imiteranno. Sono stati pubblicati innumerevoli libri che s’ispiravano alle mie precedenti opere, accadrà anche con questa.
DomandaCome il libro precedente, Sotto i nostri occhi, è probabilmente in anticipo di dieci anni rispetto al proprio tempo… Potrebbe essere uscito troppo presto e quindi essere comprensibile (ossia accettabile) non prima di un decennio?

La rivolta scoppiata in Francia sta per propagarsi all’intero Occidente

Thierry Meyssan: Ho riletto L’effroyable imposture 2, sulla guerra israeliano-libanese del 2006, quando è stato rieditato da Demi-Lune. Sono rimasto meravigliato della sua attualità, nonostante siano passati 12 anni. Questo significa che i problemi d’Israele e Libano sono tuttora irrisolti.
Sotto i nostri occhi diventerà un classico quando lo scontro che descrivo sarà risolto. Ebbene, la globalizzazione finanziaria sta per finire. La rivolta scoppiata in Francia si propagherà all’intero Occidente. Le persone patiscono senza capire il perché del loro impoverirsi. La rivolta potrebbe accelerare.
DomandaAnche la struttura della sua ultima opera è originale: lei decifra le “Primavere arabe” in tre sezioni, in ciascuna delle quali lei si pone nella prospettiva di un diverso protagonista: la Francia, i Fratelli Mussulmani e l’asse Washington-Londra.
Thierry Meyssan: Per questa ragione parlavo di “viaggio personale”.
Inizialmente ho interpretato gli avvenimenti basandomi sulle informazioni disponibili al grande pubblico, quelle dei media. Sfortunatamente la stessa modalità è stata usata dal governo francese per reagire. A questo stadio ho commesso molti errori, per esempio prendere per buono quel che si raccontava su Muammar Gheddafi.
Poi ho iniziato a esplorare la nebulosa jihadista. Mi sono reso conto che, nonostante le apparenze, era molto strutturata, che tutti i suoi capi (di Al Qaeda, di Daesh ecc.) provenivano dalla stessa organizzazione, la Confraternita dei Fratelli Mussulmani. Sono stato massone per molti anni, ho perciò subito capito come funzionava la Confraternita, i cui riferimenti arrivano direttamente dalla massoneria. Inoltre mio nonno, ufficiale dell’Intelligence, mi ha insegnato la vocazione dell’MI6 per le società segrete. Ho perciò riletto la storia dei Fratelli Mussulmani su scala regionale. Questo ha ribaltato quel che pensavo di aver capito.
Ho in seguito lavorato sui concetti strategici e l’organizzazione amministrativa di Stati Uniti e Regno Unito. Conoscevo alcune grandi linee degli avvenimenti, ho però cercato gli elementi sommersi che consentivano di collegarli tra loro. Ho trovato, per esempio, le mail del Foreign Office, rivelate nel 2004 da Derek Pasquill, un lanceur d’alerte [lett. lanciatore di allerta, ndt] britannico. Esse dimostrano che il Regno Unito ha preparato e organizzato le Primavere Arabe. Ho interpellato diversi protagonisti, per esempio il presidente libanese Emile Lahoud sul ruolo della Lega Araba. Ho analizzato volontariamente per conto della Repubblica Araba Siriana il piano delle Nazioni Unite contro la Siria. In poche parole, ho pazientemente e minuziosamente ricostruito la storia completa degli avvenimenti, il che ha di nuovo sconvolto quanto avevo capito in precedenza.
DomandaPer quanto incredibile possa sembrare, la sua analisi è sfortunatamente l’unica che nella sua globalità abbia senso; essa polverizza letteralmente la narrazione comunemente accettata dall’establishment politico-mediatico (la Responsabilità di proteggere, la Difesa dei Diritti Umani, la Difesa della Democrazia…), che si rivela essere una frode di massa.

Nelle scienze politiche, come in ogni altra scienza, le ipotesi devono essere messe a confronto con nuovi elementi ed essere rettificate

Thierry Meyssan: Io tratto le scienze politiche come vere e proprie scienze. Le ipotesi devono essere costantemente messe a confronto con nuovi elementi ed essere rettificate. Perciò bisogna cercare e trovare elementi che contraddicano quel che si ritiene acquisito.
Il modo attuale d’interpretare i crimini dei governi in rapporto ai grandi ideali è stupido. Per esempio, nessuno può credere che si porti la democrazia in un Paese bombardandolo. La democrazia è il potere del Popolo e non può in alcun caso essere imposto da uno Stato straniero.
Diversamente da quanto si pensa comunemente, i neoconservatori provengono da un partito trotskista che, in Francia, partecipava al congresso di un altro partito trotskista. Benché si siano aggregati all’amministrazione Reagan e abbiano più volte cambiato partito politico, sono tuttora trotskisti; oggi però pensano di poter fare la «rivoluzione mondiale» con le forze armate USA. Sono gli stessi individui che hanno fornito una copertura di sinistra alle primavere arabe, esibendo sulle televisioni occidentali i loro omologhi trotzkisti arabi.
Stanno per tornare in grande stile in Venezuela.
DomandaCome hanno potuto, persone intelligenti che si ritengono l’élite intellettuale, aderire a simili fesserie? Come possono continuare a farlo? Gheddafi e Bashar al-Assad massacrano e torturano i rispettivi popoli, guerre “civili” fatte da stranieri che si riversano in Siria a decine di migliaia, la scelta tra la peste dello Stato Islamico e il colera Assad, la favola dei “ribelli islamici moderati”, lo Stato Islamico “venuto dal nulla” oppure “creato di sana pianta da Assad per seminare il caos”, l’uso di armi chimiche da parte del “regime di Assad” che sta per vincere la guerra, il Rapporto Caesar, e via elencando?
Thierry Meyssan: Innanzitutto, Gheddafi e Assad hanno sempre protetto i propri concittadini. Altrettanto ha fatto Saddam Hussein, sebbene fosse un despota orientale che non esitava a far assassinare i membri del partito che gli facevano ombra. Non è possibile che un capo di Stato, pur essendo il torturatore odiato dal popolo, rimanga al potere. L’immagine che ci hanno venduto di questi personaggi proviene dall’immaginario hollywoodiano.
Lei ha certamente ragione, è una propaganda incoerente. Incrocia elementi di epoche diverse. Per esempio, all’inizio ci hanno presentato le “Primavere Arabe” come rivoluzioni spontanee. Poi ci hanno detto che in Siria le cose erano degenerale ed era nata una guerra civile. Ma, come ha rilevato lei, sul posto c’erano già decine di migliaia di combattenti stranieri: certo non poteva trattarsi di una guerra civile.
Del resto, è stato usato lo stesso trucco in Afghanistan, Iraq, Libia e Yemen: una vera epidemia di guerre civili nel Medio Oriente Allargato. Ebbene, si tratta di Paesi molto diversi, di società che non hanno molti rapporti fra loro.
DomandaStavo pensando innanzitutto agli intellettuali di sinistra, non tanto agli opinionisti… Dimostrano così spesso una sconfinata ingenuità da far nascere sospetti!
Thierry Meyssan: I concetti “destra” e “sinistra” rinviano alla guerra fredda, finita ormai da un quarto di secolo. Oggi non ci sono intellettuali di sinistra o di destra, non c’è nemmeno il popolo di sinistra o di destra.
Quel che possiamo constatare è una solidarietà di classe tra gli intellettuali che hanno l’approvazione dei media: non cercano più di capire il mondo, ma pensano solo a difendere gli interessi che hanno in comune con chi gli passa lo stipendio.
DomandaOgni volta che sente o legge termini come «regime siriano» «esercito di Bashar», «uomo forte di Damasco» (o di Bagdad, o di Tripoli, o del Cremlino), invece di «governo siriano», «esercito nazionale siriano» e «presidente siriano», l’ascoltatore o il lettore dovrebbe aggrottare la fronte e rendersi immediatamente conto che si trova di fronte non a un’informazione obiettiva, bensì a un discorso propagandistico! Ma come fanno le redazioni a giustificare un simile linguaggio propagandistico?
Thierry Meyssan: Infatti, cosa penseremmo se sentissimo parlare di “esercito di Emmanuel” al posto di forze armate francesi? Chi parla così non si fa onore.
DomandaOgni volta gli stessi trucchi della propaganda, le stesse médias-mensonges (bugie mediatiche), come le ha chiamate Michel Collon… e funziona sempre! È forse perché queste notizie di false atrocità (neonati tolti dall’incubatrice, bambini torturati, ragazzine cui vengono strappate le unghie laccate, viagra distribuito ai soldati per violenze di massa, ecc.) ci rivoltano a tal punto da obnubilare la nostra capacità di riflessione?
Thierry Meyssan: No, ci piace sentirle. Siamo come bambini che ascolano per l’ennesima volta la storia della strega cattiva. Sappiamo che è falsa e crudele, ma non ne abbiamo mai abbastanza. Sfortunatamente, siamo meno intelligenti dei bambini: ogni volta ci comportiamo come se la favola fosse realtà.
DomandaNaturalmente qui e là emergono frammenti importanti di verità. Per esempio, in occasione della prima accusa di uso di armi chimiche in Siria, sulla Rete sono apparsi articoli che ricordavano un fatto storico caduto nell’oblio: gli inglesi utilizzarono queste armi nella regione per domare la popolazione indigena!
Thierry Meyssan: Da quando la chimica nel XX secolo ha iniziato a progredire, gli occidentali hanno spesso fatto largo uso di gas contro le popolazioni civili: non solo gli inglesi, che furono i primi in Africa australe, ma anche gli italiani in Etiopia, gli Stati Uniti ad Haiti ecc. Gli occidentali hanno deciso di rinunciarvi non per nobiltà d’animo, ma perché sono armi che è difficile usare su larga scala senza pagarne le conseguenze.
Le armi chimiche sono state introdotte in Siria dall’Esercito Siriano Libero, un’organizzazione jihadista, all’epoca sponsorizzata dalla Francia. Era formata soprattutto da elementi di Al Qaeda che avevano combattuto in Libia. Quest’organizzazione ha annunciato in un video che avrebbe usato gas sarin contro gli alauiti. L’ha fatto più volte perché, secondo loro, gli alauiti non sono dei mussulmani.
L’Esercito Arabo Siriano, quello regolare, possedeva scorte di armi chimiche che risalivano agli anni Sessanta. Non le ha mai utilizzate e sono state distrutte con la supervisione di Stati Uniti e Russia. Quel che è strano è che nessuno sembra sapere che Israele non ha firmato la Convenzione Internazionale che ne vieta l’uso. Lo Stato ebraico ha portato avanti fino agli anni Ottanta un programma di ricerca degno dei nazisti, che mirava a intossicare gli esseri umani selezionandoli per razza.
DomandaDopo le gigantesche manifestazioni contro la guerra che ci sono state ovunque nel mondo alla vigilia dell’invasione dell’Iraq, è lecito chiedersi dove sia finito questo grande movimento contro la guerra. Sembra essersi letteralmente dissolto, evaporato. Ma non credo che le persone si lascino prendere in giro a tal punto. Il movimento dei Gilet Gialli per esempio è iniziato per la goccia della fiscalità chiamata “verde”, che ha fatto traboccare il vaso; ma quando si ascoltano i manifestanti ci si rende conto che è piuttosto l’intero sistema della mondializzazione e della finanziarizzazione dell’economia che li disgusta e che respingono in blocco…

