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martedì 31 luglio 2018

CHIAMALE SE VUOI DONAZIONI / LE MAZZETTE MILIONARIE DAI MARCUCCI A POGGIOLINI



Sempre più bollente il processo per la strage del sangue infetto in corso a Napoli (il 19 luglio l'ultima udienza prima della pausa estiva) e che ha provocato almeno 5000 morti per la trasfusione di emoderivati non testati. Vittime e familiari da vent'anni (20) attendono giustizia, visto che il processo iniziò a Trento nel 1998. Fino ad oggi un muro di gomma.
L'ultima benzina sul fuoco arriva dalla risposta ad un fresco articolo della Voce che riportava testualmente la verbalizzazione di Duilio Poggiolini, l'ex re Mida della Sanità e braccio destro di Sua Sanità Franco De Lorenzo, resa ai carabinieri la bellezza di 23 anni fa e solo adesso venuta alla luce.
Ne ha ricevuto copia la Voce alla sua redazione, ma fa parte anche parte del fascicolo processuale davanti al giudice della sesta sezione civile del tribunale di Napoli, Antonio Palumbo, che ha condotto il processo per due anni e mezzo e si avvia alla battute conclusive: a settembre ci saranno le arringhe del pm, delle parti civili e dei difensori degli imputati, ossia di Duilio Poggiolini e di alcuni ex funzionari-dipendenti del gruppo Marcucci, all'epoca oligopolista nella lavorazione e distribuzione di emoderivati.

QUELLE SUPER MAZZETTE PER GLI EMODERIVATI
Ma procediamo con ordine, in modo cronologico, perchè la vicenda è non poco articolata.
La Voce, dicevamo, il 1 giugno scrive un'inchiesta basata su un verbale d'interrogatorio di Poggiolini.



Uno stabilimento del gruppo Marcucci. In apertura l'ingresso del Tribunale di Napoli con una "pioggia" di globuli rossi
Per completezza d'informazione, a questo punto, in basso potete leggere integralmente quel verbale da brividi. Si parla di 280 milioni (in lire) di mazzette consegnate da un funzionario del gruppo Marcucci, Edo Rinaldi, al responsabile della Commissione Unica del Farmaco, Poggiolini appunto. "Mittente" della bustarellona è il gruppo Marcucci, in particolare il patròn di famiglia, Guelfo Marcucci, passato a miglior vita circa due anni fa e ovviamente non presente al processo. Così come non è presente Edo Rinaldi, il latore della ricca missiva, anche lui passato a miglior vita.
Nel verbale redatto davanti ai carabinieri, Poggiolini ammette con estremo candore di aver ricevuto soldi & regali per 280 milioni di lire, solo per aver dato alcuni consigli e pareri circa le pratiche amministrative da svolgere per presentare istanze e domande al ministero della Salute, sul fronte degli emoderivati.
Riposte che avrebbe potuto fornire, in cambio di una cena, un qualsiasi dipendente, anche il più idiota, dello stesso ministero.
E invece i Marcucci puntano in alto, al Mago del Farmaco, al Re Mida della Sanità, al Profeta che – unico – può dar Vaticini: Poggiolini.
Un disgustoso spartito – quel verbale – a base di dazioni & pareri, consigli & soldi a palate, regali & relazioni: e il tutto sulla pelle dei cittadini.
Cosa fa a questo punto il legale della famiglia Rinaldi, Massimilano Capecchi, il cui studio si trova a Fornaci di Barga, a un tiro di schioppo dal quartier generale di casa Marcucci e dove era residente lo stesso Rinaldi?
Ci invia una lettera (che per completezza di cronaca pubblichiamo in un link in basso) nella quale viene in primo luogo contestato il fatto che l'articolo è diventato "virale" via internet e quindi gli effetti si allargano a macchia d'olio.
Poi l'avvocato contesta due fatti: il diritto all'oblio, dal momento che la vicenda risale a 23 anni fa. E la circostanza che nel frattempo – per la precisione nel 2002 – la Corte d'Appello di Napoli ha pronunciato una sentenza che assolve Edo Rinaldi dagli addebiti contestatigli, e per i quali aveva subito una condanna in primo grado.
Queste le espressioni utilizzate da Capecchi: "Lei classifica addirittura come clamorosa una notizia ampiamente coperta dal diritto di oblio, ma soprattutto completamente inveritiera perchè nell'enfasi di una narrazione scandalistica per un evento di nessun interesse pubblico verificatosi ben ventitrè anni fa si dimentica completamente di precisare che Edo Rinaldi fu definitivamente prosciolto dalla Corte d'Appello di Napoli con sentenza del 28 febbraio 2002 insieme a Duilio Poggiolini poichè il fatto non costituiva reato".

ALTRO CHE DIRITTO ALL'OBLIO

Duilio Poggiolini

Così risponde la Voce all'avvocato Capecchi: "La ringrazio della comunicazione, che le propongo, visti i contenuti e i toni, di pubblicare integralmente insieme alla nota che le sto inviando. Mi pare infatti corretto darne contezza ai lettori, in modo che abbiamo una visione completa sulla vicenda: il punto di vista dell'erede del Dr. Edo Rinaldi da un lato, compresa la sentenza di assoluzione, quello della redazione dall'altro".
Prosegue la nota della Voce: "Quanto al diritto all'oblio, vorrei attirare la sua attenzione sul fatto che l'interesse è attualissimo in relazione al processo penale che si sta svolgendo a Napoli e che riguarda condotte degli anni '70 e '80, e morti di persone emofiliache avvenute recentemente, in cui il Dr. Poggiolini è imputato e nel quale, in fase di indagini, prima del decesso, era stato coinvolto il medesimo Dr. Edo Rinaldi. La notizia data, che riguarda i rapporti avvenuti tra il gruppo Marcucci, ove il Rinaldi lavorava, ed il direttore del servizio ministeriale che controllava i farmaci plasmaderivati, è pertanto sicuramente di interesse attuale e concreto".
Questa è la risposta della Voce.
Alla quale ovviamente in tempo reale l'avvocato Capecchi replica: "apprezzo il garbo della sua risposta. Tuttavia il dileggio del padre accusato di aver commesso un reato dal quale è stato prosciolto in via definitiva (come da Lei richiesto allego la sentenza di proscioglimento) è motivo di sofferenza troppo grande per il mio assistito per lasciare sul web un articolo il cui presupposto è falso e che non rende giustizia alla verità. Le ricordo inoltre che il processo di Napoli non ha per niente visto coinvolto il Dott. Rinaldi che può, pertanto, liberamente opporre il diritto all'oblio, che gli compete sicuramente".
Ci sono svariati punti da chiarire. Ma è meglio partire dalla sentenza di assoluzione del 2002 cortesemente inviataci dall'avvocato Capecchi. Una sentenza che assolve tutti gli imputati (ben compreso Edo Rinaldi). Ma che, se letta con un minimo di attenzione, parla da sola. E ne racconta delle belle.
A pronunciarla, il 24 maggio 2002, il presidente della sesta sezione della Corte d'Appello di Napoli  Michele Morelli, affiancato dai consiglieri Fernando Giannelli e Francesco Paolo Caiati (relatore).
Una sentenza che in qualche modo "mescola" le due vicende "storiche" dalla sanità d'affari & morti in Campania: quella della "Farmatruffa"(per la quale De Lorenzo e Poggiolini sono stati condannati a 5 miliardi di lire di risarcimento a testa per danno all'immagine dello Stato); e quella degli emoderivati, dalla quale Sua Sanità ha sempre teso a scindere ogni sua responsabilità, pur essendo legato a doppio filo sia al re Mida Poggiolini che ai maggiori distributori di emoderivati, appunto i Marcucci: tanto che il figlio Andrea Marcucci – oggi capogruppo del PD al Senato – nel '91 si presentò alle politiche sotto l'ala protettiva di Sua Sanità con i vessilli del PLI, e il fratello Renato De Lorenzo è stato membro del CdA della Scalvo, per un paio d'anni perla dell'impero Marcucci.

