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mercoledì 15 settembre 2021
lunedì 13 settembre 2021
domenica 12 settembre 2021
sabato 11 settembre 2021
venerdì 10 settembre 2021
giovedì 9 settembre 2021
giovedì 10 settembre 2020
Capitolo 19 - Il Campo Magnetico Terrestre l'11/9
Ci sono alcuni rapporti, ad esempio, che riferiscono che alcuni paesi hanno cercato di creare qualcosa di simile al virus Ebola e che sarebbe un fenomeno molto pericoloso, per non dire altro...Altri si stanno impegnando anche nell'eco-terrorismo in base al quale possono alterare il clima, scatenare terremoti, attivare vulcani da remoto attraverso l'uso di onde elettromagnetiche. - William S. Cohen.
Penso sia corretto affermare che non si sia mai verificato un incidente la cui causa si possa chiaramente ricondurre alle interferenza elettromagnetica. - Granger Morgan.
In realtà non è difficile: il segreto è saper come fare. - Edward Leedskalnin.
Una canna da pesca elettromagnetica. - Robert Clark.
A. Introduzione
Sappiamo che esiste un legame tra elettricità e magnetismo. Da bambina, Dr. Wood ricorda di aver creato un magnete avvolgendo una bobina di filo attorno a un chiodo e collegando le estremità ad una batteria da 9 volt. Poi, tramite il fenomeno opposto, Dr. Wood apprese anche che attraverso l'induzione elettromagnetica un magnete può generare una tensione. Non solo tutti sappiamo che l'elettricità e il magnetismo sono correlati, ma sappiamo che possono interagire. Dopo aver concettualizzato e studiato le somiglianze tra un uragano e una bobina di Tesla, Dr. Wood si interrogò sull'effetto che un grande uragano potrebbe avere sul campo magnetico terrestre.
I dati utilizzati da Dr. Wood sono stati registrati dal Geographical Institute Magnetometer Array (GIMA) dell'Università dell'Alaska, un'istituzione che gestisce diversi siti con magnetometri situati in località dell'Alaska e del Canada occidentale. Sei stazioni furono attive e registrarono dati durante il periodo intorno all'11 settembre 2001. Di seguito viene mostrato un esempio di un tracciato delle loro registrazioni.
I valori misurati dai magnetometri provenienti dalle sei diverse stazioni di ricerca nel nord dell'Alaska rivelano variazioni anomale nel campo magnetico terrestre nei momenti esatti in cui gli eventi chiave si stavano svolgendo a New York City l'11/9. La fig.1 mostra le deviazioni dai valori medi su un periodo di quattro giorni.
Immediatamente prima del primo evento, al WTC 1, le letture dei magnetometri iniziarono a fluttuare dalla media. Tali fluttuazioni aumentarono e, in concomitanza con ogni evento distruttivo da quel momento in poi [formazione del buco al WTC 2, distruzione del WTC 2, del WTC 1 e del WTC 7], i valori si spostarono drasticamente verso l'alto o il basso. In tutti i casi, le fluttuazioni delle letture dei magnetometri furono significativamente diverse dalla norma, specialmente per quanto riguarda le tempistiche [ossia, le coincidenze temporali].
I dati utilizzati da Dr. Wood sono stati registrati dal Geographical Institute Magnetometer Array (GIMA) dell'Università dell'Alaska, un'istituzione che gestisce diversi siti con magnetometri situati in località dell'Alaska e del Canada occidentale. Sei stazioni furono attive e registrarono dati durante il periodo intorno all'11 settembre 2001. Di seguito viene mostrato un esempio di un tracciato delle loro registrazioni.
I valori misurati dai magnetometri provenienti dalle sei diverse stazioni di ricerca nel nord dell'Alaska rivelano variazioni anomale nel campo magnetico terrestre nei momenti esatti in cui gli eventi chiave si stavano svolgendo a New York City l'11/9. La fig.1 mostra le deviazioni dai valori medi su un periodo di quattro giorni.
Fig.1 - Fluttuazioni del campo magnetico terrestre nella direzione del nord magnetico,
(Componente Orizzontale (H) delle 6 stazioni: direzione Nord/Sud) dalle 8 PM del 08/09/01 alle 8 PM del 12/09/01 (4 giorni). [Fonte dati: Data Chart for 2001. Oggi, i dati in vari formati si possono reperire qui University of Alaska Archivio mentre è anche possibile visualizzare i grafici delle varie stazioni per le tre componenti del campo magnetico H, D, e Z, visibili anche nelle immagini che seguiranno.
Le linee verticali colorate corrispondondono ai 5 eventi principali: blu scura: buco al WTC 1; rossa: buco al WTC 2; rosa: distruzione WTC 2; azzurra: distruzione WTC 1; verde: distruzione WTC 7].
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Immediatamente prima del primo evento, al WTC 1, le letture dei magnetometri iniziarono a fluttuare dalla media. Tali fluttuazioni aumentarono e, in concomitanza con ogni evento distruttivo da quel momento in poi [formazione del buco al WTC 2, distruzione del WTC 2, del WTC 1 e del WTC 7], i valori si spostarono drasticamente verso l'alto o il basso. In tutti i casi, le fluttuazioni delle letture dei magnetometri furono significativamente diverse dalla norma, specialmente per quanto riguarda le tempistiche [ossia, le coincidenze temporali].
mercoledì 9 settembre 2020
"Where did the Towers Go?" Capitolo 18 - L'Uragano Erin
Non ho dubbi sul fatto che riusciremo a sfruttare l'energia del sole...Se i raggi del sole fossero armi da guerra, avremmo avuto l'energia solare secoli fa. - Sir George Potter.
A. Introduzione
Era una bella mattinata di inizio autunno a New York City. L'11 settembre 2001 iniziò con calma, con delle temperature gradevoli e un cielo blu cristallino. Alcuni si erano ritagliati del tempo per fare delle commissioni la mattina presto. Ma pochissime di queste persone, in realtà pochissime nell'intera popolazione di New York City, sapevano che nello stesso momento un uragano enorme si trovava appena al largo di Long Island. Quella tempesta era l'Uragano Erin, come si vede in fig.1.
L'Uragano Erin è nato il 1 settembre 2001, la quinta tempesta atlantica della stagione 2001 a cui è stato assegnato un nome ed il primo a raggiungere la forza di un uragano [Fonte: Tropical Cyclone Report - Uragano Erin]. Fondendosi con un'altra tempesta il 17 settembre, Erin è stata anche la tempesta atlantica più longeva della stagione 2001. Prima di quella fusione, tuttavia, a partire dal 7 settembre, Erin iniziò una marcia di quattro giorni lungo una traiettoria che la portava direttamente a New York City. (Vedere fig.10). Al 10 settembre, l'Uragano Erin era diventato un uragano di Categoria 3 con una velocità dei venti di 120 miglia orarie (193 km/h) [Fonte: Tropical Cyclone Report - Uragano Erin] proprio mentre passava le Bermuda lungo il suo percorso dritto verso New York City. Eppure non abbiamo sentito nulla a riguardo di questa tempesta. Le Torri del World Trade Center sono state costruite per resistere a carichi dovuti al vento fino a 140 mph (225 km/h) [Fonte: Why Did the World Trade Center Collapse? Science, Engineering, and Speculation], una forza equivalente ad una Categoria 4 e solo 20 mph in più rispetto alla velocità dei venti dell'Uragano Erin. Tralasciando il pericolo per gli edifici di una certa altezza, anche se l'Uragano Erin avesse cambiato rotta e non fosse arrivato sulla terraferma, la minaccia di inondazioni dovute alle onde di tempesta era molto reale. L'Uragano Ike (2008) si è abbattuto sulla terraferma in Texas come un uragano di Categoria 2 con onde di tempesta con massimi di 15-20 piedi (4.5-6 metri) [Fonte: Saffir-Simpson Hurricane Wind Scale]. Eppure, ancora una volta, non abbiamo sentito nessuna notizia su questa tempesta.