Le “primavere arabe” e le “rivoluzioni colorate” sono messinscene

Thierry Meyssan: Il movimento di protesta contro l’attacco all’Iraq ha dato origine alle più grandi manifestazioni a livello mondiale, fuorché in Francia, dato che il presidente Chirac era il leader di questo movimento popolare internazionale. Il movimento non è riuscito a impedire il massacro e il presidente Chirac ha dovuto chinare il capo. Quel che è seguito è stato presentato come un’epidemia di guerre civili su cui le persone non hanno potuto prendere posizione.
La protesta dei Gilet Gialli è solo agli inizi. Il primo mese si è trattato di una reazione epidermica a una fiscalità eccessiva, che lei ha definito fiscalità “verde”. A questo proposito è bene ricordare che il presidente Macron aveva annunciato il progetto di “rendere più verde” la finanza: è solo fumo negli occhi. È trascorso un quarto di secolo da quando abbiamo creduto di poter raggiungere la prosperità grazie alla dissoluzione dell’URSS e al libero corso lasciato al capitalismo. I dirigenti internazionali e nazionali che si sono avvicendati hanno tutti accettato questa scelta, di cui soltanto oggi scopriamo il prezzo: solo in Occidente sono sparite decine di milioni di persone che appartenevano alla classe media.
Per questo il movimento dei Gilet Gialli durerà finché non si porrà rimedio agli errori commessi dopo la distruzione dell’Unione Sovietica. Stiamo per entrare in un periodo rivoluzionario che durerà almeno un decennio.
Alcune persone si chiedono se questa ribellione sia paragonabile a quella delle primavere arabe. Certamente no. Le primavere arabe e le rivoluzioni colorate sono state messinscene di una contestazione fasulla. Non si fa la rivoluzione per installare la «democrazia del mercato», secondo l’espressione USA, ma perché non si hanno più i mezzi per vivere. Le rivoluzioni colorate durano pochi giorni o poche settimane e permettono la sostituzione dei governi senza cambiare la società. Le rivoluzioni autentiche durano anni e non hanno bisogno di cambiare i governanti, benché accada nella maggior parte dei casi: cambiano l’organizzazione della società.
Oggi si fa distinzione tra Gilet Gialli e teppisti. Questo distinguo non ha fondamento nella realtà. Dal momento che la classe dirigente rifiuta di cambiare il modello di società, essa costringe alla violenza. Quel che abbiamo visto sinora è ancora poco: vandalismo, saccheggi, morti involontarie. La classe dirigente nel suo complesso rifiuta di affrontare la questione della globalizzazione finanziaria. Così facendo spinge la società verso una violenza su larghissima scala. Perché ciò che accade all’estero non potrebbe avvenire anche in Francia?
DomandaDall’arrivo di Donald Trump sulla scena politica statunitense, poi dalla sua elezione a presidente, nei suoi articoli lei si sforza di spiegare chi è questo personaggio, qual è la sua politica e il senso di questa, nonostante quel che pensano tutti i media. È coraggioso da parte sua, considerato quanto Trump è odiato e schernito, presentato come il peggior presidente della storia degli Stati Uniti (sembrerebbe che le élite mediatiche non si ricordino né di George Bush figlio né di Reagan, per citare solo due esempi recenti). Tuttavia Trump sembra frustrato e si colloca all’opposto delle sue convinzioni politiche: lei è consapevole che in un mondo binario come il nostro “non essere contro” significa “essere a favore”?
Thierry Meyssan: Trump è il presidente degli Stati Uniti. È consono ai bisogni e alla cultura degli statunitensi. In Europa, di cui non condivide la storia, sarebbe un presidente abominevole; negli Stati Uniti è invece quanto di meglio sia accaduto nell’ultimo secolo!
Trump non vuole redistribuire le ricchezze, ma rilanciare il “sogno americano”, ossia offrire a tutti la possibilità di uscire dalla miseria attraverso il proprio lavoro. Sul piano interno Trump rimette in discussione tutti gli accordi commerciali internazionali e tenta di stabilire regole commerciali più giuste per i propri concittadini. Contemporaneamente cerca di rovesciare il politicamente corretto, la morale religiosa che i puritani hanno imposto all’intera società. Infine, sul piano internazionale, vuole abbandonare l’imperialismo e tornare all’egemonia.
Ho l’impressione di essere pressoché l’unico autore non-statunitense che da tre anni osserva il programma di Trump. Tutti lo giudicano riferendosi ai criteri dei suoi avversari e ne traggono la conclusione trattarsi di un pericoloso imbecille; ma se si usano i suoi stessi criteri, è un uomo brillante.
Adesso, vista la mancanza di sostegno della classe politica, Trump ha poche possibilità di farcela, soprattutto da quando ha perso la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti. Tuttavia è già riuscito a migliorare l’economia del Paese, dove ormai il mercato del lavoro è in penuria di manodopera.
DomandaSi ha l’impressione di vivere in un mondo dove realtà e valori vengono completamente rovesciati: Obama disprezzato per non aver aggredito militarmente la Siria, Trump unanimemente osannato per aver lanciato qualche missile su una base militare siriana, ma schernito per aver riannodato il dialogo diplomatico tra le due Coree!
Thierry Meyssan: Adesso la realtà non sono più gli atti, sono le immagini celebrate dai media. Obama ha fatto male a non scontrarsi con la Russia in Siria, Trump invece ha fatto bene a bombardare con tantissimi Tomahawks una base siriana. Sembra che nessuno abbia rilevato che Trump ha lasciato il tempo all’esercito siriano di evacuare la base, dove alla fine sono state distrutte soltanto vecchie carlinghe di aereo da eliminare. In realtà, sia Obama sia Trump sanno quali guerre non possono fare.
DomandaMi dichiaro colpevole agli occhi dei lettori di Sotto i nostri occhi avevamo deciso, di comune accordo, di occultare nella versione cartacea e digitale del libro alcuni nomi (una ventina al più); l’abbiamo fatto senza precisarne la ragione, talmente ci sembrava palese. Evidentemente è stato un errore perché alcuni lettori hanno pensato che l’opera fosse stata censurata dall’editore, o dallo stampatore o da qualche misteriosa autorità. Di fatto, volevamo soprattutto evitare l’eventualità di uno o più processi.
Thierry Meyssan: Sì, sul sito ho pubblicato i passaggi autocensurati, che sono disponibili anche nelle edizioni straniere.
Faccio notare che ci eravamo sbagliati: nessuna delle persone citate ha espresso la benché minima protesta a Réseau Voltaire.
DomandaAbbiamo deciso di comune accordo che nelle prossime settimane lei metterà on-line il testo integrale di Sotto i nostri occhi, per far sì che questo importante libro sia largamente accessibile. Ogni capitolo sarà arricchito di documenti (illustrazioni, foto, mappe, video, ecc.) che nell’edizione originale non ci sono. È un’iniziativa che le fa onore e cui bisogna dare il benvenuto… ma, in quanto editore, devo sottolineare che l’acquisto di uno dei suoi libri contribuisce alla continuazione del suo lavoro, e anche della piccola impresa editoriale di cui sono responsabile! È fondamentale dirlo: svolgiamo un compito di resistenti, con mezzi finanziari limitati.
Thierry Meyssan: Dal 1992 lottiamo contro le cortine fumogene nella vita politica con mezzi che non si possono commisurare con quelli dei nostri avversari. È evidente che abbiamo fatto dei progressi dalla guerra del Kosovo e dall’11 Settembre.
DomandaDel resto, per quanto riguarda il “nerbo della guerra” [riferimento a un proverbio francese che recita: “il denaro è il nerbo vitale della guerra”, ndt], numerosi lettori di Réseau Voltaire si chiedono perché il link «Fate una donazione anonima» non funziona da anni e rinvia a una pagina bianca… Può spiegarne la ragione?
Thierry Meyssan: Sette anni fa il segretariato del Tesoro USA ci ha inserito in una lista nera. Il nostro conto bancario in Francia è stato chiuso e da allora nessuna banca del mondo occidentale è disposta ad aprircene uno. O meglio, in tutti i Paesi dove abbiamo tentato di farlo la banca ci ha detto di sì, poi però è stata richiamata all’ordine dalla Banca Centrale e ha rifiutato. Oggi è impossibile farci avere del denaro.
Siamo andati avanti anche senza il contributo economico dei lettori. Abbiamo anche rifiutato l’aiuto di alcuni Stati perché ci avrebbe condizionato. Viviamo alla bell’e meglio e abbiamo accumulato debiti.
Tuttavia saremo costretti a chiedere aiuto ai lettori per cavarci d’impaccio. Per il momento però dobbiamo mantenere il sito a nostre spese. Dobbiamo tener distinto quel che è a pagamento (gli articoli su giornali, i libri ed eventualmente rapporti privati) da quel che è gratuito, ossia il nostro impegno politico al servizio del bene comune.
DomandaBenché non dubiti che gli internauti rimarranno stupefatti e non potranno impedirsi di leggere per intero gli articoli che saranno pubblicati, potrebbe riassumere in poche parole in cosa il suo libro è rivoluzionario?
Thierry Meyssan: Lei diceva poco fa che i media hanno dileggiato Obama per non aver fatto la guerra alla Russia in Siria, celebrato invece Trump per aver, in apparenza, bombardato la Siria. Non è che un episodio. Oggi le istituzioni che crediamo consacrate alla pace sono proprio quelle che organizzano la guerra.
Faccio l’esempio del piano di resa totale e incondizionata della Siria, redatto dal direttore politico dell’ONU. Questo testo è ancor più duro di quello imposto dagli Alleai ai giapponesi alla fine della seconda guerra mondiale. Quando il direttore politico dell’ONU ha lasciato l’incarico, il ministro degli Esteri russo, Sergueï Lavrov, ha confermato le mie rivelazioni.
Edizioni Demi-LuneGrazie, Meyssan, per la lunga intervista e buona fortuna per il prosieguo delle sue attività.

giovedì 4 aprile 2019

REGINE DI PILLOLE / SEGRETI, BUGIE, AFFARI NELL’ELDORADO DI BIG PHARMA


Pillole, farmaci e pozioni miracolose, che passione. E soprattutto una gran cuccagna per le sigle che operano nel settore, sempre più baciato dalla fortuna. E sommerso da palate di miliardi di euro o di dollari.
Basta scorrere le annuali classifiche dei Paperoni d'Italia e del mondo per rendersene conto. Secondo la fresca classifica elaborata da Forbes, nel nostro Paese continua a dominare un tris d'assi composto dai re del cioccolato (Giovanni Ferrero), degli occhiali (Leonardo Del Vecchio) e della distribuzione


Stefano Pessina

farmaceutica (Stefano Pessina). In testa alla hit tutta femminile Lady Vivin C, ossia Massimiliana Landini Aleotti, con i figli al vertice della casa farmaceutica fiorentina Menarini.
Procediamo con ordine.

PESSINA, STORIA DI SUCCESSI & MISTERI
Partiamo dalla terza posizione, occupata dall'ineffabile Pessina, l'arcimiliardario che tra i pochi al mondo riesce a non far parlare mai di sé. Agisce discreto all'ombra delle sue rigogliose società che oggi trovano la stella polare nella statunitense Walgreens Boots Alliance, autentica regina del mercato mondiale del trade in pillole, fatturato 2018 da capogiro, 131 miliardi di dollari e rotti.
Ogni cinque-sei mesi un articolo sulle pagine finanziarie di Repubblica o Corsera per magnificarne le imprese: poi il silenzio più totale, la privacy più completa. Come mai? Perchè una cortina di silenzio mediatico che più forte non si può?