DUE SENTENZE CONTRO: CORRUZIONE O DONAZIONI ? 

Andrea Marcucci

Nella prima parte della sentenza del 2002 viene fatto un sunto della "Farmatruffa", dell'associazione a delinquere messa in piedi dallo stesso titolare della Sanità, dal suo segretario particolare Giovanni Marone (l'uomo che soleva bruciare i documenti bollenti in un calderone) e lo stesso Poggiolini (uso invece nascondere i milioni spiccioli nei puff del salotto).
Ma eccoci al clou. Al capo 192, pagina 460 della sentenza, alla voce "Imputati Poggiolini Duilio, Rinaldi Elio", così si legge: "Il Tribunale (di primo grado, ndr) ha dichiarato Poggiolini Duilio e Rinaldi Edo colpevoli del reato loro ascritto. Avverso detta decisione ha proposto appello il Poggiolini chiedendo la assoluzione dal reato ascritto, considerato che il Rinaldi, tratto in arresto in base alle sue rivelazioni, aveva espressamente riferito di aver spontaneamente effettuato i versamenti per gli utili consigli ricevuti".
"Spontaneamente"? "Utili consigli" pagati la bellezza di 280 milioni di lire? Da neurodeliri.
Ma la catena dei fatti ai confini della realtà è appena all'inizio.
Scrivono i togati capeggiati da Morello: "Ha inoltre proposto appello il Rinaldi chiedendo la assoluzione dal reato ascrittogli, assumendo che le sue dazioni in denaro erano state spontanee e non frutto di un accordo corruttivo". Di nuovo spontanee? Beneficenza? Regali sotto l'albero della cuccagna? Corrotti e corruttori di tutto il mondo unitevi in questa linea difensiva – peraltro incredibilmente avallata da un tribunale italiano – e la farete franca a vita!
Ma la sceneggiata, tipicamente partenopea, continua.
Scrivono le toghe della sesta corte: "In sede dibattimentale Poggiolini ha dichiarato che: 'Rinaldi Edo si era recato spesso da lui per chiedere consigli sui prodotti dell'impresa di cui era titolare insieme ai fratelli Marcucci; detta impresa si interessava soprattutto di 'emoderivati'; in particolare Rinaldi gli chiedeva precisazioni tecniche sulle metodiche da seguire per istituire, nelle tecniche di produzione, quei controlli e procedure".


Piermannuccio Mannucci

Sorge spontanea a domanda: ma cosa ci stanno a fare consulenti e super esperti che un gruppo stramilionario come quello di casa Marcucci si poteva abbondantemente permettere? Uno per tutti, quel Piermannuccio Mannucci, il primo teste nella lista stilata dal pm al processo di Napoli: un pomposo pedigree, ma un un teste in palese conflitto d'interessi essendo stato, appunto, più volte consulente del gruppo Kedrion (che oggi raduna le perle di casa Marcucci).
La ciliegina sulla torta è in arrivo: "Per questi suoi consigli il Rinaldi, spontaneamente e sotto forma di regali natalizi, dagli anni '80 sino al 1992, gli aveva versato la complessiva somma di 280 milioni di lire, confluiti in parte sul suo conto corrente personale acceso presso la Banca di Roma ed in parte su quello acceso presso la Comit".
Non basta: così prosegue la sentenza della Corte d'Appello di Napoli: "successivamente, due – tre volte l'anno, a Natale e a Pasqua, aveva continuato a portare somme di danaro a Poggiolini pari a 5 milioni di lire a volta, gradualmente aumentate prima a 10 e poi a 20 milioni di lire; complessivamente aveva erogato a Poggiolini la somma di 180 miloni di lire, prelevati da un fondo 'ISI' destinato al fondo spese". Sicuramente si tratta dell'Istituto Serioterapico Italiano, del quale a inizio anni '90 Edo Rinaldi è stato al vertice del cda.
Ma ecco – comica finale – il commento delle toghe: "In cambio il Poggiolini non gli aveva fatto alcuna agevolazione, ma dallo stesso aveva ricevuto solo cortesie": evidentemente, a base di colombe pasquali d'oro massiccio e tempestate di diamanti. Uno spirito francescano coltivato negli anni? Un sorta di ipnotismo infinito? Un masochismo spinto agli estremi?
Una perizia psichiatrica potrebbe sciogliere l'arcano.
Così concludeva la sesta sezione della Corte d'Appello di Napoli nel 2002: "Orbene, ritiene la Corte di non poter condividere il ragionamento seguito dal primo Giudice. Invero, sostenere che ogni rapporto intercorso tra Poggiolini – sia pur gravemenre scorretto o censurabile sotto il profilo disciplinare per il pubblico funzionario – debba essere automaticamente ricondotto nello schema di una intesa corruttiva sol perchè inserito in un più ampio contesto effettivamente caratterizzato da una vasta serie di rapporti di tale natura, significa generalizzare senza tenere conto delle peculiari caratteristiche del caso specifico e delle risultanze probatorie".
Ma Mani pulite ce la siamo sognata o no? La Corruzione se la sono inventata i giornalisti o chi altro? E Big Pharma s'è improvvisamente trasfigurata nello Spirito Santo?