Le persone ricordano l'11 settembre come uno dei giorni più limpidi che abbiano mai visto lungo la costa orientale. Il satellite che ha scattato le immagini mostrate in fig.1 e fig.2 aveva una chiara visuale di New York City e aveva anche una chiara visuale dell'Uragano Erin. Le fasce esterne della tempesta raggiunsero Cape Cod e un'estremità di Long Island.
Nemmeno Dr. Wood sapeva della presenza di un uragano appena fuori New York City l'11/9 fino a quando non scoprì il fatto mentre cercava alcune immagini meteorologiche-satellitari per studiare il pennacchio di polvere ascendente proveniente dalle Torri distrutte del WTC.
Le persone ricordano l'11 settembre come uno dei giorni più limpidi che abbiano mai visto lungo la costa orientale. Il satellite che ha scattato le immagini mostrate in fig.1 e fig.2 aveva una chiara visuale di New York City e aveva anche una chiara visuale dell'Uragano Erin. Le fasce esterne della tempesta raggiunsero Cape Cod e un'estremità di Long Island.
Nemmeno Dr. Wood sapeva della presenza di un uragano appena fuori New York City l'11/9 fino a quando non scoprì il fatto mentre cercava alcune immagini meteorologiche-satellitari per studiare il pennacchio di polvere ascendente proveniente dalle Torri distrutte del WTC.
B. L'Uragano Erin l'11 Settembre
In effetti, come scoprì Dr. Wood, Erin si avvicinò maggiormente a New York e raggiunse anche la sua massima dimensione l'11 settembre stesso [la dimensione si riferisce al diametro dell'uragano, non alla velocità dei venti]. È interessante notare che il National Hurricane Center previde che Erin dovesse avere più forza di quanto non fosse stato previsto nel caso di Katrina quattro anni dopo [Fonte: Tropical Cyclone Report - Hurricane Katrina]. È curioso quindi che questo uragano non fu menzionato o mostrato sulla grafica nei bollettini meteorologici mattutini [Fonte: Judy Wood - Erin & https://www.youtube.com/watch?v=wEoyN44oYh4 & https://www.youtube.com/watch?v=tYEJUzuxFoM]. I meteorologi erano assolutamente certi che l'uragano avrebbe compiuto una brusca svolta a destra allontanandosi da New York e si sarebbe diretto verso il mare aperto prima che ci fosse una grave minaccia di mareggiate? No - almeno non secondo il National Weather Service [Fonte: HURRICANE ERIN DISCUSSION NUMBER 35]. Con circa 500 miglia di diametro, l'Uragano Erin aveva all'incirca le stesse dimensioni del più recente Uragano Katrina, eppure il pubblico non ne fu largamente informato, nessuno dei principali notiziari del mattino menzionavano la tempesta. Tuttavia, Erin fu oggetto di studi approfonditi. La previsione era che Erin avrebbe avuto più forza di quanta ne avrebbe avuta Katrina in seguito. In effetti, l'Uragano Erin ebbe davvero più energia ciclonica dell'Uragano Katrina, misurata dall'Energia Ciclonica Accumulata (ACE) di ciascun uragano.
giovedì 11 giugno 2020
Where did the Towers Go?: Capitolo 17 - L'Effetto Tesla-Hutchison
Non permetto mai alla scuola di interferire con la mia educazione. - Mark Twain
Se facessimo tutto ciò di cui siamo capaci di fare rimarremmo letteralmente sbalorditi. - Thomas Alva Edison
In realtà non è difficile - il segreto è saper come fare. - Edward Leedskalnin
A. Introduzione
Molte persone hanno criticato la ricerca di Dr. Wood sulla distruzione del complesso del WTC perché non ha identificato la tecnologia esatta che è stata utilizzata nella distruzione, incluso la marca, il modello e il numero di serie. Tuttavia, è errato scartare ciecamente le evidenze che non descrivono vantaggiosamente un'arma nota o scartare ciecamente le evidenze che contraddicono la nostra teoria preferita. Ricordiamoci che l'evidenza empirica è la verità che una teoria deve riprodurre, e non viceversa. Le pagine del libro includono una grande quantità di evidenze - evidenze che devono essere spiegate. Tali evidenze escludono in modo inequivocabile il fuoco alimentato dal cherosene, la demolizione controllata convenzionale, la termite (e le sue varianti) e le mini bombe nucleari come la causa della distruzione del WTC o addirittura che possano aver contribuito significativamente. Allo stesso tempo, le evidenze nel libro implicano fortemente anche un particolare genere di tecnologia. Questo genere di tecnologia produce effetti su vari materiali che sono del tutto simili agli effetti prodotti su vari materiali da qualunque fosse la tecnologia utilizzata nella distruzione del WTC.
Tabella 1 - Caratteristiche dell'Effetto Hutchison e dei resti del WTC. [EVO = Exotic Vaccum Objects: Oggetti esotici del vuoto, un fenomeno scoperto e battezzato da Ken Shoulders. Presentazione di Ken Shoulders alla MIT Cold Fusion Conference, 21 maggio 2005]. |
La tabella 1 mostra la correlazione tra i fenomeni osservati durante la distruzione del WTC e i fenomeni compatibili con quello che è diventato noto come "L'effetto Hutchison". Inventore e sperimentatore canadese, John Hutchison lavora con gli "effetti di campo" da oltre trent'anni. In particolare, quasi tutti questi effetti sono il risultato dell'interferometria, ovvero il risultato dell'interferenza di diversi fasci o campi di energia elettromagnetica di varie frequenze in una zona bersaglio. Un ex studente di Dr. Wood che ora progetta sistemi audio le ha recentemente riferito un'ottima analogia descrittiva. Egli notò che se piazzi gli altoparlanti in un certo modo, si potrebbero creare zone morte in cui il suono viene annullato oppure altre zone in cui vetro e porcellana potrebbero essere danneggiate. Questo è un esempio di interferenza distruttiva e costruttiva, rispettivamente, in cui le onde sonore che interferiscono annullano o intensificano gli effetti. Inoltre, chiunque sia familiare con la vecchia TV ad antenna può probabilmente ricordare l'interferenza dovuta agli aerei a reazione. Gli aerei jet interferivano con il segnale TV.