Ornella Barra

Eppure la consorte, Ornella Barra, in pochi anni passata da una piccola farmacia a Lavagna, in Liguria, alle grandeur internazionali, fa capolino sulle pagine mondane soprattutto a stelle e strisce. Per via di premi & cotillon in occasione di donazioni benefiche, per generose sponsorizzazioni, per i galloni che spettano alle donne in carriera.
Mai notizie che entrino nel merito. E soprattutto riescano a far chiarezza sulle origini di tale immensa fortuna che oggi fa concorrenza – udite udite – persino a colossi internazionali come l'Amazon di Jeff Bezos, il Paperòn de' Paperoni mondiale che si è appena tuffato anche nel trade farmaceutico.
Nel lontano 1992 la Voce pubblicò una lunga inchiesta sul tycoon originario di Pescara e da giovanissimo trapiantato a Napoli, con il padre, e alle prese con un deposito di medicinali alla periferia orientale del capoluogo partenopeo. Ci incuriosiva, sotto il profilo giornalistico, approfondire le genesi e il decollo di quel miracolo che profumava tanto di San Gennaro. I prodigi, infatti, si moltiplicavano generosamente. Dal piccolo deposito partenopeo in un baleno alla prima sigla, Alleanza Farmaceutica. E l'accordo con una famiglia catanese, quella degli Zappalà, per rilevare una società, Safarm. Gli Zappalà avevano deciso di diversificare i loro interessi: dal calcestruzzo al mattone, dai prestiti alle finanziarie, e poi alle pillole d'oro.
All'epoca la Voce riportò alcuni brani di un'intervista rilasciata da Pessina ad una rivista di settore, "Tema Farmacia". Chiedeva il redattore: "I farmacisti si chiedono spesso dove abbia preso i soldi per creare tutto questo. I più benevoli parlano di crediti agevolati, i più malevoli addirittura di capitali di provenienza illecita. Qualcuno è anche convinto che lei sia un'emanazione di Farmindustria". E Pessina etichettò quelle voci come autentiche fake news ante litteram, riconducendo i successi alla grossa liquidità che gli consentivano i rapidi pagamenti da parte dei suoi clienti "di primissima qualità".
Dagli anni '90 è tutta una corsa che non conosce ostacoli, soprattutto sul fronte estero. Shopping di società in Francia, Portogallo, e poi lo sbarco in Inghilterra, con lo storico acquisto della catena Boots. Infine la scoperta e la conquista dell'America, con la perla, una dozzina d'anni fa, di un altro super marchio nel ricco mondo farmaceutico made in Usa, Walgreens, dal quale poi gemma la super corazzata pronta a navigare con successo in tutti gli oceani, Walgreens Boots Alliance.
Ormai lontani secoli luce quegli esordi faticosi a Napoli, le cui tossine si trascinano ancora fino ai nostri giorni. Per fare un solo esempio, gli ex commercialisti (e membri di collegi sindacali) della famiglia Pessina, Antonello e Giuseppe Prototipo, sono oggi praticamente sul lastrico, visto il fallimento di alcune società messe in piedi oltre un quarto di secolo fa, inizi anni '90, e finite in crac dopo una lenta agonia.
Ovviamente nessun grattacapo giudiziario per mister Pessina, che venne pure indagato a metà anni '90 dalla magistratura. Ma a rimetterci l'osso del collo i Prototipo, che hanno visto sfumare a botte di aste giudiziarie le loro proprietà immobiliari.
Oggi Pessina vola alto, altissimo, a bordo delle sue super sigle con la compagna Ornella. E chissenefrega di 'o passato.

I MENARINI, ORGOGLIO D'ITALIA
Così come se ne può fare un baffo di tutte le traversie giudiziarie dopo dieci anni finite in gloria la dinasty degli Aleotti, mamma Massimiliana e i rampolli Lucia e Giovanni Alberto.


Lucia Aleotti

Oggi Massimiliana può godersi il trono di regina d'Italia, la donna più ricca del Belpaese, con la 198esima posizione assegnatale da Forbes nella hit mondiale.
Così genuflessa dipinge Repubblica: "Una delle rare uscite pubbliche di lei risale quasi a sette anni fa. Quel giorno Massimiliana Landini Aleotti, oggi 76 anni, si fece fotografare sorridente accanto ai figli Lucia e Giovanni Alberto, e all'allora presidente della Fondazione Mps Gabriello Mancini. La famiglia Aleotti soccorreva la Fondazione senese nel tentativo di salvare la 'toscanità' dell'azionariato della Banca, con un'iniezione da 150 milioni di euro". "Purtroppo per gli Aleotti – commenta amaro l'agiografo Maurizio Bologni – l'investimento fu un flop".
E così conclude il tenero ritrattino familiare: "Massimiliana sempre discretamente accanto. Negli anni '90, quando Alberto Menarini fece uno dei suoi primi affari oltre confine, acquistando la Chemie Berlin, Massimiliana imparò il tedesco per tradurre al marito. E alla morte di Alberto, nel maggio 2014, ha ereditato insieme ai figli il colosso VivinC: 3,6 miliardi di fatturato e 1.700 dipendenti in tutto il mondo".
Quella campagna estera ai primi '90 disegna uno scenario molto simile a quello targato Pessina.
Ecco cosa pennellava il Corsera nel suo supplemento Economia di novembre 2017: "Menarini Farmaceutica, orgoglio d'Italia". Ottimo e abbondante articolo per tirar su il morale di famiglia, messo a dura prova da una pesantissima inchiesta condotta dalla procura di Firenze a botte di frode fiscale e non solo. Tanto che il primo grado del processo si concluse, a fine 2016, con una condanna da brividi: 10 anni e mezzo per la figlia Lucia e 7 anni e mezzo per Giovanni Alberto. Cui si aggiungeva un maxi confisca da 1 miliardo di euro, oltre all'interdizione nei rapporti con la pubblica amministrazione. Neanche per i tesorieri di Totò Riina.
Tutto ribaltato invece nel taumaturgico Appello, che a fine 2018 azzera tutto. Nessuna condanna, nessun reato, tutti santi subito. Avevamo scherzato. Immaginiamo la sconfinata causa civile per risarcimento ai danni d'immagine che i prodi Aleotti scateneranno contro lo Stato appena la Cassazione farà sentire la sua parola definitiva…
Passate le bufere, dunque, mamma Massimiliana e i felici rampolli possono far le capriole per l'incoronazione made in Forbes.
LADY D.
Peccato non possa fare altrettante capriole di gioia la lady di maggior peso nel panorama farmaceutico di casa nostra, Lady D., al secolo Diana Bracco, per anni al vertice di Assolombarda – la Confindustria dei vip padani – e presidente di Expo 2015 sotto braccio al super manager e poi sindaco meneghino Giuseppe Sala.


Diana Bracco

Non tanto perchè non è stata proclama reginetta da Forbes, ma soprattutto perché per lei la giustizia fa ancora cilecca. La condanna inflittale in primo grado per evasione fiscale, infatti, in Appello, sempre a fine 2018, è stata appena limata: ora si tratta di 1 anno e 9 mesi per aver evaso le tasse con la sua agile società di famiglia. Secondo le accuse dei pm della procura di Milano, la principessa in pillole ha trasferito le pingui spese sostenute per mantenere le sue ville ai mari e ai monti (nonché per la manutenzione del suo yacht) dai conti personali a quelli societari, con un'abile acrobazia dei suoi commercialisti. Si consola l'avvocato: "perlomeno è caduta l'ipotesi di appropriazione indebita". Contento lui.
Lei, Lady D., comunque non fa mai mancare la sua presenza di peso in tutte le occasioni eque & solidali: dalle sue casse, infatti, ogni anno escono palate di soldi per benedire iniziative per la ricerca scientifica, la cultura, la civiltà. Anche lei santa subito.