DOPO 20 ANNI, GESU' FATE LUCE
Ma non c'è mai limite alla psichiatria forense: "Nel caso in esame, dalle dichiarazioni pienamente concordanti rese dal Poggiolini e dal Rinaldi si ricava che le dazioni in questione furono davvero elargite spontaneamente dal Rinaldi a fronte dei consigli che solo un esperto come il Poggiolini poteva fornire su un settore tanto specifico e delicato, quale quello della produzione di farmaci emoderivati". Il Messia sceso in terra a miracol spiegare, l'allora Poggiolini?
Arieccoci, gli emoderivati. La tragedia che da vent'anni tormenta migliaia e migliaia di famiglie.
A questo punto, ci par d'obbigo porci e porre qualche interrogativo.
Vale il tanto celebrato diritto all'oblio rispetto ad una vera e propria carneficina per la quale dovrebbe decidere, a questo punto, solo il tribunale dell'Aja per i crimini contro l'umanità?


Una manifestazione di protesta degli ammalati per sangue infetto

Secondo noi, rispetto ad ogni diritto all'oblio, deve prevalere il diritto-dovere alla memoria, la memoria storica..

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

sabato 28 luglio 2018

Il caso Orlandi non avrà mai pace finché chi sa non si deciderà a parlare

Il caso Orlandi non avrà mai pace, finché chi sa non si deciderà a parlare. Non solo il Vaticano, ma anche la procura della Repubblica di Roma ha le sue colpe. Non si doveva archiviare l’inchiesta proprio nel momento in cui la magistratura stava per ottenere il dossier custodito al di là del Tevere. Le nuove rivelazioni del giornalista Fittipaldi aprono interrogativi sia che risultino veritiere come pure no. Fossero costruite ad hoc, chi vorrebbero colpire? Il portavoce di papa Francesco Greg Burke ha definito la documentazione “falsa e ridicola”. Mi sento di affermare che sussistono elementi ancora più gravi delle nuove presunte rivelazioni. Esempio: non appaiono false né ridicole le confidenze fatte a Pietro Orlandi da Paolo Gabriele, l’ex maggiordomo di Ratzinger, che avrebbe visto il dossier di Emanuela sulla scrivania di padre George. Ancora più sconcertante apparirebbe quanto confidato al fratello di Emanuela dal segretario di Stato Parolin, quando poco tempo fa gli ha sussurrato che lo stesso Papa ritiene il caso “troppo grave” per renderlo pubblico. Pietro è uscito dall’incontro sgomento. Quelle parole confermano che di sua sorella si sa, ma non se ne può parlare. Ecco perché la famiglia ha presentato un’istanza al Vaticano per un’audizione proprio con Parolin. Si renderà disponibile a testimoniare? Secondo me per essere sincero il cardinale ha peccato di ingenuità. Una cosa è certa: il dossier esiste. Infatti nel film da me diretto “La verità sta in cielo” riproduco per intero l’intercettazione del 12 ottobre 1983, in cui il vicecapo della vigilanza vaticana Raoul Bonarelli riceve l’ordine di non riferire ai magistrati italiani il possesso della documentazione su Emanuela “andata alla segreteria di Stato”.
Se il Vaticano dunque sa, il comportamento della procura romana non è da meno. Nella sequenza finale del film descrivo un fatto inedito: l’incontro tra il magistrato incaricato dell’inchiesta e un alto prelato, finalizzato alla consegna del dossier Orlandi in cambio della rimozione della salma del boss Enrico De Pedis dalla basilica di S. Apollinare, la cui sepoltura stava creando grave imbarazzo al Vaticano. Abbiamo ragione di credere che il magistrato in questione fosse Giancarlo Capaldo, il quale si è rifiutato di firmare la richiesta di archiviazione da parte del suo capo Giuseppe Pignatone. Non sappiamo chi fosse il prelato, anche se c’è ragione di credere che fosse proprio padre Georg. Nessuno, né alla procura né in Vaticano ha smentito tale sequenza, né potrebbero farlo: abbiamo prove inoppugnabili. Dunque perché l’archiviazione? Non voglio credere che siano fondate le parole della moglie Di Pedis confidate al telefono a Don Piero Vergari, il prete che ne ha proposto la sepoltura in chiesa. Le riproduco come da intercettazione: “il procuratore nostro sta archiviando tutto, è roba di pochi giorni, eh don Piè, resista!”. In una successiva intercettazione, la donna sottolinea con soddisfazione che il procuratore aggiunto Capaldo “è stato cacciato via… Pignatone sta facendo una strage ed era ora!”. E aggiunge che è stato fatto fuori anche il responsabile della squadra mobile Vittorio Rizzi, anche lui a capo dell’inchiesta. Sorprende che, in un periodo in cui le indagini erano ancora in corso (siamo nel 2012), la moglie di De Pedis conoscesse l’esito finale dell’archiviazione con un anticipo di ben 3 anni. È la prova che i corvi romani continuano a volare sopra le teste degli innocenti? In mezzo a tanta melma, la realtà traspare: lo stesso papa Francesco, pur così coraggioso, è costretto al silenzio. La scomparsa di Emanuela è chiaro che concerne alcuni collaboratori di Wojtyla. Non si possono rendere pubblici gli intrighi dell’entourage di un pontefice che è stato appena fatto santo? Pare senza grande convinzione da parte dello stesso Bergoglio. Se potessi dare un consiglio rivolgerei un appello: il caso Orlandi continuerà a perseguitarvi. Per il buon nome della Chiesa e della nostra magistratura, abbiate il coraggio della verità. Vedrete che alla fine sarete ripagati più della menzogna e del silenzio.

venerdì 27 luglio 2018

Pietro Orlandi racconta la storia di 35 anni

Pietro Orlandi racconta (5 luglio 2018) a Radio Cusano Campus “La Storia Oscura – Storia del crimine e della criminologia”  la scomparsa di sua sorella Emanuela 35 anni dopo.
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“Chiediamo che dopo la magistratura italiana, sia quella vaticana a indagare sulla scomparsa di mia sorella aprendo un’inchiesta interna perché Emanuela tuttora è iscritta all’anagrafe vaticana, è una cittadina vaticana e perché è chiaro che all’interno del Vaticano ci sono delle persone che hanno avuto delle responsabilità su quello che è successo”.
“Purtroppo, Emanuela è stato un tassello in un sistema di ricatti che ha coinvolto lo Stato, la Chiesa e la criminalità e per criminalità intendo la Banda della Magliana e la mafia. Perché secondo me l’ipotesi più probabile rimane la montagna di soldi che la mafia tramite la Banda della Magliana, in particolare Enrico De Pedis, fece transitare nelle casse dello IOR e in quelle del Banco Ambrosiano di Calvi. Soldi che Giovanni Paolo II utilizzò per la causa polacca di Solidarnosc. Di conseguenza, il sequestro di mia sorella, in quanto cittadina vaticana, servì a fare pressione in certi ambienti del Vaticano. Emanuela probabilmente è stata l’oggetto di un ricatto molto forte nei confronti della Chiesa.