Il risultato dell'interferenza creata usando l'Effetto Hutchison crea una sorta di "griglia" o modello all'interno di una zona bersaglio che fa sì che i materiali in quella zona subiscano modifiche estreme e, in alcuni casi, rotture dall'interno. Pensiamo all'emulsione fotografica come analogia. La luce non incide un'immagine su un pezzo di carta, ma provoca una reazione chimica nell'emulsione fotografica. La luce controlla dove avverrà la reazione. Quando viene sviluppata la pellicola si ottiene l'immagine. Controllare quanta luce arriva e dove sull'emulsione fotografica è ciò che produce l'immagine in una fotografia. Dunque pensiamo all'effetto di campo, o al campo generale, come all'emulsione fotografica. Poi un altro raggio dice dove si verificherà la reazione.
John Hutchison
Per usare le parole di John Hutchison:
Uso una diversa combinazione di onde radio, insieme all'alta tensione di soglia e operatori elettrostatici. E utilizzo solo campi magnetici deboli per guidare il campo elettrostatico in giro...e per adattarlo a determinati schemi. Ora badate, questa è una scoperta abbastanza accidentale che ho fatto. E ho avuto un vero problema cercando di replicarlo nei primi anni. E non pensavo che fosse importante, ma è trapelato nella comunità scientifica e hanno iniziato a venire con altri scienziati, e hanno iniziato a chiedere dimostrazioni, che ho fatto. [Fonte: Ralph Winterrowd Show, 4 aprile 2010.]
L'Effetto Hutchison non consiste in un unico effetto ma è una combinazione di molti. Può produrre i seguenti effetti, tra cui:
- Levitazione di oggetti pesanti
- Fusione di materiali dissimili come il metallo e il legno (come rappresentato nel film, The Filadelfa Experiment)
- "Scioglimento" anomalo di metalli senza bruciare il materiale adiacente
- Frattura spontanea di metalli (scorrimento laterale)
- Trasformazione temporanea e permanente della struttura cristallina e delle proprietà fisiche
Ciò che Hutchison testimonia non è una nuova tecnologia, bensì una vecchia che ha riscoperto e sviluppato. L'effetto Hutchison è in effetti una raccolta di fenomeni che John Hutchison ha scoperto nel 1979 quando stava tentando di studiare le onde longitudinali di Nikola Tesla e il lavoro di altri, come Thomas Townsend Brown, George Piggott, Francis E. Nipper e Martin L. Perl. Segue una breve introduzione su alcuni di questi scienziati. Ulteriori informazioni sono disponibili alla fine di questo capitolo.
B. Un po' di Storia sulla Tecnologia
venerdì 17 gennaio 2020
ETTORE MAJORANA, LA SUA SCOMPARSA E LA MACCHINA PRODIGIOSA
Ettore Majorana è stato un genio al pari se non superiore a Nikola Tesla, Galileo, Newton. La sua misteriosa scomparsa nel 1938 si è recentemente arricchita di nuovi, sorprendenti sviluppi con l’apparizione di un suo presunto “allievo” e di una straordinaria tecnologia basata sulle sue rivoluzionarie teorie.
“La fisica è su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata.”
Questa frase viene attribuita ad Ettore Majorana poco prima della sua scomparsa nel 1938 e ci viene riportata come testimonianza dal prof. Carrelli, allora direttore dell’Università Federico II di Napoli, ma non è l’unica frase “strana”: sappiamo infatti, sempre grazie alla testimonianza del prof. Carrelli, che Ettore Majorana aveva anche detto:
“Che può sapere la gente delle mie cose?”
“A chi posso parlare se il mio linguaggio è tale che nessuno lo comprende?”
A volte, quando mi trovo al bar mentre prendo un caffè o bevo una birra, chiedo se qualcuno ha sentito parlare di Ettore Majorana. Le risposte che ottengo sono quasi sempre molto vaghe, qualcuno ricorda che forse era uno scienziato importante sparito misteriosamente nell’epoca fascista. Ho potuto così constatare che quasi nessuno segue e approfondisce ciò che in questi ultimi anni, a distanza di quasi ottant’anni, sta uscendo allo scoperto in merito alla scomparsa di Ettore Majorana.
Intrighi internazionali, complotti, depistaggi, spionaggio, Vaticano, CIA, NSA, Governo Italiano, Massoneria, Fascismo, Nazismo, NazionalSocialismo... queste sono solo una piccola parte (come titoli) delle chiavi di lettura di questa incredibile e affascinante storia.
Pochi sanno che la probabile futura rivoluzione nel campo delle telecomunicazioni e nell’elaborazione e archiviazione dati sarà possibile grazie alle formule di fisica quantistica elaborate e scritte da Ettore Majorana circa ottanta anni fa. Le sconfinate ipotesi di applicazioni quantistiche derivanti dalle sue previsioni sono ancora oggi oggetto di studio, sperimentazione e applicazione.
Ettore Majorana è stato, nei pochi anni prima della sua scomparsa, un genio al pari se non superiore a Nikola Tesla, Galileo, Newton. Fin dalla tenera età ha dimostrato di possedere predisposizioni geniali per la matematica e la fisica. Figlio e nipote “d’arte”, da una famiglia composta di rettori universitari, ingegneri, fisici, matematici, deputati e senatori, giudici. Tutti questi familiari, come vedremo più avanti, hanno probabilmente segnato e in qualche modo forgiato il suo sviluppo scientifico, culturale e filosofico. Uno su tutti, lo zio Quirino Majorana, come diremo più avanti.
Per tornare alla scomparsa di Ettore Majorana, nel 2008 la trasmissione “Chi l'ha visto?” della Rai ha intervistato un italiano emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta del secolo scorso, Francesco Fasani. Costui aveva conosciuto un certo signor Bini che, a suo dire, era Ettore Majorana, e a sostegno della sua testimonianza portava una fotografia scattata nel 1955 che lo ritraeva a fianco del Bini (questo sarebbe l’alter ego che avrebbe scelto Ettore Majorana) e una cartolina rinvenuta sulla macchina del Bini che Quirino Majorana, lo zio di Ettore, spedì nel 1920 al fisico americano W. G. Conklin.
Pochi sanno che la probabile futura rivoluzione nel campo delle telecomunicazioni e nell’elaborazione e archiviazione dati sarà possibile grazie alle formule di fisica quantistica elaborate e scritte da Ettore Majorana circa ottanta anni fa. Le sconfinate ipotesi di applicazioni quantistiche derivanti dalle sue previsioni sono ancora oggi oggetto di studio, sperimentazione e applicazione.
Ettore Majorana è stato, nei pochi anni prima della sua scomparsa, un genio al pari se non superiore a Nikola Tesla, Galileo, Newton. Fin dalla tenera età ha dimostrato di possedere predisposizioni geniali per la matematica e la fisica. Figlio e nipote “d’arte”, da una famiglia composta di rettori universitari, ingegneri, fisici, matematici, deputati e senatori, giudici. Tutti questi familiari, come vedremo più avanti, hanno probabilmente segnato e in qualche modo forgiato il suo sviluppo scientifico, culturale e filosofico. Uno su tutti, lo zio Quirino Majorana, come diremo più avanti.