I RE DEGLI EMODERIVATI
E certo santi subito i Marcucci, la super dinasty che da decenni oligopolizza il ricchissimo mercato degli emoderivati in Italia e non solo. Oggi la star di casa è Kedrion, sul cui ponte di comando siede Paolo Marcucci, fratello di Marialina (coeditrice de L'Unità nel 2001-2002) e di Andrea Marcucci,   capogruppo del Pd al Senato ma in odore di defenestrazione con l'ascesa di Nicola Zingaretti alla segreteria Pd. Una carriera politica nata nel 1991 sotto i vessilli del PLI di Renato Altissimo e Francesco De Lorenzo.
Il fondatore del gruppo è stato Guelfo Marcucci, grande amico di Sua Sanità, tanto che il fratello dell'allora ministro, Renato De Lorenzo, a fine anni '80 entrò nel consiglio d'amministrazione della neo acquistata (dai Marcucci) Sclavo, altra società chiave nel settore degli emoderivati e prima di proprietà del gruppo Montedison.


Andrea Marcucci

Non ha fatto in tempo, Marcucci senior, a veder iniziare a Napoli lo storico giudizio per il "sangue infetto", perché è passato a miglior vita a dicembre 2015. Dopo qualche mese, aprile 2016, è partito il processo, che lo avrebbe visto alla sbarra in compagnia di un altro grande amico, l'ex re Mida della sanità ministeriale Duilio Poggiolini, oltre ad una dozzina di ex dirigenti e funzionari di ex aziende del gruppo Marcucci.
Una strage che ha fatto oltre 5 mila vittime, anche se il processo cominciato tre anni fa a Napoli e ora al rush finale (prossima udienza l'11 marzo) vede costituite solo 9 parti civili. 5 mila vittime che fino ad oggi rimangono senza lo straccio di una giustizia.
Ma la sentenza che verrà pronunciata il 25 marzo dal giudice monocratico Antonio Palumbo, presidente della sesta sezione penale del tribunale di Napoli, è "storica": per il rispetto di una memoria ignorata dai media e calpestata da una giustizia fino ad oggi del tutto assente.
E perché nel mondo della salute non prevalgano sempre gli interessi famelici di Big Pharma ma i diritti dei cittadini.

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martedì 2 aprile 2019

Questa cartina geografica mostra la ragione da trilioni di dollari del perché gli Stati Uniti appoggiano il terrorismo nella Cina occidentale


Come parte di un impegno più ampio e concertato per accerchiare e contenere la Cina, è stata intrapresa dai media occidentali una campagna di disinformazione che è in corso, contro la massiccia frenesia infrastrutturale globale di Pechino, conosciuta come la Belt and Road Initiative (BRI).
Un esempio recente e particolarmente abietto in merito a ciò proviene da un articolo di Business Insider intitolato , “This map shows a trillion-dollar reason why China is oppressing more than a million Muslims.” (“Questa cartina geografica mostra la ragione da trilioni di dollari del perché la Cina sta opprimendo più di un milione di Musulmani”).
L’articolo è stato ampiamente diffuso dai fronti finanziati dall’Occidente, citati nell’articolo stesso, tra cui Human Rights Watch (HRW) il cui Direttore esecutivo – Kenneth Roth – avrebbe asserito in un post sui social media:
La detenzione di massa dei Musulmani Uiguri in Cina è determinata [non] solo dall’islamofobia, ma anche dalla centralità della loro regione, lo Xinjiang, nella Belt and Road Initiative.
Le affermazioni che la politica cinese sia “motivata dall’islamofobia” sono particolarmente assurde. Il più stretto alleato e partner della Cina nella regione è il Pakistan, una nazione indubbiamente a maggioranza musulmana. Roth non spiega mai perché la “centralità” della BRI determini “detenzioni di massa” nello Xinjiang, quando progetti infrastrutturali cinesi altrove, sia in Cina che all’estero -anche nel Pakistan a maggioranza musulmana – non prevedono né richiedono tali “detenzioni”.
Manca qualcosa alla [narrativa] di Business Insider, di Human Rights Watch e al resto della narrativa sullo Xinjiang dei media occidentali. L’articolo di Business Insider afferma:
Pechino ha iniziato ad applicare tolleranza zero sulla vita degli Uiguri nello Xinjiang. I funzionari dicono che la repressione è un’operazione necessaria contro il terrorismo, ma gli esperti dicono che in realtà protegge i loro progetti della BRI.
Questi “esperti” non spiegano mai perché i funzionari di Pechino sentano la necessità di “proteggere i loro progetti della BRI”. Né spiegano da chi hanno bisogno di essere protetti. L’ovvia spiegazione è infatti che – come ha dichiarato Pechino – lo Xinjiang si trova di fronte a una significativa minaccia terroristica.
Una minoranza della popolazione uigura dello Xinjiang è stata indubbiamente radicalizzata e ha portato a termine, negli ultimi anni, numerosi attacchi terroristici di alto profilo non solo nello Xinjiang, ma in tutta la Cina. Un articolo di Reuters pubblicato da Business Insidernel 2014, intitolato “Knife-Wielding Attackers In Chinese Train Station Leave 27 Dead, 109 Injured” (“Aggressori armati di coltello in una stazione ferroviaria cinese fanno 27 morti e 109 feriti”), descrive solo uno dei numerosi attacchi degli estremisti Uiguri.
Un articolo di Reuters del 2015, pubblicato da Business Insider, conferma che gli aggressori erano in realtà dei terroristi uiguri. La stazione ferroviaria situata a Kunming si trova a oltre 2.000 miglia dalla regione dello Xinjiang, il che illustra la portata della minaccia terroristica che Pechino sta affrontando.
Nonostante queste precedenti – ben note ammissioni – pubblicate dalla stessa Business Insider – la piattaforma mediatica e molti altri, insieme a fronti come HRW sfidano spudoratamente l’ignoranza sui reali problemi di sicurezza dell’odierna Cina nello Xinjiang.
La propaganda occidentale rovescia la realtà
L’articolo di Business Insider afferma:
Il governo cinese da anni incolpa gli Uiguri di terrorismo e afferma che essi dicono che il gruppo sta importando l’estremismo islamico in Asia centrale.
Ma c’è un’altra ragione per cui Pechino vuole reprimere gli Uiguri nello Xinjiang: la regione ospita alcune delle componenti [infrastrutturali] più importanti della Belt and Road Initiative (BRI), il principale progetto commerciale della Cina.
In tale sede Business Insider rovescia deliberatamente la causa e l’effetto – affermando che la Cina sta dando un giro di vite sugli Uiguri, semplicemente perché segmenti essenziali del suo progetto BRI passano attraverso lo Xinjiang – invece di attuare una repressione più severa al terrorismo molto reale, che minaccia un corridoio economico evidentemente fondamentale.
E come rivela la cartina geografica di Business Insider, la BRI cinese attraversa molte altre regioni della Cina e non solo, comprese le regioni dominate da comunità musulmane, dove simili tensioni sono assenti.
Il terrorismo uiguro è reale
È chiaro che Business Insider, HRW e altri stanno deliberatamente prendendo in considerazione le politiche cinesi nello Xinjiang e travisando la causa principale dell’estremismo uiguro. Ma persino l’articolo stesso ammette una minaccia per la sicurezza molto reale, affermando:
La Cina ha accusato i militanti uiguri di essere terroristi e di incitare alla violenza in tutto il Paese, almeno dagli inizi del 2000, poiché molti separatisti Uiguri, al fine di diventare combattenti, hanno lasciato la Cina per posti come l’Afghanistan e la Siria.
Voice of America (VOA), finanziata dal Dipartimento di Stato americano, in un articolo intitolato “Analysts: Uighur Jihadis in Syria Could Pose Threat” (“Analisti: gli Jihadisti uiguri potrebbero rappresentare una minaccia”) riconoscerebbe che (grassetto aggiunto):
Gli analisti avvertono che il gruppo jihadista del Turkistan Islamic Party (TIP) nella Siria nordoccidentale potrebbe rappresentare un pericolo per l’instabile provincia siriana di Idlib, dove continuano gli sforzi per mantenere un fragile cessate il fuoco negoziato tra Turchia e Russia, tra le forze del regime siriano e i vari gruppi ribelli.
Il TIP ha dichiarato un emirato islamico a Idlib, alla fine di novembre, ed è rimasto largamente al riparo dalle autorità e dai media, grazie al suo basso profilo. Fondato nel 2008 nella regione nord-occidentale cinese dello Xinjiang, il TIP è stato uno dei maggiori gruppi estremisti in Siria dallo scoppio nel 2011 della guerra civile nel Paese.
Il TIP è composto principalmente da Musulmani uiguri provenienti dalla Cina, ma negli ultimi anni ha incluso tra le sue fila anche altri combattenti jihadisti.
L’articolo riconosce inoltre che fino a 3.000 militanti potrebbero aver combattuto per il TIP in Siria e ha messo in guardia contro la possibilità che questi militanti possano trasferire le loro abilità di combattimento in Cina.
Tali ammissioni –[provenienti] anche dalle attività mediatiche statali statunitensi – aiutano a esporre l’attuale campagna di disinformazione rivolta a Pechino per la presunta “repressione”, il che significa che gli interessi speciali occidentali – incluso lo stesso governo americano – stanno minando alla base gli sforzi legittimi di lotta al terrorismo della Cina.
Gli Stati Uniti stanno intenzionalmente fomentando la violenza nello Xinjiang per interrompere la BRI
Ma gli indizi, persino nell’articolo di Business Insider, rivelano che il supporto degli Stati Uniti per minare la sicurezza interna cinese va ben oltre la semplice disinformazione.
Business Insider cita tra gli “esperti” Rushan Abbas, descritta dall’articolo come “attivista di etnia uigura in Virginia”.
Quello che l’articolo omette intenzionalmente è che Abbas è in realtà una dipendente di lungo corso e contractor del governo degli Stati Uniti – riconoscendo nella sua biografiapubblicata da una società di consulenza con sede a Washington DC per cui lavora, che:
[Rushan Abbas] ha una vasta esperienza di lavoro con agenzie governative degli Stati Uniti, tra cui l’Homeland Security, il Dipartimento della Difesa, il Dipartimento di Stato, il Dipartimento di Giustizia e varie agenzie di intelligence degli Stati Uniti.
La biografia riconosce anche:
È stata anche impiegata presso L-3, come consulente a Cuba, presso Guantanamo Bay, a sostegno dell’operazione Enduring Freedom nel 2002-2003 e come reporter di Radio Free Asia.
La signora Abbas ha anche lavorato come linguista e traduttrice per diverse agenzie federali, incluso il lavoro per il Dipartimento di Stato americano a Guantanamo Bay, a Cuba e per il Presidente George W. Bush e l’ex First Lady Laura Bush.
La sua affermazione che i membri della [sua] famiglia sono stati rapiti, a causa del suo “attivismo” con base negli Stati Uniti si inserisce in un modello di “oltraggi” inventati dei diritti umani, usato da parte degli USA per dipingere nella peggiore luce possibile, gli obiettivi della coercizione e dell’aggressione.
Abbas è solo una dei tanti che lavorano a Washington DC per sostenere quello che è apertamente il separatismo uiguro nello Xinjiang sostenuto dagli USA.
Il National Endowment for Democracy (NED) – un’organizzazione finanziata dal governo degli Stati Uniti dedicata all’interferenza politica in tutto il mondo – ha un’intera pagina dedicata allo “Xinjiang / Turkestan orientale” – il Turkestan orientale è lo Stato che gli estremisti Uiguri cercano di ritagliarsi dal territorio, riconosciuto dal diritto internazionale come Cina.
Le organizzazioni sovversive che promuovono apertamente il separatismo come il World Uyghur Congress (WUC) mantengono anche uffici a Washington DC e ricevono denaro e sostegno direttamente dal governo degli Stati Uniti.
Quindi un segreto malamente mantenuto implica l’ampia quantità di armi, equipaggiamento, denaro e altro materiale fornito dagli Stati Uniti ai terroristi che muovono guerra al governo siriano – tra cui sono inclusi i terroristi Uiguri come ammesso dalla stessa VOA.
Da Washington DC, ai campi di battaglia della Siria settentrionale, allo Xinjiang stesso – gli Stati Uniti stanno sviluppando con tutta franchezza una vasta minaccia terroristica, che rappresenti un ostacolo significativo per la BRI cinese.
Il pubblico è davvero intenzionato a credere che una minaccia terroristica sponsorizzata dallo Stato, tesa a paralizzare un corridoio economico da svariati trilioni di dollari, non sia una ragione sufficiente per Pechino per lanciare una vasta campagna antiterrorismo? Washington non solo sta fomentando il terrorismo nella Cina occidentale, ma sta tentando, in reazione a ciò, di paralizzare le operazioni di sicurezza interna di Pechino – il tutto sfruttando e facendo abuso della difesa dei diritti umani e rappresentando come colpevole la vittima del terrorismo, sponsorizzato dagli Stati Uniti.
Che tutto questo contesto sia stato intenzionalmente omesso da Business Insider e da Kenneth Roth di Human Rights Watch dimostra che l’Occidente sta conducendo una guerra contro la Cina e la sua espansione economica, non solo sul terreno da Washington, alla Siria [e] allo Xinjiang, ma pure in tutto il settore dell’informazione.
Tony Cartalucci, ricercatore e autore geopolitico di base a Bangkok, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook”.
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da NICKAL88