cusano
Pietro Orlandi

“Il Vaticano indaghi e dia risposte; se si sono sempre dichiarati non responsabili, dovrebbe essere nel loro interesse accertare come andarono le cose. Invece c’è sempre stata la volontà di insabbiare. E purtroppo, la magistratura italiana ha accettato passivamente questa volontà del Vaticano e non capisco perché visto che il capo della Procura di Roma nella richiesta di archiviazione ha scritto che ‘nonostante tutto esistono elementi indiziari che hanno avuto riscontro nel coinvolgimento di alcuni elementi legati alla Banda della Magliana nel sequestro di Emanuela Orlandi’. C’è qualcosa che non torna. E’ chiaro che c’è una volontà forte di chiudere la vicenda perché la verità è qualcosa che non deve uscire. Non a caso, l’anno scorso il Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin quando lo incontrai mi ripetè una decina di volte che ‘purtroppo è una questione molto complicata’. Comunque, finchè non avrò la prova che Emanuela è morta per me sarà un dovere cercarla viva. Cioè per me è ancora viva perché non ho la certezza della morte. Non mi basta che Papa Francesco mi dica ‘Emanuela sta in cielo’. Il Pontefice me lo deve dimostrare perché se ad inchiesta aperta nel 2013 mi disse che Emanuela è morta, vuol dire che sa”.



cusano
Mirella Gregori Emanuela Orlandi

emanuelaorlandi.altervista.org

giovedì 26 luglio 2018

Strage di Ustica, il depistaggio è (ri)partito


L’aveva chiesto il sindaco di Bologna  Virginio Merola chiudendo il suo intervento in occasione del 38° Anniversario della Strage di Ustica:  “e per favore non parlate in questi giorni di bomba”. Invece il depistaggio è partito, subdolamente, incuneandosi in spazi  marginali e forse non osservati con la dovuta attenzione, in programmi radiofonici Rai senza contradditorio, in pagine interne di “prestigiose” testate nazionali o in edizioni provinciali con l’avvallo di Magistrati in pensione. Sempre basandosi su falsità, ma con un nuovo obiettivo, oltre sostenere la bomba,  portare discredito sulle Sentenze della Magistratura civile che condannano i Ministeri di Trasporti e Difesa per i loro comportamenti legati alla Strage di Ustica.
Da anni si continua a sostenere la tesi bomba sulla  base di una perizia che è stata in realtà bocciata a causa dei tanti  errori riscontrati proprio dagli stessi Magistrati che l’avevano commissionata. Oggi si afferma che la Sentenza penale con la quale vengono assolti dal reato di alto tradimento i vertici dell’Aeronautica,  asserisce che il DC9 è caduto per una bomba: ancora un falso.
La Sentenza infatti sottolinea che quello che è stato giudicato è, appunto, solo il reato di Alto tradimento,  che nulla ha a che fare con la ricerca degli autori o delle cause della strage;  i Generali sono stati rinviati a giudizio e processati  per il reato di alto tradimento  per non avere  informato il Governo, nell’immediatezza dell’evento, della presenza di traffico americano in cielo, come risultava invece  dalle telefonate della notte, della presenza di un tracciato radar con una indicazione di una manovra d’attacco al DC9 e poi dell’ipotesi di una esplosione che era stata paventata dai primi soccorritori.
Lasciatemi sottolineare che gli odierni paladini della bomba sono stati processati proprio per non aver dato indicazioni sulla possibilità di una bomba, ma per aver sostenuto la tesi del cedimento strutturale! Si sostiene il falso, ma bisogna denunciare con forza ad opinione pubblica e organi di informazione che siamo in presenza di una vera e propria operazione di depistaggio. Un’operazione di depistaggio perpetuata nel momento che è in corso una  indagine della procura di Roma, alla quale si tende a togliere credibilità, e mentre sono in via di definizione processi civili sulle responsabilità dei Ministeri dei Trasporti e della Difesa.
Questo oggi è l’aspetto più preoccupante: affermando un inesistente contrasto di fondo tra Magistratura civile e Magistratura Penale si possono mettere in difficoltà davanti all’opinione pubblica collegi giudicanti. A me pare ancora importante fare queste precisazioni!
Daria Bonfietti. Presidente Associazione parenti vittime Strage di Ustica