Per tornare alla scomparsa di Ettore Majorana, nel 2008 la trasmissione “Chi l'ha visto?” della Rai ha intervistato un italiano emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta del secolo scorso, Francesco Fasani. Costui aveva conosciuto un certo signor Bini che, a suo dire, era Ettore Majorana, e a sostegno della sua testimonianza portava una fotografia scattata nel 1955 che lo ritraeva a fianco del Bini (questo sarebbe l’alter ego che avrebbe scelto Ettore Majorana) e una cartolina rinvenuta sulla macchina del Bini che Quirino Majorana, lo zio di Ettore, spedì nel 1920 al fisico americano W. G. Conklin.
Nel 2011 la Procura di Roma, in seguito all’intervista, affidava ai carabinieri ulteriori verifiche e nel 2015 archiviava l’inchiesta dopo la comparazione tra la fotografia del Bini fornita dall’emigrante italiano e le immagini del padre di Ettore Majorana, concludendo che il Bini era Ettore Majorana e che lo stesso era vivo tra il 1955 e il 1959 e si trovava in Venezuela. Questa è stata la “verità” offerta dalla Procura di Roma. L’analisi degli incartamenti del caso permette però di affermare che si è su una pista sbagliata.
La foto periziata dai carabinieri su incarico della Procura di Roma, tramite un’arzigogolata trasformazione, diventa una prova del fatto che Ettore Majorana era fuggito in Sud America. La perizia è stata eseguita prendendo una foto del padre anziano di Ettore Majorana e confrontandola con la foto del Bini consegnata dal Fasani.
Tramite un particolare software che simula l’invecchiamento del volto, partendo dalla foto del padre di Ettore Majorana, la procura di Roma conclude sostenendo che molto probabilmente il sig. Bini era Ettore Majorana.
A questo punto molte domande sorgono spontanee: ad esempio, perché utilizzare una foto del padre di Majorana sostenendo che la somiglianza tra padre e figlio trova corresponsione evidente con il sig. Bini, quando potevano con lo stesso software simulare l’invecchiamento facciale direttamente con una foto di Ettore Majorana da giovane? Le analisi forensi sui volti di solito viene fatta in tutt’altro modo, come vedremo più avanti.
Come mai gli investigatori della procura di Roma non hanno banalmente verificato l’altezza del sig. Bini, tramite la foto in cui lui è con il Fasani, e confrontata con l’altezza nota di Ettore Majorana?
Francesco Fasani era alto quasi un metro e ottanta, come si può riscontrare dalla testimonianza della nipote Lidia Fasani (sentita personalmente al telefono) e dai dati forse riportati nella carta d’identità del Fasani. Ettore Majorana era alto un metro e sessantotto, quindi ci sono ben 12 cm di differenza tra lui e il Fasani.
La foto periziata dai carabinieri su incarico della Procura di Roma, tramite un’arzigogolata trasformazione, diventa una prova del fatto che Ettore Majorana era fuggito in Sud America. La perizia è stata eseguita prendendo una foto del padre anziano di Ettore Majorana e confrontandola con la foto del Bini consegnata dal Fasani.
Tramite un particolare software che simula l’invecchiamento del volto, partendo dalla foto del padre di Ettore Majorana, la procura di Roma conclude sostenendo che molto probabilmente il sig. Bini era Ettore Majorana.
A questo punto molte domande sorgono spontanee: ad esempio, perché utilizzare una foto del padre di Majorana sostenendo che la somiglianza tra padre e figlio trova corresponsione evidente con il sig. Bini, quando potevano con lo stesso software simulare l’invecchiamento facciale direttamente con una foto di Ettore Majorana da giovane? Le analisi forensi sui volti di solito viene fatta in tutt’altro modo, come vedremo più avanti.
Come mai gli investigatori della procura di Roma non hanno banalmente verificato l’altezza del sig. Bini, tramite la foto in cui lui è con il Fasani, e confrontata con l’altezza nota di Ettore Majorana?
Francesco Fasani era alto quasi un metro e ottanta, come si può riscontrare dalla testimonianza della nipote Lidia Fasani (sentita personalmente al telefono) e dai dati forse riportati nella carta d’identità del Fasani. Ettore Majorana era alto un metro e sessantotto, quindi ci sono ben 12 cm di differenza tra lui e il Fasani.
Dalla foto seguente [sopra, ndr], diffusa dalla Procura di Roma, che raffigura Francesco Fasani e il sig. Bini presunto Ettore Majorana, questa differenza di altezza non è evidente, anzi, al contrario apparentemente sembrano alti uguali.
Ultimamente poi si è avvallata la tesi, da parte di tre giornalisti che hanno ripercorso le tracce indicate dalla Procura di Roma, che il signor Bini, presunto Ettore Majorana, si spostasse in Venezuela su una vistosa macchina gialla. Ettore Majorana all’epoca della sua sparizione nel 1938, non aveva la patente, per spostarsi usava mezzi pubblici, treni, traghetti, filobus; certamente nessuno può avergli vietato di prendere la patente in seguito, ma uno che ha deciso di sparire, di non farsi notare, di non farsi riconoscere, acquista ed utilizza una fuoriserie sportiva gialla?
Ultimamente poi si è avvallata la tesi, da parte di tre giornalisti che hanno ripercorso le tracce indicate dalla Procura di Roma, che il signor Bini, presunto Ettore Majorana, si spostasse in Venezuela su una vistosa macchina gialla. Ettore Majorana all’epoca della sua sparizione nel 1938, non aveva la patente, per spostarsi usava mezzi pubblici, treni, traghetti, filobus; certamente nessuno può avergli vietato di prendere la patente in seguito, ma uno che ha deciso di sparire, di non farsi notare, di non farsi riconoscere, acquista ed utilizza una fuoriserie sportiva gialla?
Non quadra, come non quadra il fatto che da testimonianze autorevoli in merito al suo carattere e ai suoi modi di fare…
Continua…
in edicola
Questo brano è un estratto dall’omonimo articolo pubblicato su NEXUS New Times nr. 129, che potete trovare in edicola o acquistare presso il nostro shop:
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Alla progiosa Scienza di Ettore Majorana e al mistero della sua scomparsa abbiamo dedicato anche l'articolo di copertina di PUNTOZERO nr. 6 (disponibile in edicola o presso il nostro shop), di cui potete leggere un estratto qui.
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venerdì 13 settembre 2019
giovedì 12 settembre 2019
mercoledì 11 settembre 2019
giovedì 27 dicembre 2018
Tempeste a comando? chi c'è dietro al tempo che fa
Durante tutta la lunga storia dell'umanità i fenomeni atmosferici e le catastrofi naturali hanno sempre rappresentato un qualcosa d'ineluttabile, totalmente disancorato da qualsivoglia attività antropica venisse svolta sul pianeta. Alluvioni, siccità, ondate di gelo o di caldo, così come terremoti, eruzioni vulcaniche, maremoti, uragani o trombe d'aria potevano forse venire attribuiti all'ira degli dei o alla volontà divina, ma la responsabilità dell'uomo nell'ambito di tali catastrofi non è mai andata oltre alla recriminazione per non essere riuscito ad ingraziarsi adeguatamente il "Padreterno".