lunedì 1 aprile 2019

BILDERBERG / QUEST’ANNO, A GIUGNO, APPUNTAMENTO IN CALIFORNIA


Il super meeting internazionale dei Bilderberg quest'anno si terrà a giugno in California. Lo fa sapere un sito a stelle e strisce di controinformazione, BSB, che sta per "Broad Street Beacon".

Fino a questo momento filtrano pochissimi dettagli. Non si conosce la data precisa, né ovviamente  niente sui partecipanti, il cui elenco in genere comincia a circolare solo una settimana prima dell'evento. C'è appena una voce: tra le guest stars potrebbe esserci Bill Gates, grande amico di uno degli organizzatori di quest'anno.

La location, per la precisione, è quella dell'Herrington's Sierra Pines Resort nel cuore delle Sierra Nevada Mountains. Una location assai poco accessibile, raggiungibile solo via elicottero e quindi ben al riparo dagli sguardi indiscreti. Zone meravigliose, dove sono stati ambientati decine di epici westerns.

A descrivere tali bellezze è il Chairman per l'occasione, Henry de Castris: "Un luogo 'perfetto' –  dipinge – immerso tra gli alberi e le belle montagne". Tutto ok. Ma ecco una nota stonata a far capolino. Perchè lo stesso de Castris nota: "It's also the final resting place of Hitler", che tradotto letteralmente significa "è anche l'ultimo posto in cui ha riposato Hitler".

Che senso ha? Cosa vogliono intendere quelle parole?
C'è forse un qualche collegamento con il fatto che l'associazione dei "Bilderberg" è stata fondata nel 1954 da un ex ufficiale nazista, il principe olandese Bernardo de Lippe-Biesterfeld, uno dei non pochi assassini poi a zonzo per il mondo? Boh.
Fatto sta che il meeting dei Bilderberg è diventato un must annuale, un appuntamento che tutti i potenti della Terra annotano scrupolosamente nella loro agenda. La location cambia, ovviamente, ogni anno, alternando Europa e Stati Uniti. L'anno scorso, ad esempio, il summit si tenne ai primi di giugno a Torino.