mercoledì 25 luglio 2018

Douma, i gas nervini e la memoria corta


Un rapporto provvisorio dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) ha annunciato il 6 luglio di non aver trovato la prova dell’utilizzo di gas nervino nell’attacco che secondo le milizie ribelli jihadiste filo-saudite sarebbe stato compiuto il 7-8 aprile scorso dalle truppe governative siriane nel sobborgo di Douma, nell’area di Ghouta Orientale, dove potrebbe invece essere stato usato il cloro.
“Dai risultati è emerso che non sono stati usati gas nervini o prodotti derivati”, ha riferito l’Opac nel rapporto provvisorio.
Lo scorso 7 aprile la cittadina alla periferia di Damasco è stata bombardata dall’aviazione governativa siriana e i ribelli hanno denunciato l’uso di armi chimiche. La settimana seguente, dopo che gli insorti si erano ritirati, gli ispettori dell’agenzia Onu hanno cominciato le indagini, in particolare in un palazzo vicino alla piazza principale e in una panetteria indicati come i luoghi dei possibili attacchi.
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Dal rapporto preliminare dell’Opac emerge che nei due siti sono stati trovati “residui di esplosivi e componenti chimiche organiche clorate”, cioè nessuna prova decisiva di un attacco con bombe al cloro, anche se non può essere escluso.
A Douma, la missione dell’Opac ha svolto attività di raccolta di campioni ambientali e di dati e ha intervistato testimoni del presunto attacco chimico. “In un paese vicino” alla Siria non meglio specificato, gli agenti dell’Opac “hanno raccolto o ricevuto campioni biologici e ambientali e hanno condotti interviste con i testimoni” del presunto impiego di armi chimiche a Douma.
Nel rapporto provvisorio, la missione dell’Opac giunge a concludere che, “in base ai risultati delle indagini, nessun agente nervino o prodotto del suo decadimento è stato individuato nei campioni ambientali o nel plasma delle presunte vittime”. Tuttavia, “con residui di esplosivo sono stati trovati tracce di clorina”.
Il cloro non è un’arma chimica ma un prodotto chimico che può risultare tossico e persino letale ad elevate concentrazioni, più volte impiegato nel conflitto siriano e non solo dai governativi: la sua facile reperibilità lo rende idoneo anche a inscenare attacchi chimici a fini propagandistici.
Secondo i ribelli nell’attacco di Douma morirono circa 40 persone anche se siriani e russi parlarono subito di montatura orchestrata ad arte (numerosi civili testimoniarono l’allestimento di un set cinematografico da parte dei ribelli di Jaysh al-Islam per inscenare gli effetti dell’attacco chimico) per determinare un intervento militare occidentale, come poi accadde la settimana successiva con i raid missilistici punitivi scatenati dagli anglo-franco-americani contro “obiettivi per la produzione di armi chimiche” del regime di Damasco.
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Se l’attacco chimico è stata una messa in scena, il raid punitivo è stata poco più di una sceneggiata: ha colpito con oltre 100 missili da crociera edifici e obiettivi vuoti pre-selezionati insieme ai russi che non hanno fatto intervenire le loro difese antimissile basate in Siria.
Una “ammuina” che forse ha salvato la faccia agli Occidentali senza recar danno a russi e siriani.
Il rapporto dell’OPAC ha fatto luce anche sulle accuse rivolte dai ribelli jihadisti ali governativi siriani circa l’uso di armi chimiche ad al-Hamadaniya il 30 ottobre 2016 e Karm al-Tarrab, il 13 novembre 2016.
“Sulla base delle informazioni ricevute e analizzate, la narrativa prevalente delle interviste e i risultati delle analisi di laboratorio, l’OPAC non può determinare con sicurezza se una determinata sostanza chimica è stata utilizzata come arma negli incidenti avvenuti nel quartiere di Al-Hamadaniya e nell’area di Karm al-Tarrab”.
Il rapporto dell’OPAC su Douma è passato quasi inosservato benchè nell’aprile scorso politici, analisti e opinionisti colsero l’occasione (anche in Italia) per accusare Damasco e Mosca di crimini di guerra e di aver voluto gasare i bambini di Ghouta.
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La vicenda venne strumentalizzata ai fini della caccia alle streghe legata alla “nuova guerra fredda” e ai fini politici interni con effetti esilaranti e al tempo stessi patetici.
Ampi ambienti della politica italiana arrivarono addirittura a sostenere che non si poteva criticare l’interventismo bellico di Usa, Francia e Gran Bretagna (la rappresaglia non attese un rapporto dell’OPAC) perché sono nostri alleati della Nato.
Posizione assurda sia perchè l’Alleanza Atlantica è nata per difendere la libertà (anche di critica e di espressione) non per soffocarla ma soprattutto perché Londra, Parigi e Washington non hanno certo coinvolto la Nato nè chiesto il consenso degli alleati per condurre un’azione bellica unilaterale.
Fragoroso il silenzio con cui quelle schiere di indignati per le stragi di bambini siriani hanno accolto il rapporto dell’OPAC.
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Tace persino chi arrivò a definire “propaganda russa” un editoriale di Analisi Difesa che ipotizzò la montatura orchestrata per creare il casus belli e coinvolgere direttamente le potenze occidentali nella guerra contro Bashar Assad.
Eppure non era poi così difficile intuire le ragioni dell’ennesima montatura tesa a dimostrare l’uso di gas nervini da parte del regime di Assad dopo che Barack Obama aveva definito l’impiego di armi chimiche il “filo rosso” il cui superamento avrebbe determinato l’intervento bellico statunitense.
Per questo i ribelli, sconfitti sul campo di battaglia, (e i loro alleati arabi) cercano periodicamente di inscenare attacchi chimici che i governativi non hanno nessuna esigenza militare né ovviamente politica per scatenare. Bashar Assad è un dittatore ma, anche in virtù del ruolo che ricopre da 18 anni di cui 7 di guerra, sarebbe ridicolo considerarlo uno stupido.
Foto: Die Welt e Douma Media Center e US DoD

Fonte: www.analisidifesa.it

martedì 24 luglio 2018

Rita Atria: Memoria Attiva - 26 luglio 1992-2018

Associazione Antimafie Rita Atria luglio 2018

L’Associazione Antimafie Rita Atria, come ogni anno, farà Memoria Attiva di Rita portando una RosaRossa sulla sua tomba la mattina e con l’evento ufficiale alle 18.30 a Roma in viale Amelia, 23 dove ha spiccato il suo “Volo”. Per noi è un momento di bilancio rispetto alle attività svolte nel nostro “anno solare” che inizia il 26 luglio e finisce il 25 luglio dell’anno successivo.
In questo clima sociale dove l’oblio sembra prevalere sulla Memoria (spariti dalle memorie collettive fatti, luoghi e persone) permettendo ai professionisti del revisionismo storico di sfoderare dentature sorridenti e lineamenti facciali falsamente contriti dal dolore, noi proviamo a resistere senza fare un solo passo indietro rispetto all’eredità di Rita.
Ci saranno due "eventi".... quello informale, quasi privato alle 10.15 al cimitero di Partanna con gli amici di sempre e con Michela Buscemi per noi donna simbolo dei valori della Testimonianza che insieme alle donne del digiuno portò sulle sue spalle la bara di Rita e ancora oggi è Testimone di come Rita sia stata oltraggiata anche da morta.
L’evento serale (al parco archeologico di Selinunte) al quale eravamo stati invitati a partecipare dalla parrocchia di Selinunte allo spettacolo “In Viaggio con Rita Atria e Stefania Noce” di e con l’attrice Stefania Mulè è rinviato a data da destinarsi per problemi di calendarizzazione.
Alle 18.30 a Roma l’iniziativa ufficiale, in viale Amelia 23 per fare Memoria di un volo di cui tutti siamo responsabili. Per ricordare a noi stessi che spesso le persone non si suicidano ma le lanciamo noi dalle finestre, con le nostre discriminazioni, con i nostri pregiudizi, con le nostre amnesie, con la nostra ipocrisia. Lo ribadiamo: Rita Atria non è solo Vittima della sua famiglia mafiosa e della mafia; ma è Vittima di una società che non ha saputo decidere da che parte stare e di uno Stato al tempo assente e “distratto”. Oggi, anche grazie al sacrificio di Rita i Testimoni sono più tutelati e i figli dei mafiosi non devono necessariamente seguire le orme dei genitori… come scrivere Rita L'unico sistema per eliminare tale piaga (la mafia, ndr) è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore.”
Saremo a Roma per ricordare alla Sindaca Raggi che da novembre 2017 al protocollo di Roma giace inascoltata la domanda di cittadinanza onoraria. Non sono serviti solleciti telefonici e via pec a far cambiare stato a quella che per la burocrazia, forse, è solo una pratica che può attendere.
Rita Atria è la settima Vittima di via D’Amelio. È bene tenerlo a mente anche se lo si dimentica spesso.
"Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare, forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo" Rita Atria
Direttivo nazionale
Associazione Antimafie “Rita Atria”
Si allega il link alla raccolta firme