Solamente nel corso dell'ultimo secolo si è iniziato ad avere la percezione (o la presunzione) che l'attività degli esseri umani potesse in qualche misura condizionare il clima terrestre ed i grandi eventi naturali che tormentano il nostro pianeta.....
Intorno alla metà del secolo scorso vennero compiuti i primi esperimenti di "bombardamento" delle nubi temporalesche per evitare il rischio di grandine e di irrorazione delle nuvole con cristalli di sale per favorire la formazione della pioggia. Mentre negli anni 80 l'allarme causato dal tristemente noto buco nell'ozono mise per la prima volta l'attività antropica sul banco degli imputati di un potenziale disastro a livello globale.
Durante gli ultimi decenni il convincimento che l'attività umana, volontariamente o involontariamente, sia in grado di condizionare tanto il clima quanto gli eventi naturali si è fatto progressivamente sempre più strada.
Da un lato la comunità scientifica mondiale attraverso i rapporti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha ufficialmente attribuito all'attività antropica, in particolare alle emissioni di anidride carbonica, il presunto aumento della temperatura di alcuni gradi che dovrebbe progressivamente avvenire nel corso del XXI secolo, meglio conosciuto come "riscaldamento globale". Ufficializzando scientificamente come l'attività dell'uomo sia in grado di mutare radicalmente il clima dell'intero pianeta e dando vita a tutta una serie di contromisure (la cui utilità resta assai dubbia) a partire dalla ratifica del protocollo di Kyoto e dalla creazione del progetto Agenda 21. Dichiarando esplicitamente come l'attività dell'uomo sia in grado di modificare in profondità il clima dell'intero pianeta, fino al punto da stravolgerne pesantemente gli equilibri.
Da un lato la comunità scientifica mondiale attraverso i rapporti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha ufficialmente attribuito all'attività antropica, in particolare alle emissioni di anidride carbonica, il presunto aumento della temperatura di alcuni gradi che dovrebbe progressivamente avvenire nel corso del XXI secolo, meglio conosciuto come "riscaldamento globale". Ufficializzando scientificamente come l'attività dell'uomo sia in grado di mutare radicalmente il clima dell'intero pianeta e dando vita a tutta una serie di contromisure (la cui utilità resta assai dubbia) a partire dalla ratifica del protocollo di Kyoto e dalla creazione del progetto Agenda 21. Dichiarando esplicitamente come l'attività dell'uomo sia in grado di modificare in profondità il clima dell'intero pianeta, fino al punto da stravolgerne pesantemente gli equilibri.
Da un altro lato è ormai assodato come grandi opere infrastrutturali e attività estrattive o industriali siano in grado d'interagire anche pesantemente con l'ambiente a livello locale. Basti pensare alla mastodontica diga delle tre gole in Cina che ha cambiato significativamente il clima di un'intera regione, così come altre grandi dighe hanno reso prosperi o aridi territori di vastissime dimensioni. O considerare l'attività di fracking finalizzata all'estrazione petrolifera che è in grado di provocare eventi sismici anche di notevoli proporzioni. O ancora andare con la mente a disastri nucleari come quello di Cernobyl o di Fukushima che hanno stravolto profondamente l'equilibrio ambientale di enormi zone del nostro pianeta.
Ma se è vero che il clima e l'ambiente possono essere influenzati dall'attività umana in maniera accidentale (inquinamento, grandi opere, disboscamento intensivo, estrazione di combustibili fossili, attività industriali) è altrettanto vero che l'uomo sta dimostrando di essere potenzialmente in grado di stravolgere il clima e l'ambiente anche in virtù di scelte consapevoli. A Dubai per esempio, così come in molte zone della Cina e non solo, ormai da tempo le nubi vengono sistematicamente irrorate con cristalli di sale per aumentare le precipitazioni. E sempre a Dubai è allo studio perfino un progetto per la "costruzione" di una catena montuosa artificiale, finalizzata a cambiare il corso delle correnti e favorire la pioggia nel deserto.
Spostandoci dal locale al globale sono più di una le operazioni di geoingegneria che da tempo vengono portate avanti sottotraccia, dal progetto Haarp del Dipartimento della Difesa statunitense alla controversa questione delle scie chimiche, consistenti nell'irrorazione in atmosfera per mezzo di aerei civili e/o militari di tutta una serie di sostanze della più svariata natura, con lo scopo di condurre esperimenti concernenti la risposta degli ecosistemi agli stimoli indotti o con l'intenzione di cambiare le condizioni climatiche di alcune aree specifiche del pianeta, o ancora di veicolare vaccini ed agenti chimici presso le popolazioni. Naturalmente l'intera comunità internazionale nega la presenza di qualsiasi progetto indirizzato a stravolgere globalmente il clima e l'ambiente, ma non occorre essere complottisti per comprendere come nell'ambito della geoingegneria siano molte le operazioni riguardo alle quali l'opinione pubblica deve rimanere all'oscuro.
Se l'uomo potenzialmente è in grado di controllare il clima, dovrebbe essere chiaro a tutti come chi abbia fra le mani le chiavi di questo controllo possieda di fatto la più letale fra tutte le armi in circolazione. Il controllo climatico a livello globale può infatti permettere a chiunque sia in grado di gestirlo, di ridurre in ginocchio qualsiasi nazione "scomoda" mettendone in crisi l'economia e provocando catastrofi "naturali" in grado di creare molti più danni di quanto possa fare un bombardamento tradizionale.
Anche nell'ambito della "guerra ambientale" i progetti e le sperimentazioni non mancano affatto, ma come è logico aspettarsi tutto avviene nella segretezza più assoluta, mentre qualsiasi informazione trapeli a questo riguardo viene immediatamente bollata come delirio complottista di qualche esaltato.
La sensazione preponderante è quella che si vivesse più tranquilli quando a controllare il clima e l'ambiente erano gli dei, il Padreterno o il fato (a seconda di quali fossero le credenze religiose di ciascuno) ed almeno esisteva la speranza che bastasse qualche rito propiziatorio o qualche preghiera per sistemare tutto.
Oggi che l'uomo in qualche misura sta coltivando l'ambizione di sostituirsi a "Dio" la speranza sembra essere ormai in via di estinzione e le conseguenze potrebbero produrre problemi che travalicano di gran lunga quelle che sono le nostre possibilità di piccoli esseri umani, di passaggio su un grande pianeta.
Marco CedolinFonte Dolcevita online
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lunedì 19 novembre 2018
Apocalisse maltempo: qualcuno sta bombardando l’Italia?