Vi prendono parte, appunto ogni anno, i più potenti e influenti vip della politica, dell'industria, della finanza, dei media di tutto il mondo. Non pochi gli italiani presenti. Tra gli aficionados Lilli Gruber, nel cui salotto di Otto e mezzo di tanto in tanto si parla dei "Bilderberg", in prima fila Emma Bonino, che nell'ultima apparizione ha detto: "Ma perchè alcuni giornalisti parlano di Bilderberg come se si trattasse del Ku Klux Klan?". La radicale animatrice di + Europa, abituata ai super meeting dell'International Board della Open Society Foundation griffata George Soros, non ha proprio niente di cui stupirsi…
nella foto la zona dell'Herrington's Sierra Pines Resort

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giovedì 28 marzo 2019

Blog Emanuela Orlandi: “Emanuela Orlandi vittima di corruzione sessuale in Vaticano”. Intervista ad Alessandro Meluzzi




Pubblicato un nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi 

Il Vaticano ha raccolto l'istanza, sollevata dalla famiglia, dell'apertura di una tomba al Cimitero teutonico, che ha sede all'interno delle mura vaticane. «Ce ne stiamo occupando, troveremo il modo. Non posso dire di più», ha risposto il promotore di giustizia del Tribunale vaticano, Gian Piero Milano.
Intanto, Alessandro Meluzzi spiega il suo punto di vista di criminologo e psichiatra sul caso di Emanuela Orlandi, uno dei più fitti misteri della storia recente dell'Italia:



Buona lettura

mercoledì 27 marzo 2019

LA GUERRA AL VENEZUELA È COSTRUITA SULLA MENZOGNA


Viaggiando con Hugo Chavez, mi fu subito chiara la minaccia del Venezuela. In una cooperativa agricola nello stato di Lara, la gente aspettava paziente e allegra, nonostante il caldo. Brocche d’acqua e succo di melone passavano di mano in mano. Una chitarra suonava; una donna, Katarina, si alzò e cantò con voce roca.
“Che cosa dicono le parole?” chiesi.
“Che siamo orgogliosi”, fu la risposta.
Gli applausi per lei si mischiarono a quelli per l’arrivo di Chavez. Sotto un braccio portava una borsa piena di libri. Indossava la sua grande camicia rossa e salutava le persone per nome, fermandosi ad ascoltare. La cosa che mi colpì di più era la sua capacità di ascoltare.
Poi si mise a leggere. Per quasi due ore lesse al microfono dalla pila di libri accanto a lui: Orwell, Dickens, Tolstoj, Zola, Hemingway, Chomsky, Neruda: una pagina qui, una riga o due là. La gente applaudiva e fischiava mentre lui passava da autore ad autore.
Poi gli agricoltori presero il microfono e gli raccontarono ciò che sapevano e ciò di cui avevano bisogno; un volto antico, che pareva scolpito dal tronco di un albero, fece un lungo discorso critico sul tema dell’irrigazione; Chavez prendeva appunti.
Qui coltivano vigneti, un’uva di tipo Syrah scuro. “John, John, vieni qui”, disse El Presidente, avendomi visto sonnecchiare nel calore e nelle profondità di Oliver Twist.
“Gli piace il vino rosso”, disse Chavez al pubblico esultante e fischiettante, facendomi dono di una bottiglia di “vino de la gente”. Le mie poche parole in cattivo spagnolo provocarono fischi e risate.
Guardando Chavez con la gente si capiva l’uomo che promise, al suo arrivo al potere, che ogni sua mossa sarebbe stata sottoposta alla volontà della gente. In otto anni, Chavez vinse otto elezioni e referendum: un record mondiale. Elettoralmente era il capo di stato più popolare dell’emisfero occidentale, probabilmente del mondo.
Tutte le principali riforme chaviste furono approvate, in particolare una nuova Costituzione, di cui il 71% della popolazione ratificò ciascuno dei 396 articoli che sancivano libertà fino ad allora inconcepibili, come l’articolo 123, che per la prima volta riconosceva i diritti umani delle razze miste, di cui Chavez faceva parte, e delle persone di colore.
In una delle sue lezioni di gruppo citava una scrittrice femminista: “Amore e solidarietà sono la stessa cosa”. Il suo pubblico lo capiva bene e si esprimeva con dignità, raramente con deferenza. La gente comune considerava Chavez e il suo governo come i loro primi campioni, come fossero di loro proprietà.
Questo era particolarmente vero per gli indigeni, per i meticci e per gli afro-venezuelani, storicamente considerati con disprezzo dagli immediati predecessori di Chavez e da quelli che oggi vivono lontano dai quartieri poveri, nelle dimore e negli attici di Caracas orientale, che fanno i pendolari a Miami dove hanno le loro banche e che si considerano “bianchi”. Sono il potente nucleo di ciò che i media chiamano “l’opposizione”.
Quando incontrai questa classe sociale, in periferie chiamate Country Club, in case arredate con lampadari bassi e brutti quadri, li riconobbi. Avrebbero potuto essere bianchi sudafricani, la piccola borghesia di Costantia e Sandton, pilastri delle crudeltà dell’apartheid.
I vignettisti della stampa venezuelana, di cui la maggior parte è di proprietà di un’oligarchia che si oppone al governo, ritraevano Chavez come uno scimmione. Un conduttore radiofonico lo chiamava “la scimmia”. Nelle università private, il modo di parlare dei figli dei benestanti è spesso un abuso razzista di coloro le cui baracche sono appena visibili attraverso l’inquinamento.
Sebbene la politica dell’identità sia di gran moda nelle pagine dei giornali liberali in occidente, razza e classe sono due parole che non si pronunciano quasi mai nella falsa “copertura” dell’ultimo, più crudo tentativo di Washington di agguantare il più grande deposito di petrolio al mondo e di reclamare ciò che considera il suo “cortile di casa”.
Nonostante le molte colpe dei chavisti – come permettere all’economia venezuelana di diventare ostaggio degli alti e bassi del petrolio e di non sfidare mai seriamente il grande capitale e la corruzione – essi hanno portato la giustizia sociale e l’orgoglio a milioni di persone e l’hanno fatto con una democrazia senza precedenti.
“Delle 92 elezioni che abbiamo monitorato”, dichiarò l’ex presidente Jimmy Carter, il cui Carter Center è un rispettato osservatore delle elezioni a livello globale, “direi che il processo elettorale in Venezuela è il migliore del mondo”. Per contrasto, disse Carter, il sistema elettorale degli Stati Uniti, con la sua enfasi sul denaro, “è uno dei peggiori”.
Conferendo diritti e privilegi a uno stato parallelo di autorità popolare, con sede nei quartieri più poveri, Chavez descrisse la democrazia venezuelana come “la nostra versione dell’idea di Rousseau di sovranità popolare”.
Seduta nella sua minuscola cucina nel barrìo La Linea, Beatrice Balazo mi disse che i suoi figli erano la prima generazione di poveri a frequentare la scuola per un’intera giornata, pasto caldo incluso, per imparare musica, arte e danza. “Ho visto la loro sicurezza sbocciare come un fiore”, ha detto.
Nel barrìo La Vega, ho ascoltato un’infermiera, Mariella Machado, una donna di colore di 45 anni con una strepitosa risata, rivolgersi ad un consiglio urbano su argomenti che vanno dai senzatetto alla guerra illegale. Quel giorno, stavano lanciando Mision Madres de Barrio, un programma mirato alla povertà tra le madri single. Secondo la Costituzione, le donne hanno il diritto di essere pagate come badanti e possono prendere prestiti da una banca speciale per donne. Ora le casalinghe più povere ricevono l’equivalente di $ 200 al mese.
In una stanza illuminata da un singolo tubo fluorescente, ho incontrato Ana Lucia Ferandez, di 86 anni, e Mavis Mendez, di 95 anni. Una trentatreenne, Sonia Alvarez, era venuta con i suoi due figli. Una volta, nessuno di loro poteva leggere e scrivere; ora stavano studiando matematica. Per la prima volta nella sua storia, il Venezuela ha quasi il 100% di alfabetizzazione.
Questo è il lavoro di Mision Robinson, che è stato progettato per adulti e adolescenti a cui precedentemente era negata un’educazione a causa della povertà. Mision Ribas offre a tutti l’opportunità di un’istruzione secondaria, chiamata bachillerato (i nomi Robinson e Ribas si riferiscono ai leader indipendentisti venezuelani del XIX secolo)
Mavis Mendez, nei suoi 95 anni, ha visto una sfilza di governi, per lo più vassalli di Washington, presiedere il furto di miliardi di dollari di bottino di petrolio, in gran parte trasportato a Miami. “Non avevamo importanza dal punto di vista umano”, mi disse. “Vivevamo e morivamo senza una vera istruzione, senza acqua corrente e cibo che non potevamo permetterci. Quando ci ammalavamo, i più deboli morivano. Ora posso leggere e scrivere il mio nome e molto altro ancora, e checché ne dicano i ricchi e i media, noi abbiamo piantato i semi della vera democrazia e io ho la gioia di vederli crescere”.