giovedì 19 luglio 2018

Diario Civile - Paolo Borsellino Essendo Stato



Per la prima volta sullo schermo, le parole pronunciate da Paolo Borsellino davanti al C.S.M. che gli italiani non hanno mai ascoltato, raccontate da Ruggero Cappuccio.
Il 31 luglio del 1988 il giudice viene convocato davanti al C.S.M. a causa delle interviste rilasciate ai quotidiani "La Repubblica" e "L'Unità", nelle quali denunciava il preoccupante stato di smobilitazione del pool antimafia di Palermo. Borsellino, minacciato dall'ombra di imminenti provvedimenti disciplinari, parla per oltre quattro ore, dalle dieci alle quattordici, davanti al Consiglio Superiore, con straordinaria  lucidità, condannando con forza l'inadeguatezza dei mezzi di contrasto attivati dallo Stato contro la Mafia. Il pomeriggio dello stesso giorno verrà ascoltato il giudice Falcone.
Brani di queste audizioni tesissime, mai rese pubbliche integralmente, sono raccontate in "Paolo Borsellino Essendo Stato", il film documentario di Ruggero Cappuccio, in onda martedì 19 luglio alle 21.30 su Rai Storia. La puntata di "Diario Civile" si articola anche attraverso immagini di repertorio RAI ed interventi del Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti.
Davanti al C.S.M. i due magistrati affrontano con chiarezza i delicatissimi temi inerenti l'assegnazione delle indagini, l'inserimento nel pool di nuovi giudici senza l'adozione di criteri di sicurezza, l'affidamento di procedimenti sulla criminalità mafiosa a magistrati estranei al pool. Dalle loro parole appassionate emergono i complessi scenari che fanno da sfondo alle indagini sul fenomeno mafioso, ma anche lo spirito di sacrificio di chi, pur accerchiato e consapevole delle occulte relazioni tra criminalità organizzata e Stato deviato, ha deciso di non arretrare.
Giovanni Falcone sarà ucciso quattro anni dopo quel 31 luglio, il 23 maggio 1992, nell'attentato di Capaci. Paolo Borsellino 57 giorni dopo di lui, in via D'Amelio, a Palermo. Proprio su via D'Amelio, sull'ultimo secondo di vita di Paolo Borsellino, il 19 luglio del 1992, e sulle dichiarazioni al C.S.M., si concentra il lavoro di Cappuccio, che dilata questo singolare residuo di tempo in un intenso film documentario, attraverso anche il contributo di alcuni filmati della Rai.
"Paolo Borsellino Essendo Stato" offre ai telespettatori anche uno spaccato della vita del giudice palermitano sospeso tra la realtà urbana e l'armonia perduta della Sicilia. Il tritolo e l'infanzia, il palazzo di giustizia e la spiaggia, il campo di calcio dove giocava da ragazzo con Giovanni Falcone, costituiscono la narrazione visiva di Paolo Borsellino che ricostruisce la propria vita di uomo e di magistrato sul confine tra la vita e la morte.

Diario Civile – Paolo Borsellino essendo stato
scritto, diretto e interpretato da Ruggero Cappuccio
con l'introduzione del Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti

mercoledì 18 luglio 2018

Vaticano la multinazionale più potente al mondo

Marisa Denaro – Se si pensa ad una multinazionale vengono in mente uomini in giacca e cravatta che gestiscono milioni di euro, invece la più grande multinazionale è composta da uomini in abito talare.

La Chiesa Cattolica è la prima multinazionale con 2 mila miliardi di dollari di patrimonio immobiliare di cui circa il 22% del patrimonio immobiliare in Italia, riserve d’oro di oltre 60000 tonnellate sparse tra la US Federal Reaerve Bank e banche elvetiche e britanniche, per non parlare dei capitali depositati presso lo IOR, istituto opere religiose, la banca vaticana più volte coinvolta in scandali lambire anche da omicidi, finti suicidi e sparizioni.
Non solo oro e immobili ma azioni e obbligazioni detenute dal Vaticano in varie società sparse in tutto il mondo.
Un esempio su tutti l’Amministrazione patrimonio Sede Apostolica che dovrebbe gestire unicamente la curia romana, ha nelle sue disponibilità circa un miliardo di euro.
Non da meno sono i vari ordini religiosi, enti e fondazioni che gestiscono veri e propri imperi economici come Propaganda Fide ( il ministero delle missioni) che gestisce un patrimonio stimato in 10 miliardi di euro.
La Banca Cattolica Pax di Colonia, come riferisce il giornale tedesco Der Spiegel, sino al 2009 aveva investito in azioni di aziende che producono tabacco, armi finanziando con 1,6 miliardi di euro la Bae Systems colosso della difesa e persino contraccettivi possedendo 580 milioni di euro in azioni della società farmaceutica Wyeth.
Una volta scoperchiato il calderone rendendo pubblici i veri affari della Banca Cattolica Pax, la stessa si è premurata di informare  i propri clienti che aveva provveduto a vendere tutte le “cattive azioni”.
Non da meno sono gli arcivescovadi di Madrid e Burgos avendo investito 80 mila euro in azioni dei laboratori farmaceutici Pfizer che fabbricano Viagra e un anticoncezionale che si inietta ogni tre mesi.
Affari gestiti con estremo cinismo nel totale disprezzo del pensiero cattolico che da sempre ha condannato l’uso della pillola contraccettiva, condannando le donne che ne fanno uso da un lato e guadagnandoci dall’altro. Il tutto inoltre, accadeva mentre in Italia si assisteva ad un acceso dibattito sulla pillola abortiva RU486.
Chissà poi cosa hanno pensato i frati comboniani contrari alle banche che finanziano società che producono armi quando si sono resi conto che chi li finanziava indossava il crocifisso.
Il Vaticano ha partecipazioni in molte imprese in vari ambiti quali plastica, elettronica, cemento, acciaio e nel settore immobiliare. Ha partecipazioni in Italgas, Fiat come Alitalia.
Nonostante un capitale immenso sottostimato visto che non sono considerate le numerosissime opere d’arte di proprietà della Chiesa Cattolica, incassa anche l’8 Per mille aumentando ancor di più un capitale che da solo potrebbe sfamare le intere popolazioni disagiate del continente africano.
Lo Ior, a dispetto del suo nome, di opere religiose se ne occupa ben poco, gestisce circa 6 miliardi di euro ed è stata più volte al centro di casi di riciclaggio di denaro sporco come il caso del Banco Ambrosiano che porta con sé la morte del banchiere Roberto Calvi, per non parlare dei rapporti ambigui con Michele Sindona legato ad ambienti massonici-mafiosi o l’omicidio di Giorgio Ambrosoli, la sparizione di Emanuela Orlandi, i legami con la banda della Magliana,  la misteriosa ed improvvisa morte di Papa Luciani, gli scandali Enimont e i fondi neri amministrati dall’arcivescovo Marcinkus.
Persino lo scandalo calciopoli ha coinvolti lo Ior dove erano depositati fondi neri della Gea World di Alessando Moggi.
Interessi miliardari che vanno oltre i cardini della religione cattolica che predica la povertà e la carità.
Poveri a parole ma ricchi di fatto, pro vita ma contribuiscono a produrre anticoncezionali, contro le guerre e producono armi, a favore dell’ambiente bellezza del creato da preservare e producono plastica.
Fonte: Vaticano la multinazionale più potente al mondo   Articolotre