Siamo stati deliberatamente “bombardati” da nubifragi devastanti, scatenati da perturbazioni artificiali? «Il prossimo che riparla di scie chimiche andrà sottoposto a un Tso», disse a mo’ di battuta Matteo Renzi, scoraggiando ulteriori interrogazioni parlamentari, sul fenomeno, da parte di esponenti del Pd. Oggi però, con il Nord-Est raso al suolo da eventi mai visti a memoria d’uomo, c’è chi torna sul tema in modo più che esplicito: «Bombardamento climatico sull’Italia, un avvertimento al governo?», si domanda il blog “Disquisendo”, secondo cui «nei giorni precedenti al disastro, ci sono state fortissime operazioni di aviodispersione a bassa quota». Tutti hanno visto il cielo sereno “rannuvolarsi”, dopo l’emissione di una rete fittissima di migliaia di scie bianche rilasciate dagli aerei di linea. Follia? Complottismo da strapazzo? L’unica vera certezza è la storica carenza (in Italia, non all’estero) di spiegazioni ufficiali, definitive ed esaurienti, sulla manipolazione del clima. Si accumulano invece informazioni parziali, da fonti indipendenti, riguardo al presunto impiego clandestino della geoingegneria, inaugurata da Israele per far piovere sul deserto del Negev. La stessa Cia, oggi, ammette che sono in corso vaste sperimentazioni. Nel saggio “Owning the wheather” (possedere il clima), l’economista canadese Michael Chossudowsky svela che la “guerra climatica” è ormai una realtà.
Un silenzio tombale è calato sull’applicazione delle rivoluzionarie scoperte del fisico Nikola Tesla, all’epoca emarginato dalla comunità scientifica, mentre l’ingegnere bresciano Rolando Pelizza ha raccontato a due docenti universitari, Francesco Alessandrini e Roberta Rio, che il geniale Ettore Majorana (ufficialmente scomparso nel 1938 ma in reatà nascosto in Calabria fino al 2005) progettò una “macchina” capace di mutare il clima all’istante. «Dello sviluppo di questa “macchina”, costruita in 50 esemplari su istruzioni dello stesso Majorana – assicura Pelizza – fu incaricato direttamente il governo italiano tramite Giulio Andreotti, che poi passò il dossier alla Cia». Un altro italiano, l’imolese Pier Luigi Ighina – assai meno celebre di Majorana, ma notissimo agli appassionati – riprodusse anche per le telecamere di “Report”, su Rai Tre, il suo straordinario esperimento, condotto con mezzi artigianali: Ighina era in grado di far piovere, creando nuvole nel cielo sereno (o a scelta, di far spuntare il sole tra i nuvoloni) semplicemente azionado, da terra, le pale di una sorta di ventilatore gigante, cosparse di alluminio. Il trucco? Cambiare la consistenza elettromagnetica della bassa atmosfera, immettendo vortici di onde.
«La manipolazione climatica è realtà», sostiene il sito “Dionidream”, citando estati torride e mezze stagioni scosse da nubifragi e alluvioni di inaudita violenza, come quelli che hanno messo in ginocchio varie aree della Pensiola, a cominciare dal Veneto, dove le trombe d’aria hanno divelto decine di migliaia di alberi, devastando storiche foreste alpine. Fuori dall’Italia, il fenomeno della manipolazione climatica non è esattamente una novità: «Festa in cielo, vietata la pioggia», titolò il Tgcom24 di Mediaset il 23 marzo 2009, parlando di «aerei in cielo per disperdere le nubi» in occasione del settantesimo anniversario della “repubblica popolare” fondata da Mao. «Per impedire che la pioggia rovini i grandiosi festeggiamenti in programma, si ricorrerà a una tecnica senza precedenti», raccontò il telegiornale: «L’aviazione impiegherà 18 apparecchi che disperderanno nell’atmosfera prodotti chimici per impedire che dal cielo sopra Pechino cada la pioggia». Nello stesso anno, a novembre, sempre la Cina s’imbiancò fuori stagione, come raccontò “La Repubblica”: «Una nevicata precoce ha coperto con un’abbondante coltre bianca Pechino. Il tutto ha però ha avuto un aiutino dell’Ufficio Modificazione del Tempo della capitale cinese».
I tecnici, riferì tranquillamente l’agenzia “Xinhua”, «hanno riversato in cielo con degli aerei 186 dosi di ioduro d’argento, per approfittare delle nuvole e del brusco calo della temperatura». Questo, scrisse “Repubblica”, «ha generato la nevicata», il cui scopo era «alleviare la persistente siccità». Ammise Zhang Qiang, responsabile dell’ufficio meteorologico: «Non ci facciamo sfuggire occasione per provocare precipitazioni, da quando Pechino registra una persistente condizione di siccità». Due anni dopo, nel 2011, l’allora presidente iraniano Mahmud Ahmedinejad accusò l’Occidente di aver provocato una gravissima siccità per mettere in crisi l’economia agricola del paese. «Secondo rapporti sul clima, accuratamente verificati, le potenze occidentali forzano le nuvole fino a far piovere», dichiarò Ahmedinejad, come confermato dal “Giornale”. «I nostri nemici distruggono le nuvole prima che arrivino sul nostro paese». Ancora la Cina, già nel 2011, è tornata protagonista sul tema, annunciando un investimento da 120 milioni di euro per riuscire, entro il 2015, a far aumentare del 10% le precipitazioni nelle zone più aride.
«Un primo esperimento in tal senso era stato già condotto nel febbraio 2009, quando diverse regioni erano state irrorate da una pioggerellina leggera, generata da agenti chimici sparati nell’atmosfera con 2.392 razzi e 409 cannoni, in grado di creare nuvole cariche di pioggia», scrive il sito “Greenews”. «Le nuvole ‘adatte’ alle precipitazioni vengono ‘seminate’ con ioduro d’argento, un agente chimico che favorisce l’aggregazione delle molecole d’acqua per creare grandi gocce abbastanza pesanti da cadere al suolo». La tecnologia in realtà non è nuova, aggiunge “Greenews”: i primi esperimenti risalgono alla Guerra Fredda. «Durante la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti lanciarono l’Operazione Popeye per cercare di intensificare i monsoni sul Sentiero di Ho Chi Minh, la rete di strade che andavano dal Vietnam del Nord al Vietnam del Sud passando per Laos e Cambogia, usate dai Vietcong e dai loro sostenitori. Nel 1978, però, gli esperimenti per far piovere artificialmente negli Usa furono interrotti, in seguito a una grave inondazione causata dal bombardamento chimico delle nubi». Dal Sud-Est Asiatico al Medio Oriente: «Israele “stimola” le nuvole dal 1961 e riesce così a rendere fertili e rigogliose terre di per sé aride».
«Nel mondo ci sono diversi esperimenti in corso di questo tipo, ma siamo lontani dal poter dire di essere in grado di controllare la pioggia», disse nel 2012 a “Greenews” uno specialista come Sandro Fuzzi, climatologo del Cnr di Bologna, al quale allora sembrava remoto il rischio di gravi effetti collaterali, dato che gli interventi si svolgevano «su scala ridotta, al massimo di qualche decina di chilometri», mentre i fenomeni più distruttivi, come le alluvioni, «riguardano fronti di centinaia e anche migliaia di chilometri». L’ultima frontiera, aggiunge ancora “Greenews”, consiste nel bombardare le nuvole dal basso con dei laser: esperimento condotto nel 2010 in laboratorio e poi «replicato a Berlino da un gruppo di ricercatori dell’università di Ginevra e pubblicato sulla rivista “Nature Photonics”». Con un laser di grande potenza, una specie di “cannone energetico”, i ricercatori hanno colpito ed “eccitato” le molecole di gas presenti nell’aria. «Il risultato è stata la formazione di nuclei di condensazione attorno ai quali si sono create piccole gocce di acqua». Secondo il blog “Shivio news”, già nel 2012 erano oltre 20 i paesi impegnati nella sperimentazione di nuove tecniche per provocare precipitazioni.