Nel 2002, durante un colpo di stato appoggiato da Washington, i figli e le figlie, i nipoti e i pronipoti di Mavis si unirono a centinaia di migliaia di persone che scesero dai barrios sulle colline e pretesero che l’esercito rimanesse fedele a Chavez.
“La gente mi ha salvato”, mi disse Chavez. “Lo hanno fatto con i media contro di me, impedendo anche i fatti di base di ciò che è accaduto. Per un eroico esempio di democrazia popolare, ti suggerisco di non guardare oltre”.
Dalla morte di Chavez nel 2013, il suo successore Nicolas Maduro ha perso la sua etichetta derisoria sulla stampa occidentale come “ex autista di autobus” ma ne ha acquisito un’altra come la reincarnazione di Saddam Hussein. Il modo in cui i media abusano di lui è a dir poco ridicolo. Da quando governa, il calo del prezzo del petrolio ha causato un’iperinflazione e devastato i prezzi in una società che importa quasi tutto il suo cibo; eppure, come ha riferito il giornalista e cineasta Pablo Navarrete questa settimana, il Venezuela non è la catastrofe che è stata dipinta. “C’è cibo ovunque”, ha scritto. “Ho girato molti video di cibo nei mercati [in tutta Caracas] … È venerdì sera e i ristoranti sono pieni.”
Maduro fu rieletto presidente nel 2018. Una sezione dell’opposizione ha boicottato le elezioni, una tattica tentata contro Chavez, ma il boicottaggio è fallito: 9.389.056 persone hanno votato; sedici partiti hanno partecipato e sei candidati si sono presentati per la presidenza. Maduro ha ottenuto 6.248.864 voti, ovvero il 67,84%.
Il giorno delle elezioni, ho parlato con uno dei 150 osservatori elettorali stranieri. “Il voto è stato assolutamente equo”, mi disse. “Non c’è stata alcuna frode, nessuna delle clamorose accuse dei media sta in piedi. Zero. Veramente incredibile.”
Come in una pagina del ricevimento del tè di Alice nel Paese delle Meraviglie, l’amministrazione Trump ha presentato Juan Guaidò, una creatura del National Endowment for Democracy della CIA, come “legittimo presidente del Venezuela”. Sconosciuto all’81 per cento del popolo venezuelano, secondo The Nation, Guaidò non è stato eletto da nessuno.
Maduro è “illegittimo”, dice Trump (che ottenne la presidenza degli Stati Uniti con tre milioni di voti in meno rispetto al suo avversario), un “dittatore”, ribadisce l’evidentemente squilibrato vicepresidente Mike Pence e “un trofeo petrolifero”, rincara il consigliere della “sicurezza nazionale” John Bolton (che quando lo intervistai nel 2003 mi disse: “Ehi, sei un comunista, forse persino Laburista?”).
Come suo “inviato speciale in Venezuela” (specializzato in colpi di stato), Trump ha nominato un criminale dichiarato, Elliot Abrams, i cui intrighi al servizio dei presidenti Reagan e George W. Bush hanno contribuito a far scoppiare lo scandalo Iran-Contra negli anni ’80 e precipitato l’America centrale in anni di sanguinoso squallore.
Senza scomodare Lewis Carroll, questi “pazzi” appartengono ai cinegiornali degli anni ’30. Eppure le loro menzogne sul Venezuela sono state accolte con entusiasmo da quelli pagati per dire le cose come stanno.
Sulla rete televisiva indipendente inglese Channel 4 News, Jon Snow ha inveito contro il deputato laburista Chris Williamson, “Guarda, tu e il signor Corbyn vi siete cacciati in una situazione molto brutta [sul Venezuela]!”. Quando Williamson ha cercato di spiegare perché minacciare un paese sovrano è sbagliato, Snow lo interruppe. “Hai parlato abbastanza!”.
In effetti, nel 2006, Channel 4 News aveva accusato Chavez di aver tramato la fabbricazione di armi nucleari con l’Iran: una fantasia. L’allora corrispondente da Washington, Jonathan Rugman, permise a un criminale di guerra, Donald Rumsfeld, di paragonare Chavez a Hitler, senza contraddittorio.
Tempo fa i ricercatori della University of the West of England studiarono i reportage della BBC sul Venezuela su di un periodo di dieci anni. Esaminarono 304 reportage e scoprirono che solo tre di questi si riferivano a una qualsiasi delle politiche positive del governo. Per la BBC, il record democratico del Venezuela, la legislazione sui diritti umani, i programmi alimentari, le iniziative sanitarie e la riduzione della povertà non sono avvenuti. Il più grande programma di alfabetizzazione nella storia umana non è accaduto, proprio come i milioni che marciano a sostegno di Maduro e in memoria di Chavez, non esistono.
Quando alla giornalista della BBC Orla Guerin è stato chiesto perché avesse filmato solo una marcia dell’opposizione, lei ha twittato dicendo che era “troppo difficile” coprire due marce in un solo giorno.
Una guerra è stata dichiarata al Venezuela, la cui verità è “troppo difficile” da riferire.
È troppo difficile riferire che il crollo dei prezzi del petrolio dal 2014 è in gran parte il risultato di macchinazioni criminali di Wall Street.
È troppo difficile denunciare come sabotaggio il blocco dell’accesso del Venezuela al sistema finanziario internazionale dominato dagli Stati Uniti.
È troppo difficile riportare le “sanzioni” di Washington contro il Venezuela, che hanno causato la perdita di almeno 6 miliardi di dollari nelle entrate del Venezuela dal 2017, inclusi 2 miliardi di dollari di medicinali importati, come illegali, o di dichiarare un atto di pirateria il rifiuto della Bank of England di restituire la riserva d’oro del Venezuela.
Alfred de Zayas, ex relatore delle Nazioni Unite, ha paragonato tutto ciò ad un “assedio medievale” progettato “per mettere in ginocchio i paesi”. È un attacco criminale, dice. È simile a quello affrontato da Salvador Allende nel 1970 quando il presidente Richard Nixon e il suo equivalente di John Bolton, Henry Kissinger, si proponevano di “far urlare l’economia [del Cile]”. Seguì la lunga notte buia di Pinochet.
Il corrispondente del Guardian, Tom Phillips, ha twittato una foto di un berretto su cui le parole in spagnolo significano in gergo locale: “Rendi il Venezuela fottutamente figo”. Il giornalista-pagliaccio potrebbe essere la fase finale di gran parte della degenerazione del giornalismo mainstream.
Se il tirapiedi della CIA Guaidò e i suoi suprematisti bianchi prendessero il potere, sarebbe il 68° rovesciamento di un governo sovrano da parte degli Stati Uniti, la maggior parte dei quali democrazie. Seguirà sicuramente una svendita delle utenze e delle risorse minerarie del Venezuela, insieme al furto del petrolio del paese, come delineato da John Bolton.
Sotto l’ultimo governo controllato da Washington a Caracas, la povertà raggiunse proporzioni storiche. Non c’era assistenza sanitaria per coloro che non potevano pagare. Non c’era educazione universale; Mavis Mendez e milioni come lei non potevano leggere o scrivere.
Quant’è figo questo, Tom?
John Pilger
Scelto e tradotto per comedonchisciotte.org da Gianni Ellena