sabato 14 luglio 2018

VACCINI / UNA BAGARRE 5 STELLE MONTATA DAL CORSERA


Stavolta è il Corriere della Sera a montare la polemica tra i 5 Stelle sui vaccini. Una mezza pagina del 7 luglio titolata "La 5 Stelle: 'E se mentono sui vaccini?". Boh.
Al centro della querelle, nella ricostruzione effettuata dallo 007 di via Solferino Paolo Foschi, le dichiarazioni della senatrice pentastellata Elena Fattori, che con parole strappalacrime si rivolge alla collega e ministra della Salute Giulia Grillo.
Il nodo è nelle autocertificazioni che occorrerà presentare per le iscrizioni alle scuole in materia di vaccini.
Ecco le frasi griffate Fattori, da vero Libro Cuore: "Faccio i miei più sentiti auguri alla ministra che diventerà mamma, le auguro di poter vaccinare suo figlio come ha dichiarato. Perchè questa volontà non sempre si puo' adempiere".
E il finalone: "La prego di ricordarsi, quando darà i suoi pareri sulla legge che verrà, di tutti i bimbi fragili e delle mamme silenziose che li osservano senza fare clamore come foglie appese a un albero quando tira il vento forte"..

I DESIDERATA DI BIG PHARMA
Ottimo per una perfetta imitazione ungarettiana, il Fattori-Pensiero ("Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie"), meno per far chiarezza su un argomento tanto drammatico che coinvolge milioni di genitori e andrebbe trattato con competenza scientifica e senza ricorrere, appunto, al De Amicis.


Il Comitato per la libera scelta delle vaccinazioni

E' il caso di ribadire ancora una volta, per chi non ha capito, non ha voluto capire o per chi è in malfade, che la società italiana non si divide tra NO VAX e PRO VAX, ma tra chi vuole senza se e senza ma i vaccini, senza alcuna discussione, perchè così ordina Big Pharma che – come più volte è stato dimostrato in modo documentale – fa affari a palate di miliardi sui vaccini e sulla pelle di bambini innocenti – e chi invece vuole semplicemente discutere, porre il problema, affrontare il tema in tutti i suoi aspetti.
Vogliamo vaccini di qualità oppure no? E' questo il primo interrogativo base. Perchè oggi i livelli di  qualità, visti gli immensi profitti derivanti dalle quantità, lasciano molto a desiderare. Perchè il governo non si pone, ADESSO, il problema di un'azienda di Stato in grado di produrre vaccini ipercontrollati, ipertestati, ipergarantiti? C'è la Cassa Depositi e Prestiti che scoppia di salute, ha milioni da spendere: perchè non mette su oppure rileva – come anni fa fece l'Eni con l'Anic – un'azienda, la rilancia, la controlla e produce vaccini super doc?

METODI NAZISTI
Secondo problema. I vaccini non sono acqua fresca, ma vanno somministrati con estrema cautela e precauzione, valutando caso per caso lo stato di salute dei bambi che li stanno per ricevere. Perchè di tutto ciò le autorità governative se ne strafottono, ordinando invece con metodi semplicemente nazisti vaccinazioni di massa senza alcun controllo, tanto per raggiungere gli auspicati livelli di 'gregge'? Anche il solo sentire parlare di "greggi di bambini" fa venir la pelle d'oca.
Terza questione. Come mai su temi tanto controversi e delicati hanno diritto di parola sui grandi media cartacei e televisivi i soliti soloni neanche in grado di fornire dati scientifici attendibili, ma solo di taroccare le carte per il popolo bue?


Elena Cattaneo

Per fare qualche esempio concreto, perchè ha diritto di parola l'onnipresente Roberto Burioni, uno scienziato incapucciato (è iscritto al Grande Oriente d'Italia) e in palese conflitto d'interessi per i brevetti sui vaccini di cui non fa certo beneficenza ma vende a case farmaceutiche, e non il Nobel per la Medicina Luc Montagnier che la pensa in modo diametralmente opposto e forse ha qualche titolo accademico in più?
Perchè dar tribuna continua alla senatrice e farmacista Elena Cattaneo e non al due volte candidato al Nobel, sempre per la Medicina, Giulio Tarro, l'allievo di Albert Sabin che non ha scoperto un callifugo, ma il vaccino antipolio?
Un modo capovolto. Dove i 'somari' hanno pieno diritto di parola, perchè foraggiati dalle case farmaceutiche, da Big Pharma: mentre gli scienziati, quella con la S maiuscola, vengono letteralmente ridotti al più totale silenzio. Come neanche nei Gulag.
E' questa una democrazia al servizio dei cittadini su un tema così bollente? E' questo il livello di sotto informazione che il nostro Paese è costretto quotidianamente a subire? Non è arrivato forse il momento di ribellarsi?