In vetta alla classifica primeggiano i soliti cinesi: Pechino, letteralmente, «impiega nel “rainmaking” oltre 37.000 addetti, fra tecnici e ricercatori», mentre «una trentina di aerei, 4.000 rampe per razzi e 7.000 cannoni vengono usati per sparare in cielo nuclei di sostanze intorno alle quali stimolare processi di condensazione di gocce d’acqua o cristalli di ghiaccio». Negli Stati Uniti, gli aerei «gettano nelle nuvole ghiaccio secco e ioduro d’argento». In Sudafrica si usa invece il cloruro di potassio: «I sali vengono diffusi da aerei che volano sotto le nubi in formazione, e servono ad aumentare il numero e la misura delle gocce». Anche il Messico, aggiunge “Shivio”, sta sperimentando la tecnica sudafricana, che «sembra che sia in grado di aumentare di un terzo il volume delle precipitazioni». Qualcuno poi ricorderà la primissima performance, in assoluto, della geoingegneria più spettacolare: il 9 maggio del lontano 2007, in occasione della fastosa celebrazione dell’anniversario della vittoria dell’Urss nella Seconda GuerraMondiale, il Tg1 riprese lo spettacolo del sole riapparso “miracolosamente” tra le nubi nerissime del cielo di Mosca, grazie a una portentosa miscela a base di azoto, iodio e argento diffusa dagli aerei.
Dall’uso civile a quello militare, il passo è breve: «Almeno quattro paesi – Stati Uniti, Russia, Cina e Israele – dispongono delle tecnologie e dell’organizzazione necessaria a modificare regolarmente il meteo e gli eventi geologici per varie operazioni militari ufficiali e segrete, legate a obiettivi secondari, tra cui il controllo demografico, energetico e la gestione delle risorse agricole». Lo disse già nel 2012 l’esperto aerospaziale Matt Andersson, allora in forza alla compagnia hi-tech Booz Allen Hamilton di Chicago. In un’intervista al “Guardian”, Hamilton ha ammesso: il nuovo tipo di guerra non convenzionale «comprende la capacità tecnologica di indurre, spingere o dirigere eventi ciclonici, terremoti e inondazioni, includendo anche l’impiego di agenti virali per mezzo di aerosol polimerizzati e particelle radioattive, trasportate attraverso il sistema climatico globale». Lo stesso Hamilton ha citato una think-tank della galassia neocon, il Bpc (Bipartisan Policy Center, con sede a Washington) e il suo rapporto nel quale chiede agli Usa e agli alleati di accelerare la sperimentazione su larga scala del cambiamento climatico.
Secondo il “Guardian”, il gruppo è finanziato da «grandi compagnie petrolifere, farmaceutiche e biotecnologiche», e rappresenta «gli interessi corporativi del mondo militare e scientifico statunitense». Il newsmagazine “Sputnik News”, citando il canadese Chossudovsky, osserva: la geoingegneria ha omai prodotto «sofisticate armi elettromagnetiche». E anche se la cosa non è ammessa ufficialmente, neppure a livello scientifico, le capacità di manipolare il clima (anche per scopi militari) sono in stato avanzatissimo. La storia di questa disciplina risale addirittura al 1940, quando il matematico americano John Von Newman, al Pentagono, iniziò la sua ricerca per la modifica del clima. Obiettivo: alterare i modelli meteorologici. Una tecnologia sviluppata negli anni ‘90 secondo il programma di ricerca della cosiddetta “alta frequenza aurorale attiva” (Haarp, High Frequency Active Auroral Research Program), come appendice di una iniziativa strategica di difesa, le “Guerre stellari”. Il programma Haarp, installato in Alaska e poi bloccato, sarebbe stato parte di una strategia tuttora attiva: le brusche modifiche del clima possono «estendersi, avviando inondazioni, uragani, siccità e terremoti».
Ammissioni ufficiali? Impensabili. Meglio lasciare che certe voci circolino in modo incontrollato (bufale comprese), per poi liquidare il tutto sotto la voce “teoria del complotto”. «E’ naturale che su un tema come il cambiamento climatico la Cia collaborerebbe con gli scienziati per meglio comprendere il fenomeno e le sue implicazioni sulla sicurezza nazionale», ha detto un portavoce dell’intelligence Usa, dopo la diffusione della notizia, da parte del sito legato al periodico statunitense “Mother Jones”, secondo cui proprio la Cia starebbe aiutando con ingenti finanziamenti la Nas, National Academy of Sciences, impegnata in uno studio sull’applicazione della geoingegneria per manipolare il clima. Su “Meteoweb”, Filomena Fotia spiega che “Mother Jones” descrive lo studio come un’inchiesta riguardante «un numero limitato di tecniche di geoingegneria, inclusi esempi di tecniche di gestione delle radiazioni solari (Srm, Solar Radiation Management) e rimozione dell’anidride carbonica (Cdr, Carbon Dioxide Removal). Geoingegneria “buona”, per proteggerci dall’attività solare divenuta pericolosa per la Terra?
«La manipolazione meteorologica – aggiunge Fotia – è stata riportata in auge da molti commentatori statunitensi in occasione dei devastanti tornado in Oklahoma, o di altri eventi estremi come l’uragano Sandy, che sarebbero stati “generati dal governo” usando la base dell’Haarp in Alaska». Ma, appunto: il tema si presta a speculazioni incontrollate, vista la mancanza di riscontri esaurienti da parte delle autorità, sempre estremamente laconiche, come quelle interpellate nel 2014 da Alessandro Scarpa, allora consigliere comunale di Venezia. “Grandinata anomala e scie chimiche, il maltempo si tinge di mistero”, titolò il 24 settembre il “Gazzettino”, storico quotidiano veneziano, dopo «una grandinata fuori dal normale», sotto un cielo «carico di nubi come mai si era visto». E lassù, «quelle scie bianche nel cielo terso il giorno dopo». Sono bastati questi due fenomeni, scriveva il “Gazzettino” quattro anni fa, a ridestare un quesito: e se questo maltempo eccezionale non fosse il risultato delle bizze atmosferiche, ma di qualcosa di “chimico”?
In redazione arrivò una lettera allarmatissima: grondaie intasate da “noci” di ghiaccio persistenti ed enormi: «Come mai questo ghiaccio non si è sciolto? Sembrerebbe di formazione chimica, da laboratorio, e non naturale». Per Alessandro Scarpa, vale la pena di esaminarli, certi fenomeni, «se non altro per capire di cosa si tratta» Ad esempio, «le strane scie chimiche che si vedono nei nostri cieli». Molte le segnalazioni pervenute al Consiglio comunale, «da parte di cittadini veneziani, preoccupati, che chiedono spiegazioni». Scarpa si è rivolto inutilmente all’Enav, l’ente nazionale di assistenza al volo, che gestisce il controllo del traffico degli aerei civili. Nessun lume neppure dal ministero dell’ambiente di Roma: risposte evasive o bocche cucite. «È quindi opportuno – sottolinea Scarpa – preoccuparsi seriamente per noi e per i nostri figli». E aggiunge, rivolto ai giornalisti disattenti: «Questa mattina, quando il cielo era limpidissimo, si sono viste una quindicina di linee nel cielo veneziano». Quattro anni dopo, la situazione è gravemente peggiorata: non c’è più una giornata serena senza che il cielo non sia “sporcato” dalle scie, di ora in ora, mentre l’Italia sta diventando il bersaglio di violentissime tempeste di tipo tropicale, come quella che ora ha messo in ginocchio il Nord-Est.