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venerdì 13 luglio 2018

SOROS / ADESSO SI GENUFLETTE ANCHE IL CORRIERE DELLA SERA

C'eravamo sbagliati. Non solo Repubblica stesa come un tappetino ai piedi di Sua Maestà George Soros, il filantropo arcimiliardario che fa affari sulla pelle dei migranti e divora le economie di interi Paesi: ma anche il Corriere della Sera.
Che domenica 1 luglio allunga un bel ceffone – griffato Aldo Grasso – a uno dei pochi politici che hanno il coraggio di trattare Soros come merita: un trafficante di essere umani che viene addirittura ricevuto in pompa magna dei leader dei prinicipali paesi europei. Capitò un anno fa esatto con Paolo Gentiloni che gli spalancò i portoni di palazzo Chigi; è successo giorni fa con Pedro Sanchez, il fresco leader socialista spagnolo che lo ha ospitato nella sua Moncloa.
A quale titolo mai? Come se il cerimoniale di palazzo Chigi, qualche anno fa, si fosse messo in moto per ricevere Totò Riina, o il ministro dell'Economia avesse convocato il mago dei Parioli Madoof.
Ecco dunque intinta nel vetriolo la consumata penna di Aldo Grasso, l'eccellente corsivista tivvù che però, quando si inerpica lungo sentieri politici, perde colpi e mette a segno autogol.
Cosa c'entra, adesso, la difesa d'ufficio del faccendiere MangiaPaesi Soros, addirittura in prima pagina del Corsera? Per esercitare la italica professione del lecchinaggio spinto o per attaccare uno dei pochi politici rimasti ancora in campo a denunciare fatti & misfatti di tutti gli esecutivi ? O forse, più astutamente, mister Grasso intende beccare due piccioni con una sola fava?
Per chi non lo ricordi, il fondatore dell'Adusbef, ossia Lannutti, è da oltre un quindicennio in prima linea nel denunciare lo strapotere mafioso del Potere Bancario; è autore anni fa del volume "Bankster", capace di anticipare i dirompenti scenari che negli anni seguenti si sarebbero aperti portando nel baratro centinaia di migliaia di ignari risparmiatori e facendo tracollare l'economia del Paese; è fresco autore, con Paolo Fracassi, di "Morte dei Paschi di Siena", non solo sul giallo di David Rossi catapultato dal quarto piano di palazzo Salimbeni, ma su tutto il marcio sistema proliferato all'interno dell'istituto, storico feudo della (sic) sinistra.
Qualcuno ha osato muovere un solo dito in tale direzione? Dove si trovava allora mister Grasso?
Ed eccolo adesso a santificare Gangster Soros che specula sulla vita degli immigrati e gestisce i traffici con le "sue" Ong.
E a finire nella trappola che anche una giovane marmotta avrebbe scoperto casca il corsivista Corsera: "affondare le Ong". Possibile che una Mente così fulgida come quella di mister Grasso non sia in grado di cogliere il senso della frase (imbarcazioni senza migranti)? Boh.
Basta con le Ong griffate e finanziate dal Bandito MangiaPaesi, variamo un vera politica per i migranti in carne ed ossa. E non facciamoci più prendere per il culo da speculatori e pennivendoli di tutte le risme. Tanto al pezzo.


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giovedì 12 luglio 2018

Caso Ciancarella... Ennesima vergogna di Stato!

Matricolare No. Non esiste in Italia un giudice a Berlino per Mario Ciancarella. Questa è l'amara costatazione dopo aver letto la sentenza del TAR di Firenze sulla restitutio in integrum del Capitano Ciancarella dopo che il Tribunale di Firenze aveva decretato la falsità della firma del Presidente Pertini sul decreto di radiazione.
Abbiamo pensato di ribaltare lo stile standard dei comunicati e quindi prima scriveremo cosa chiediamo e a chi chiediamo.
CHIEDIAMO
A CHI: al Presidente della commissione difesa, al Ministra della Difesa e al Presidente della Camera
COSA: di convocare il Capitano Mario Ciancarella presso le proprie sedi Istituzionali al fine di trovare una soluzione politica ad una palese vergogna di Stato. Chiediamo esclusivamente a loro in quanto nella precedente legislatura proprio il M5S si stupì del silenzio su questo caso presenziando alla conferenza stampa tenutasi in Parlamento dicendoci che se fossero stati al governo le cose sarebbero di certo diverse.

Adesso possiamo ricordare i fatti:
Mario Ciancarella al momento della strage di Ustica era Capitano Pilota dell’A.M. nonché leader del Movimento Democratico dei militari (che nasceva dalla contaminazione delle forze armate con la cultura sociale e democratica). Convocato e ricevuto, nel 1979, al Quirinale dal Presidente Pertini, insieme a Sandro Marcucci Lino TotaroMario Ciancarella era divenuto referente delle rivelazioni da tutta Italia delle vere o false ignobiltà che si compivano nel mondo militare.
In questo contesto, anche il maresciallo Mario Alberto Dettori, radarista a Poggio Ballone la notte di Ustica, decise di fidarsi di lui e di confidargli: "Capitano siamo stati noi..." "Capitano dopo questa puttanata del mig libico"...
Mario Alberto Dettori verrà trovato impiccato nel 1987. Sbrigativamente chiuderanno la questione dicendo che si era trattato di un suicidio.
Per questo suo ruolo di esponente di punta il Capitano Ciancarella divenne talmente scomodo da indurre "qualcuno molto in alto" a falsificare, nell'ottobre 1983, la firma del Presidente Pertini nel Decreto Presidenziale di radiazione. Un vero e proprio colpo di Stato. La copia del decreto di radiazione gli verrà consegnata, su sua richiesta, solo 10 anni più tardi e dopo la morte di Pertini.
Nell’agosto del 2016 il Tribunale Civile di Firenze ha confermato i dubbi del Capitano Ciancarella (e anche i nostri): la firma del Presidente Pertini che compare sul quel decreto è un volgare falso. Tanto è stato accertato sulla base di due perizie - una di parte ed una disposta dal Magistrato - che hanno potuto rilevare come il falso sia tanto evidente quanto eseguito con assoluta approssimazione.
L’associazione antimafie Rita Atria scrive al Presidente della Repubblica e a tutte le alte cariche dello Stato invitandole ad attivarsi per fare luce su quello che per noi è un colpo di stato “bianco”. Ingenuamente pensiamo che falsificare una filma di un Presidente della Repubblica possa interessare ai garanti di questo Paese. Niente. Silenzio. Nel dicembre del 2016 gli onorevoli Davide Mattiello e Claudio Fava portano in Parlamento il caso. Nei mesi successivi esponenti del M5S fanno interventi affinché il governo in carica prenda provvedimenti sul caso Ciancarella.
Silenzio!
A Ciancarella non rimane che ricorrere al TAR… e quello che è successo lo sappiamo. Non sono servite le evidenze del tribunale di Firenze, le sentenze del tribunale militare; non è servito il matricolare di Ciancarella dove risultava evidente lo scempio Istituzionale sulla pelle di Ciancarella; non sono servite le dichiarazioni del sindaco Leoluca Orlando che aveva seguito, negli anni ’90, il caso Ciancarella; non è servito il nostro rapporto di venti anni di lotte. Insomma, Mario Ciancarella è arrivato tardi… lui doveva presentare carte bollate… anche di fronte ad un decreto recapitato 10 anni dopo e una famiglia da portare avanti. Non entreremo nei tecnicismi della sentenza ma adesso non c’è più tempo e a quella politica che si indignava quando era all’opposizione diciamo che è tempo di trovare una soluzione ad una vera e propria ingiustizia di Stato.
Auspichiamo quindi non prevalga in questo paese l’agghiacciante logica che il ministro dell’interno ha applicato sul caso Regeni (e non solo) e cioè che i rapporti con i poteri forti di fatto sono più importanti della vita delle persone.
2 luglio 2018
Direttivo Nazionale Associazione Antimafie “Rita Atria”

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