Lo scorso anno, a gennaio, il colonnello Mario Giuliacci – affabile volto televisivo – sul suo sito ha tentato di sgombrare il campo da ogni illazione, presentando testualmente un comunicato ufficiale dell’aeronautica militare. La spiegazione dei militari è ineccepibile, riguardo alla vistosa presenza di molte delle scie: «Le nuove generazioni di motori che equipaggiano i moderni aeroplani a reazione, per avere un miglior rendimento termodinamico dato dalla differenza di temperatura tra la camera di combustione e l’ambiente esterno, impiegano miscele di acqua e carburante la cui combustione genera le enormi quantità di vapore acqueo che sono all’origine delle scie». Secondo i militari, dunque, sono aumentate in modo esponenziale le scie di condensazione, in gergo “contrails”, destinate poi a scomparire nell’atmosfera. «Per le caratteristiche termodinamiche dei motori, per le quote di volo e per la localizzazione – aggiunge l’aeronautica – la quasi totalità delle scie che si osservano in cielo sono prodotte dai jet di linea degli operatori commerciali. La loro durata è variabile da pochi istanti a minuti e talvolta a ore, in dipendenza dell’umidità, delle temperature e in genere delle condizioni termodinamiche dell’aria circostante».
Poi la chiosa: «Per quanto ci compete, l’Aeronautica Militare non possiede aeromobili che generano o emettono scie differenti da quelle prodotte a causa della condensazione di vapore acqueo». Il che – alla lettera – non significa escludere la presenza di altre scie, di ben diversa natura, emesse da velivoli estranei all’aeronautica militare italiana: le famigerate “chemtrails”, appunto. Tra le pagine del blog “Su la testa”, il giornalista investigativo Gianni Lannes (vittima di minacce e attentati per le sue indagini scomode, specie quelle sulla mafia dei rifiuti) sostiene che si è ormai clamorosamente violata la “Convenzione sul divieto dell’uso di tecniche di modifica dell’ambiente”, a fini militari o ad ogni altro scopo ostile, nota anche come Convenzione Enmod: «E’ il trattato internazionale che proibisce l’uso delle tecniche di modifica dell’ambiente». Firmata il 18 maggio 1977 a Ginevra, è entrata in vigore il 5 ottobre 1978, approvata anche dall’Onu. Gli Stati firmatari sono 48, inclusi gli Usa, di cui 16 non hanno ancora ratificato il trattato. In totale, i paesi che vi hanno aderito sono 76. «L’Italia ha firmato la Convenzione a Ginevra il 18 maggio 1977 e l’ha ratificata con la legge numero 962 del 29 novembre 1980, grazie al presidente della Repubblica Sandro Pertini e all’approvazione quasi all’unanimità del Parlamento».
Secondo Lannes, questa verità viene regolarmente “oscurata” perché illegale, oltre che aberrante. Ma l’Italia, sostiene Lannes, ha concesso i propri cieli durante l’infelice G8 di Genova del 2001, quando Berlusconi firmò un trattato segreto, con Bush, che trasformava il nostro paese in un’area-test per l’irrorazione dell’atmosfera. Dal 2003, l’operazione è scattata. E nessuno ne parla: è top secret. Si chiama “Clear Skies Initiative”. Lannes attinge direttamente a fonti della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato: le pagine istituzionali americane ammettono apertamente che il 19 luglio 2011, a Genova, Bush e Berlusconi impegnarono i loro paesi in un programma di ricerca sul cambiamento climatico e sullo sviluppo di “tecnologie a bassa emissione”. Operazione poi approvata il 22 gennaio 2002 dal ministero italiano dell’ambiente e dal Dipartimento di Stato Usa. Dunque, scrive Lannes nel blog “Su la testa”, cambiamenti climatici indotti e “collaborazione” (si fa per dire) tra Stati Uniti e Italia, con quest’ultima a fare da cavia. «Dalla documentazione delle autorità nordamericane emerge che in questa vasta operazione gestita in prima battuta dal Pentagono, dalla Nasa e dalla Nato, sono coinvolte addirittura le industrie e le multinazionali più inquinanti al mondo: Exxon Mobil, Bp Amoco, Shell, Eni, Solvay, Fiat, Enel».
Tutti insieme appassionatamente, secondo il giornalista, compreso il settore scientifico: università italo-americane, Enea, Cnr, Ingv, Arpa e così via. «Insomma, controllori e controllati. L’Enac addirittura ha partecipato ad un test “chemtrails” in Italia insieme a Ibm, ministero della difesa, stato maggiore dell’aeronautica e ovviamente Nato». Mancano, sempre, le conferme ufficiali. In compenso si scatenato i “debunker” come Paolo Attivissimo: “Scie chimiche, aria fritta con contorno di bufala e grana”. Dopo il disastro aereo del volo Germanwings del 2015, schiantatosi sulle Alpi francesi, anche il “Giornale” si sbizzarrisce: “Airbus, dalle scie chimiche alle ’strane scritte’: complottisti scatenati”. Nel frattempo Enrico Gianini, ex addetto aeroportuale di Malpensa, racconta a “Border Nights”: una volta a terra, gli aerei delle compagnie low-cost perdono liquido inquinato da metalli pesanti, e non lasciano più caricare i bagagli nelle stive di coda, come se fossero ingombre di serbatoi clandestini. «Se mi denunciano, chiederò al tribunale di “smontare” uno di quegli aerei: così scopriranno finalmente cosa trasporta». Ma la notizia resta negli scantinati del web, mentre il finimondo rade al suolo il Veneto e la Cina stipendia regolarmente (e apertamente) i suoi bravi “rainmaker”.
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venerdì 16 novembre 2018
Lo strano incendio delle auto di Savona
Più di 1000 auto, custodite in un parcheggio a cielo aperto di Savona, sono andate a fuoco durante il temporale che ha investito la Liguria nei giorni scorsi. Il video che le ritrae è allucinante, surreale. Sembra di vedere un parcheggio di auto in miniatura che è stato incenerito con un lanciafiamme.
La cosa curiosa è che tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo le spiegazioni più accreditate, per una serie di cortocircuiti causati dalle batterie delle Maserati, che a quanto pare hanno delle batterie particolari, capaci di produrre scariche elettriche molto più potenti di quelle normali. Ma davvero questo è sufficiente a spiegare quello che è accaduto?
luogocomune.net
La cosa curiosa è che tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo le spiegazioni più accreditate, per una serie di cortocircuiti causati dalle batterie delle Maserati, che a quanto pare hanno delle batterie particolari, capaci di produrre scariche elettriche molto più potenti di quelle normali. Ma davvero questo è sufficiente a spiegare quello che è accaduto?
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